Ste:
piccola nota
Schema
temporale “tutta la vita in un secondo” attraverso
l’età di
Hanamichi
16
Anni - Lui era la mia vita
-Un secondo
22
Anni - Dunk
28
Anni -Baka Dohao [momento della scrittura delle lettere]
30
Anni -[momento della lettura delle lettere]
Busta
1 Bis
L’altro
vostro padre mi ha coinvolto in questa cosa. Ho letto cosa ha
scritto, è scemo, vi conosciamo già, vi abbiamo
già adottato
mentre scriviamo queste lettere, anche se sospetto che lui la sua
l’abbia iniziata prima che la nostra famiglia si allargasse.
Potremmo
fare l’elogio della stupidità adolescenziale.
Vi
daremo queste lettere ai vostri quattordici anni.
Per
ora avete dodici anni, siete la coppia di gemelli più
assurda che
esista. Vi abbiamo conosciuto quando ne avevate dieci, sono solo due
anni che questa famiglia è completa. Il vostro
papà Hanamichi ed io
ci siamo messi insieme verso la fine del liceo, e poi siamo venuti
qua negli Stati Uniti, siamo stati fortunati dal Giappone in quel
periodo ci siamo mossi in tre, anche se in squadre diverse ed in
università diverse.
Io
ho una grossa fortuna, sono sempre stato portato per le lingue,
quando stavo a Kanagawa ero in una scuola prestigiosa, con corsi
personalizzati, ero la stella della mia squadra di basket, ed ero
sempre allegro e spensierato. Anche il mio essere omosessuale non mi
ha mai fatto sentire inadeguato, la mia famiglia, per mia immensa
fortuna è sempre stata aperta e tollerante con tutti, quando
ho con
fessato ai vostri nonni che mi piacciono i maschi, loro non hanno
fatto una piega, mi hanno abbracciato e mi hanno raccomandato di
trovare un bravo ragazzo.
Ero
al secondo anno, e le cose stavano andando sempre meglio, nel basket,
sentimentalmente meno, ma ero felice, circondato da amici, e da
rivali fortissimi. Ci stavamo preparando per il torneo invernale
quando una notizia squarciò il velo di sicurezza e
immortalità che
caratterizza i sedici anni. Di punto in bianco un mio coetaneo si
è
tolto la vita. Lo conoscevo, di vista, da molto tempo,
c’eravamo
già scontrati a basket fin dalle elementari, io lui ed anche
il
vostro allenatore. Lo Shohoku ne è rimasto distrutto, fino
al
momento in cui hanno deciso di reagire in modo costruttivo.
Ma
di questo vi parlerà Hana, io voglio parlarvi di lui, di
come mi son
trovato a sognarlo ogni notte.
Era
il primo anno, e con il Kainan eravamo una delle teste di serie del
torneo nazionale di basket estivo, io mi ero ucciso di allenamenti e
alla fine mi ero guadagnato il posto da titolare al primo anno, la
scuola che frequentavo aveva uno dei più importanti club di
basket e
c’erano poche possibilità di entrare in squadra,
anche perché
solo chi manteneva una media in classifica molto in alto poteva
puntare a quei posti. Ero un esaltato, immaginatevi con questo
traguardo, che in pochi erano riusciti a raggiungere, raggiunto dopo
pochi mesi dall’inizio della scuola “Sono il rookie
numero uno”
lo urlavo a destra e a manca. Ci siamo scontrati con una squadra
assurda, ci siamo scontrati con lo Shohoku, e l’ho visto uno
nuovo,
un esaltato, uno che faceva un chiasso infernale, secondo solo al
mio.
In
Giappone la mentalità è molto più
ristretta e lui era un fenomeno
da baraccone con i capelli rossi, lunghi che ne incorniciavano il
volto. Mi è mancato il fiato, era come un rumoroso e
chiassoso
raggio di sole. Dovevate vederlo in campo, è stato
faticosamente
esilarante, ma lì per lì ero infuriato, ho
giocato come se gli Oni
mi avessero posseduto. Lui non era ancora bravo, ma aveva
l’istinto
giusto.
Quando
ho fatto la doccia ho dovuto accendere l’acqua gelida, e
ancora i
miei compagni di squadra di allora tirano fuori questa storia per
prendermi in giro.
Ah quanto eravamo spensierati, dopo la
partita abbiamo festeggiato. Ma ormai mi ero fissato, dovevo
disintegrare quel rossino, ma puntualmente andavo a vederne le
partite, l’ho visto migliorare ogni volta, ogni avversario
gli ha
insegnato qualcosa, ogni avversario ha trovato guai con lui. Si
intravedeva il suo talento, ma la mia testa cominciava a farmi fare
pensieri sconci su di lui, avrei voluto conoscerlo, ma non avevo
nessuna scusa.
Avevo
quindici anni, ricordatevelo, ero giovane e stupido, confesso,
l’ho
pedinato per giorni, forse mesi, ma non riuscivo a trovare una scusa
per approcciarmi a lui. Ero distrutto, avrei voluto conoscerlo, avrei
voluto parlargli.
Dopo
qualche mese, ormai il “fattaccio” era successo, ho
scoperto che
lui giocava a street basket in un campetto poco distante dal mare,
faceva i 3 contro 3. Dopo una di queste partite ho fatto
l’unica
cosa che conoscevo l’ho sfidato in un one
to
one. Ricordo che mi ha stracciato, e io ci sono rimasto
malissimo, lui ha usato il suo fisico contro il mio.
Non
so di cosa abbiamo parlato dopo, non me lo ricordo, ricordo solo che
pendevo da quelle labbra carnose, ero ipnotizzato da lui. Era triste,
era strano, era bellissimo e così fragile.
Sono
sempre stato molto sicuro di me, ma davanti a lui prendevo la
consistenza del formaggio fuso. Da quel giorno, dopo gli allenamenti
passavo a giocare con lui in quel campetto, a mangiar qualcosa con
lui, a parlare di ragazze. Si lui mi parlava di ragazze, e io facevo
lo gnorri, cercavo di non apparire stupido ma io avrei voluto solo
zittirlo con un bacio, ma non capiva. Pensavo fosse etero, e mi ero
arreso. Col passare del tempo, lui ha ripreso a giocare con la sua
squadra e il nostro era diventato un appuntamento fisso.
|