Bianco e nero non sono poi così diversi

di chiara0050
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Varese, 24 novembre 1998 
<> urlò il medico alla donna a dir poco sfinita di fronte a lui.
Nessuno si aspettava che il parto avvenisse con così largo anticipo. Quella mattina la donna stava svogliatamente lavando i piatti della colazione quando incominciò a sentire le prime doglie.
In ospedale avevano appurato che un parto cesareo era infattibile: troppo tardi a detta dei medici.
La nascita della bambina fu piuttosto lunga e dolorosa per la neomamma, che ora sorrideva contenta un fagottino tra le braccia.
 
La pediatra era preoccupata: il corpicino minuto della bambina avrebbe dovuto restare in ospedale per alcuni giorni, non è sicuro tenerla al di fuori dell’incubatrice, potrebbe restare debole o avere qualche tipo di problema.
Errato.
La piccola era sana come un pesce e curiosa di conoscere il mondo che la circondava.
 
Ancora qualche giorno sotto controllo e poi l’avrebbero mandata a casa.
Fuori dal reparto di ginecologia, seduta su una sedia blu, tranquilla e serena, una neononna sorrideva, finalmente felice.
 
 
 
Torino, 24 novembre 1998 
 
La donna quella mattina si era svegliata tardi, aveva preparato una deliziosa colazione ed era comodamente sprofondata tra i cuscini del divano, accarezzandosi il pancione.
Il suo bambino sarebbe nato da lì a poco.
 
A dire la verità il piccolo sarebbe dovuto nascere già da tre giorni, ma non dava segno di voler lasciare il calduccio del pancione.
 
 La quasi- mamma, paradossalmente, non vedeva l’ora di avvertire i primi dolori.
I medici non sembravano preoccupati, perciò anche lei era piuttosto tranquilla.
 
La corsa in ospedale, i clacson delle macchine sorpassate, l’attesa in reparto sembravano non finire mai.
Quando il piccolo nacque fu subito trasferito in pronto soccorso: dotto del cuore aperto e conseguente incapacità di respirare. Sembravano non esserci speranze.
Eppure, per la seconda volta, i medici si sbagliavano: il neonato era più forte del previsto e dopo una breve operazione si riprese del tutto.
 
Mentre i genitori si abbracciavano in lacrime ai piedi dell’incubatrice, il piccolo bambino si divertiva a stringere i tubicini che lo aiutavano a respirare, tanto che la dottoressa fu costretta a toglierli per paura che si facesse male.
 
Dietro al vetro del reparto di neonatologia, appoggiato al muro, con occhi pieni di lacrime, un neononno sorrideva,  finalmente felice.
 
 
 







 
Forse.
                                                                                                                Forse?
 
                                                                                                       Cosa te lo fa pensare questa volta?
Intuito.
 
Su abbi fiducia. Se non è così ti devo di devo un caffè
 
                                                                                                    Hai già perso ventitre anni fa e il caffè
                                                                                                                         non era neanche buono
Sono piuttosto sicura  questa volta.
 E allora sarò costretta a trovare una caffetteria migliore.




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