Soul
Fiera.
Indipendente.
Indomabile. Nemmeno da prigioniera si era lasciata vincere dalla paura.
Ma Sasuke…
non aveva alcuna importanza quanti anni passassero, lui era e sempre
sarebbe
rimasto il suo punto debole.
Il suo dolore più
grande. Quell'amore che mai avrebbe vissuto.
Rideva. Scherzava.
Continuava a vivere ogni giorno come se non avesse bisogno di nessuno
ma quando
calava la sera, proprio come cala il sipario sulla scena,
quell'orribile vuoto
tornava a tormentarla. Come un viscido spettro uscito dagli inferi, la
costringeva a ricordare ogni istante che aveva vissuto con lui.
Patetica creatura,
pensò Karin, restando distesa, gli occhi chiusi. Si mosse
piano, con cautela ma
tuttavia non trovò la forza di alzarsi, anche se in seguito
se ne sarebbe
pentita. Il misero futon in cui stava giacendo aveva la stessa
"potenza"
di un misero tappeto. Il suo corpo sarebbe rimasto dolorante per ore.
Karin socchiuse gli
occhi, ma il sole già alto e possente, la ferì,
spingendola a richiuderli.
Stavolta aveva davvero
esagerato, tornò a pensare fra sé. Ma era
più forte di lei. Odiava sentirsi
così… indifesa.
Ogni giorno continuava
a cercarlo istintivamente fra la folla, su ogni volto, su ogni sorriso
ed ogni
giorno continuava a ripetersi che il giorno seguente sarebbe stato
migliore, un
giorno sarebbe diventato solo un ricordo e quel dolore sordo,
nient'altro che una
cicatrice e mai più le avrebbe fatto del male.
Dannato Sasuke. Era
tutta colpa sua.
Si azzardò nuovamente a
socchiudere gli occhi ma li richiuse in fretta.
Bere fino a perdere
conoscenza però, era davvero troppo. Ma non aveva modo di
controbattere. Non
aveva modo di difendersi. Nient'altro faceva effetto, non di sera. E
allora
beveva. Un drink dopo l'altro, ridendo con sconosciuti che piantava in
asso
prima che potessero avvicinarsi abbastanza da capire come si sentisse.
Li
abbandonava a se stessi, lo sguardo perso sul drink, l'attenzione
rivolta alla
musica troppo forte del solito squallido locale, prima che potessero
pretendere
qualcosa che mai avrebbe offerto.
Nessuno di loro era
Sasuke.
Il suo cuore ebbe uno
spasimo.
Quale patetica creatura
era diventata, si disse, incattivendosi. Così debole,
vittima di un uomo che
per giunta aveva anche cercato di ucciderla. Quale follia?
Aveva un'unica regola:
mai bere tanto da perdere il controllo e l'aveva infranta
così facilmente. Quando
aveva perso conoscenza? Come era arrivata a casa? Non riusciva proprio
a
ricordarlo.
Aveva una forte nausea,
la testa le pulsava e sentiva la bocca arida. Lasciò
scorrere la mano sul duro
pavimento ed al tatto, lo trovò stranamente ruvido. O
meglio, sconosciuto.
Insospettita, Karin si
sforzò nuovamente di aprire gli occhi e si
ritrovò a sedere di scatto, troppo
velocemente per non risentirne. Si portò una mano alla
bocca, trafitta da una
violenta nausea. Premette l'altra contro il ventre, sperando che
bastasse a
calmarlo.
Tuttavia questo non le
impedì di guardarsi intorno. Perché si trovava in
una capanna? Come c'era
arrivata lì?
Qualcuno si mosse alle
sue spalle e voltandosi con cautela, Karin si ritrovò sul
punto di urlare. Le
sue mani si strinsero convulsamente.
«Ciao Karin.»
Il suo cuore perse un
battito.
Sasuke era lì, a pochi
passi da lei. Quasi uscito dai suoi ricordi… o dai suoi
incubi. Fra tutte le
persone al mondo, perché proprio lui?
Quasi in attesa di una
sua reazione, lui non aggiunse altro. Rimase lì, in
silenzio.
Il tempo era stato
straordinariamente generoso. Il ragazzo era diventato un uomo alto,
flessuoso,
i muscoli messi in evidenza dagli abiti scuri che indossava.
