I colori degli stendardi Serpeverde ornavano le pareti della sala. Una leggera musica natalizia, segno che le vacanze stavano per arrivare, riscaldava gli animi dei presenti. Chi beveva cioccolata, chi apriva le lettere di auguri in anticipo, chi guardava malinconico la finestra... Malinconico? Sì, perché era quello il sentimento attuale di Scorpius Malfoy. A dire la verità nemmeno lui sapeva cosa c’era che non andava, ma l’unica cosa che riusciva a pensare era “non sono felice”. Da un po’ ormai, non era allegro nonostante tutto andasse bene: ormai usciva frequentemente con Rose, al GUFO dell’anno precedente la media dei voti erano stati Oltre Ogni Previsione (anche se probabilmente i professori prevedevano per lui un’enorme botto nel fallimento di una qualche pozione o uno o due orecchie in più per una trasfigurazione mal riuscita) e suo padre era più gentile. Dalla loro avventura di due anni prima con la figlia di Voldemort e da quando Harry, Ronald (Scorpius non riusciva ancora a chiamarlo Ron) ed Hermione non li guardavano più con disprezzo il sorriso si era fatto strada sul viso di suo padre. Era sempre meno frequente che si arrabbiasse e per una volta Scorpius era felice dell’arrivo delle vacanze di Natale. I fiocchi di neve cadevano all’esterno ed un sorriso malinconico si dipinse sul viso del giovanotto alla vista di quel soffice e candido strato che copriva Hogwarts con le sue guglie. Magari non se la sentiva di andarsene da quel luogo che ultimamente come non aveva mai fatto lo faceva sentire così... a casa. Come quando lei c’era ancora. Non diceva più “la mamma”, “Astoria” o altro. Per lui e per suo padre era Lei e non tolleravano la si chiamasse in altro modo. La leggera luce del sole tingeva di arancione le finestre e faceva strani riflessi con il verde e l’argento degli stendardi la cui leggera luce verde ed argentea compensava la mancanza di quell’enorme quantità di torce che nella sala Grifondoro rendevano tutto così luminoso ed abbagliante. I vetri formavano una griglia che Scorpius contemplava con occhi assorti. E come prima, tristi.
Draco Malfoy guardò fuori. Il giardino della villa ricoperto da candida neve dava una sensazione di soffice persino alla fontana di pietra dalla quale l’acqua sgorgava, lenta. Una strana sensazione di malinconia lo pervadeva, on era certo per quale motivo: dall’avventura di due anni prima le cose stavano andando per il meglio, suo figlio aveva amici ed anche lui. Non aveva mai saputo quanto fosse bello avere amici veri e non palle di lardo ottuse che non conoscevano la differenza fra un incantesimo di appello e la maledizione Cruciatus. Sorrise stancamente al pensiero di Crabbe e Goyle che in quel momento si trovavano a spazzare i pavimenti di Hogwarts con gli elfi domestici e il scolastico che gli rendeva impossibile mantenere pulito uno spazio per più di cinque minuti.
I suoi amici attuali, invece, nonostante fossero fra la persone più famose al mondo erano legate dai tempi di scuola. Ad un esame più attento dell’albero genealogico avevano scoperto di essere parenti DECISAMENTE alla lontana: erano entrambi imparentati alla lontana con la famiglia Black, e per questo a volte Draco prendeva in giro suo figlio con frasi del tipo:–Nonostante le nostre leggi non siano le stesse dei Babbani anche nella comunità magica l’incesto è severamente punito!
Sorrise al pensiero fugace di Rose Granger Wesley, la figlia di Ronald. Un brivido corse lungo la schiena di Malfoy ma questi si accorse immediatamente che non era di freddo, ma di tristezza. Eccola che ritornava. Mentre se ne chiedeva il motivo Draco toccò istintivamente una riproduzione della pietra della resurrezione che Scorpius aveva comprato a Hogsmade in memoria della morte di Lei, anni prima, in una loro gita. Ci passò le dita sopra e ripercorse le venature nella roccia perfettamente riprodotte, ma poi distolse lo sguardo. Si girò e non vide nessuno solo la buia sala principale di villa Malfoy.