Salve
a tutti!
Sì,
lo so, l'ultimo capitolo risale al 28 agosto dell'anno scorso, e
siamo a febbraio... Me ne rendo conto, ma ho delle reali motivazioni
a mia discolpa! È il mio primo anno di
università, mi sono
trasferita e nei primi mesi non ho avuto molto tempo per dedicarmi
alla scrittura: era presa ad abituarmi a questa nuova vita, con le
nuove persone che sto conoscendo (sì, vorrei farmi una vita
sociale), e tra lezioni ed esami vari non ho avuto il minimo tempo
per scrivere; oltretutto per più di un mese sono stata senza
computer, dato che mi si è rotto lo schermo e l'ho dovuto
mandare a
riparare. E poi, ultima cosa, non avevo ispirazione, e se manca
quella posso avere anche tutto il tempo del mondo, ma non riesco a
scrivere – immagino voi possiate capire.
Comunque
sia ora sono qui, con questo capitolo un po' di passaggio, questo
è
vero, dove ho messo un po' di altra carne al fuoco, ma il prossimo
dovrei già iniziare a dare qualche nuova spiegazione
– e dovrebbe
essere anche più attivo. Scusate se la storia ci mette tanto
a
procedere, ma non mi piace far avvenire tutto in fretta e furia solo
per rendere la storia movimentata, se poi manca di realismo (e ok,
è
una sovrannaturale quindi il realismo è relativo, ma
insomma, mi
avete capito).
Spero
che questo capitolo vi piaccia, cercherò di scrivere il
prossimo il
prima possibile!
Buona
lettura.
Un
abbraccio,
~Sapphire_
~Dirty
Blood
Capitolo
otto
Claire
aprì la porta facendola sbattere violentemente e producendo
così un
suono secco e forte che attirò gli sguardi degli astanti.
«Cos'è
successo?»
esclamò rapida, per
poi concedersi un attimo per guardarsi attorno; mentre il cuore le
batteva rapido e il petto le si alzava e abbassava altrettanto
frenetico in cerca di ossigeno, si spostò con una mano le
ciocche di
capelli che le erano scivolate sugli occhi e osservò meglio
la
situazione.
Stesa
sul divano e con l'aria che dire malconcia era un eufemismo stava
Ophelia, i cui occhi verdi si erano aperti all'arrivo della stessa
Claire. Accucciata di fronte a lei c'era una ragazza dai folti ricci
castano-dorati tenuti insieme da una pinza azzurro fosforescente.
Louise,
pensò seccata Claire, per poi spostare lo sguardo su Beal,
abbandonato sulla poltrona con gli occhi chiusi, e Sargas, in piedi
appoggiato alla scrivania.
«Potresti
evitare di urlare? Ho un mal di testa che mi sta uccidendo»
bofonchiò Beal mantenendo le palpebre serrate.
Claire
lo fissò attentamente, facendo scattare i suoi occhi che
cambiarono
colore.
L'aura
di Beal era poco vivida e un po' traballante, come se cercasse di
stabilizzarsi; spostando gli occhi su quella di Ophelia notò
che la
situazione era uguale.
«Vi
siete strappati?»
domandò stupita.
«Sì»
rispose per loro Sargas.
«Io
sto cercando di risolvere la situazione, se fate silenzio sarei
più
concentrata»
disse all'improvviso Louise con tono seccato.
Solo
un'occhiata gelida di Sargas impedì a Claire di replicare.
Stupida
idiota,
pensò infastidita la
mora.
Dei
passi veloci per il corridoio preannunciarono l'entrata di Dominik e
Max, che entrarono un minuto dopo; il respiro un po' corto dimostrava
la loro fretta, anche se non come Claire.
Anche
i due gemelli squadrarono la situazione.
«Che
è successo?»
«Perché
la nostra casa è praticamente distrutta?»
Maximilian
e Dominik parlarono in sincrono, mostrando le due diverse
preoccupazioni che li affliggevano.
«Siete
passati a casa, quindi» osservò Sargas retorico,
ignorando le
parole di Louise.
«Sì»
rispose Max, mentre la sorella annuiva e Dominik era impegnato a
guardare infastidito Louise che, accucciata e di schiena, esaminava
Ophelia.
«Hanno
fatto molti danni?» domandò il ragazzo.
