Come show me what you're feeling

di Oducchan
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Nick autore: Oducchan
Titolo:  Come show me what you're feeling
Fandom: Prince of tennis

Personaggi: Tezuka Kunimitsu, Atobe Keigo
Pairing: AtoTezu (Imperial Pair),
Genere: generale, sentimentale, angst leggero?
Avvisi: what if!/future!fic

Rating: giallo
Conteggio parole:

Note:
Per il COW-T, parole chiave: "spalla" "bacio" "collo"

 
 
Come show me what you're feeling
 
Tezuka non trattiene un basso gemito di dolore, quando la spalla viene attraversata da uno spasmo a metà di uno degli esercizi quotidiani che il fisioterapista gli ha dato da svolgere. Stringe i denti e molla il peso che stringeva in pugno, lasciandolo cadere a terra con un tonfo rumoroso che prega un cuor suo non lasci un’intaccatura nel pavimento; subito, la reazione spontanea è tentare di massaggiare il muscolo con la mano destra, per invogliare l’articolazione a riprendere a funzionare.
Non si accorge dell’aprirsi e chiudersi della porta della stanza almeno finché un corpo caldo non viene a premersi contro la sua schiena, e due braccia si avvolgono al suo torace longilineo. Tezuka non se ne soprende, perché è abituato alle intrusioni di quel particolare visitatore nelle sue sessioni di allenamento; e la sua presenza non è mai indesiderata.
-Hai già finito di revisionare quei rendiconti, vedo- mormora, rilassandosi impercettibilmente in quell’abbraccio. Atobe emette un sospiro, un soffio di respiro caldo e umido contro la nuca di Tezuka che lo fa rabbrividire, e lo stringe un poco più forte, quasi si stesse aggrappando a lui per salvarsi dal terribile ricordo delle sue responsabilità finanziarie.
-Pago centinaia di omuncoli perché provvedano a queste cose al posto mio, perché devo comunque occuparmene di persona?!- si lagna infatti l’altro, prima di poggiare le labbra su quei centimetri di pelle del collo che emergono dalla felpa che Tezuka indossa –E tu hai bisogno di una pausa- aggiunge, spostando la bocca di poco verso il suo braccio.
Tezuka dovrebbe aver ormai aver imparato che non può sperare di tenere nascosto proprio alcunché al suo compagno, e soprattutto che Atobe ha la sconcertante (ma al tempo stesso, meravigliosa) capacità di leggerlo come un libro aperto, interpretando i suoi silenzi e le sue reazioni. Eppure non può impedirsi di trasalire, abbassando istantaneamente le mani.
-Non è…- tenta di giustificarsi, scostandosi appena, ma Atobe non è mai stato e mai sarà persona da sentire ragioni. Rafforza la presa su di lui, e si sistema meglio, in modo che entrambi stiano seduti comodi sulla panca.
-Shhhttt,  mein schatz- sussurra, con quella sua voce bassa e morbida, appena roca, a cui è veramente impossibile resistere. Tezuka chiude gli occhi con un sospiro, rilasciando una tensione che non sapeva nemmeno di avere accumulato, e inconsciamente inclina il capo dall’altro lato, consentendogli tutto l’accesso possibile al proprio collo.
Atobe non perde tempo. Lo bacia ancora, proprio sul tendine che emerge e tende la pelle liscia, lo bacia e lo lecca e lo morde delicatamente, succhiando poi la cute fino a farla divenire rossa, e calda. Poi si muove, scivolando un poco più giù, e intanto sposta il tessuto per liberare la curva perfetta di quella spalla, le cicatrici, i rilievi lasciati dai troppi interventi.
Quando arriva all’innesto del deltoide, Tezuka è sfatto e ansante, col respiro che si spezza in gola, gli occhiali appannati che gli sono scivolati sul naso, e i pantaloncini tesi in modo inequivocabile tra le gambe.
-Atobe- ansima, portando una mano a stringere i suoi capelli biondi, forte. –Atobe- mormora, voltando il capo per baciargli quel poco del suo viso che riesce a raggiungere –Keigo-.
E Atobe sorride, soddisfatto, perché quello è il massimo di implorazione che può ottenere dall’altro, ed è più che felice di accontentarlo.
-Kunimitsu- risponde, piano, pianissimo, su quella pelle martoriata del cui dolore è stato la causa primaria, e poi si alza in piedi per prendere il suo uomo tra le braccia, quasi senza sforzo. E la porta della palestra personale della loro casa si chiude dietro di loro con un tonfo che cancella il dolore, lasciando spazio soltanto al piacere. 




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