Se un uomo rinuncia davvero alla vita, egli
non
temerà più nulla.
Così il
saggio sa essere vero: perché in che altro modo si può fermare un uomo
pronto a
morire pur di ottenere ciò che vuole, se non uccidendolo? Tuttavia, è
almeno
altrettanto vero che l’intensità con cui si persegue il proprio fine
poco ha a
che fare con il suo valore … o la certezza della sua riuscita: un
malvagio può
riuscire nel suo intento se è abbastanza determinato, e viceversa un
giusto
fallire.
Thom Rainier
non ha più dubbi a riguardo: per la prima volta da anni, lui sa. È un malvagio: lo sa, e finalmente
lo accetta. È un malvagio e ora vuole morire: non ha più paura di
ammetterlo.
Ha smesso di scappare e nascondersi dai suoi ricordi: questa è la fine
del suo
viaggio. Perché Thom conosce il bene, conosce il male, e la differenza
tra i due:
sa di aver compiuto il male, ormai troppi anni fa. È troppo tardi per
rimpianti
e lacrime … ma non ancora abbastanza per non fare la differenza. E alla
fine è
per questo che ha deciso: perché qualcun’altro non andasse alla forca
per i
suoi crimini, a danzare per la folla il ballo dei piedi nel vuoto. Sì,
solo per
questo si è deciso a gettare la maschera e gridare il suo nome, il suo
vero
nome d’assassino, spogliandosi della comoda identità dietro cui si era
rifugiato per così tanto tempo. Il Creatore sa se ormai non gli era
venuta a
nausea comunque: perché per ogni giorno passato in cui ha compiuto il
bene, il
ricordo della sua colpa diventava più vivo. I ricordi sono stati un
topo, messo
a rodere sul fondo della sua anima fino a che non è rimasto più nulla.
Quando
gli era arrivata la notizia di quell’impiccagione, a Thom era sembrato
come se
la decisione fosse stata presa da qualcun altro tanto tempo fa: come se
la sua
intera vita non avesse avuto altro scopo che condurlo a quel momento e
a quel
destino. Thom si è arreso al giogo del fato… ma non ha mancato di
notarne la feroce
ironia: la vita di Blackwall sarebbe finita sulla stessa aspra nota su
cui era
cominciata e, ancora una volta, Thom sarebbe fuggito da coloro di cui
aveva
profanato la fiducia. La sola differenza, è che questa volta l’avrebbe
fatto
per andare incontro al suo destino, piuttosto che sfuggirgli...
Come sarebbe
stata migliore Thedas, se il vero Blackwall fosse sopravvissuto e
Rainier morto
in quell’agguato! Di quella fine Thom non ha colpa, eppure…
Strano
davvero a pensarci: ancora prima di lasciare Skyhold, si era immaginato
tutto
con la chiarezza che a volte hanno solo i sogni. La piazza principale
di Val
Royeaux, gremita dei suoi probi ed onesti cittadini, venuti da ogni
dove ad
osservare la forca, il boia e il loro cupo mestiere, sotto un cielo
color
acciaio gravido di pioggia, che appesantisce le vesti e scivola sulle
maschere.
Il pubblico adatto per assistere alla fine di un uomo che si libera
delle
catene della menzogna.
E quando è
arrivato a Val Royeaux, vedere la sua visione concretizzarsi in modo
così
preciso, fino ai verdi freddi degli abiti della folla, non lo ha
nemmeno
stupito: perché avrebbe dovuto, di fronte ad una prova così esplicita
della
correttezza della sua scelta? Di fronte al testamento della sua
determinazione?