Claire
ripensò alla propria casa: l'entrata era completamente
andata, così
come buona parte del corridoio; quasi tutte le porte erano sfondate e
molte stanze erano distrutte, ma il maggior problema era la cucina,
che era ancora in fiamme quando i tre fratelli erano tornati.
«Direi
di sì» rispose con una smorfia.
«Mi
spiace»
La
voce sottile di Ophelia giunse alle orecchie di Claire che la
guardò.
«Non
dispiacerti, non è colpa tua» rispose la mora;
notando come Dominik
fosse in procinto di manifestare il proprio disaccordo con
ciò che
aveva appena detto la sorella, si affrettò a lanciargli
un'occhiataccia. Per una volta, Dominik le diede ascolto.
«Potreste
esattamente dirci cos'è successo?» intervenne nel
silenzio Max che,
come il gemello e la sorella, aveva ancora le idee confuse.
«Non
ho intenzione di spiegare tutto da capo» bofonchiò
Beal, sempre
sprofondando nella poltrona e con gli occhi chiusi.
Gli
occhi di Max si spostarono su Sargas, in attesa, e così fece
Claire
dopo aver intravisto il braccio bruciato di Ophelia.
«Due
deviati sono entrati in casa vostra alla ricerca di Ophelia, la
stavano rapendo se non che l'arrivo di Beal l'ha impedito. Sono stati
costretti a strapparsi per riuscire a non morire»
«Due
Deviati?»
«Che
ci faceva lì Beal?»
Le
voci con le rispettive domande di Claire e Dominik si sovrapposero.
La ragazza lo guardò.
«Sono
stata io a chiedergli di andare a controllare che fosse tutto a
posto, ero preoccupata per Ophelia» spiegò Claire,
mordendosi un
labbro preoccupata.
«E
con buone ragioni. Se non l'avessi fatto ora avremmo un problema
ancora più grande» disse infastidito Sargas.
«Ma
siete riusciti a identificare i due Deviati?» insistette
Claire.
Sargas scosse la testa.
«Quel
che è certo è che non erano due normali Deviati.
Erano troppo
potenti» sibilò Beal, intervenendo nella
conversazione.
Claire
notò come la sua aurea fosse più stabile rispetto
a prima.
«Questo
è poco ma sicuro, queste ferite non sono leggere»
intervenne anche
Louise, alzandosi dalla sua posizione accucciata di fronte a Ophelia.
Si
voltò verso di loro, gli occhi bianchi che tornavano
castani, e si
sciolse i capelli massaggiandosi la testa. Lanciò poi
un'occhiata di
malcelato disgusto in direzione dei gemelli e una di sufficienza a
Claire.
Quanto
ti spaccherei quel bel faccino...,
pensò rabbiosa la ragazza, ma si costrinse a tacere.
«Allora?»
domandò Sargas. Louise fece una smorfia.
«Tutto
in questa ragazza è un casino» iniziò,
ignorando il fatto che la
ragazza in questione la stesse ascoltando come tutti gli altri
«Ma
da dove è uscita fuori?» chiese poi, sospettosa.
Claire
notò Sargas irrigidirsi, ma la sua espressione rimaneva
impassibile.
«Lunga
storia» tagliò corto Sargas, deludendo Claire che
avrebbe voluto
sentire un più secco “fatti i cazzi
tuoi”.
«Continua»
la esortò nuovamente il ragazzo.
Louise
prima gli lanciò un'occhiata ancora più dubbiosa,
ma rispose
comunque.
«La
sua aurea è sconvolta dallo strappo, ma questo è
normale. Quello
che invece non è normale è il resto. Non capisco
cosa non va,
sembra ci sia un sigillo, ma non riesco a percepirlo e questo
è
ancora più strano. Il suo corpo sembra stia rigettando
qualcosa, e
anche in questo caso non capisco cosa»
spiegò piuttosto confusa Louise.
Insomma,
non ha capito un cazzo,
pensò aspra Claire, tenendo il pensiero tra sé ma
scambiandosi un
eloquente sguardo con i fratelli.
«Quindi
non hai trovato nulla» commentò Sargas, con
un'occhiata
infastidita.
«Non
guardarmi così!» replicò subito la
riccia «Non mi avete spiegato
un bel niente, cosa avrei dovuto trovare?»
