Pellegrini del Tempo

di la luna nera
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I minuti si susseguivano senza sosta, il sole era scomparso all’orizzonte, Jordan aveva osservato ogni singolo istante del tramonto come se la sua attenzione si fosse focalizzata solo ed esclusivamente su quel particolare. In realtà era come ipnotizzato, incatenato a quel pensiero insinuatosi come un tarlo nel suo cuore e nella sua mente. Alyssa aveva scelto di accettare l’invito a cena da quel conte, forse per ripicca, forse perché colma della speranza di poter riabbracciare Maddy o forse per altri motivi. Fatto sta che in quei minuti lei si trovava con quel soggetto degno di pochissima fiducia, poteva esser seduta al suo tavolo consumando pietanze e bevande a volontà come poteva esser fra le sue braccia o peggio ancora sotto le sue lenzuola. I suoi muscoli subirono una scossa al solo pensiero di Alyssa a far certe cose con lui. Scosse pesantemente la testa ripetendo a se stesso che lei non si sarebbe mai e poi mai concessa all’uomo viscido che era il conte. E qui si apriva un altro interrogativo non meno preoccupante: come avrebbe reagito lui di fronte al suo eventuale rifiuto? Le donne erano oggetti in quell’epoca, oggetti scartabili nel momento in cui non servivano più! Affondò il viso nelle mani in un gesto di sana e semplice disperazione, era preoccupatissimo ed avrebbe fatto il diavolo a quattro pur di non restarsene lì con le mani in mano….mentre l’altro stava mettendo le sue là dove non doveva. Non sapeva dove si trovavano le stanze del porco, sarebbe finito sicuramente nei guai nel mettersi a controllare stanza per stanza. Aveva senso restarsene lì da solo immaginando cose più o meno assurde? Cosa poteva fare per riportare Alyssa a sé? La desiderava accanto come mai prima di allora, voleva proteggerla da tutto e da tutti, stringerla forte e sentirne il calore e il respiro aleggiare sulla sua pelle.
Valentine non gli mancava, Alyssa si.
Assurdo. Ciò che stava accadendo rasentava l’assurdo. E non si riferiva al fatto di trovarsi sospeso in un’avventura attraverso le spire del tempo iniziata chissà come, piuttosto al senso di angoscia e preoccupazione che lo aveva attanagliato dal momento in cui la ragazza gli aveva confessato di voler accettare l’invito a cena del conte du Grangé.
I minuti, susseguendosi, erano divenuti ore, ore paragonabili all’eternità. Sentiva di dover fare qualcosa, uscire di lì e cercare Alyssa a qualunque costo, andando incontro al suo destino se per errore si fosse intrufolato in stanze sbagliate. Afferrò la giacca con decisione e la indossò rapidamente, avvicinandosi con altrettanta velocità verso la porta. Giusto un attimo prima di varcare quella soglia sentì dei rumori provenire dal corridoio. In cuor suo sperava ardentemente fosse Alyssa di ritorno dalla serata con il conte. Indietreggiò di qualche decina di centimetri pronto ad affrontare chiunque fosse stato in procinto di entrare. La maniglia si piegò permettendo alla porta di aprirsi: nella semioscurità della stanza vide comparire prima la mano, poi il braccio ed infine tutta la figura della persona che desiderava fosse. Restò immobile e muto, aveva sfogato tutto il suo nervosismo in quelle ore alternando passeggiate senza sosta su e giù per la stanza con attimi di immobilità. Vide la faccia della ragazza rigata dalle lacrime, evidentemente le cose non si erano svolte come immaginava. Attese in silenzio che entrasse completamente nella stanza osservandola con estrema attenzione fino a che non sentì la serratura chiudersi alle sue spalle. Incrociò le braccia ricacciando dentro la rabbia e il nodo che sentiva salire piano piano su per la gola. Lei si asciugò una lacrima e, sempre tenendo la testa bassa, si avviò a piccoli passi verso la stanza adiacente in cui si trovava il letto: era molto stanca e desiderava riposare.
“Allora?” La bloccò Jordan. “Non hai niente da raccontarmi?”
“No.”
“Il nobile signor conte non ha risposto alle tue aspettative?” C’era una punta di rabbia non troppo celata nelle sue parole.
Quelle parole le fecero male, le lacrime che tentava di non versare vinsero e presero a sgorgare di nuovo dagli occhi. Si voltò con l’aria sconfitta e distrutta. “Va bene!” Sbottò. “Avevi ragione, sei contento?!” Tirò su col naso. “Voleva portarmi a letto e Maddy non c’era, sei contento?! E’ andato tutto come avevi detto tu!”
Strinse i pungi. “Dimmi solo se ti ha fatto del male e gli cambio i connotati.”
Posò la mano sulla maniglia della porta della stanza da letto. “No. Sono scappata.” Fece una lunga pausa prima di proseguire. “Sono scappata non appena ho sentito il gelo delle sue mani viscide sulla mia pelle.” Portò istintivamente la sua mano sul collo, lì dove lui l’aveva toccata per poi far scivolare le dita lungo la sua schiena alla ricerca dell’allacciatura dell’abito.
Jordan sospirò visibilmente sollevato.
“Sei contento adesso?” Si voltò finalmente verso di lui.
“Si! Si, cazzo, che sono contento! Tu adesso non allontanarti mai più da me! Giuramelo!”
“Non ti giuro proprio un bel niente! Chi sei tu per darmi degli ordini, mio padre? Sono grande abbastanza per decidere con la mia testa e se faccio degli sbagli ne pagherò personalmente le conseguenze, va bene?”
“No che non va bene. Siamo io e te, ci troviamo in quest’assurda situazione e dobbiamo uscirne assieme. Se tu ora hai bisogno di piangere, fallo adesso, fallo qui sulla mia spalla.”
“Che?” Si fece sfuggire una risata quasi sarcastica. “Quello che hai appena detto rasenta il ridicolo. Sembra quasi che tu sia interessato a me.” Lo fissò in attesa di una risposta che non arrivava. “Forse ti stai mostrando gentile e comprensivo solo perché tu hai avuto ragione ed io torto marcio su quanto è accaduto?” Piegò l’angolo della bocca. “Ma certo, è ovvio che questa sia la verità.”