Anche la
cella dove lo hanno rinchiuso è proprio come l’aveva immaginata: umida,
buia e
sporca. Un luogo gravato dai troppi pensieri degli occupanti che vi si
sono
susseguiti, nessuno dei quali si è mai fermato a lungo: Thom non sarà
l’eccezione, ma con questo fatto è in pace. Finalmente, il rimorso ha
smesso di
tormentarlo e ora l’unica cosa che gli manca davvero è il suo coltello
e un pezzo
di legno con il quale intagliarlo: come figlio di un falegname, non si
è mai
rassegnato a restare con le mani in mano. E fino a quando è rimasto a
Skyhold,
c’era sempre qualcosa da fare…
Thom cerca
di bandire quel pensiero, e gli altri che subito lo seguono, ma è
difficile:
perché l’unica cosa che non aveva previsto, l’unica persona che non
avrebbe
dovuto esserci alla sua pubblica confessione, era stata proprio Sua
Grazia,
l’Inquisitrice. Impossibile non notarla tra la folla, perché
semplicemente le è
impossibile nascondersi: il massimo che può fare è provare a restare in
disparte, ma anche quello le riesce difficile. La sua gente non è
davvero stata
fatta per passare inosservata…
Thom non
aveva dovuto guardarla in volto, non aveva nemmeno voluto per la
verità, per sapere
che Tâlan lo stava fissando con molta attenzione, in attesa di scoprire
perché
esattamente fosse fuggito da Skyhold come un ladro. Non per un furto
però, ma
per il più vile degli assassinii Thom se ne era andato: nonostante
questo, vederla
quasi era bastato a fermarlo. I lamenti dell’uomo che stava per essere
impiccato per un crimine che non gli apparteneva però, avevano
ricordato a Thom
perché si trovasse in quel luogo, la sua colpa ed infine la differenza
stessa
tra bene e male. Era andato avanti: era salito da solo sul patibolo, in
verità
il posto che gli spettava. Si era rivelato e fatto riconoscere per
quello e per
chi era. Aveva spiegato la sua colpa, indifferente a coloro che tra la
folla
avevano iniziato a chiamare il suo nome, e al perché…
E ora
attendeva che il suo destino si compisse nel buio di quella cella:
quanto
poteva restargli ancora?
***
Si era
addormentato, come solo i colpevoli possono: ci vuole uno speciale tipo
di
crudeltà, o di colpa, per riuscire a trovare sonno all’ombra della
forca. Un
innocente non riuscirà mai a dormire invece, un po’ come accade a certi
uccelli
che chiusi in gabbia smettono di cantare.
L’ha
svegliato, stranamente, il profumo d’aria fresca: un odore puro e
indiluito,
come può esserlo solo dopo la tempesta più furiosa. Un melange così
ricco da
sfidare e vincere gli oscuri confini della sua cella, nonostante la sua
estraneità al luogo: basta un respiro, e i polmoni gli si riempiono
come di
nettare. Ma quando si siede sul pagliericcio:
“Per le
fiamme di Andraste!” è l’unica imprecazione che gli viene alle labbra e
la sua
voce risuona stranamente acuta tra le mura di freddi mattoni, specie
quando
colpisce il muro con la nuca.
Ci mette
qualche istante ancora a capire di aver strisciato col culo sul
pavimento, fino
a raggiungere l’angolo più lontano dall’entrata. Una reazione
istintiva: puro
terrore, che gli ha infiammato il cuore e gelato il petto allo stesso
tempo.
“… Non
proprio.” risponde chi lo guarda e il ricco contralto, con il suo
esotico
accento sulla seconda vocale, scivola tra le sbarre come le note di un
organo,
marciando su carne e ossa allo stesso modo. Chissà perché non si
aspettava che
sarebbe venuta a trovarlo… o forse in realtà lo sperava.
Thom non
dice nulla, non alza lo sguardo: non vuole. Ma Tâlan Adaar non è stata
posta in
questo mondo per essere ignorata: in verità è impossibile perfino
pensare di farlo.
Così, lei gli dà tempo restando in silenzio, fino a quando è Blackwall
stesso che
non può evitare ai suoi occhi di raggiungerne i piedi nudi e la
silverite degli
schinieri, risalendo la figura fino alla cima: come sempre, ci mette
molto
tempo.
Per la prima
volta gli sembra di vederla davvero… o forse piuttosto di capire
davvero la
persona che ha davanti.
In Qunlat, Talan
significa “verità”, nel suo significato più proprio ed assoluto: il kith di Tâlan tuttavia, l’enclave di
ribelli Tal-Vashot in cui è cresciuta, ha deciso di imporle un accento
in più,
in modo da distinguere la verità-che-si-crede, dalla verità-che-è.
Il loro
scherno ai dogmi più ottusi: Shok ebasit
hissra. Meraad astaarit, meraad itwasit, aban aqun.
Maraas shokra. Anaan esaam Qun. - La lotta è
un’illusione. La marea
sale, la marea cala, ma il mare resta immoto. Non c’è nulla contro cui
lottare.
La vittoria è nel Qun.