«Lascia
stare» tagliò corto di nuovo il ragazzo. Louise
aprì la bocca per
protestare, ma subito dopo la richiuse, rinunciando.
Claire
sorrise tra sé; per quando Louise fosse sfacciata, non si
prendeva
troppo spesso la libertà di contraddire Sargas: per quanto
giovane e
temporaneo, era comunque il master della gens.
«Bene,
se è così allora io vado» fece secca la
riccia. Non attese
risposta e, dopo un cenno a Sargas e a Beal, che non la vide
perché
aveva sempre gli occhi chiusi, se ne andò chiudendosi la
porta alle
spalle.
«Testa
di cazzo» bofonchiò Dominik appena la ragazza
scomparve.
«Grazie
del commento, ora però dobbiamo concentrarci e decidere cosa
fare»
iniziò Sargas «Claire, controlla anche tu Ophelia
e vedi cosa puoi
fare. Beal, tu ti sei ripreso?»
«Più
o meno» biascicò il ragazzo, aprendo finalmente
gli occhi.
«Bene,
allora alzati e seguimi. Dominik, Max, venito anche voi»
disse
Sargas.
Claire,
già vicina a Ophelia, li guardò in tralice
sentendosi esclusa.
«Dove
andate?» domandò.
«A
casa vostra, spero di trovare qualche tipo di traccia»
spiegò il
moro.
«Non
sarebbe allora il caso di chiamare anche Benjamin?»
domandò Max.
Sargas
scosse la testa.
«Finché
non abbiamo qualche informazione in più riguardo questa
situazione,
è meglio non coinvolgere altre persone. Sanno qualcosa
già Angelica
e Louise, e anche Beal ormai, non voglio che la notizia di Ophelia
corra troppo» spiegò.
«Smettetela
di parlare di me come io che non ci sia» protestò
la ragazza.
Claire
vide Sargas sospirare e, dopo aver ricevuto una significativa
occhiata dal giovane, i quattro uscirono con un breve saluto.
Rimaste
sole, Claire si permise di lanciare un'attenta occhiata a Ophelia:
era palida come ormai da giorni, i capelli scaramigliati e sporchi, i
vestiti con qualche strappo e cenere qua e là e il braccio
destro
con l'impronta bruciata di una mano.
«Per
prima cosa occupiamoci di questo, eh?» fece retorica Claire,
prendendo con delicatezza il braccio dell'altra mentre la sua mano
iniziava a brillare di una luce fioca.
Ophelia
annuì.
Claire
notò la sua strana silenziosità e, indecisa se
assecondarla o meno,
parlò.
«Ti
sei spaventata molto?» chiese.
Gli
occhi di Ophelia si fecero lucidi.
«Dei
mostri sono entrati in casa e hanno tentato di rapirmi, sono stata
trascinata via da un tizio che mi ha fatto sentire com se fossi stata
su delle montagne russe per un settimana senza mai fermarmi e per
l'ennesima volta una persona dice che non sa cosa non vada in me. Non
sono assolutamente spaventata»
Riconoscendo
il sarcasmo, Claire tirò un sospiro di sollievo dentro di
sé: se
riusciva a essere in qualche modo ironica la situazione non era
così
irrecuperabile.
«Beh,
dai, hanno tentato di rapirti, dovresti considerarti una persona
importante» tentò di ironizzare a sua volta Claire.
Sono
una stupida,
pensò appena vide una lacrima scendere sulla guancia di
Ophelia.
«Scusa...»
«Non
devi scusarti» la frenò subito Ophelia, girandosi
e puntando gli
occhi verdi sui suoi. Claire si sentì a disagio sotto quello
sguardo
triste che faceva a pugni con il sorriso tiepido che le illuminava un
poco il volto.
«Tu
non hai colpa di quello che sta succedendo. Stai anche cercando di
aiutarmi» continuò la bionda.
A
quelle parole Claire ricambiò il sorriso triste.
«Beh,
non sto facendo un buon lavoro» disse, per poi sfuggire allo
sguardo
dell'altra e concentrarsi sulla ferita; anche se lentamente, grazie
ai suoi poteri stava migliorando.
«Va
bene così» la sentì rispondere.
Claire
tacque.
No,
non va bene per niente.
Appena
mise piede nella casa distrutta, Sargas sbuffò pesantemente.
