Io e me stesso.

di Yevon
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Stanco dopo una giornata come tutte le altre, dopo le solite ma divertenti risate con gli amici, dopo i pensieri che vagano liberi mentre mi distraggo di fronte alla TV, dopo l'ardore e la pulsione provata tra me e me mi lascio scivolare tra le braccia del Dio che tutti i greci e latini hanno sicuramente lodato, Morfeo. Il letto è un compagno che sa circuire molto bene i propri avventori, facili prede in un mondo che vive per morire ogni sera, salvo poi risorgere l'indomani. Riapro gli occhi dopo quello che a me è sembrato un battito di ciglia: Lo specchio di fronte a me riflette un'immagine nuova, ma familiare: la metà sinistra del mio viso viene mantenuta inalterata dall'oggetto, mentre la destra è deformata in sembianze femminili, audaci e materne al tempo stesso. Rimango profondamente turbato da ciò che vedo, osservando le mie stesse smorfie spaventate contratte anche nella mia immagine riflessa. Passo velocemente le mani sul mio viso, cercando quelle alterazioni innaturali là dove dovrebbero essere, ma il tatto non mi aiuta. Tutto sembra normale. Tutto mi sembra perfettamente familiare. Comincio a credere che quello in cui sono sia un sogno, uno stato allucinatorio molto potente in cui l'IO viene proiettato dentro se stesso alla ricerca di sé e di ciò che lo ha reso tale. Ma quando sia cominciato il sogno non lo so dire. Penso nessuno sappia dirlo con assoluta certezza dei propri stati onirici, eppure il pensiero non mi dona alcun sollievo. L'angoscia per ciò che vedo è una morsa che pervade ogni cosa nel posto in cui sono. Ora tutto mi sembra malato e corrotto da quella deformità. La superficie dello specchio si increspa, come fosse liquida e senza pensare a come o perché so con assoluta certezza che quello della superficie riflettente sia un invito ad attraversarlo. Andare oltre lo specchio, vedere cosa si cela oltre l'oggetto in grado di mostrare noi stessi, speculari e capovolti. Un sogno non fa altro che mostrare solo ciò che è già presente in noi stessi, eppure gli incubi continuano a farci paura, a tormentarci sino a far temere di chiudere gli occhi. I grandi scrittori di psicologia del passato riuscirono a descrivere l'inconscio umano come un insieme di pulsioni primitive, animalesche , un groviglio incessante di impulsi, inferti come duri colpi alla ragione. Edipo ci ha insegnato come i figli maschi siano predestinati ad uccidere il proprio padre per desiderio sessuale della e nella madre ,volenti o nolenti, la sindrome di Stoccolma dimostra come una persona possa amare il proprio carnefice, mentre l'assenza di amore genitoriale possa generare la più feroce follia persecutoria. E mi chiedo di fronte a questo specchio, mentre la ragione e la logica mi fanno tornare alla mente tutto questo, quali ripercussioni tutto questo possa generare o esserne la causa. Quali orrori si celino in me, un ragazzo non diverso da qualsiasi altro, non so dirlo, ma se lo specchio è di fronte a me, pronto a mostrarmi cosa contengo dovrei forse rinunciare? All'interno dei sogni i simboli inconsci si manifestano nella propria essenza più vera e primitiva: la volpe è furbizia, l'acqua è donna, la bruttezza è colpevolezza. L'oracolo di Delfi disse che la vittoria la si ottiene solo quando si conosce davvero se stessi. Quanti sono vincitori allora? Quanti periscono? Quanti muoiono credendo di aver vinto?




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