Notte
di nebbia
Nerima
era frustata da un violento temporale mentre una fitta nebbia
avvolgeva tutto rendendo i contorni delle cose indistinti.
Una
figura avanzava a stento nella strada deserta mentre il vento ululava
rabbioso.
Con
un sospiro, Ryoga riprese a camminare cercando di capire dove fosse.
Era
felice che il suo inesistente senso dell'orientamento lo avesse
condotto fino alle Sorgenti Maledette ponendo fine alla sua
maledizione ma ciò non gli impediva di continuare ad odiare
il
maltempo.
Un'insegna,
semi-divelta dal vento, lo colpì al viso.
Spostatala
rabbiosamente, lesse cosa vi era scritto sopra
“Dalla
piccola Ukyo”
Sorridente,
alzò gli occhi sull'edificio davanti a lui.
Era
tornato a Nerima.
Non
si stupì nel vedere le luci del locale spento, era notte
fonda, ma
per sua fortuna la porta d'ingresso era solo accostata.
Entrato
nel ristorante, chiamò la proprietaria senza ricevere
risposta.
In
realtà era anche alquanto strano che non avesse chiuso a
chiave la
porta visto che viveva da sola.
Preoccupato,
mollò il suo zaino all'ingresso e iniziò a girare
per il locale
chiamando la ragazza a voce alta.
Vista
una luce accesa nel retro-cucina si diresse in quella direzione. Per
sua fortuna il fatto che le altre luci fossero spente lo
aiutò a non
perdere la strada.
Entrato
nella stanza notò che il pavimento era bagnato, avvicinatosi
al
lavatoio la vide riversa sul pavimento, accanto a lei una brocca
rovesciata.
«Ukyo!»
chiamò, sollevandola da terra e appoggiandole la guancia
contro il
proprio petto.
La
ragazza però non dava segni di ripresa.
Allarmato
le pose una mano sulla fronte avendo così conferma della sua
supposizione.
Aveva
la febbre alta e proprio per questo era svenuta.
Il
fatto che poi si fosse rovesciata addosso la brocca d'acqua non aveva
certo migliorato la situazione.
Sollevatala
tra le braccia, si volse in direzione della porta.
Doveva
portarla in camera.
Dopo
aver fatto il giro di tutta la casa per due volte, finalmente
notò
una porta aperta da cui era visibile un futon steso a terra.
Entrato
nella stanza, stava per poggiare la ragazza sul materasso ma si rese
conto che tra l'acqua che le era arrivata addosso e la pioggia che
aveva preso lui, adesso il suo pigiama era completamente zuppo.
Non
poteva metterla a dormire in quelle condizioni.
Ryoga
si guardò intorno smarrito in cerca di una soluzione.
Purtroppo
sapeva bene che c'era una sola cosa da fare, per quanto lo
imbarazzasse.
Dopo
aver deposto Ukyo a terra con il capo addossato alla parete,
aprì le
ante dell'armadio e iniziò a frugare tra le cose della
ragazza.
Per
fortuna lei era un tipo ordinato e così non gli ci volle
molto prima
di trovare i pigiami puliti.
Presone
uno tornò da lei e la sollevò in piedi.
«Ukyo,
dai svegliati, devi cambiarti.» la chiamò, in un
ultimo disperato
tentativo di tirarsi fuori da quella imbarazzante situazione.
Lei
però si limitò a lamentarsi leggermente nel sonno
e Ryoga ebbe la
certezza che la febbre stesse salendo.
Sentendosi
arrossire al solo pensiero di ciò che stava per fare,
afferrò il
bordo dei pantaloni del pigiama e li tirò verso il basso
facendoli
scivolare a terra quindi appoggiò Ukyo sul futon portandosi
alle sue
spalle e trattenendole la testa nell'incavo del suo collo anche se in
questa posizione il suo respiro gli solleticava la pelle facendogli
scorrere mille brividi lungo la schiena.
Con
qualche contorsionismo riuscì ad infilarle i pantaloni
asciutti.
