Capitolo
8
“Sono
orgogliosa
di te”
L’indomani,
al mio risveglio, l’eco della promessa fatta ad
Arthur risuona ancora nella mia memoria. Temevo che la lunga notte
avrebbe
indebolito la mia fermezza, ma sapere di essermi sbagliata è
una lieta
consolazione. Oggi non c’è scuola per cui decido
di prendermi del tempo prima
di abbandonare le coperte. Come immaginavo, non è facile
rilassarsi in un letto
sconosciuto e non posso dire che il mio riposo sia stato confortevole
quanto
avrei sperato. Il dolore alla testa mi ha tenuta sveglia per gran parte
della
notte, ma è stata soprattutto la lettera che ho promesso di
mostrare ad Akashi
e ad Arthur a turbare il mio sonno. Dopo che Arthur si è
ritirato nella sua
stanza, ho aperto la busta per rileggerne il contenuto e ho dovuto
attendere
diverse ore prima di ritrovare la giusta quiete per addormentarmi.
Mi
sollevo dal materasso, attenta a non compiere movimenti
bruschi che aggraverebbero solamente quello che per ora è un
mal di testa appena
accennato. Per fortuna questa camera è dotata di un piccolo
bagno personale.
Una volta vestita, prendo con me la cartella e mi dirigo alla porta.
Non appena
dischiudo l’anta, però, anche le mie labbra si
aprono in un’espressione di
incredulità.
«Buongiorno,
signorina Eiko».
«A-Arthur?»,
pronuncio con gli occhi sgranati. «Cosa ci fai qui
fuori?».
«La
stavo aspettando», risponde Arthur sollevando il capo. Forse
è solo una mia impressione, ma lo sguardo nei suoi occhi
sembra rimarcare
l’inutilità della mia domanda.
«Da
quanto tempo mi stai aspettando?», domando, temendo la
risposta.
«Un’ora
e diciassette minuti».
«Sei
qui fuori da più di un’ora?!», la mia
voce schizza dalla
gola, acuta come un fischio, riuscendo a provocare perfino una reazione
involontaria di Arthur. Non c’è da stupirsi. Io
stessa sono meravigliata: non
credevo di poter raggiungere simili note. Ma è proprio
questa nuova
consapevolezza a spingermi all’imbarazzo e a portare entrambe
le mani sulla
bocca.
«Perché
non hai bussato?», riprendo, assicurandomi questa volta
di mantenere il volume il più basso possibile.
«Non
volevo interrompere il suo riposo», confessa Arthur
candidamente.
Una
risposta sicuramente degna di lui, ma non avrebbe dovuto
spingersi a tanto. Spero almeno che sia riuscito a dormire un
po’ questa notte.
Osservandolo mi sembra più tranquillo, quindi forse il mio
piano ha avuto
successo.
«Signorina
Eiko, si sente meglio? È riuscita a riposare
bene?»,
a quanto pare anche Arthur è a preoccupato per me.
«Ho
ancora un po’ di mal di testa ma nulla di grave. Quanto al
dormire bene… mi sarei trovata più a mio agio nel
mio letto ma credo di non
potermi lamentare, date le circostanze attuali. Dobbiamo essere grati
ad Akashi
per averci permesso di restare a casa sua. A proposito, sai
dov’è?».
«Il
signorino Akashi si è alzato presto e ha dato ordine alla
servitù di non venirla a disturbare fino al suo
risveglio».
«Davvero?
Allora dovrò ringraziarlo», un brontolio irrompe
dal
mio stomaco e le mie guance si colorano di vergogna.
«È che ieri sera non ho
toccato quasi cibo quindi ora…», tento di
giustificarmi tra un balbettio e
l’altro.
«Prima
di vedere il signorino Akashi, sarà meglio placare il suo
appetito».
Arthur
mi
invita a seguirlo giù per le scale e io ubbidisco
affrettandomi dietro di lui.
Questo giorno è appena iniziato e mi sono già
messa in ridicolo per ben due
volte nell’arco di pochi minuti. Anche se c’era
solo Arthur, è stato ugualmente
imbarazzante.
Arrivati
nella sala da pranzo, una domestica mi fa accomodare
alla lunga tavola. Improvvisamente ripenso ad Anna e a quel suo sorriso
che
ogni mattina precede la mia colazione. La donna che mi sta servendo
ora,
invece, ha un’espressione fredda e seriosa. Non è
giovane come Anna ma non
penso affatto che la sua rigidità sia dovuta
all’età. Riflettendoci, da quando
sono arrivata, ho percepito un’atmosfera piuttosto pesante.
