Hacker
vs Hacker
Nathan
non sapeva dove si trovasse: era avvolto dalla semioscurità e
sentiva la pressione dell'aria umida sulla pelle; regnava il
silenzio, tranne per l'insistente ticchettio di una goccia che
riecheggiava in maniera sinistra tra le grigie pareti.
I
muscoli delle sue gambe erano intorpiditi, ma nonostante ciò
qualcosa che non sapeva definire, forse una forza esterna a lui, lo
spingeva a muoversi ed esplorare quell'ambiente sconosciuto.
Camminava come un automa, senza sapere la direzione in cui si stava
dirigendo; i suoi occhi furono calamitati da uno spiraglio di luce e
così smise di prestare attenzione a dove metteva i piedi. I
suoi passi intanto rimbombavano con una tale potenza da farli
sembrare dei colpi secchi e violenti.
Non
appena giunse nei pressi della fonte luminosa, si rese conto che si
trattava di un punto in cui le travi ormai marce del soffitto avevano
ceduto, lasciando trapelare un fioco raggio di luce.
Nathan
si rese conto che il continuo martellare della goccia si era fatto
più vicino, anche se non riusciva a capire da dove provenisse.
Volse lo sguardo al soffitto e rimase agghiacciato: la sagoma di una
ragazza dalla pelle diafana dondolava leggermente poco sopra il suo
capo. Il collo aveva assunto una posizione innaturale ed era stretto
attorno a una corda intrisa di sangue.
Sotto
il cadavere, sul pavimento, si stava formando una pozza purpurea.
Il
suono della sveglia fece sobbalzare Nathan, che si mise a sedere di
scatto con gli occhi sbarrati e interruppe frettolosamente quel
fastidioso trillare proveniente dal suo cellulare.
Poche
volte gli era capitato di fare incubi che lo sconvolgessero tanto, ma
quel sogno sembrava così reale: aveva sentito tutte le
sensazioni, i rumori, gli odori, le immagini, come se si fosse
trovato davvero in quell'edificio diroccato.
Prese
un paio di respiri profondi e il suo cuore tornò a battere a
un ritmo regolare dopo qualche secondo.
Il
ragazzo si concentrò quindi su quello che lo attendeva durante
quella giornata: una nuova giornata di lavoro e poi la serata con i
suoi amici della band per indagare sul misterioso hacker.
Avrebbe
raccontato loro quel sogno per farli spaventare un po'. Se la sarebbe
spassata.
“Eccomi
ragazzi, vi ho portato la cena!” esordì Jade quando Tom
le aprì la porta di casa.
La
ragazza teneva con entrambe le braccia un carico fumante di buste di
cartone contenenti una quantità industriale di cibo da fast
food.
Il
batterista la accolse con un sorriso e la lasciò entrare; lei
abbandonò le provviste sul tavolo e salutò Mark e
Nathan, intenti a sfidarsi in una partita a Tekken.
“Dai,
mangiamo! Io ho fame!” propose Tom, sbirciando dentro i
pacchetti e annusando il delizioso profumo che invadeva la stanza.
“Ah!
Ti ho battuto, stronzo!” gridò il bassista, abbandonando
il joystick sul divano e mettendosi in piedi con aria trionfante.
“Comunque
io voglio la rivincita” borbottò l'altro,
stiracchiandosi e riponendo tutto al suo posto dopo aver spento la
tv.
“Io
invece voglio mangiare. Tom, cosa ci offri da bere?” chiese
Nathan, avvicinandosi al tavolo.
Tom
intanto aveva preso ad armeggiare con lo stereo per mandare un po' di
musica come sottofondo. “Boh, guardate cosa è rimasto. È
tutto in frigo.”
I
quattro amici si spartirono panini e patatine fritte, poi
cominciarono a chiacchierare serenamente.
“Stanotte
ho fatto un sogno...” bofonchiò Nathan con la bocca
piena di cibo e un pezzo di cipolla che gli pendeva da un lato, in
piena vista.
Jade
sbuffò. “Potresti finire di masticare prima di iniziare
a raccontare? Sai, non voglio rivedere il mio cibo qua sul tavolo
sotto un'altra forma per colpa tua” lo rimproverò
disgustata.
“Un
vero rude boy non tiene conto di queste cazzate”
proseguì lui imperterrito, dando un altro morso al suo hot
dog.
“Rude
boy...” commentò Mark con aria dubbiosa.
“Stai
zitto tu: batterti a Tekken è stata una passeggiata!”
“Avete
finito di girare il film d'azione? Puoi andare avanti con il racconto
del sogno?” tagliò corto Tom, spazientito.
Il
bassista degli Evil Hunters descrisse il suo incubo nei minimi
dettagli, ripercorrendo con la mente le terribili immagini che gli
erano apparse davanti agli occhi.
“E
quindi?” domandò infine Mark.
“E
quindi niente, mi andava di raccontarvelo per vedere se vi sareste
spaventati.”
“Uh,
che paura...” sghignazzò Jade con sarcasmo.