Nonostante
avesse cercato di non guardarla, non aveva potuto fare a meno di
sentire la morbidezza della pelle delle sue gambe mentre l'aiutava ad
indossare l'indumento.
Ryoga
deglutì a vuoto sentendo l'eccitazione salire contro la sua
volontà.
Non
era un maniaco e mai avrebbe approfittato di una ragazza in quelle
condizioni ma era pur sempre un ragazzo e gli era impossibile non
notare quanto bella e attraente fosse Ukyo.
A
dire il vero se ne era accorto già da un bel po' ma era
difficilissimo che lei lasciasse intravvedere anche il suo lato
più
sensibile e indifeso come, suo malgrado, stava facendo adesso.
Sistematala
meglio sul futon, le coprì le gambe e si preparò
alla seconda parte
del cambio.
Non
aveva mai visto una ragazza svestita...cioè, ok, aveva visto
Ranma
in versione femminile ma non poteva considerarlo una ragazza!
Si
sentiva agitato e non osava pensare a cosa gli avrebbe fatto Ukyo se
si fosse svegliata proprio in quel momento.
I
suoi occhi andarono alla gigantesca spatola poggiata contro la parete
di fianco al futon e prego tutti i Kami che continuasse a dormire
ancora per qualche minuto.
Portata
la mano all'abbottonatura del pigiama si accorse che le sue dita
tremavano. Prima aveva evitato di guardare ma adesso non avrebbe
potuto evitarlo se voleva sbrigarsi.
Uno
dopo l'altro sbottonò tutti i bottoni e, per sua fortuna
(mista ad
un pizzico di delusione), sotto la ragazza indossava una leggera
canotta che, lungi dal mascherare le sue forme, almeno evitava di
poter dire che lei fosse nuda.
Con
gesti veloci Ryoga la liberò dell'indumento bagnato
sostituendolo
con quello asciutto e, sdraiatala sul futon, le rimboccò le
coperte.
Era
intento a raccogliere il pigiama bagnato per lasciarlo nella
lavanderia e andare a dormire in un cantuccio del magazzino (ammesso
che fosse riuscito a trovarlo) quando si accorse che lei tremava per
il freddo.
Aperto
nuovamente l'armadio, prese le coperte che vi trovò e le
sistemò su
di lei ma anche quelle sembravano non bastare.
Sedutosi
accanto ad Ukyo cercò di pensare a cosa poteva fare.
Forse
in casa c'era uno scaldino o una borsa dell'acqua calda ma con il
senso dell'orientamento che si ritrovava probabilmente non sarebbe
più riuscito a tornare in quella camera.
Mentre
tentava di trovare una soluzione si sentì tirare per la
maglia.
Voltato
il capo si accorse che Ukyo si era aggrappata a lui nel sonno ma
sembrava tremare ancora di più; in quel momento si rese
conto di
essere ancora completamente zuppo di pioggia.
Nel
suo zaino aveva dei cambi asciutti ma temeva che se fosse uscito
dalla stanza non sarebbe più stato capace di ritornarvi.
Compreso
di non avere altra scelta, si liberò dei vestiti bagnati
rimanendo
in boxer e s'infilo sotto le coperte.
Appena
l'ebbe fatto, la ragazza, avvertendo il calore del suo corpo, si
strinse a lui poggiando la testa sul suo petto e incrociando le gambe
con le sue.
Ryoga
sentì la pelle del viso andargli a fuoco ed anche se non
poteva
verificarlo aveva quasi la certezza che le sue orecchie stessero
emettendo fumo.
Sentiva
tremendamente caldo e non per le tante coperte sotto cui si trovava o
per il calore emanato da Ukyo a causa della febbre ma per la presenza
della ragazza.
Certo
aveva dormito spesso con Akane sotto l'aspetto di P-Chan ma questo
era qualcosa di completamente diverso.
Sentire
il suo capo adagiato su di lui, le lunghe gambe che strusciavano
contro le sue era la sensazione più bella che avesse mai
provato.