Da quello che so,
in questa casa vivono soltanto Akashi e suo padre, oltre alla
servitù,
ovviamente. Al mio arrivo non vi ho trovato alcuna traccia di quella
festosa
vitalità a cui invece sono abituata. Forse è
perché sono cresciuta in una
famiglia numerosa che ho subito provato un profondo sentimento di
solitudine
non appena ho varcato i cancelli della villa. Non sono abituata a tutto
questo
silenzio e a non potere interagire con i domestici. Ma non ho altra
scelta se
non adeguarmi. Dopotutto, sono soltanto un’ospite di
passaggio.
Prendo
posto a tavola e subito la donna in cuffietta e grembiule
mi porge la colazione. Alla vista del ricco pasto le mie pupille si
dilatano
deliziate ma confuse allo stesso tempo. Adagiati in una coppa azzurra,
decine
di pezzettini di frutta coloratissima sembrano traboccare dal bordo
cristallino. Luccicano come perle preziose e mi basta uno sguardo per
capire
che tale effetto è dovuto al velo di sciroppo
d’acero di cui sono ricoperte. Un
sospetto attraversa infine la mia mente.
«Arthur,
è opera tua questa?», mi informo, non riuscendo a
pensare a nessun altro a conoscenza delle mie abitudini alimentari.
«È
stato il signorino Akashi», è invece la risposta,
del tutto
imprevista. «Questa mattina è venuto a cercarmi
per chiedermi quale fosse il
suo piatto preferito. Dal momento che ieri sera non ha mangiato quasi
nulla,
voleva assicurarsi che questa mattina il pasto fosse di suo assoluto
gradimento».
«Ha detto proprio
così?».
Arthur
annuisce. È un gesto molto premuroso da parte di Akashi e
mi ha resa di sicuro felice. Guardando la coppa azzurra, è
evidente con quanta
attenzione ai particolari abbia fatto imbandire la tavola appositamente
per me.
Ma è altrettanto chiaro il suo tentativo di mettermi a mio
agio. Immagino che
questo sia il suo modo di farsi perdonare per quello che è
successo ieri sera. Devo
assicurarmi di ringraziarlo.
«Signorina
Wadsworth», la domestica dalla sguardo serio e
inflessibile mi rivolge la parola. La sua voce è matura ma
più gentile di
quanto avessi creduto. «Ho un messaggio per lei da parte del
signorino Akashi:
la attende nel suo studio non appena avrà terminato la
colazione».
«V-Va
bene. Lo raggiungo subito».
«Ha
detto di prendersi tutto il tempo di cui ha bisogno, quindi
faccia pure con calma», aggiunge subito la donna, invitandomi
a risedere.
Avevo
intenzione di incontrare Akashi il prima possibile, ma se
mi concedo qualche minuto per gustare la colazione che ha fatto
preparare
esclusivamente per me non succederà nulla di male, giusto?
In fondo sarebbe
scortese rifiutare un simile dono.
***
Al termine del pasto, la
coppa è completamente vuota mentre il mio stomaco, riempito
a sazietà, ha
finalmente smesso di brontolare. Dopo aver ringraziato la donna dallo
sguardo
serio e rigido, io e Arthur veniamo entrambi scortati da un nuovo
domestico
fino allo studio di Akashi. Mentre camminiamo per la lussuosa
residenza, un suono
improvviso cattura la mia attenzione. È gradevole e
armonioso. Si propaga per
la villa silenziosa come una leggera brezza primaverile. È
il canto di un
violino, ora malinconico, ora lieto. È un canto trasparente,
puro, cristallino
in ogni sua nota. È una voce ammaliante che eccita il cuore.
È il primo, reale
segno di vita che spezza l’angosciante silenzio di questa
villa; che disegna
nella mente un’immagine inconfondibile: Akashi.
«Siamo
arrivati».
Il
nuovo servitore si ferma davanti a una porta chiusa. Con un
colpo di nocche annuncia il nostro arrivo e dischiude
l’uscio. La luce del
mattino mi investe, attraversando l’immensa finestra e
illuminando la stanza
con un bagliore folgorante. I miei occhi si chiudono, feriti
dall’insostenibile
splendore del sole. Senza la vista a farmi da guida, resto immobile, in
ascolto. La musica si infrange contro le mie orecchie, scomponendosi in
un
volteggiare di note simili a ninfe danzanti. Mi avvolgono nel loro
cerchio
melodico sospingendomi verso il centro della stanza. Muovo un passo e
poi un
altro. Mi fermo e un fruscio di abiti si mescola alla voce del violino.
Le mie
palpebre si sollevano e i miei occhi intorpiditi accolgono la luce del
giorno.