Un tempo… vi era stato
un tempo in cui non avrebbe esitato a saltargli addosso. Vi era stato
un tempo
in cui gli avrebbe sorriso smaniando a gran voce una carezza, un bacio,
qualsiasi cosa che fosse… lui.
Gli voltò le spalle.
Imprecando fra sé lottò contro la nausea ed il
dolore e si costrinse ad
alzarsi.
«Perché mi hai portato
qui?» gli domandò con voce incolore.
«Potevi portarmi a casa mia.»
«Ho bisogno di parlarti
ed ho pensato che qui nessuno ci avrebbe interrotto.»
Disse così
semplicemente che se ne irritò.
Cosa ti fa credere che io voglia parlare con
te? pensò
rabbiosamente, muovendosi verso la porta. «Non vedo di cosa
dobbiamo parlare.»
replicò cercando di mantenere un tono altero.
Quando aveva scelto
Sakura, aveva cercato di farsene una ragione, ma infine aveva ceduto,
prendendo
le distante e a partire da quel momento, aveva evitato ogni possibile
contatto.
Dopo anni di sforzi, proprio lui aveva bruciato la distanza che aveva
inutilmente messo fra loro.
«Addio Sasuke.»
Aveva un problema?
Aveva bisogno di aiuto? Avrebbe dovuto chiedere a qualcun altro. Ferma
nella
sua decisione, si rifiutò di porgli qualsiasi domanda,
aprì la porta e lì si
raggelò.
Erano in una vallata.
Il capanno, posto su di un alto colle, offriva un favoloso panorama
completamente immerso nel verde. Nessun cartello, nessun punto di
riferimento,
niente che le fosse anche solo lontanamente familiare.
«Dove diavolo sono?»
sibilò guardandosi intorno. Dire che era esterrefatta era
poco.
Lo sentì muoversi alle
spalle, a passi lenti, quasi misurati, ed infine, Sasuke osò
l'impensabile. Le
circondò i fianchi con un braccio, sospingendola contro di
lui.
Karin si ritrovò a
trattenere il fiato.
«Volevo parlarti dove
nessuno poteva disturbarci.» esclamò lui, quasi in
un sussurro. «Dove non
saresti fuggita da me.»
Karin chiuse gli occhi.
Si morse l'interno di una guancia, cercando di allontanare le
sensazioni che le
trasmetteva quel corpo ora così vicino.
Era crudele, pensò fra
sé. Strinse le mani a pugno fino a farsi male. Si costrinse
a rimanere
immobile, a non voltarsi, perché se lo avesse fatto, anche
solo per
respingerlo, lei sapeva già che lo avrebbe attirato a
sé, cercando
disperatamente il calore di quel sorriso mai ritrovato.
«Togli quella dannato
mano.» sibilò in un ruvido mormorio. Anche lei
aveva un codice. Anche lei aveva
una morale. Mai avrebbe sedotto l'uomo di un'altra donna. Sasuke aveva
scelto
Sakura. Non le apparteneva, ricordò. Ma evidentemente, lui
non era dello stesso
avviso, pensò con amara ironia.
«Cosa diavolo credi di
fare?»
«Karin, mi dispiace. Ho
messo commesso un grave errore.»
Il suo cuore prese a
battere con violenza. Cosa stava cercando di dirle? Doveva ascoltarlo?
Doveva
andarsene e mettersi in salvo prima che fosse troppo tardi?
Quasi le avesse letto
nel pensiero, lui proseguì.
«Avevo scelto Sakura
perché mi sentivo in debito con lei.»
esordì lui. «Cerca di capire. Sono stata
la causa di ogni lacrima che ha versato. Ho cercato di ucciderla ogni
dannata
volta che il mio cammino si è incrociato con il suo e solo
la presenza di
Naruto l'ha salvata. Mi sentivo in dovere di renderla felice.»
«E allora vattene e
rendila felice!»
«Cerca di capire. Tu
sei più forte di lei, tu potevi vivere senza di me.
Tu…»
Tu potevi vivere senza di me…
Karin si voltò e
d'impulso lo schiaffeggiò. «Io sarei in grado di
vivere senza di te?» urlò. «Io
non avrei mai pianto per te?» gli domandò alzando
il tono della voce. «Non ho
mai sofferto per te? Non hai cercato di uccidermi? Non mi dovevi nulla?
