Le cronache di Aveiron: Miriadi di battaglie

di Emmastory
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Capitolo XXXVIII

Mano alle armi

Ero ancora lì. Fra le forti braccia del mio amato Stefan, ancora intento a baciarmi e stringermi a sé con forza inimmaginabile. Mi lasciavo baciare, e lo baciavo a mia volta, non dimenticando di fargli sapere quanto lo amassi. Di punto in bianco, avvertii una sorta di calore invadermi il corpo, e tenendo gli occhi chiusi, mi morsi un labbro nel tentativo di controllarmi e non gridare. Raggiunsi il mio limite in quel preciso istante, e arrendendomi alle mie stesse emozioni, mi accasciai sul letto, stanca ma ancora profondamente innamorata. Le ore notturne continuarono a passare, e poco prima di addormentarmi al fianco di colui che amavo, sorrisi. Sapevo bene che una guerra imperversava in tutta Aveiron, ma almeno in quella così perfetta sera, non volevo pensarci. Vivere nelle mie fantasie era l’ultimo dei miei pensieri, ma dati i miei oscuri e negativi trascorsi, pensai di meritarmi un attimo di felicità e riposo, che da ormai lungo tempo mi venivano costantemente negati. I giorni passarono, e nel corso di quasi tre lunghe settimane, non provai che orgoglio. Insieme, Stefan, i nostri amici ed io festeggiammo il quinto compleanno di Terra, che come sempre, molto matura per la sua età. In silenzio, la guardavo sorridere, felice come mai prima mentre apriva i suoi regali. Aveva le mani troppo piccole e fredde, perciò dovetti aiutarla, ma ciò non mi toccò minimamente. Ad ogni modo, uno dei regali, più gradito degli altri, attirò la mia attenzione. Contenuto in un pacco alquanto sobrio, era accompagnato da un biglietto. “Fanne buon uso, e buon compleanno, piccola Terra.” Diceva, interrompendosi appena dopo il suo nome. Non recava una firma, ma non appena lo scartò prendendolo in mano, fui in grado di capire ogni cosa. Mi bastò infatti servirmi delle parole scritte in quel biglietto. Per quanto ne sapevo, poteva esserci una sola persona a questo vasto mondo, capace di pensare a lei in maniera così profonda, regalandole qualcosa di adatto a lei, ma al contempo estremamente utile in un periodo di questo genere. Rachel. Proprio come Samira, era una mia grande amica, e rivolgendole un pensiero, sorrisi ancora una volta. Era incredibile, ma ora Terra stringeva in mano due strumenti, o per meglio dire, due armi adatte alla sua tenera e giovanissima età. Uno scudo e una piccola daga, entrambi in legno. Non pronunciando una parola, le posai una mano sulla spalla, poi la strinsi a me. Nel farlo, lasciai che alcune lacrime mi sfuggissero dagli occhi, pensando ancora a Rachel, concentrandomi poi anche su Lady Fatima. Stando a quanto ricordavo, la sua armeria nascondeva strumenti in legno, e a quanto sembrava, da donna saggia qual era, aveva scelto di provare ad aiutarci. “Adesso sarò io a difendere te e papà.” Mi disse, sorridendo e facendo saettare quella lama nell’aria. Giocava, certo, ed era ancora fortemente ingenua, ma sapevo che aveva capito. In fin dei conti, conosceva la paura che aleggiava ad Aveiron, ed era perfettamente consapevole del dolore e del pericolo. A mio avviso, tali esperienze la stanno aiutando a crescere, e ora vedo che non ha più paura. Come me e suo padre, anche lei vuole lottare per un futuro migliore, e seppur in silenzio, non potevo che sentirmi orgogliosa. Il legame che nel tempo aveva stretto con Rachel e con il resto del gruppo era forte, ed ero certa che l’avrebbe aiutata a continuare a crescere. Così, il tempo scorreva, e la fiducia che riponevo in me stessa e nei miei compagni cresceva progressivamente, oltre ogni misura. Mi sentivo molto più tranquilla, e in un certo senso, anche realizzata. Avevo dato la vita ad una piccola guerriera, che ora, proprio come noi adulti, si preparava a combattere Quelle che usavamo erano bianche, ma eravamo, per una ragione comune, tutti pronti a lottare e prendere in mano le armi.




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