Le pupille si stringono e si allargano per adeguarsi
all’intensità del bagliore
mattutino e posarsi, estasiate, su di lui, sul giovane musicista dallo
sguardo
di rubini. La raffinata maestria delle dita che picchiettano le corde
mi
incanta e costringe i miei sensi a indugiare sulla loro
rapidità. Ad ogni
movimento, una nuova nota prende vita, in un continuo crescendo di
intensità e
di voci differenti che si sovrappongono in un potente ma armonioso coro.
Quando
l’ultima nota si spegne nel silenzio, il volto di Akashi
si solleva e le sue iridi, ancora intrise di passione, si posano su di
me.
Bruciano come fiamme cremisi, ricordandomi la furia impetuosa di una
colata
lavica, lenta nel suo discendere, ma indomabile nella sua distruzione.
Involontariamente, abbasso lo sguardo, nell’illusione di
fuggire dalla valanga
infuocata che si avvicina. Avanza inesorabile ma invece di travolgermi,
si apre
davanti a me, circondandomi, quasi volesse abbracciarmi, senza tuttavia
toccarmi, per poi richiudersi alle mie spalle e proseguire indifferente
la sua
discesa.
«Buongiorno,
Eiko».
«Buongiorno,
Akashi».
E’
soltanto un saluto, eppure la mia risposta è
inaspettatamente
spontanea. Avrei creduto che tra di noi ci sarebbe stato
dell’imbarazzo, o per
lo meno dell’incertezza. Akashi non può aver
dimenticato la nostra
conversazione e il suo comportamento di ieri sera, proprio come non
l’ho
dimenticato io.
«Spero
che almeno tu sia riuscita a riposare questa notte»,
pronuncia Akashi, dandomi momentaneamente le spalle per riporre il
violino
nella pregiata custodia.
«Vuoi
dire che tu non hai dormito affatto?», lo interrogo a mia
volta.
Come
risposta alla mia domanda, Akashi dispiega le labbra in un
pallido sorrido, quindi mi invita a sedere insieme a lui. Lo raggiungo
e prendo
posto su una delle quattro poltrone sistemate accanto alla finestra. Il
paesaggio
che si staglia oltre il vetro cattura la mia attenzione, suscitando la
mia
meraviglia. Il parco annesso alla villa si apre sotto i miei occhi come
la
tavolozza di un pittore, offrendo allo sguardo una combinazione
infinita di
colori che si abbracciano in uno splendido dipinto degno di essere
immortalato
su una cartolina.
«Sono
certo che i giardini della residenza Wadsworth siano di
gran lunga più incantevoli».
«Io
invece non ne sarei così sicura», obietto
scuotendo
lievemente il capo, mentre Akashi si accomoda di fronte a me.
«Chiunque si sia
preso cura di queste aiuole, lo ha sicuramente fatto pensando a coloro
che le
avrebbero ammirate guardando da questa finestra».
Un
breve momento di silenzio interrompe la conversazione. Con la
coda dell’occhio esamino il volto di Akashi. I suoi occhi,
leggermente
socchiusi in un’espressione assorta e lontana, contemplano
l’artistico
paesaggio, fin quando scivolano su di me. Provando vergogna per essere
stata
sorpresa a sbirciare, abbasso la testa, interrompendo il contatto
visivo.
«Forse
hai ragione. Forse chi ha curato i giardini ha davvero
pensato a chi li avrebbe guardati sedendo in questo studio. O forse non
è
così». Le ultime parole di Akashi sono cariche di
disillusione e mi
rattristano. Sono fredde, non lasciano spazio alla speranza. Sono come
un’oscura
formula magica pronunciata per spezzare l’incanto di una
fiaba. Sarebbe davvero
assurdo se qualcuno in questa villa svolgesse il proprio lavoro con
l’intento
di rendere felici altre persone? No, i miei stessi pensieri sono
l’unica cosa
davvero assurda. Continuo a dimenticare che questo luogo non
è affatto come
casa mia. Che il padrone di questa villa non ha nulla in comune con i
miei
genitori, se non la ricchezza e il fasto della propria dimora. Il padre
di Akashi
è un uomo che ha fatto del successo la sua unica ragione di
vita. È un uomo che
non si è concesso nemmeno un giorno per piangere la morte
della sua giovane
moglie e che ha cresciuto e istruito il proprio figlio imponendo una
disciplina
che esclude qualsiasi emozione umana.
«Spero
che tu possa perdonare il mio comportamento di ieri sera,
Eiko».