A questo,
l’Inquisitrice ha sempre risposto con l’orgoglio del suo nome: Talan ebasit. Talan astaarit. Talan shokra.
Qun itwasit. - La verità esiste. La verità sorge. La verità combatte.
Il Qun
cala.
L’Inquisitrice
onora il suo nome, specie nelle dolci ore di pace che le sono care…
In battaglia
però, è il suo cognome a prendere il sopravvento: Adaar, il cannone
sputafuoco montato
sulle grandi navi, la funzione che suo padre espletava come Saarebas.
Come suo
padre, anche Tâlan è una maga: formalmente una strega apostata per
l’ordine dei
templari al servizio della chiesa di Andraste, poiché è cresciuta
lontano dalle
loro catene e dal loro zelotismo più irrazionale. Un bene
probabilmente, dato
il modo in cui l’odio tra maghi e templari è dilagato…
E poiché la
chiesa di Andraste non riconosce davvero i Qunari come meritevoli, o
capaci, di
redenzione, mai nessuna autorità aveva avuto alcun desiderio di vederla
vivere:
anzi, decisamente l’opposto. Diventare l’Inquisitrice ha fatto di lei
un
terribile imbarazzo e un allettante bersaglio per molti…
Ancora una
volta però, Tâlan non ha lasciato che le difficoltà della sua nuova
fama, e il
compito a cui era chiamata dal fato, le fossero d’intralcio: anzi, vi
si è
dedicata con caparbia ostinazione, dimostrando di avere almeno le
capacità
necessarie a non essere travolta dall’ordalia terribile della
necessità. Forse,
in questo la natura le è stata d’aiuto: a chiunque la incontri è subito
evidente quanto Tâlan abbia bevuto avidamente alla coppa del suo
popolo, non i qalaba Qun, ma i Kossith.
Con una
statura di più di sette piedi, crescendo le è diventato sempre più
difficile
trovare scarpe e stivali adatte a lei, al punto da dover prendere a
prestito
alcuni costumi degli elfi dei boschi, e smettere di indossarne.
Un’abitudine a
cui, diventata adulta, non sa più rinunciare, nemmeno ora che eserciti
e
nazioni si piegano ai suoi ordini. E per quanto sia stato sempre dagli
schivi dalish
che Tâlan ha appreso veramente la maestà e i pericoli della magia, lei,
così
come del resto i Saarebas del suo popolo e come anche suo padre, non
usa alcun
bastone magico in battaglia, preferendo invece forgiare da sé i propri foci nella foggia di schinieri,
bracciali, mitteni, anelli e tiare, incastonandoli con gemme e rune, e
con tutti
quei materiali adatti a meglio canalizzare la magia. Affrontarla in
battaglia,
significa scontrarsi con una gigantessa dalla pelle d’argento, dalle
grandi
corna ritorte e ornate, e con una particolare fascinazione per il
fuoco. Il suo
ardore nell’assalto e la ferocia con cui lo persegue hanno lasciato più
di un nemico
troppo stupefatto per reagire in tempo: sono ben pochi i maghi e gli
stregoni che
scelgono di affrontare fisicamente il proprio avversario quando possono
bersagliarlo da lontano. Ma come Tâlan insegna a coloro che criticano
il suo
barbaro approccio, è più difficile schivare una colonna di fuoco dopo
aver
ricevuto uno schiniere sul volto… quando, ovviamente, si è ancora in
grado di
sentire qualcosa. Sul campo di battaglia, i nemici imparano presto a
temere
quella combinazione terribile di rapidità e forza, mentre i suoi
compagni sanno
da tempo di poter contare sulla sua dedizione e cura: non c’è chi, tra
i suoi,
non abbia avuto salva la vita grazie ai sortilegi protettivi
dell’Inquisitrice
e ormai in troppe occasioni per poterle ancora contare. Dato il suo
impeto
nella battaglia poi, nessuno dei suoi compagni è rimasto davvero
sorpreso dalla
scelta di Tâlan di praticare la via dei cavalieri incantatori:
un’antica élite,
il cui approccio al combattimento completa perfettamente quello
dell’Inquisitrice. Al punto che la sua grande spada spettrale, per
quanto non
lo strumento che più usa in battaglia, è ora diventato uno dei suoi
attributi più
famigerati.
