Virus

di Tera_Saki
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Virus

Avevi tre anni quando ti ho portato al parco per la prima volta.

Eri felice, molto.

Giocare con la sabbia ti divertiva, se avessi potuto avresti passato il resto della giornata a rotolare nell'erba.

La seconda volta che hai visto quel parco avevi sei anni, ed è stato allora che ti sei ammalato.

 

 

 

Naruto aveva fatto più in fretta che poteva per arrivare in tempo. Il lavoro di Hokage lo impegnava moltissimo, aveva dovuto fare salti mortali per ottenere all'ultimo un permesso per saltare la riunione. Si stava avvicinando rapidamente al grande portone, Konohamaru era lì, come sempre. Appena lui lo vide gli si avvicinò lentamente, sorrideva, ma si vedeva che era preoccupato.

-Come sta?-

L'occhiata che ricevete fu abbastanza eloquente da fargli capire che questa volta niente sarebbe bastato.

Era già capitato, molte volte, che succedesse. E lui era sempre restato al suo fianco per sostenerlo. "Non ora" gli sussurrava all'orecchio "Non è ancora il momento"

-Mi dispiace-

-Apri le porte-

-Ne sei sicuro? Lo sai che...-

-Lo so-

 

I grandi portoni si richiusero alle sue spalle, lo vide. Boruto era lì, contro il muro. Dalla sua pelle uscivano dei vapori rossi, i tratti del viso si erano fatti più affilati e sulle sue braccia si potevano notare dei profondi tagli. Naruto sapeva che se li procurava da solo, quando il dolore da sopportare diventava troppo e perdeva quel poco di lucidità che conservava.

-Boruto-

Al suo richiamo voltò la testa. Gli occhi bianchi si deformarono in una smorfia di rabbia, dalla sua bocca eccheggiò un ringhio acuto e assordante.

La folata di vento bollente che lo investì per poco non gli fece perdere i sensi. Fece un passo. Poi due.

-Sto arrivando...-

Si avvicinò ancora, ormai faticava anche a respiare.

-Non ti preoccupare, figlio mio-

Non sentì nemmeno più dolore mentre, con il corpo ormai a fuoco, poggiava la mano sulla sua spalla.

-È ora-










__Angolo_autrice___
Non ho davvero idea di come giustificare questa... cosa.
Dirò soltanto poche parole: tutta colpa di un sogno.





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