Dopo
qualche minuto Ukyo smise di tremare e sorrise nel sonno.
Intenerito,
Ryoga la cinse con un braccio e rimase a lungo ad osservarla mentre
finalmente riposava pacifica.
Nonostante
la situazione particolare alla fine il sonno e la stanchezza per il
lungo viaggio ebbero la meglio e anche lui si addormentò.
Quando
infine riaprì gli occhi si trovò davanti lo
sguardo spaurito della
ragazza che lo fissava.
«Ukyo,
come ti senti?» chiese, in preda all'apprensione ed al senso
di
colpa per aver dormito tutta la notte senza svegliarsi per
controllarla.
Anzi,
a pensarci bene non ricordava l'ultima volta che avesse riposato
così
bene.
«Cosa
è successo? Cosa mi hai fatto?» chiese la ragazza,
tremando di
rabbia e slanciandosi verso la grande spatola poggiata al muro.
Purtroppo
la febbre l'aveva molto indebolita e, se non fosse stato per la
prontezza di riflessi del ragazzo si sarebbe ritrovata a terra, visto
che le sue gambe avevano ceduto.
«Calmati,
adesso ti spiego tutto, tu però rimettiti a
letto.» la rassicurò,
aiutandola a ricoricarsi.
«Tu
però copriti!» urlò Ukyo, in preda
all'imbarazzo, lanciandogli una
delle coperte.
Resosi
conto di essere in mutande, Ryoga arrossì vistosamente e si
coprì
con la coperta.
«Spero
tu abbia una buona spiegazione anche per questo.»
sibilò lei,
irritata.
«Ieri
notte sono arrivato davanti al tuo locale, ho trovato la porta
accostata e sono entrato. Eri svenuta nel retro-cucina. Ti ho portata
in camera ma avevi il pigiama bagnato allora ti ho cambiata e ti ho
messo a letto ma tremavi di freddo così mi sono sdraiato di
fianco a
te per scaldarti.» spiegò Ryoga, brevemente,
tenendo lo sguardo
basso.
«Bé,
grazie.» mormorò Ukyo. «Ma
perché sei in mutande?»
«Hai
dimenticato che ieri notte c'era un temporale? Ero zuppo di pioggia
se mi fossi coricato vestito avrei bagnato anche il futon.»
spiegò
ancora, indicando gli indumenti poggiati in un angolo della stanza.
Ukyo
fece un cenno di assenso con il capo anche se lo sguardo rimaneva
assorto, come se non le tornasse qualcosa.
«Ma
tu con la pioggia non ti»
«Non
più!» esclamò Ryoga, allegro.
«I miei vagabondaggi mi hanno
portato dritto dentro la sorgente dell'uomo annegato. Addio
P-Chan!»
«È
una notizia fantastica!» esclamò Ukyo, alzando
finalmente gli occhi
sul ragazzo per poi portarsi una mano alla testa. Il brusco movimento
le aveva causato un capogiro. «Sono davvero felice per te.
Adesso
potrai farti avanti con Akane senza problemi.» aggiunse,
avvertendo
nel contempo una morsa allo stomaco.
Contrariamente
a quanto si sarebbe aspettata, Ryoga si limitò a fare segno
di no
con la testa mentre uno strano sorriso aleggiava sulle sue labbra.
«Che
vuoi dire?»
«Come
P-Chan ero spesso il confidente di Akane. Lei ama Ranma.
Avrà sempre
un posto speciale nel mio cuore per la sua dolcezza e la sua
gentilezza ma nulla di più.» affermò
sicuro.
A
quelle parole Ukyo sentì qualcosa guizzarle nel petto ed i
suoi
battiti aumentarono.
Da
quando aveva rinunciato a Ranma, accontentandosi di essergli soltanto
amica, aveva avuto modo di notare le tante qualità di quel
ragazzo
dal pessimo senso dell'orientamento ma non si era mai permessa di
fare di più visto che lo sapeva eternamente innamorato di
Akane.
