He saw the darkness in her beauty, she saw the beauty in his darkness. di Soly_D (/viewuser.php?uid=164211)
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contest
Note dell’autrice:
1. Questa sarà una raccolta di oneshots
interamente dedicata alla coppia Enoch/Olive,
da qui il titolo che ho scelto per l'intera raccolta (preso da tumblr).
2. Il
titolo di questo primo capitolo fa riferimento alla bellissima canzone
di Elisa, che calza a pennello con il potere di Olive e con questa
splendida coppia.
3. La
fanfiction qui sotto prende in considerazione i personaggi del film,
quindi Enoch e Olive sono grandicelli (intorno ai 17 anni credo) e
inoltre Olive ha il dono del fuoco e non della levitazione (questa
è una delle differenze principali tra il libro e il film).
La trama si colloca dopo
la fine del film e ho immaginato che Miss Peregrine abbia
subito formato un nuovo anello temporale.
4. La
storia si ispira tuttavia a un paio di frasi del secondo libro della
trilogia di Miss Peregrine che riporterò qui
sotto. Non si tratta di un grosso spoiler sugli eventi del libro,
quindi chi non lo ha letto può stare tranquillo
♥
Buona lettura!
He saw the darkness
in her
beauty,
she saw the
beauty
in his
darkness.
#01.
E bruciare per te
Tratto
dal libro “Hollow City”:
Horace spalancò le braccia in un gesto
teatrale. «Benvenuti nella splendida Londra!»
esclamò. «È ancora più bella
di come l’avevi descritta tu, Enoch. E ce l’hai
descritta a lungo! Per settantacinque anni non ho sentito altro che
“Londra, Londra, Londra! La città più
bella sulla faccia della Terra!”».
[...]
«Oh, non ne ho parlato così tanto»
protestò Enoch.
«Sì,
invece!» ribatté divertita Olive.
«“A Londra le cose funzionano
diversamente” dicevi. Oppure “A Londra si mangia
molto meglio!”».
***
«Eri geloso di Abe e lo sei anche di Jake. Perché,
Enoch?».
Quella era ciò che poteva definirsi una domanda a bruciapelo. Ironico
che a fargliela fosse stata proprio Olive, che con il fuoco aveva a che
fare in ogni momento della sua vita. «Se ne sono accorti
tutti», proseguì con un velo di tristezza che le
adombrava i grandi occhi verdi. «È per Emma, non
è vero? Dimmi la verità, ti prego».
Per nulla sorpreso, Enoch piegò un angolo della bocca, a
metà tra una smorfia e un sorriso. Per quanto avesse cercato
di dimostrare a Olive
di amarla, la sua domanda era più che legittima. Sapeva
infatti che, a causa della sua esplicita avversione nei confronti dei
giovani Portman e del suo comportamento esageratamente protettivo nei
confronti di Emma, in casa di Miss Peregrine si vociferasse da sempre
della sua cotta per la bionda e quella era un’ottima
occasione per mettere le cose in chiaro, soprattutto con Olive che, dal
momento in cui si erano scambiati quel bacio durante la battaglia
contro gli Spettri, era diventata ufficialmente la sua ragazza.
«Non sono innamorato di Emma, se è questo che
intendi. Non lo sono mai stato. Tuttavia non posso negare di essere
stato geloso di Abe e di essere ugualmente geloso di Jake».
Olive aggrottò la fronte, confusa da quelle parole che,
evidentemente, le sembravano parecchio contraddittorie.
Enoch continuò. «Jake, così come suo
nonno, ha qualcosa che io ho sempre desiderato ma che non
mi sarà mai concesso: una vita Normale. Non
fraintendermi», ci tenne a precisare, «sono
orgoglioso del mio dono e tu sai quanto io ami giocare
con le mie
marionette, ma mi sono sempre chiesto, non senza un po’ di
paura, come sarebbe stato vivere fuori
dall’anello, andare a scuola e poi al college, diventare
adulto, sposarmi, avere dei bambini... invecchiare».
L’ultima parola era stata poco più di un sussurro.
Tutte cose che non erano possibili per gli Speciali, o almeno non se volevano
continuare a vivere al sicuro e lontani da ogni pericolo. «E
quando penso che la nostra Emma un giorno potrebbe fuggire via con
Jake, come aveva desiderato fare con Abe, io mi ritrovo ad essere
piuttosto geloso, oltre che preoccupato, per ciò che
l’attenderebbe al di fuori del
nostro mondo».
Olive sgranò gli occhi, ora lucidi di lacrime. «Oh, Enoch, mi
dispiace così
tanto di aver dubitato dei tuoi sentimenti per
me!». Gli buttò le braccia al collo e lo strinse
forte, sentendosi irrimediabilmente in colpa.
Enoch tossicchiò imbarazzato, accarezzandole piano i capelli
con una mano. Lui, sempre così serio e composto, doveva
ancora farci l’abitudine a quei calorosi slanci
d’affetto, per quanto gli facessero estremamente
piacere. «Su su, non è una tragedia»,
cercò di consolarla come meglio poteva.
Ed era vero. Gli piaceva essere un ragazzo Speciale e quello di
condurre un’esistenza da comune mortale era solo un vecchio
sogno relegato in un cassetto del suo cuore, lontano e irraggiungibile.