Ma
quando finirà tutto questo?,
pensò.
Se
da un lato avrebbe voluto non rivedere più il padre,
dall'altra non
vedeva l'ora che tornasse e riprendesse le redini di tutto quel
casino. Non è che non gli piacesse il ruolo di leader, ma si
stava tutto facendo così complicato, ed era diventato master
da solo un
anno – ovvero da quando il padre era sparito, lasciandogli un
bigliettino con su scritto “Congratulazioni! Sei appena
diventato
il nuovo master!” che sapeva tanto di presa per il culo.
Se
per un attimo gli era balenata in testa l'idea di trovarlo solo per
il puro gusto di prenderlo a pugni, poi aveva deciso di sfruttare
l'occasione e godersi quella sorta di “vacanza”
senza il padre
come costante nella sua vita – beh, credeva fosse una
passeggiata
fare il master: incontrarsi di tanto in tanto con gli altri della
fazione, scambiare qualche convenevole con i Neri, controllare che
nessuno della propria gens creasse troppi problemi e tanti saluti.
Di
sicuro, era così prima che se ne andasse quell'idiota.
Invece ora
era sparito e gli aveva lasciato quella patata bollente di Ophelia,
le cui (inesistenti) indicazioni gli erano state lasciate in un
grazioso allegato al biglietto di auguri.
«Beh,
vediamola così: adesso avete una vista a 360 gradi»
intervenne Beal sarcastico.
Sargas
si girò appena per vedere l'occhiata scontrosa che gli
lanciavano i
due gemelli, ma prima che qualcuno potesse replicare in qualche modo
decise di intervenire.
Evitiamo
discussioni inutili,
pensò tra
sé.
«Controllate
tutta la casa e vedete se trovate qualcosa che potrebbe esserci
utile. Sbrigatevi, la zona è ancora a rischio e potremmo
trovarci
brutte sorprese se rimaniamo troppo in giro»
tagliò corto con tono secco.
Gli
altri tre non risposero: fecero solo un vago cenno con la testa prima
di inoltrarsi all'interno della casa e andare nelle diverse stanze,
saltellando sui vari detriti sparsi per il pavimento.
Sargas
rimase ancora fuori, osservando la strada: ovviamente nessuno si
accorgeva di nulla. Di sicuro gli Occultori avevano fatto un bel
lavoro in quel caso, ma non si sentiva sicuro – meglio
evitare
qualsiasi rischio, non voleva trovarsi umani a gironzolare troppo
vicino a quella zona.
Gli
occhi gli diventarono bianchi in un istante mentre sollevava la mano
destra di fronte a sé, il palmo aperto e rivolto verso
l'esterno;
nel medio, sotto la luce del sole che lo colpiva in pieno, un anello
con uno smeraldo incastonato faceva bella mostra di sé.
Chiuse
piano la mano, facendo convergere le punte delle dita, mentre una
brillante fiamma bianca veniva a crearsi, guizzante e colma di
scintille. Aprì di scatto la mano, e la fiamma si spense
all'improvviso, mentre per un attimo il mondo rallentava e Sargas
riusciva a vedere i singoli granelli di polvere fluttuare nell'aria.
Appena
prima che il tempo continuasse a riprendere il suo solito scorrere
vide in lontananza una figura nera, coperta con un cappuccio, dritta
verso di lui. Ma, prima che potesse fare qualsiasi cosa, la figura
scomparse e tutto tornò come un secondo prima.
Dobbiamo
sbrigarci,
pensò Sargas. Aveva
avuto un leggero dubbio su quella figura – possibile che...?
- ma
meglio non rischiare.
Si
fece anche lui strada nel corridoio, buttando l'occhio sulle prime
stanze e vedendo i tre ragazzi indaffarati alla ricerca di qualcosa
–
qualcosa perché non
sapevano neanche loro cosa stessero effettivamente cercando, andavano
a tentoni; entrò nella prima stanza vuota che vide, la mente
ancora
concentrata su ciò che era appena successo, la convinzione
che si
faceva sempre più strada in lui – ma che ci faceva
uno di loro lì?
Che si facessero gli affari loro.
Mentre
scorreva gli occhi sulla stanza – pareva essere un piccolo
studio
con una libreria e una poltrona – poco concentrato su
ciò che
faceva, un urlo lo fece distrarre.