Non che tuttavia
non rimanga anche una nota di timore fra coloro che le sono vicini:
purtroppo
però, questo è nella natura delle cose e Tâlan ha imparato ad
accettarlo. Chi
non ha ragione di temere almeno un poco una strega fiera come la
tempesta,
tanto potente quanto apparentemente priva di molti dei freni che,
erroneamente
ma frequentemente, sono associati alla “civiltà”? Specie quando
possiede la
forza di tre uomini, la pelle d’argento e corna sopra la testa? Non è
senza
consapevolezza di sé che Adaar parla cortesemente o si è imposta di
adottare
maniere impeccabili. O di evitare accuratamente di ricorrere alla
magia, che
pur adora, di fronte ad estranei. O di muoversi troppo rapidamente, lei
che ha
falcate fatte per divorare le distanze: come Inquisitrice, un contegno
modesto,
ma mai sottomesso, è il suo modo di presentarsi agli emissari e nobili
in
visita a Skyhold…
Ma se
qualcuno di loro pretende ciò che non gli è dovuto, credendo che ad una
stupida
donna-bue si possa dire qualunque cosa quando ha i capelli in trecce
eleganti,
è facile per Tâlan mostrargli il suo errore: di solito, le basta
alzarsi in
piedi.
Chi osserva Thom
Rainier dall’altro lato delle sbarre però, non è né la irenica
Inquisitrice
accomodata in una bassa poltrona, né l’indomita vincitrice dei campi di
battaglia, anche se ne porta tutti gli attributi. Tâlan è bardata per
la
guerra, e la lunga giubba, fortificata sia con la magia sia con mezzi
più
terreni, si distingue nella semi oscurità della prigione per i colori
che le
sono più cari: il caldo ocra del deserto, col più cupo verde ad
ornarlo. Si è
perfino applicata il vitaar, la
maschera di veleno che rende la pelle dura come pietra, a cui solo la
sua gente
è immune: eppure, anche se i suoi lineamenti sono deformati dall’oro
brillante
del veleno dei tezpadam, quelle creature che perfino i più saggi tra i
nani
temono, i suoi occhi tradiscono per la prima volta un sentimento che
Blackwall
non ha mai scorto. Nelle sue iridi d’oro in sclere nere, c’è
un’intensità che
Thom non ha mai visto: una tempesta incomprensibile, responsabile del
poco
controllo che Tâlan ha sulla sua magia. Perché sono le fiammelle che le
ardono
attorno e il gelo che le incastona gli arti i responsabili del profumo
che ha
svegliato Thom dal suo sonno. Non è ira, o almeno, non è solo ira ad
abitare
Tâlan: la furia di una strega sarebbe già terribile di per sé, ma è ciò
che
Thom non capisce ad averlo davvero spaventato.
E a poco può
servire la presenza di coloro che hanno accompagnato l’Inquisitrice a
fargli
visita: se gli sguardi potessero uccidere, l’odio e il disprezzo che
Cassandra
dimostra in quel momento verso di lui sarebbero sufficienti a fermargli
il
cuore nel petto. Il volto acuto dell’ultima Mano Destra della Divina è
serrato
e gelido: l’unica ragione per cui non ha ancora parlato sono il
rispetto e la
sincera amicizia che la legano all’Inquisitrice. A vederle ora, sembra
impossibile credere che solo pochi mesi fa Cassandra fosse pronta a
tagliare la
testa a Tâlan…
Ma mentre
Cassandra resta un passo indietro ad osservarlo, pur mantenendo la mano
sul
pomolo della sua spada, Cole si è avvicinato ancora di più
dell’Inquisitrice
alle sbarre: tanto da appoggiare il volto al metallo, ma il gelo di
quel
contatto non lo disturba. I suoi occhi di un acquoso azzurro lo
osservano sotto
una zazzera di capelli color paglia, come sempre spettinati. Nella luce
delle
torce e dell’Inquisitrice, sembra perfino più pallido di quanto Thom
ricordi: quasi
come il volto di un fanciullo morto nella neve. Nemmeno in lui a Thom
sembra di
scorgere perdono o speranza e forse è giusto così: cosa significa però
per un
peccatore quando perfino uno spirito di compassione che ha preso forma
d’uomo
sembra aver perso le speranze? Nemmeno Cole parla quando gli
restituisce lo
sguardo: fa però di peggio.
Lo
spirito-fanciullo inizia a mormorare dietro labbra serrate il motivo di
una
canzone per bambini il cui solo ricordo è peggio della tortura per
Rainier:
“Picchio, picchio, quieto e calmo,
cosa vedi dalla cima della collina?