Sapere
che anche lui aveva accantonato quell'amore senza speranza non aveva
potuto fare a meno di renderla felice, per lui ma anche per se
stessa.
«Che
ne dici se scendiamo a fare colazione?» propose, cercando di
arginare i suoi pensieri erranti.
«Mi
sembra un'ottima idea!» esclamò Ryoga, alzandosi
di scatto, felice
che Ukyo avesse compreso la situazione e non l'avesse malmenato.
Purtroppo
nella sua gioia si dimenticò che a coprirlo c'era solo una
coperta
che scivolò inesorabilmente sul pavimento, lasciandolo
nuovamente
con la biancheria in bella vista.
«Ryoga!»
strillò Ukyo, arrossendo e portandosi le mani davanti gli
occhi.
«Scusa
scusa scusa!» rispose il ragazzo, mortificato, raccattando la
coperta da terra e riavvolgendosela attorno.
«Prima
devi metterti qualcosa addosso. Apri il mio armadio. Nello scaffale
in alto c'è uno scatolone, dentro ci sono gli abiti di
quando mi
facevo passare per un ragazzo.»
Facendo
attenzione a non far cadere la coperta, Ryoga fece come Ukyo gli
aveva detto e, recuperati un paio di pantaloni e una camicia dalla
scatola li indossò mentre Ukyo voltava pudicamente lo
sguardo dalla
parte opposta.
«Ok,
sono vestito.» avvisò il ragazzo.
Ukyo
riportò lo sguardo su di lui e non poté fare a
meno di sorridere
nel ripensare al tempo in cui era lei ad indossare quegli indumenti.
«La
camicia ti va un po' stretta.» osservò Ukyo,
raggiungendolo e
sistemando la cucitura sulle spalle. «Il tuo torace
è più ampio
del mio.» aggiunse, arrossendo di botto nel rendersi conto di
quello
che stava facendo.
«Su,
andiamo a mangiare.» lo esortò, dirigendosi verso
la porta.
Giunta
sulla soglia, però, un nuovo capogiro la costrinse ad
appoggiarsi
alla parete.
«Ukyo!»
esclamò Ryoga, preoccupato, raggiungendola. «Sei
troppo debole. Ti
porto io.» propose, sollevandola tra le braccia.
Avrebbe
voluto dirle di rimettersi a letto ma temeva che senza il suo aiuto
non sarebbe riuscito a trovare la cucina.
«Grazie.»
mormorò Ukyo, cingendogli il collo con le braccia e
poggiandogli la
testa sulla spalla senza la forza di protestare.
«Di
nulla.» rispose lui, leggermente in imbarazzo per la
situazione.
Grazie
alle indicazioni di Ukyo Ryoga riuscì a raggiungere la
cucina senza
troppi problemi.
Appena
entrati, poggiò la ragazza su uno degli sgabelli per poi
andare
dietro al bancone.
«Cosa
fai? Adesso ci penso io.» protestò Ukyo, cercando
di alzarsi.
«Non
se ne parla nemmeno.» obiettò Ryoga,
costringendola a risedersi.
«Non sono un cuoco provetto ma i miei vagabondaggi mi hanno
costretto ad imparare a mettere insieme qualcosa di commestibile.
Pensa a riposarti.» la esortò mentre spariva con
la testa dietro
l'anta di uno degli armadietti della cucina.
Ukyo
non poté fare a meno di intenerirsi pensando a quel povero
ragazzo
tutto solo dentro una tenda, sperduto chissà dove ed intento
a
prepararsi la cena.
Da
un po' aveva iniziato a guardare a lui in maniera diversa e vederlo
nella sua cucina intento ad occuparsi di lei doveva ammettere che la
faceva sentire felice...anche se probabilmente avrebbero mangiato
solo un po' riso bollito.
Quando
poco dopo il ragazzo le mise davanti non solo il riso bollito ma
anche la zuppa di miso e la tamagoyaki Ukyo non riusciva a credere ai
suoi occhi.
