Amore mio, portami via

di thebrightstarofthewest
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I. Mary e Matthew
Tu portami via
Dalle ostilità dei giorni che verranno
Dai riflessi del passato perché torneranno

Dai sospiri lunghi per tradire il panico che provoca l’ipocondria

Il vento spirava freddo da nord, trasportando con sé piccoli e candidi fiocchi di neve ed una nebbiolina umida abbastanza gelida da entrarle nelle ossa.
Ma non era per questo che Mary Crawley stava tremando.
Elegante e sinuosa come una rosa, se ne stava eretta davanti ad un’imponente lapide. Sopra, vi era un nome: Matthew Crawley, amato marito e padre.
Lontano, oltre alle mura del cimitero, Mary poteva sentire il suono dei bambini che strillavano giocando con la neve, rincorrendosi, chiedendo ai loro genitori cosa avrebbero ricevuto in regalo. E come biasimarli, d’altronde? Era la mattina di Natale.
Ma Natale, per Mary, non poteva più essere lo stesso. Non dopo che, qualche mese prima, aveva perso Matthew, l’uomo che l’aveva cambiata, che l’aveva capita e rispettata; l’unico che aveva saputo vedere in lei del buono, oltre che del banae bello.
Era sgattaiolata fuori da Downton prima ancora che il freddo sole facesse capolino tra le nuvole plumbee e si era recata lì; voleva stare sola: non voleva che suo padre la abbracciasse per confortarla, né che sua madre la guardasse con dolcezza, tantomeno che Edith la commiserasse. Voleva semplicemente starsene da sola… o meglio, con Matthew.
“Io…”, mormorò ad un certo punto, esalando una piccola nuvola bianca dalla bocca. Non sapeva bene cosa dire, non era molto brava quando c’erano di mezzo i suoi sentimenti. “Non ho idea del perché sono qui, amore mio… tu non vorresti vedermi qui adesso, questo lo so. Mi diresti che fa freddo e che devo stare attenta”. Fece una pausa. “Ma tutto questo… ha qualche importanza, ormai? Ora che tu non ci sei più, per chi devo preservare la mia salute, la mia bellezza?”. La voce le si ruppe e per qualche istante fu costretta a fermarsi. Teneva i pugni talmente stretti che era sicura che le unghie avrebbero perforato il tessuto dei suoi guanti e poi il palmo delle sue mani.
“Ho sempre creduto di essere forte”, bisbigliò, forse più diretta a se stessa che non alla lapide immobile, “Ma forse sono solo una sciocca vanitosa. Sybil era forte. Tom è forte. Mamma e papà, a loro modo, lo sono. Ma io? Io non lo sono. Non senza di te”.
A quel punto, le forze le mancarono: con le mani tremanti davanti al volto, crollò in ginocchio davanti alla tomba, bagnandosi l’abito con la neve e le guance con le lacrime.
Per l’ennesima volta da quando Matthew non c’era più, si domandò perché non fosse stata lei a morire.

(numero di parole: 416)
Prossimo aggiornamento: 6 marzo 2017


Angolo dell'autrice:
Buongiorno a tutti/e! Spero vi sia piaciuto questo capitolo iniziale di questo mio nuovo progetto. Inutile a dirsi, la nuova canzone di Moro mi è balzata alle orecchie per caso in radio ed ho subito pensato a loro: ai fantastici uomini e donne di Downton, con tutti i loro difetti, le loro mancanze e la loro bellezza. Spero vi sia piaciuta e, in caso, fatemi sapere in un commento. Un abbraccio.




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