Una
misera scusa e tanti saluti bastavano?»
«Ascoltami Karin…»
Per tutta risposta, lei
gli diede una spinta, cercando di capire cosa gli passasse per la
testa, ma il
volto di Sasuke era indecifrabile. E no, non voleva ascoltarlo.
«Ho pensato che fosse
la scelta giusta.»
Quale patetica difesa,
pensò lei scuotendo il capo, fendendo l'aria con la mano,
imponendogli
silenziosamente di tacere.
«Non voglio ascoltarti,
sparisci dalla mia vita!»
In qualche modo, si
sentì libera ma realizzare con quanta facilità le
emozioni la stessero
soffocando, fu devastante. Solo pochi minuti con lui… e si
sentiva già stanca.
Mosse nervosamente una mano contro gli occhiali nel vano tentativo di
placare
quell'orribile sensazione. Ma diventò viscida, velenosa, la
sentì pungolare il
suo cuore, minacciando di stritolarlo.
«Karin ho bisogno…»
«Non m'interessa
Sasuke, qualsiasi problema tu abbia ora, parlane con Sakura. Fatti
aiutare da
lei!» lo interruppe sarcasticamente.
Sasuke cercò di
avvicinarsi ma lei lo respinse dandogli un'altra spinta tuttavia
ignorando ogni
sua protesta, Sasuke non si lasciò scoraggiare e
l'afferrò per le braccia, spingendola
contro il muro, impedendole di andarsene.
Karin non riuscì più a muoversi.
Le aveva circondato il volto fra le mani. Teneva il capo inclinato
verso di
lei, così vicino da premere la fronte contro la sua,
così vicino che se solo
avesse osato, le sarebbe bastato alzarsi in punta di piedi per rubargli
un
bacio.
Era sleale. Vigliacco.
Perfido.
«Come potevo essere
felice con la donna che amavo quando avevo quasi distrutto il mondo con
le mie
stesse mani?»
Simili a gocce di
pioggia, le sue parole entrarono lentamente nella sua mente, si fecero
spazio
nel caos, arrivando al suo cuore.
«La donna… che ami…?»
ripeté frastornata.
La donna che amava…
«Sasuke.» Lo disse con
un fil di voce. «Che razza di gioco perverso è mai
questo?»
«Non c'è più niente fra
me e Sakura. Ci siamo lasciati e le auguro ogni felicità con
Naruto.» le bisbigliò.
Karin sentì la sua mano
insinuarsi fra i suoi capelli. Sentì le sue dita
accarezzarle la nuca con una
dolcezza tale, che si ritrovò sul punto di piangere.
Quante volte aveva
sognato un momento così?
Karin chiuse gli occhi.
Si rifiutò di guardarlo. Cercò di chiudersi in se
stessa. Quel fragile misero
muro che aveva eretto fra loro stava già cedendo. No, non
poteva permetterlo.
Se lo avesse lasciato entrare nella sua vita ancora una
volta… non sarebbe
sopravvissuta.
«Guardami Karin.»
Lo bisbigliò piano, lo
ripeté ma lei si rifiutò.
«Guardami.»
Karin scosse il capo,
portò le mani contro il suo torace, pronta a respingerlo, si
ritrovò a tremare,
sentendo i battiti del suo cuore.
Era così caldo il suo
corpo. E quel battito già stranamente veloce,
sembrò aumentare ancor di più,
minacciando di esplodere, proprio come il suo.
Un singhiozzò le
sfuggì.
«Guardami ti prego.»
Ti prego…
Lui… che pregava?
«Karin.»
Il tono della sua voce
sembrò incrinarsi. Fu lieve, quasi impercettibile eppure non
le sfuggì.
«Me ne andrò per sempre
se non mi crederai. Non ti cercherò mai più ma
prima ascoltami.»
Non riuscì a
resistergli. Tornò a guardarlo e se lui non l'avesse spinta
contro il muro,
trattenendola ancora fra le sue braccia, era certa che sarebbe
scivolata a
terra.
Vi era una luce nei
suoi occhi. Qualcosa che non aveva mai visto prima. Qualcosa di
così
incredibilmente forte che fu sul punto di piangere.
«L'unico mondo che
conoscevo era l'odio.» le
disse. «Eppure tu, non hai esitato a seguirmi anche se ti
stavo trascinando
verso morte certa.»