“Non è affatto così.” Ribatté lui. “Ho tentato di dissuaderti dall’andare da lui e te ne ribadisco il motivo: forse non ti sei mai resa conto di come sia lo sguardo di un uomo che guarda una donna, ne puoi capire tutte le intenzioni.”
“Già, proprio così. Non c’è mai stato un uomo che abbia visto in me una donna e che mi abbia guardato con i fantomatici occhi di cui parli.” Era seccatissima, ripensava a tutti i giorni passati in compagnia di Maddy sospirando e fantasticando su di lui. Ripensava a quando lo vedeva in giro con ragazze bellissime dalle gambe kilometriche sognando che prima o poi sarebbe diventata come loro e a quel punto forse….. “Io sono una donna abbozzata in malo modo, sono esattamente come tu mi hai sempre considerata e anche questa sera ne ho avuto la conferma. Mi sono illusa che quel porco mi trovasse interessante e invece…..”
“Non parlare così di te stessa per favore, sono tutte sciocchezze. Tu non sei solo un abbozzo di donna, tu sei una donna con tutte le carte in regola per…
“Per una partita a scopa?” Lo interruppe lei abbassando di nuovo la testa rassegnata.
“Non intendevo questo.”
“Sono stanca Jordan. Sono stanca di te e del tuo modo di apparire carino e premuroso nei miei confronti, sono stanca del conte che mi prende per il culo, di questa reggia falsa e di tutta la gente bugiarda che affolla le sue sale…. Sono stanca e voglio solo andare a riposare. Affronteremo l’argomento domani mattina.”
“Alyssa aspetta…”
Ma la ragazza era già scomparsa dietro la porta, lasciandolo nuovamente solo con il cuore gonfio a tal punto che poteva esplodere da un momento all’altro se non avesse fatto quello che sentiva crescergli dentro in maniera esponenziale. Lei era ferita, amareggiata, sfiduciata. Lei aveva solo bisogno di amore, di essere apprezzata per quello che era, coi suoi pregi e i suoi difetti, era giunta l’ora di farle capire che pure lei era una donna con tutti i numeri in regola. Glielo aveva detto ma quelle parole erano state considerate l’ennesimo scherno e dunque l’unica cosa rimasta consisteva nel passare appunto dalle parole ai fatti. Era ben deciso quando afferrò la maniglia della porta della camera da letto, aprì ed entrò quasi come una furia. Alyssa si era appena coricata, indossava solo una candida camicia da notte, estremamente più consona al riposo del pesante abito del quale si era liberata poco prima. Affondava la testa nel cuscino cercandovi conforto, mentre mangiucchiava l’unghia del pollice della mano sinistra. Si accorse dell’ingresso di Jordan ma non gli rivolse alcuna parola, continuando anzi ad ignorarlo. Lui invece si sedette sul letto, l’afferrò per la spalla sinistra facendola girare verso di lui. Nella penombra della stanza lei vide una strana determinazione del volto di lui ma di colpo un brivido la gelò, poiché le sembrò di rivedere il Jordan violento che l’aveva spaventata durante la loro permanenza nella Firenze rinascimentale. “Che….che vuoi fare adesso?” Tremava mentre bisbigliava queste parole.
Lui non rispose, ma continuava a fissarla. Poi in una frazione di secondo avvicinò il suo viso a quello di lei e la baciò. Alyssa sussultò, tutto si aspettava tranne quel gesto. Era un gesto tanto sognato e tanto desiderato, ora era realtà. Teneva gli occhi spalancati dall’incredulità di quanto stava vivendo in quegli attimi ed il suo corpo pareva paralizzato, non riusciva a fare assolutamente niente, neanche a rispondere a quel bacio tanto agognato.  Riuscì a riprendere il controllo delle proprie funzioni dopo una buona manciata di secondi, posò le mani sulle spalle di Jordan spingendolo affinché si staccasse e si allontanasse da lei. Respiravano entrambi in modo abbastanza affannoso e i loro occhi si rifiutavano di guardare altrove.
“Che cosa significa?”
“Zitta e baciami.”
E di nuovo le loro labbra si unirono, ma questa volta c’era qualcosa di diverso perché lentamente i loro corpi si fusero in un abbraccio, le loro mani presero ad accarezzarsi e giocare reciprocamente con i capelli. Tutte le barriere di pregiudizi, di paure, di orgoglio e diffidenza iniziavano a sgretolarsi: a volte si teme qualcosa perché non lo si conosce, ma poi si comprende il grave errore commesso.
Alyssa  si era fatta delle idee sbagliate sul fratello della sua migliore amica, lo aveva immaginato figo e spaccone, forse un po’ troppo irascibile, grande latin lover che male accetta rifiuti dalle ragazze, sicuro di sé e in possesso della risposta giusta in ogni occasione. Anche a  seguto di quanto accaduto a Firenze, se era fatta idee non propriamente esatte: si, probabilmente era troppo sensibile al fascino femminile e la sua ascendenza sulle ragazze gli aveva conferito una grande sicurezza in se stesso fino al punto che un “no” poteva esser mal digerito. Ma in fondo un cuore grande gli batteva nel petto e glielo aveva dimostrato finalmente. Aveva tentato di proteggerla dalle grinfie perverse del conte rivolgendole parole dolci e persuasive, fino ad arrivare a quegli attimi fra le sue braccia dove ulteriori parole sarebbero risultate inutili e superflue.
Jordan, dal canto suo, vedeva in lei l’amica stupida della sorella stupida, una ragazzina che si commuove davanti al film strappalacrime sognando romanticherie e sdolcinatezze, una ragazzina goffa ed ingenua con la testa fra le nuvole. Si era sempre rifiutato di approfondire la sua conoscenza perché la riteneva irrimediabilmente immatura e poco accondiscendente, tuttavia grazie all’esperienza vissuta con lei aveva constatato che dietro a quella facciata apparentemente frivola e superficiale, c’era una ragazza pronta a dare amore con la serietà di chi la vita la vuole affrontare con grinta e maturità, pronta a mettere in secondo piano la propria felicità pur di vederla negli occhi del suo ”lui”. Ecco chi era l’amica stupida della sorella stupida.
 