“Okay,
avete finito di mangiare? Cominciate pure a salire, io intanto butto
questa roba nella spazzatura, faccio una gita in bagno e vi raggiungo
subito” decise il padrone di casa, assistito dal suo solito
senso pratico.
Jade,
Mark e Nathan andarono a lavarsi le mani nel lavandino della cucina e
poi salirono le scale che portavano alla mansarda, lasciando il
batterista solo.
Tom
rimise a posto tutto in men che non si dica e imboccò il
corridoio immerso nella penombra per dirigersi al bagno. Mentre lo
percorreva, la suoneria del cellulare lo avvisò dell'arrivo di
una notifica su facebook; lo afferrò e lesse velocemente il
testo:
Mayanetsuradoki
ha aggiunto una nuova foto.
Strano,
eppure era convinto di aver rimosso la pagina dalle seguite.
Guidato
dalla sua incontrollabile curiosità, ci cliccò sopra e
aprì la foto.
Con
una prima occhiata non riuscì bene a capire cosa
rappresentasse quell'immagine, poi la osservò più
attentamente.
Su
uno sfondo grigio era delineata una sagoma che pendeva dall'alto, con
il capo rivolto all'insù e un rivolo nero che scorreva fino al
margine della foto.
Tom
quasi si lasciò cadere il telefono dalle mani: sembrava
proprio la descrizione del sogno di Nathan, ma come era possibile?
Come potevano le due cose essere collegate?
Il
ragazzo fu costretto a distogliere lo sguardo; non riusciva a
osservare quel corpo che ai suoi occhi pareva prendere vita e
tridimensionalità.
Infilò
nuovamente l'apparecchio in tasca e corse verso il bagno, per poi
accendere la luce e chiudere violentemente la porta.
Tom
si reputava una persona abbastanza razionale, ma ciò che aveva
visto gli aveva inspiegabilmente fatto provare una pressante
inquietudine.
Dopo
aver ripreso piena padronanza di sé, decise che doveva
assolutamente mostrare ai suoi amici la notifica che aveva ricevuto.
Ma
quando posò nuovamente lo sguardo sul display, non c'era
traccia della pagina Mayanetsuradoki.
Disperato
e spaventato, Tom cercò una prova che dimostrasse la reale
esistenza di quello che aveva visto: digitò il nome della
pagina sulla barra di ricerca e la fece scorrere verso il basso.
L'ultimo
post risaliva a quel pomeriggio. La foto non c'era più.
L'hacker
deve averla cancellata qualche secondo dopo averla pubblicata e la
somiglianza con la descrizione del sogno dev'essere una semplice
coincidenza, si disse, tentando
di mantenere la calma e aggrappandosi a quella spiegazione.
“Ieri
mentre ero su facebook si è aperta una finestra strana che ha
cominciato a lampeggiare, poi il cellulare si è spento ed è
tornato tutto come prima. Non vorrei che quello stronzo di
Maya-come-diamine-si-chiama mi abbia mandato in omaggio un bel virus”
raccontò Jade mentre i componenti degli Evil Hunters
attendevano che il portatile di Mark si avviasse.
Aveva
volutamente evitato di raccontare la parte che l'aveva spaventata di
più, ovvero la luce bianca che aveva visto nello schermo,
perché era fermamente convinta di essersela immaginata e non
voleva apparire agli occhi dei suoi amici come una pazza psicopatica.
“Allora
un giorno di questi gli do un'occhiata per vedere se c'è
qualcosa” affermò Mark, prendendo a digitare come un
forsennato sulla tastiera.
“Cosa
stai facendo?” gli domandò subito Nathan, curioso.
“Sto
aprendo facebook attraverso questo programma per hacker: se tutto va
bene, con questo dovrei scoprire a quale profilo o quale email è
collegata ora la nostra vecchia pagina” spiegò,
prendendo poi a imprecare tra i denti contro la connessione lenta e
cliccando insistentemente con il mouse.
Tom
sedeva sul bracciolo della poltrona perso tra i suoi pensieri, mentre
Jade passeggiava nervosamente avanti e indietro alle spalle del
chitarrista.
“Oddio...”
mormorò quest'ultimo, fissando lo schermo con sguardo assorto.
“Cosa?
Cosa hai trovato?” esclamarono gli altri tre, scattando in
avanti e travolgendo Mark per poter vedere i risultati della ricerca.
“Ragazzi,
aria... qui non compare niente e nessuno, è come se la pagina
non esistesse nel web!” disse lui, indicando la finestra vuota
con un punto interrogativo rosso al centro.
I
quattro si scambiarono occhiate sbalordite, poi Jade, Nathan e Tom
puntarono su Mark il loro sguardo con una domanda implicita e comune:
e adesso che si fa?
“Tranquilli
ragazzi, abbiate fiducia nel vostro chitarrista preferito; il
bastardo non può vincere contro di me. Posso usare altri mezzi
per trovarlo” li rassicurò lui con decisione, poggiando
nuovamente la mano destra sul mouse come fosse un'arma da guerra.
Gli
altri non furono più capaci di staccare gli occhi dal pc,
seguendo passo dopo passo le azioni del loro amico nonostante non
capissero granché di ciò che stava accadendo.
