Da solo,nell'assillo di giustizia,
ronza come un'accusa fittizia,
infiltratasi ed ormai fissa in mente,
fra tutta quella gente inesistente.
Divorato ancora dal tarlo ingordo
non più raffiora il zampillo ricordo,
né immagine fluida al bordo ancorata,
pesa in fondo la balena abboccata.
Ma intanto il vorace vuoto espande
le radici al fiore dei latenti occhi,
che vedono l'ego dell'orco ergere
la coppa vanitosa del fingere.
Finchè il tanfo non raggiunge i passanti,
tutto muore in quel nulla di tabacco lezzo,
Che disgusto,che disprezzo,per te.
Scivolo zitto fra i vuoti incessanti,
la realtà svela l'autoinganno,pazzo!
Perchè incessantemente penso a te,
con affanno. |