 
 
“Jordan! Alyssa! Ci siete? Mi sentite?”
Si staccarono: quella era la voce di Maddy! Proveniva dall’orologio che era rimasto aperto sul comodino. Finalmente si era rifatta viva….. magari non nel momento più opportuno, ma si era rifatta viva. Jordan afferrò quell’oggetto. “Maddy! Come stai?”
“Jordan, sono riuscita a far riparare il mio orologio e adesso posso vedere che ora indica…. Sono le 11:24.”
Il ragazzo quasi si accasciò sul letto, quel letto su cui Alyssa era rimasta immobile, doveva ancora rimettere insieme tutti gli attimi vissuti fra le braccia di Jordan. Neanche aveva battuto ciglio nell’udire finalmente la voce della sua amica che aveva potuto aprire quel maledetto orologio.
“Senti Jordan, Alyssa è lì con te?”
Il ragazzo si voltò a guardare la ragazza, invitandola con lo sguardo a rispondere. Questa si mise seduta con lentezza e si avvicinò a lui che teneva quell’oggetto fra le mani. “Si…. Si, Maddy… Ci sono…”
“Tesoro che piacere sentirti! Hai una voce strana però, va tutto bene?”
“Si, si. Sto bene.”
“Alyssa, sai in che giorno mi trovo? Oggi è il ventiquattro aprile milleottocentocinquantaquattro! Capito dove sono?!”
 
 
 






Buon venerdì a tutti!
Un tempo aggiornavo sempre in questo giorno della settimana, mi aveva sempre portato tanta fortuna e per un’assurda coincidenza ho ripreso ad aggiornare proprio di venerdì 17, giorno del malaugurio per eccellenza. Sfido la sorte, anche perché credo sia un giorno come un altro…. E a proposito di giorni: il capitolo si conclude con una data ben precisa, cioè il 24 aprile 1854. Maddy dunque si è fatta viva, ha potuto vedere l’ora riportata dall’orologio in suo possesso e comunica tale data all’amica, grazie alla quale capisce dove si trova. E qui lancio la sfida: chi di voi sa cos’è accaduto quel lontano giorno di aprile? Avete capito dov’è Maddy?
Vi auguro un buon fine settimana!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 




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