Le
mie riflessioni vengono bruscamente interrotte dalle parole
contrite di Akashi. Non mi aspettavo che sarebbe stato il primo a
toccare
l’argomento, ma non posso dirmene dispiaciuta. Ad essere
onesta, stavo ancora
cercando una scusa per introdurre il motivo della mia visita.
«Ormai
è acqua passata», rispondo, scuotendo il capo.
«Forse è
perché ho avuto tutta la notte per pensarci sopra, ma credo
che tu abbia ragione».
«Davvero?»,
le sopracciglia di Akashi si sollevano appena a
disegnare la sorpresa nel suo sguardo.
Annuisco.
«In effetti, avevo anch’io un motivo per
incontrarti
questa mattina».
Raccolgo
la cartella ai miei piedi e la adagio sul mio grembo. Gli
occhi di Akashi seguono ogni mio movimento
con attenzione. La mia mano trema mentre la infilo nella borsa e
un’improvvisa
secchezza inaridisce la mia bocca quando infine estraggo la lettera.
Diversamente
da quanto avessi immaginato, la reazione di Akashi è
piuttosto normale, quasi
avesse previsto le mie intenzioni.
«Non
sei sorpreso?», domando, in fondo delusa per la fredda
risposta.
«Quando
ti ho vista entrare stringendo la cartella fra le mani,
ho immaginato per quale motivo avessi accettato di vedermi»,
la confessione di
Akashi è accompagnata da un tiepido sorriso.
«Sapevo
di non poterti nascondere la verità ancora a lungo. Ieri
sera ho provato fino all’ultimo a respingerti e a mentirti
perché speravo di
convincerti a lasciare perdere tutta questa storia. Non era mia
intenzione
farti arrabbiare o ferirti. Volevo
solo…proteggerti».
Non
riesco a credere a quello che sto dicendo. Io? Proteggere
qualcuno? Eppure è la verità. Da ieri non ho
fatto che pensare a come tenere
Akashi fuori dai miei guai. Dopo essermi resa conto che la situazione
mi stava
sfuggendo di mano e che in ballo non c’era più
soltanto la mia incolumità, non
ho più potuto accettare l’aiuto e il
coinvolgimento del capitano. Ero
terrorizzata all’idea di quello che sarebbe successo se
Akashi fosse rimasto al
mio fianco. La consapevolezza di avere il pericolo così
vicino, così concreto,
mi ha fatto agire di impulso, ma avrei dovuto sapere fin da subito che
non
sarei riuscita ad ingannare Akashi.
Senza
volerlo, emetto un lungo e sonoro sospiro. Se avessi
realizzato prima la situazione, Akashi non si sarebbe arrabbiato.
«Non
hai motivo di scusarti, Eiko. Spaventarti e farti dubitare
di me è stato un mio imperdonabile errore», Akashi
posa un involucro sigillato
sul tavolino.
«Che
cos’è?», lo interrogo.
«Il
motivo per cui speravo avresti accettato di incontrarmi
questa mattina».
Il
capitano mi invita a raccogliere la busta e ad aprirla.
All’interno ci sono alcune fotografie di una ragazza molto
carina. Nella
maggior parte degli scatti, indossa una divisa scolastica che riconosco
all’istante: si tratta senza dubbio di una studentessa della
Teikō, anche se
non credo di conoscerla. No, un momento. Guardandola meglio, ha
un’aria
famigliare, ma non ricordo dove l’ho vista.
«Chi
è questa ragazza? Una tua compagna di classe? O forse
è una
delle manager della squadra di basket? Ho come l’impressione
di averla già
incontrata, ma non riesco a ricordare né dove né
quando».
«E’
la persona che ti ha scritto quella lettera», pronuncia
Akashi in tono secco e grave.
I
miei occhi seguono il suo sguardo fino al biglietto che pochi
attimi prima giaceva sul fondo della mia cartella. Le mie mani gelano e
il
sangue ghiaccia nelle
vene.
«Vuoi
dire che questa ragazza è…».
«Il
tuo stalker», conclude Akashi. «E’
l’artefice di tutte le
minacce che hai ricevuto fino ad oggi. Il suo nome è Aizawa
Yukiko». Mentre
continua a parlarmi, il capitano raccoglie una ad una le foto ora
sparpagliate
sul tavolino.
Dovrei
sentirmi sollevata adesso che il mio aggressore ha
finalmente un nome e un volto, invece provo solo sconforto.
Come’è possibile
che una ragazza così bella e all’apparenza fragile
si spinga a tanto? È davvero
la stessa persona che ieri sera ha attentato alla mia vita con un vaso?