«Sargas,
Beal, Domi! Venite qui!»
La
voce di Max lo riportò alla realtà,
costringendolo ad andare rapido
nella cucina che, poté appurare, era la stanza maggiormente
distrutta.
La
finestra, con le tende scostate, faceva entrare la luce all'interno e
perciò era tutto illuminato a giorno: la poltrona
scaraventata da un
lato, il tavolo a pezzi, una tazza e resti di biscotti per terra
–
una colazione bruscamente interrotta, suppose; c'erano poche gocce di
sangue nel pavimento, di sicuro di Ophelia.
Ma
Max era concentrato su altro: era in piedi, immobile, come in trance.
I suoi occhi bianchi fissavano il vuoto mentre la mano sfiorava quel
piccolo grumo grigio a mezz'aria, che Sargas e gli altri erano in
grado di vedere solo grazie ai loro poteri.
«Un
ricordo»
disse all'improvviso Dominik, spiazzato, entrando subito dopo di lui
seguito da Beal.
«È
di...» disse solo Sargas.
«Ophelia»
rispose Max, sempre con gli occhi vacui.
«Un
ricordo» fece all'improvviso Beal «Un ricordo espulso.
Mi potete spiegare come quella tizia, che a detta vostra è
priva di
poteri e assolutamente inutile, è riuscita a eliminare un
ricordo
dalla sua testa?» fece.
Priva
di poteri? Inutile?,
pensò un poco stordito Sargas, Direi
proprio che non è la definizione adatta.
«Sarebbe
interessante capirlo» rispose però.
Un
attimo dopo Max tornava tra di loro, gli occhi che rimettevano a
fuoco la stanza e anche gli altri astanti.
«Non
è piacevole, ve lo dico subito» disse con una
smorfia.
«Perché?»
fece Beal.
«Non
so come abbia fatto a espellere il ricordo, ma sono sicura di una
cosa: non l'ha fatto consapevolmente. Sembra che, in un qualche
strano modo, se lo sia strappato dalla testa e l'abbia piantato
qui»
spiegò.
«Com'è
possibile?» domandò Dominik, confuso.
Sargas
fissò quel grumo grigio che non si spostava di un
millimetro,
pensando.
«Ci
sono casi» iniziò, dopo un paio di secondi
«in cui i ricordi
espulsi non sono volontari. Vengono creati a causa di un'esperienza
traumatica; sei spaventato, stai lottano, la mente cerca di eliminare
tutte quelle brutte sensazioni in questo modo. È un processo
automatico per proteggere la propria mente. Per questo di solito
è
piuttosto turbolento» spiegò, attirandosi le
occhiate degli altri
tre.
«Quindi
è stata una consa inconscia» intervenne Beal.
«Pare
di sì»
«E
allora mi spieghi come ha fatto Ophelia, se in
teoria
è priva di poteri?»
Sargas
si morse un labbro.
Non
era più sicuro, a quel punto, che Ophelia fosse priva di
poteri. Ciò
avrebbe spiegato prima di tutto quel ricordo, secondo il motivo per
cui qualcuno la cercava, terzo il sigillo che le era stato imposto
–
di sicuro era quello che impediva ai poteri di manifestarsi, ma
evidentemente le era stato applicato quando era piccola, altrimenti
non si spiegava la sua assoluta confusione riguardo il loro mondo
–
e, se le era stato messo da piccola, di sicuro era qualcuno
così
bravo da creare una barriera perfetta e durevole nel tempo. Gli
veniva in mente solo un nome, ma aveva bisogno del padre per esserne
certo, cosa che in quel momento non era possibile.
Comunque
fosse, decise di tenere i dubbi per sé.
«Non
lo so» disse soltanto «Ne so quanto voi di questa
storia, perciò
ci devo lavorare per avere qualche informazione certa»
continuò.
«Ora
però dobbiamo andare, non possiamo rimanere qui per troppo
tempo –
mi è sembrato di vedere qualcuno fuori, vorrei evitare di
venire
attaccato. Max, occupati di prendere il ricordo –
delicatamente,
non voglio che sia rovinato. Torniamo alla sede» concluse
infine.
Aveva
mille dubbi, e avrebbe fatto in modo di risolverne almeno uno.
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