In fondo andava bene anche così. Anzi, ora che aveva Olive
al suo fianco tutto il resto del mondo gli appariva molto meno
interessante. Cosa poteva desiderare di meglio se non un’eternità
insieme a lei? Forse questo avrebbe dovuto dirglielo, era sicuro che
l’avrebbe resa felicissima, ma Olive non gliene diede il
tempo: si allontanò da lui con uno scatto e, posandogli le
mani sulle spalle, prese a fissarlo con gli occhi pieni di speranza.
«Potremmo chiedere a Miss Peregrine di concederci un giorno
di vacanza fuori dall’anello! Solo tu ed io!».
L’allegria sul volto di Olive era tale che, per un attimo,
solo per un attimo, anche Enoch si sentì su di giri
all’idea di poter sperimentare solo per qualche ora quello
che Abe e Jake avevano provato per un’intera vita.
Poi Olive si ricordò di un dettaglio fondamentale e il suo
sguardo si spense all’improvviso, così come quello
di Enoch.
«Oh, no! Miss Peregrine non ci manderebbe mai da soli... che
peccato». Fece una piccola pausa, riflettendo sulle possibili
soluzioni. «Ehi, aspetta! Potremmo invitare anche Jake ed
Emma! Sono sicura che Miss Peregrine accetterebbe, lei si fida di
Jake!». Con quei continui sbalzi d’umore, Olive
sembrava tornata piccola e forse era proprio per quello che Enoch la
amava: risvegliava il bambino allegro e sorridente nascosto in fondo
alla sua antica anima stanca. «Ah, sarebbe
fantastico! Ci
pensi, Enoch? Chissà dove potremmo andare...».
Ad Enoch quello sembrava ancora un sogno irrealizzabile, ma in fondo
nessuno vietava loro di fantasticare. Intenerito, sfiorò con
le dita la mano guantata di Olive che, a quel lieve contatto,
puntò tutta la sua attenzione su di lui.
«Se potessi, Olive, ti porterei a Londra. Io e te da soli
nella città più bella del mondo. A Londra le cose
funzionano molto diversamente, sai?». Le sorrise
incoraggiante. «Per prima cosa ti porterei a mangiare in un
bel ristorante tradizionale. Lì si mangia meglio di qui,
nulla a che vedere con le verdurine insipide che ci rifila Miss
Peregrine a pranzo! Poi ti porterei sul London Eye. Dovresti proprio
vederlo, l’Occhio di Londra, Olive. Non che io ci sia mai
stato, ma dicono che, quando la ruota si muove alla massima
velocità, sia un po’ come morire e rinascere
subito dopo, e tu lo sai che adoro
questo argomento». Enoch, da sempre uno dei ragazzi
più taciturni di casa, non aveva mai messo tante parole
insieme tutte in una volta, forse perché aveva trovato il
modo di unire in un unico discorso le due cose che più gli
stavano a cuore: i suoi studi su Londra e i suoi sentimenti per Olive.
Non poteva sapere quanto gli brillassero gli occhi in quel momento.
Olive, che lo osservava e lo ascoltava incantata, invece sì.
«Poi ti porterei a teatro a vedere uno di quegli spettacoli
simili ai film di Horace che ti fanno tanto emozionare. Verso sera
potremmo andare a fare una passeggiata sotto il Big Ben e scattarci una
foto con quegli aggeggi tecnologici di ultima invenzione. Ah,
ce ne
ricorderemmo per tutta la vita! Infine ti porterei sul ponte del
Tamigi, sotto le stelle».
«E poi?», lo incoraggiò la ragazza,
assuefatta dal suo racconto.
Enoch inarcò un sopracciglio, facendo finta di non capire.
«E poi cosa?».
Olive arrossì leggermente. «Mi baceresti? Come nei
sogni romantici di Horace?».
«Sì, ti bacerei».
«E mi diresti che mi ami?».
«Sì, Olive».
«E poi?».
Enoch decretò che la conversazione stava assumendo una piega
decisamente pericolosa.
Olive era così bella, così
delicata, con quei
capelli rossi e ondulati tanto simili alle fiamme che sapeva far
scaturire dalle mani, e quei vestiti leggeri che tante volte avevano
solleticato la sua fervida fantasia di eterno
diciassettenne e quel
piccolo grande cuore così diverso da quelli che lui era
solito manipolare con il suo potere. Il cuore di Olive era vivo, vero, forte,
e
palpitava per lui, solo
per lui. Enoch ne era così stupidamente,
pazzamente, disperatamente innamorato che non riusciva a non immaginare
di fare a Londra quello che invece era
assolutamente vietato, severamente proibito, addirittura impensabile, in una
casa per bambini Speciali tenuta sott’occhio dalla vigile
Miss Peregrine.
«E... poi?», ripetè Olive con ingenua
curiosità, ignara di cosa si agitasse nella mente del
giovane O’Connor.
Una camera da letto, magari un bell’albergo a cinque stelle,
un letto sfatto, Olive nuda sotto di lui, stretta tra le sue braccia,
che invocava piano il suo nome − “Enoch, Enoch,
Enoch...”, musica per le sue orecchie
− e lo toccava sul petto, sulle spalle, sulla schiena con le
sue piccole mani bollenti che avrebbero potuto bruciargli la pelle.
«Fidati, Olive, tu non
vuoi davvero saperlo».
Si sarebbe sempre lasciato bruciare, Enoch, bruciare d’amore
per la sua Olive.
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