Sasuke si fermò solo
per un istante, dando l'impressione che stesse tornando con la mente
indietro
nel tempo.
«Non eri solo bella,
eri straordinariamente coraggiosa e spavalda. Non avevi paura di
mostrarti per
chi eri né di pretendere ciò che volevi. Ma io,
cosa potevo darti io? Quale
futuro potevo offrirti? Distrutta la vendetta, non mi restava
nulla.»
Un sorrisetto ironico,
quasi derisorio gli curvò le labbra. «Mi sentivo
disorientato e lei era lì, con
gli occhi che sembravano supplicare. Ho ceduto perché
sentivo di non meritarti.
Perché sarebbe stato facile starle accanto, non avrebbe mai
preteso più delle
briciole. Perché di me non restavano che le ceneri,
Karin.»
Per un attimo le sue
mani aumentarono la stretta e le sua bocca si serrò
duramente. «Non avrebbe mai
visto quanto fossi patetico. Così privo di obbiettivi,
divorato dai sensi di
colpa, da un passato che non poteva tornare. Karin, sentivo di meritare
solo il
tormento. Una vita di espiazione che non prevedeva alcuna gioia
personale. Le
mie mani erano sporche di sangue. Avevo venduto l'anima all'odio. Un
odio che
per poco non ti aveva ucciso. Non ti meritavo. Mi sono scusato con te
perché sono
un vigliaccio. Non avrei mai potuto vivere con il peso del tuo odio,
non mi
importava del resto del mondo, ma tu no. Sapevo che in cuor tuo mi
avresti
perdonato e così è stato. Ma non avevo alcun
diritto di starti accanto, non
più.
Stare con lei significava
redenzione. Non è mai stato amore. Mai. La mia mente passava
da uno stadio
all'altro senza trovare pace. Volevo davvero provare a renderla felice,
ma al
tempo stesso sapevo che si sarebbe accontentata. Questo…
quanto mi rende vigliacco?»
Karin non riuscì a
muoversi. Non riuscì a dir nulla. La sua confessione aveva
svuotato la sua
mente di ogni pensiero. Sapeva che lui aveva bisogno di sentirsi dire
qualcosa
ma non ne aveva la forza.
«Karin, non è durata.»
proseguì lui, lo sguardo che diventava sempre più
irrequieto ad ogni istante.
«Ho colto la prima occasione per allontanarmi da lei e per
tutto questo tempo,
non ho fatto altro che viaggiare, cercando la redenzione. Volevo essere
l'uomo
che tu vedevi in me.»
Di punto in bianco,
Karin si ritrovò libera. Sasuke fece un passo indietro.
«Ho viaggiato in lande
che nessuno ha mai visto. Ho aiutato persone di cui nemmeno ricordo
più il
nome. Ma mai, nessuno, mai, in nessuna circostanza, potrà
cancellarti dalla mia
mente. Ti amo, Karin.»
Lo vide indietreggiare.
Un altro passo, un altro ancora, lo vide muoversi verso l'uscita, con
quel
"ti amo" che aveva il sapore dell'addio. Il volto inespressivo di chi
si nasconde.
Lo vide muoversi,
attraversare la soglia.
La sua mano si mosse,
istintiva. Gli afferrò la mano. La strinse con forza, le
lacrime che scorrevano
come un fiume in piena.
Socchiuse le labbra,
cercando disperatamente di pronunciare il suo nome ma uscì
inarticolato, solo
un lamento. La stretta diventò convulsa. Le lenti si
appannarono, spingendola a
gettarle a terra, il corpo che si muoveva di sua volontà.
Lo trattenne con la
forza, gettandogli le braccia al collo. Lo sentì trattenere
il fiato, quasi non
se lo aspettasse. Karin sentì la sua stessa voce dargli
dell'idiota prima che
lui l'avvolgesse fra le sue braccia, con una tale forza da mozzarle il
fiato ma
mai, mai lo avrebbe supplicato di lasciarla.
«Ti amo, Sasuke.»
Glielo sussurrò contro
le labbra e Karin lo sentì… dopo tanto tempo, per
il frammento di un istante,
le labbra di Sasuke si curvarono in quel sorriso che le aveva rubato il cuore, un attimo prima
che cercassero le
sue, morendo in un bacio in cui passione e amore li stavano legando in
una sola
anima.
Per sempre.
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