Una
persona tanto graziosa da sembrare una fata stava davvero cercando di
uccidermi? Una ragazza bellissima? Certo, ora ricordo dove
l’ho vista. E’ la
ragazza che ieri è venuta a cercarmi per conto del
professore Takeda. Questo
vuol dire che anche l’altra mattina, in palestra, era lei la
figura che ho intravisto
nella penombra.
«Signorina
Eiko, si sente bene?».
Il
tocco apprensivo di Arthur sulla mia spalla mi richiama nel
presente. «Si, sono solo sorpresa, tutto qui».
«Questa
è l’ultima lettera che hai ricevuto,
giusto?», Akashi si
impossessa dell’involucro e lo apre sotto i miei occhi
atterriti. L’istinto mi
dice di strappargliela dalle mani prima che possa leggere, ma il mio
corpo
rifiuta di muoversi. Non voglio che la legga. Non voglio che sappia che
per
tutto questo tempo in cui è rimasto accanto a me per
aiutarmi, la sua vita è
stata in pericolo e, probabilmente, lo è ancora. Se leggesse
la lettera si
allontanerebbe da me e l’ultima cosa che voglio adesso
è perdere la sua
amicizia.
«Akashi,
aspetta!». Infine allungo il braccio per afferrare la
busta ma la mano di Akashi è più rapida e la
sottrae alla mia presa. Le sue
pupille iniziano quindi a scorrere sulla carta e nella mia mente recito
il
contenuto del messaggio, visualizzando ogni singola parola, impressa
ormai
nella mia memoria.
“Ti
avevo
avvertita di stare lontana da Akashi-sama, piccola sgualdrina. Una
nullità come
te non ha alcun diritto di camminare al suo fianco, né
tantomeno di rivolgergli
la parola. Un rifiuto insignificante come te, non dovrebbe vivere nello
stesso
mondo di Akashi-sama. Muori!”
Terminata
la lettura, Akashi consegna il foglio ad Arthur. Il
suo volto è completamente inespressivo, non ho idea di quali
siano i suoi
pensieri in questo momento. Anziché accettare il pezzo di
carta, Arthur si
inginocchia accanto alla mia poltrona e attende. Non ho il coraggio di
parlargli. Chino il capo per dare il mio consenso e solo allora preleva
la
lettera dalla mano tesa di Akashi. Pochi secondi dopo, il fruscio della
carta
stritolata dal suo pugno serrato riempie il silenzio attorno a me.
«Ho
bisogno del tuo aiuto, Arthur», dichiara improvvisamente
Akashi, ottenendo l’attenzione del mio autista. «Ho
intenzione di porre fine a
questa follia, ma mi occorrerà la tua
collaborazione».
«Qualsiasi
cosa, se servirà a proteggere la signorina Eiko».
«Che
cosa vuoi fare, Akashi?», chiedo in un impeto di ansia.
«Costringere
Aizawa ad uscire allo scoperto e, per riuscirci,
anche tu, Eiko, dovrai recitare la tua parte. Voglio che tu faccia da
esca e
induca Aizawa ad attaccarti».
«Stai
scherzando, vero!?», mi sollevo dalla poltrona con uno
scatto talmente violento da catapultare la cartella abbandonata sulle mie ginocchia fino ai
piedi di Akashi.
«Vorrebbe
che la signorina Eiko mettesse di proposito a
repentaglio la sua vita?», la domanda di Arthur è
un’esplicita accusa
all’assurdità appena dichiarata da Akashi.
Tuttavia
il capitano non sembra minimamente turbato dalla nostra
opposizione. Al contrario, senza perdere compostezza, condivide con
entrambi i
dettagli del suo piano, avanzando infine un’ulteriore
richiesta.
«Mi
rendo conto che la mia proposta suoni inaccettabile, tenendo
conto che sono proprio io il motivo per cui ci troviamo in questa
situazione ,
ma la mia priorità assoluta è la sicurezza di
Eiko». Il suo sguardo risoluto
incontra il mio. «Ecco perché vorrei chiederti il
permesso di coinvolgere anche
i ragazzi della squadra di basket. La loro partecipazione è
indispensabile per
tenerti al sicuro».
Coinvolgere
la squadra? È esattamente quello che ho cercato di
evitare fino adesso. Tuttavia un altro pensiero assilla
la mia
mente.
«Akashi,
come hai scoperto che è stata Aizawa a scrivermi le
lettere?».
Anziché
rispondere alla mia domanda,
Akashi raccoglie ancora una volta l’involucro giallo
contenente le fotografie e
da esso estrae una seconda busta, più piccola e
minuziosamente decorata, che
non avevo notato.
«Confronta
questa lettera con quella che
hai ricevuto questa mattina», mi esorta infine porgendomi la
carta.