Vedi in alto? Vedi in basso?
Vedi la morte in tutta la città?”
Se avesse
mangiato, Thom vomiterebbe ogni cosa in quel momento: i suoi carcerieri
però
non nutrono gli assassini prima di mandarli dal boia. Una scelta
dettata dal
pragmatismo, più che dall’odio: nessuno vuole che lo spettacolo della
forca sia
rovinato dal criminale che si svuota le viscere di fronte alla folla.
E non serve di
certo che mastro Varric parli per sottolineare ulteriormente la gravità
della
situazione a Thom: se lo fa, è perché è nella sua natura e per
alleggerire
l’atmosfera. Forse è quella la vera ragione per cui gli è stato chiesto
di
accompagnare un’apostata Qunari dall’eccessiva magia, uno spirito
fuggito nel
mondo reale e l’ultima discendente di una rinomata stirpe di uccisori
di
draghi: per essere l’unico volto amichevole tra quattro. Difficile
essere
intimoriti da un nano, anche quando porta a tracolla una balestra lunga
quanto
lui è alto:
“Già, eroe:
hai proprio fatto una stronzata.” lo dice con un sorriso obliquo, senza
nemmeno
guardarlo: potrebbe essere il primo sorriso falso di mastro Tethras.
Un’altra
colpa di cui Thom deve rammaricarsi.
Lo sguardo
che invece Cassandra rivolge a Varric lo dissuade dal voler provare ad
accendersi la pipa che ha cominciato a caricare: scintille libere
vicino ad una
strega volatile sono la ricetta per un disastro. Specie con tutta
quella magia
che aspetta solo un modo per esprimersi:
“Ho cercato
di capire.” afferma lentamente l’Inquisitrice: anche se la sua voce è
calma,
per Thom è come una sferzata.
“Ho cercato
di capire.” ripete afferrando le sbarre, e il suono del metallo che
geme
riempie lentamente lo spazio tra loro: “…Cosa, di tutto questo, sia la
vera
causa di ciò che provo. Il tradimento, le menzogne, il sospetto che tu
abbia
usato l’Inquisizione per fuggire fino ad ora dalle tue colpe e dal tuo
passato…”
“Io…”
Ma a Thom
non è consentito di finire, perché è già stato afferrato per il bavero
e
sbattuto di schiena contro i sudici mattoni: l’Inquisitrice è lì con
lui ora,
dopo aver attraversato le sbarre e lo spazio tra loro come uno spettro.
Lo ha
ghermito e lo tiene sollevato da terra con un solo pugno corazzato,
pieno della
sua tunica e della sua barba. Nonostante questo, riesce ancora a
torreggiare su
di lui:
“…E a poco a
poco, mentre… setacciavo ogni ragione, ho compreso quale sia quella
vera.
L’aver scelto di morire senza dirci addio o darci spiegazioni.” le mani
di
Tâlan gli ghermiscono il collo ora e la strega, che pur potrebbe
arderlo fino
alle ossa, comincia lentamente, inesorabilmente, a strangolarlo.
“…Contiamo
così poco? Abbiamo fatto così poco assieme, da pensare che la tua morte
possa
esserci davvero indifferente? Che possiamo fare a meno di te? Che hai
il
privilegio, tu solo, di rinunciare? O siamo così inutili, da farti
comunque
preferire la morte?”
Blackwall però
non può più già risponderle:
“…Allora
lascia che sia io a dartela: è proprio come l’avevi immaginata, bas?”
Ed è
l’ultima parola a farlo davvero reagire: poiché però entrambe le sue
mani sono
troppo occupate per tentare di rallentare quelle dell’Inquisitrice,
Thom non ha
nient’altro da usare se non i piedi. Il calcio di Blackwall coglie
Tâlan nello
stomaco e la strega gli permette di cadere di nuovo a terra,
indietreggiando di
un passo. Ma mentre Thom inspira violentemente a grandi boccate l’aria
che gli
era stata negata, non può fare a meno di capire che è stata Tâlan
stessa a
lasciarlo andare: l’ha vista ignorare colpi ben più terribili in
combattimento.
“…Proprio
quello che pensavo.” mormora e quando la guarda, il figlio del
taglialegna non
può fare a meno di notare il lieve sorriso che esibisce.