“Il
dispositivo sta per esplodere... sì sì, interessante,
levati dai coglioni... perché non si toglie?” inveì
Mark contro una finestra arancione che non voleva saperne di andare
via.
“Mi
auguro sia una delle solite cazzate e che questo coso non salti in
aria davvero” osservò Jade con le sopracciglia
aggrottate.
“Tranquilla,
è impossibile che esploda... però non si toglie, come
faccio a continuare le ricerche?” sbuffò lui, provando
diverse combinazioni di tasti.
Ma
quell'arancione fluorescente era lì e sembrava ormai parte
integrante della schermata.
Mezzo
minuto più tardi, il pc prese a ronzare e sul desktop si
materializzò un conto alla rovescia in caratteri cubitali. Tom
fece un balzo indietro, impaurito, Mark cominciò a imprecare,
Jade e Nathan trattennero il fiato, incapaci di muoversi.
Il
computer si spense con un lampo bianco: ma prima che divenisse del
tutto nero, due occhi sbarrati si fissarono in quelli dei ragazzi per
una frazione di secondo.
Jade
gridò.
“Ma
che cazzo... avete visto anche voi? Non ho le allucinazioni, vero?”
sbottò il bassista, poggiandosi con una mano allo schienale
della sedia per non perdere l'equilibrio.
“L'abbiamo
visto tutti” mormorò Mark; senza perdere tempo si
avvicinò nuovamente al suo portatile e, dopo un breve esame
per scovare eventuali danni esteriori, lo riaccese.
“Cosa?”
domandò Tom confuso, accostandosi nuovamente alla scrivania.
“Non
l'hai visto? Erano... occhi, e ci fissavano” farfugliò
Jade, stringendosi le braccia attorno al corpo.
“Potrebbe
essere stato un effetto ottico. Un po' di razionalità, su!
Comunque il pc non è esploso, si sta riavviando ed è
tutto a posto. Più tardi controllerò la presenza di
eventuali virus” tagliò corto Mark.
“Ma
che problemi hai? Vuoi davvero continuare a usarlo?” si rivoltò
Nathan, andando a sedersi in poltrona.
“Davvero
vi fate spaventare da un tizio che usa due trucchetti con un
computer? Mi deludete.” Il ragazzo, nonostante tutto, si
mostrava totalmente rilassato e i suoi amici si chiesero come fosse
possibile che non si facesse suggestionare da quella faccenda.
Calò
il silenzio nella stanza, interrotto solo dal ticchettio dei tasti e
del mouse.
Fu
Mark a interromperlo per primo, annunciando: “Trovato”.
“Cosa?”
saltarono su gli altri tre, rivolgendogli tutta la loro attenzione.
“La
pagina è collegata al profilo di un certo Anthony Keys... e
questo è il suo profilo. Ah... non pubblica da circa un anno e
mezzo.”
“Finalmente!
E ora che l'abbiamo trovato?” esultò il bassista,
alzandosi.
“Un
attimo, voglio fare una ricerca su Google, magari trovo altre
informazioni sul suo conto.”
Il
ragazzo digitò il nome sulla barra di ricerca e cominciò
a scorrere i risultati.
Jade
si posizionò alle sue spalle e sbirciò le scritte che
si susseguivano sullo sfondo bianco. “Cos'hai trovato?”
“Una
serie di articoli. Un attimo, fammeli aprire. Parlano di un ragazzo
morto in un incidente.”
Quando
la pagina si caricò, la ragazza cominciò a leggere ad
alta voce.
Le
fiamme divorano una casa: tre feriti e un morto
La
scorsa notte, nella periferia della cittadina di […], è
scoppiato un incendio all'interno di una casa a seguito di un corto
circuito. Il fatto è avvenuto intorno alle due e mezza. La
casa, quasi interamente costruita in legno, ha preso rapidamente
fuoco e per la famiglia che vi abitava è rimasto poco tempo
per scappare; tutto si è concluso con l'arrivo dei vigili del
fuoco, avvisati prontamente dai vicini. I coniugi e la figlia minore
di soli 12 anni sono riusciti a salvarsi, seppur con qualche ferita;
lo stesso non è stato per il ventenne Anthony Keys, deceduto
durante l'incendio per l'esposizione alle elevate temperature e
l'eccessiva inalazione di fumo.
“Non
è detto che sia il nostro Anthony” rifletté Tom.
“Qui
nell'articolo c'è una foto; perché non la confrontiamo
con quelle del profilo facebook?” propose Nathan.
Mark
annuì e con un paio di click alternò le due immagini
sullo schermo.
Non
c'erano dubbi: si trattava dello stesso ragazzo.
“Questo
vuol dire che... che... stiamo combattendo contro un morto?”
sussurrò la cantante, mentre i battiti del suo cuore le
invadevano le tempie.
Improvvisamente
gli occhi di Anthony Keys impressi sullo schermo sembrarono quasi
prendere vita, intensità.
Erano
due pupille dilatate, brucianti, folli.
|