«Su,
adesso cerca di mangiare tutto. È importante mantenersi in
forze
quando si sta male.» la esortò.
Nonostante
non avesse molta voglia di mangiare, Ukyo si sforzò di fare
onore
alla tavola imbandita dall'amico e già dal primo boccone
dovette
ammettere che non se l'era affatto cavata male.
«Era
tutto buonissimo.» disse poco dopo, allontanando da se il
piatto
vuoto.
«Detto
da te è un grandissimo complimento.» rispose
Ryoga, grattandosi la
testa in imbarazzo.«Adesso che hai finito di mangiare ti
porto a
letto.» propose, facendo il giro del bancone e portandosi di
fronte
a lei.
Resosi
conto di ciò che aveva detto, il ragazzo divenne paonazzo.
«Io
cioè, non volevo dire, intendevo...»
iniziò a balbettare, nel vano
tentativo di spiegare l'equivoco.
«Ryoga,
tranquillo, ho capito cosa intendevi dire.» lo
rassicurò Ukyo,
intenerita dal suo imbarazzo.
Come
aveva fatto prima, la prese tra le braccia mentre lei gli cingeva
prontamente il collo con le braccia.
Stavolta
però, essendo più vigile grazie alla lauta
colazione che lui le
aveva preparato, non poté fare a meno di accorgersi della
forza
delle braccia che la cingevano e dell'accattivante profumo emanato
dalla sua pelle.
Imbarazzata
dai suoi stessi pensieri, Ukyo si strinse maggiormente a Ryoga nel
tentativo di nascondere il viso inconsapevole che così
facendo il
suo fiato gli solleticava il collo provocandogli una miriade di
brividi lungo la schiena e scatenando in lui fantasie a lungo
represse.
Arrivati
in camera di Ukyo, Ryoga cercò di deporla il più
delicatamente
possibile sul futon; non aveva però fatto i conti con le
coltri
arrotolate in un angolo del letto che gli fecero perdere
irrimediabilmente l'equilibrio.
In
un attimo Ukyo si ritrovò sdraiata sul futon con le labbra
di Ryoga
a pochi centimetri dalle sue.
Sentì
il cuore farle un balzo e per quanto ci provasse non riusciva a
calmare la sua agitazione.
Lui
la osservava con uno sguardo strano, nuovo, sembrava quasi stesse
combattendo una strenua lotta interiore.
Il
sospiro strozzato che lei emise fu il colpo di grazia per il suo
autocontrollo.
Quelle
dolci labbra che da tempo tormentavano i suoi sogni la notte e i suoi
pensieri di giorno adesso erano lì, a pochi centimetri da
lui,
leggermente socchiuse, rosee e invitanti e così fece
ciò che non
aveva mai pensato di fare, annullò le distanze e la
baciò.
Fu
un semplice bacio a fior di labbra eppure si sentiva preda un turbine
di emozioni.
Quando
però si accorse dell'immobilità della su
compagna, la realtà di
ciò che aveva fatto gli crollò addosso.
Spaventato
da se stesso si staccò da lei rimettendosi in piedi.
«Ukyo,
mi dispiace, sono solo un maledetto animale,»
«Ryoga,
tranquillo.» provò a dire Ukyo.
«tu
stai male ed io ho approfittato di te.»
«Non
sono arrabbiata» riprovò ancora.
«Perdonami
se puoi e sii certa che non farò mai più vedere
la mia odiosa
faccia da queste parti. Non merito di vivere tra la gente
civile.»
disse, tutto d'un fiato, ignorando i tentativi di protesta di lei e
dirigendosi verso la porta.
Consapevole
che lui non aveva ascoltato nulla di quello che lei aveva detto, si
disse che doveva agire in fretta se non voleva che lui andasse via.
Facendo
ricorso a tutte le sue forze, si alzò, afferrò la
sua spatola e la
lanciò verso lo stipite della porta bloccandogli di fatto il
passaggio.