Cosa abbia
capito, Blackwall non sa dirlo e non ha ancora la forza di chiederlo.
Un solo
istante però, e la cella è di nuovo vuota, mentre Tâlan lo osserva
nuovamente
al di là delle sbarre:
“Tu non
morirai qui, Thom Rainier. L’Inquisizione ti giudicherà per i tuoi
crimini: io
ti giudicherò.”
E come la tempesta
che ha portato, Tâlan lo lascia di nuovo nel buio, solo con quella
terribile
promessa.
***
Sulla piazza
di Val Royeaux ha iniziato a cadere la pioggia, ma essa non riesce a
bagnare la
pelle di Tâlan: l’acqua evapora troppo in fretta quando si avvicina a
lei. La
comprensione della sua rabbia non è abbastanza per spegnerla. Questo
però, non
le impedisce di voler provare a fermarsi e di rivolgere il volto e le
sue corna
al cielo, sperando che possa almeno spegnere le fiamme del suo animo:
dagli eventi
del tempio delle Sacre Ceneri sono pochi quelli che ancora osano
guardare ciò
che resta della cicatrice nel cielo. Tâlan però, ha quella forza e quel
diritto, perché sta facendo quanto è in suo potere ogni giorno da quel
terribile momento per chiudere definitivamente lo Squarcio e fermare
colui che
l’ha provocato.
“Potevo
provarglielo io.” sussurra Cole al suo fianco: “…Tu ha odiato fargli
paura.
Abominio, apostata, non ascoltano, non accettano, io…”
“Basta così
Cole, per favore.” gli chiede non senza dolcezza: “…E poi non ci
saresti
riuscito. A volte in questo mondo si deve essere spietati per arrivare
alla
verità. Dovevo essere sicura che… Thom Rainier volesse ancora vivere.”
e ora lo
sa: perché un uomo che si è rassegnato al suo fato non avrebbe
combattuto per
restare in vita. Il resto sarebbe venuto col tempo:
“…Torniamo a
casa.”
“La migliore
idea che abbia sentito oggi, vostra grazia.” approva sarcastico Varric:
il nano
sa bene quanto poco Adaar ami i titoli che le sono stati dati.
“Prendo le nostre cavalcature allora.” afferma composta Cassandra,
dirigendosi subito verso le stalle della città: che la decisione di
Tâlan,
questo provare a redimere Blackwall, non piaccia a lady Penthaghast non
è di
certo un segreto.
Ma anche a questo il tempo potrà porre rimedio, mentre l’occhiata che
Adaar rivolge a Varric lo convince subito che aiutare Cassandra sia nel
suo
stesso interesse: Tâlan non ha la forza in quel momento di subire
l’umorismo
del nano, o la sua arguzia. Per quanto Cole faccia domande molto più
dolorose,
sono anche più ingenue e soprattutto, mirano a curare:
“…Tu temevi
che sarei potuto diventare un demone, ma la Compassione non può causare
castigo.”
“Non avevo
alcun diritto di chiedertelo, Cole. Ognuno di voi mi è prezioso…
soprattutto sono
stanca di perdere quelli a cui sono legata.” gli dice, appoggiando
delicatamente una grande mano sulla testa di Cole.
Sul volto
dello spirito di compassione fatto carne si manifesta leggero un
sorriso,
destinato ad allargarsi quando Cassandra e Varric torneranno da loro
tenendo le
loro monte per la cavezza: anche il Nuggalop di Tâlan, il Tuonante
Nocchiero, è
impossibile da ignorare.
Blackwall:
lo si ama o lo si odia. Non credo che ci siano molte vie di mezzo in
DAI.
Tuttiavia, è certo che è difficile restare indifferenti a lui o alle
sue azioni. Personalmente, il suo "tradimento" mi ha molto colpito: la
ragione del perché però, spero di averla esposta abbastanza chiaramente
in questa one shot. Non è tanto il gesto in sé, ma il suo voler morire
senza preoccuparsi di chi ha attorno. Credo che molti di noi non
prenderebbero la decisione di salvarlo, se avesse confessato i suoi
crimini e avesse preso congedo dall'Inquisizione a testa alta...
In ogni caso, spero che questa one shot, così breve e specifica, vi sia
piaciuta: non ho resistito alla tentazione di inserirci una (prolissa,
lo ammetto) descrizione dell'Inquisitrice come la immagino...
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