Studio
per un attimo la busta colorata
fin quando la mia attenzione ricade sul nome del destinatario scritto
sul
retro.
«Questa
lettera è indirizzata a te»,
esclamo infine, rivolgendomi ad Akashi. «È
una…lettera d’amore?!». Sapevo che
Akashi gode di una certa popolarità tra le studentesse della
Teikō, ma
immaginavo che fra le sue ammiratrici ci fosse qualcuna tanto
coraggiosa da
dichiararsi. «Non posso leggerla. È troppo
personale».
«Desidero
che presti particolare
attenzione alla calligrafia. Tutto il resto è
irrilevante».
Irrilevante?
Come può definire i
sentimenti di una ragazza innamorata “irrilevanti”?
io sono forse l’ultima
persona a poter parlare, dato che non ho alcuna esperienza in questo
campo, ma non
trovo giusto umiliare in questo modo una sincera confessione
d’amore, anche se
non corrisposta. D’altro canto se Akashi considera questa
lettera “irrilevante”
per quale motivo l’ha conservata? Avrebbe potuto gettarla
via. Comunque è
inutile immischiarmi in faccende che non mi riguardano. Meglio restare
concentrata sulla mia situazione.
Come
suggeritomi da Akashi, inizio a
scorrere il contenuto l contenuto della lettera soffermandomi con
attenzione
sulla calligrafia. Mi basta leggere la prima riga per riconoscerla.
«Ma
è la stessa scrittura. Vuoi dire che
la stessa persona che da settimane minaccia di uccidermi ti ha scritto
questa
lettera?».
I
miei occhi si abbassano quindi sul
nome del mittente, riportato al termine del messaggio: Aizawa Yukiko.
Akashi
prende la parola, approfittando
del mio sgomento. «L’ho ricevuta qualche giorno fa
e ho notato subito la
somiglianza con la calligrafia delle lettere minatorie che hai
ricevuto.
Tuttavia, avevo bisogno di una prova concreta per affermare con
sicurezza che
Aizawa fosse l’autrice delle minacce».
Un
campanello suona improvvisamente
nella mia testa. Inizio quindi a frugare tra le fotografie
finché trovo quella
che stavo cercando, la foto incriminante. Nell’immagine si
vede infatti Aizawa
che, con fare circospetto e cauto, infila qualcosa
nell’armadietto delle mie
scarpe. Si tratta sicuramente di un biglietto minatorio. A questo punto
non ci
sono più dubbi sull’identità del mio
stalker. La gelosia di Aizawa nei
confronti di Akashi le ha fatto completamente fraintendere la mia
relazione con
il capitano della squadra di basket, facendomi diventare una sua rivale
in
amore. E a giudicare fino a che punto è disposta a spingersi
pur di eliminare
la concorrenza, dubito che mi ascolterebbe se provassi a spiegarle che
fra me e
Akashi non c’è assolutamente niente di quello che
pensa.
Eppure
qualcosa non mi quadra. Per quale
motivo ha preso di mira soltanto me? Satsuki e Mayumi trascorrono
insieme ad
Akashi molto più tempo di me, essendo manager della squadra
di basket,
soprattutto Satsuki che, da quanto so, aiuta e sostiene la squadra
già da tre
anni. Io, al contrario, mi sono avvicinata ad Akashi solo di recente e
fino a
poco fa non ci rivolgevamo nemmeno un saluto. Non avevamo alcun tipo di
rapporto. Allora perché? Possibile che Aizawa ce
l’abbia con me per qualcosa
che le ho fatto senza rendermene conto? Ma anche in questo caso, non
ricordo di
avere mai avuto nulla a che fare con lei prima di questa storia.
«So
di avertelo già chiesto», Akashi
interrompe le mie riflessioni. «ma non mi hai ancora dato una
risposta».
«A
che proposito?», domando seriamente
confusa. In questo momento non riesco a pensare ad altro se non al
motivo che
mi ha fatta finire nel mirino di Aizawa.
«Sei
d’accordo a mettere al corrente
della situazione anche i ragazzi della squadra?».
Ah,
giusto, ora ricordo. Akashi ha detto
di avere in mente un piano e che tale piano prevede la collaborazione
di Kise e
degli altri. Anche se adesso che so chi è il mio nemico,
anche se si tratta
solo di una ragazza delle medie, sono comunque preoccupata. Aizawa
è una
persona pericolosa e imprevedibile. Se messa con le spalle al muro,
potrebbe
decidere di aggredire anche Mayumi e Satsuki. Ma se il suo odio
è rivolto
esclusivamente a me, come spero, anche se dovesse finire
all’angolo e ripiegare
su una strategia disperata, io resterei il suo unico obiettivo,
l’unico vero
intralcio al suo amore.