«Maledizione,
Ryoga, ascoltami!» urlò, scivolando poi in
ginocchio, preda della
debolezza.
Preoccupato,
lui le si avvicinò, tenendosi però leggermente
discosto, quasi
temesse che il suo corpo potesse agire di propria volontà.
«Ukyo,
tutto bene?» chiese, senza osare toccarla.
«Si,
però aiutami a tornare a letto.»
Pur
se titubante Ryoga le cinse la vita e l'accompagnò fino al
futon.
«Ti
chiedo scusa.» disse con lo sguardo basso.
«Non
mi sono arrabbiata. Ero solo un po' stupita.» lo
rassicurò lei.
«Però ho bisogno di saperlo, perché mi
hai baciato?» domandò,
stropicciando il bordo del lenzuolo tra le mani.
A
quella domanda Ryoga arrossì vistosamente. Non sapeva cosa
dire e
una parte di se si chiedeva se non fosse meglio mentire piuttosto che
mostrare la vulnerabilità del proprio cuore.
«Mi
dispiace, è stato un impulso.» rispose, infine.
«Ah.»
rispose tristemente Ukyo, non era ciò che si aspettava e
sperava.
Quella
semplice esclamazione carica di delusione era la spinta che gli
serviva per tirare fuori il proprio coraggio.
«Anche
partire per raggiungere Nerima subito dopo essere tornato normale
è
stato un impulso.» aggiunse anche se lei non lo guardava
più in
viso. «Un impulso dettato dalla voglia di
rivederti.» confessò,
arrossendo vistosamente.
«Per
rivedere me?» domandò Ukyo, divisa tra stupore e
speranza, tornando
a fissare gli occhi su di lui.
«Bé,
si. Ormai per me Akane è solo un'amica e io ecco...e tu
invece...»
iniziò a farfugliare al colmo dell'imbarazzo.
«Ed
io non sono un'amica?»
«Si
ma, insomma, se ti considerassi solo quello non ti avrei mai baciata
sulle labbra!» esclamò Ryoga, fissando lo sguardo
sui propri piedi.
«E
allora cosa sono?» chiese Ukyo, decisa a punzecchiarlo un po'.
Ryoga
iniziò a tormentarsi le mani, nonostante tutto non aveva il
coraggio
di dichiararsi apertamente.
Quando
però alzò lo sguardo e incontrò gli
occhi ridenti della ragazza
comprese che lei aveva già capito anche ciò che
lui non le aveva
detto.
«Una
piccola peste!» esclamò, iniziando a farle il
solletico.
Non
ci volle molto perché la lotta si concludesse con Ukyo
sdraiata sul
futon e Ryoga su di lei.
Entrambi
affannati e sorridenti si fissarono negli occhi per lunghi attimi
prima di avvicinarsi lentamente fino a lasciare che le loro labbra si
sfiorassero.
Stavolta
l'atteggiamento di Ukyo fu tutt'altro che passivo.
Circondato
il collo di Ryoga con le braccia per sostenersi meglio, schiuse le
labbra permettendo al ragazzo di approfondire il bacio.
Quando
finalmente si staccarono, le labbra arrossate dal bacio, non
riuscivano a smettere di sorridere.
«Ora
tu riposa, io vado a riordinare la cucina.» disse Ryoga,
accarezzandole una guancia.
«No,
non voglio rischiare che tu ti perda.» protestò
Ukyo. «Rimani qui
con me, dopo torneremo insieme in cucina.» propose,
facendogli posto
sul futon.
Lei
lo guardava con occhi così dolci e supplici che non avrebbe
mai
potuto rifiutare.
Con
gesti impacciati s'infilò sotto le coperte e subito lei
poggiò la
testa sul suo petto circondandogli la vita con un braccio mentre lui
le accarezzava dolcemente i capelli.
Presto
il sonno e la spossatezza ebbero la meglio su Ukyo mentre Ryoga
rimase a lungo ad osservarla ringraziando il cielo di quel desiderato
ma inaspettato regalo di una notte di nebbia.
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