«Accetto
solo se mi prometti che sarò
l’unica a dovermi esporre al pericolo. Qualunque ruolo
abbiano gli altri nel
tuo piano, dovrà garantire la loro sicurezza».
Avrei
preferito dettare le mie
condizioni in tono più risoluto, ma non posso fermare il
tremore che percorre
ora tutto il mio corpo. Nonostante questo, Akashi sembra avere apprezza
il mio
coraggio e la mia sincerità, accettando infine la mia
richiesta.
Una
volta raggiunto l’accordo, io e
Arthur trascorriamo il resto della mattina nello studio di Akashi,
ascoltando
con attenzione i dettagli del suo piano mentre il sole affretta la sua
scalata
in cielo.
***
All’imbrunire
del giorno, sono di nuovo a casa, nel mio letto.
Prima di potermi finalmente rilassare tra le lenzuola pulite,
però, ho dovuto
affrontare l’interrogatorio di Tatsuo e inventare sul momento
una scusa che
giustificasse la mia ferita alla testa. Come immaginavo, alla vista
della benda
sulla mia fronte, tutti i membri della mia famiglia si sono allarmati e
non è
stato semplice rassicurarli. Ho detto loro di essermi fatta male
durante la
lezione di pallavolo: mi sono tuffata per prendere la palla, ma non ho
visto il
palo della rete e vi ho sbattuto contro. Dati i miei precedenti e la
mia
naturale goffaggine, la bugia è suonata piuttosto credibile
anche se mi è valsa
una severa ramanzina da parte di Tatsuo.
«Ti
avevo detto che riprendere a frequentare le lezioni di
educazione fisica era una pessima idea. Se pensi che verrò
di nuovo a scuola
per convincere la tua prof. ad esonerarti, ti sbagli di grosso.
L’ultima volta
mi ha letteralmente trascinato in infermeria e ha cercato di saltarmi
addosso.
Mi vengono i brividi solo ripensarci», ha detto con il
terrore negli occhi e
una smorfia di disgusto sulle labbra.
A
scuola tutti sanno quanto la professoressa Fujioka sia alla
disperata ricerca di un uomo. Stando ai pettegolezzi, tutti gli uomini
che ha
frequentato fino adesso l’hanno alla fine lasciata per una
nuova fiamma. Dopo
l’ultima storia andata a rotoli ha deciso di saziare la
propria fame cacciando
prede più giovani, dalla carne più fresca. Fino
ad oggi, non avevo capito che
anche Tatsuo è stato costretto a difendersi
dall’audace attacco della
professoressa Fujioka, rischiando di diventare un suo trofeo di caccia.
Non oso
immaginare cosa abbia dovuto sopportare per il mio bene, ma di certo
gli sarò
grata per il resto della mia vita.
A
parte i rimproveri di mio fratello, che ancora una volta si
è
dimostrato essere il più protettivo e apprensivo, il ritorno
a casa è stato
abbastanza tranquillo e adesso posso finalmente godermi la calma e la
famigliarità della mia stanza. Poter dormire di nuovo nel
mio letto è
abbastanza per alleviare il dolore alla testa e sciogliere la tensione
nel mio
corpo. Queste ultime ventiquattro ore mi hanno caricata di emozioni
troppo
forti per essere smaltite in una sola notte. E resta sempre il fatto
che sto
mentendo alla mia famiglia riguardo ad Aizawa e al reale pericolo che
ho corso
ieri sera. Non credo che riuscirei a sopportare la loro reazione se
venissero a
sapere che qualcuno ha attentato alla mia vita. La quantità
di ansia da gestire
mi schiaccerebbe, ma soprattutto non potrei accettare di vedere
l’angoscia
negli occhi di mia madre o di mia sorella Naoko. Nonostante quello che
mi sta
succedendo, è un periodo sereno per la mia famiglia e non
voglio essere io a
spezzare lo loro felicità. Non ne ho il diritto.
Mi
giro su un fianco, cercando una posizione comoda sul
materasso. Mi raggomitolo nelle lenzuola, inspirandone il profumo
quando la
porta della mia camera si dischiude.
«Stai
già dormendo, Eiko?», Naoko fa capolino nella
stanza,
chiamandomi con la sua voce melodiosa.
«Non
ancora», le rispondo emergendo dalle coperte.
Naoko
si chiude la porta alle spalle e si avvicina al letto,
sedendosi infine accanto a me. Averla di nuovo al mio fianco,
così vicina, mi
fa istintivamente sorridere.
«Non
puoi immaginare quanto mi renda felice poter di nuovo
vedere il tuo sorriso», la mano di Naoko si stringe
affettuosamente intorno
alla mia.
«Mi
dispiace averti fatto preoccupare».
«Ciò
che conta è che tu stia bene,
nient’altro», mi risponde
scuotendo lievemente il capo. «Immagino non sia stato facile
per te».
«La
residenza degli Akashi è molto diversa dalla nostra e ad
essere sincera, mi sono sentita un po’ a disagio per tutto il
tempo. Non vedevo
l’ora di tornare a casa». Naoko accarezza
dolcemente i miei capelli e questo
basta a darmi la certezza che ho tutta la sua comprensione.
«Ad essere onesta,
però», riprendo, «Akashi ha cercato di
farmi sentire a mio agio. Pensa che
questa mattina ha perfino ordinato alla servitù di preparare
la mia colazione
preferita».
«Si
è preso molta cura di te», commenta Naoko,
mostrando
sollievo e gratitudine. «Dovremo assicurarci di
ringraziarlo».
Annuisco
con decisione, condividendo il suo pensiero. Un istante
dopo, un improvviso silenzio cala fra di noi dandomi il tempo di notare
l’espressione curiosa ma perplessa sul volto di mia sorella.
«C’è
forse qualcosa che ti turba?», la interrogo allora
preoccupata.
«Non
direi. Sono solo sorpresa. In realtà lo siamo tutti.
Nessuno di noi si sarebbe aspettato di ricevere una telefonata del
giovane
Akashi che chiedeva il permesso di ospitarti a casa sua per un intero
giorno».
Capisco
perfettamente cosa intende dire. E in qualche modo posso
visualizzare nella mia mente lo stupore di mia madre quando ha risposto
al
telefono. In fondo, prima di oggi, nessun membro della mia famiglia
aveva mai
interagito personalmente con i membri della famiglia Akashi.
«Avevo
intenzione di parlartene», confesso abbassando lo sguardo
imbarazzata. «La verità e che nelle ultime
settimane ho stretto amicizia con i
membri della squadra di basket, di cui Akashi è il capitano.
Fino ad oggi mi
sono sempre tenuta in disparte e non mi sono mai lasciata coinvolgere
da
nessuno. Ma all’inizio di quest’anno mi sono
ritrovata di nuovo in classe con
Mayumi e mi ha convinta ad assistere agli allenamenti della squadra.
Ah, non ti
ho detto che tra i miei nuovi compagni di classe
c’è anche Kise Ryouta, il
famoso modello, per cui Mayumi ha una cotta, e che anche Kise
è un titolare
della squadra di basket. È un ragazzo molto socievole ed
esuberante, proprio
come Mayumi e, prima che me ne rendessi conto, siamo diventati amici.
Grazie a
Mayumi, che adesso è diventata manager della squadra, ho
incontrato gli altri
membri del club di pallacanestro. Sono tutti ragazzi eccezionali e
all’inizio
avevo paura. Sono molto diversi da me, così pieni di
passione ed entusiasmo.
Perfino Akashi. Il fatto è che è successo tutto
così in fretta e neanch’io
riesco ancora a crederci ma…potremmo dire che loro sono i
miei primi amici».
Un
calore sale fino alle mie guance mentre pronuncio l’ultima
parola. Per una ragazza solitaria come me è imbarazzante
ammettere di avere
finalmente stretto delle amicizie. È una sensazione aliena, irriconoscibile, ma non
spiacevole.
Mentre
sono ancora persa nei miei pensieri, le braccia di Naoko mi
attirano a sé, accompagnando la mia testa al suo petto.
«Sono
orgogliosa di te, Eiko».
Forse
è perché desideravo sentire queste parole
più di qualsiasi
altra cosa, o forse è semplicemente il senso di colpa che
percuote la mia coscienza
bugiarda, ma calde lacrime rigano le mie guance mentre mi lascio
viziare per un
po’ dalle carezze di mia sorella, fino a quando i miei occhi
si chiudono in un profondo
sonno pacifico.
°°°
Nota
d’Autrice: Innanzi tutto mi scuso con tutti voi per
l’immenso
ritardo, ma sono in periodo di esami universitari e ho fatto del mio
meglio per
trovare sempre un po’ di tempo per scrivere. Questo capitolo
è abbastanza lungo
e sono quasi certa che lo saranno anche i successivi. Spero che questo
possa compensare
il fatto che pubblicherò con meno frequenza, ma la storia
andrà comunque avanti.
Non perdete la speranza! ^^ vi incoraggio sempre a condividere con me
le vostre
opinioni e vi abbraccio tutti.
Lady L. ; )
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