La cerchia dei cinque

di DonnieTZ
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Makiko guarda il punto in cui Lootah scompare nel bagno e poi sposta lo sguardo su Esteban, che torna al tavolo con il sorriso un po' meno abbagliante. Dentro, la sua luce è leggermente offuscata, bagnata dal vago timore di non essere all'altezza dei compiti sempre più importanti che Lootah gli riserva. Batte i palmi uno contro l'altro, prima di sedersi, mimando un'espressione incoraggiante.
Makiko lo percepisce con chiarezza, perché ha imparato a conoscerlo, mentre Angelica è qualcosa di nuovo e confuso. Come Wolfgang, il suo rapporto con la morte sembra attingere a tutto ciò che di vitale c'è nella stanza, assorbendolo fino a rendere l'aria soffocante. Makiko legge anche altro: una combattività istintiva, che gli dà forza per andare avanti, sopravvivere al dolore. Una corazza protegge la negromante contro il mondo, ma non è un muro: può essere tolta, nell'intimità dell'amicizia, nella vulnerabilità dell'amore, per mostrare Angelica senza protezioni.
«Allora, cosa vuoi sapere?» domanda Esteban.
«Tutto. Chi siete? Cosa fate? Perché avete bisogno di me?» risponde Angelica.
Il suo passato è ruvido tessuto cicatriziale sull'anima, ma Makiko non vuole addentrarsi in quell'oscurità, non ancora; così si concentra su Esteban, sulla sua voce.
«Io sono Esteban. Questa è Makiko. Lootah ci chiama cerchia. In passato dovevano essercene molte, poi quelli come noi sono diventati diffidenti o rari, e le cerchie sono andate scomparendo.»
«Va bene, ma cos'è una cerchia? Vi mettete lì e fate strani rituali o qualcosa di simile? Perché io non ho intenzione di versare sangue per questa cosa, grazie
«Non versiamo sangue» interviene Makiko, scrutando l'altra negli occhi.
O, almeno, non loro. Lootah lo fa per Wolfgang, ma non c'entra la cerchia in quel rituale.
Spiegarlo è complicato in ogni caso. Tutti loro sapevano, in qualche modo, quando sono stati reclutati: lei perché non ha mai bisogno di spiegazioni, Esteban perché sua nonna era parte di una delle ultime cerchie, Wolfgang perché era vivo ai tempi in cui erano ancora diffuse. Makiko sa anche di Lootah ed è una delle molte cose che vorrebbe non sapere.
Dentro Angelica, però, ci sono nodi di negazione che servono a tenere chiusa una porta, l'accesso che il demone può attraversare con tanta facilità. La sua paura diventa la paura di Makiko, una connessione a senso unico che minaccia di soffocarla e che deve sedare con convinzione. Angelica non le riserva lo stesso sprezzante atteggiamento che ha con Lootah e che sta iniziando a riversare su Esteban; la trova un enigma e si limita ad ignorarla.
«Quello che dovremmo fare è... non so come dire. Immagina che questa dimensione e un'altra dimensione siano collegate, siano intrecciate fra loro, mi segui?» continua Esteban, gesticolando per accompagnare la spiegazione. «A volte ci sono degli strappi, e noi abbiamo il compito di trovarli e ricucirli. È come se il tessuto fosse un po' vecchio, perché è stato trascurato.»
«Parli dell'aldilà? Quindi noi teniamo l'aldilà di là
«Più o meno.»
«Più o meno?» domanda ancora Angelica.
Makiko percepisce la sua frustrazione. Si è negata per anni di comprendere, accettando quello che era in grado di fare come una stranezza, e ora ha davanti verità che ha sempre conosciuto e non ha mai desiderato come parte della sua vita. Vorrebbe dirle che capisce, che quello che ha passato – anche se preferisce tastare quei ricordi con circospezione – renderà tutto più difficile. Deve tacere, però, perché quello che è in grado di fare è più spaventoso di tutti i loro talenti, più violento, più crudele. Leggere gli altri, percepirli, è la più grande delle invasioni. Deve restare segreta.
«Ecco, senza di te non possiamo iniziare.»
«Stai dicendo che questa è teoria?» sibila Angelica.
«No, no. Solo che dobbiamo essere in cinque. Beh, cinque più l'Esterno
«Dovrò cavarti fuori ogni singola informazione?»
Esteban sospira nel sentire quella domanda, perché c'è troppo da spiegare, troppo da far capire, e non è facile per qualcuno che già sa.
«Quello che noi siamo» inizia Makiko, «serve a chiudere gli strappi nel velo. Tutti abbiamo un ruolo. Senza qualcuno come sei tu, non è possibile farlo.»
Non le piace parlare, non le piace arrancare fra le parole per trovare quelle giuste, ma le difficoltà dell'altro la chiamano, spingendola a tentare di aiutarlo.
«Ecco, diciamo che noi ci occupiamo di mantenere l'equilibrio fra qui e , ma siamo più...» Esteban si ferma, in cerca della definizione giusta, ma sembra non trovarla.
Makiko gli scava dentro e la trova per lui.
«Potenti» dice.
«Sì, potenti. Siamo più potenti degli altri, quindi abbiamo bisogno di una persona che ci controlli, che si assicuri che non stiamo unendo i nostri sforzi per, che ne so, conquistare il mondo o qualcosa di simile. Lootah lo chiama l'Esterno e dice che in passato gli Esterni davano la caccia a chi si comportava male o a chi non accettava il suo ruolo nella cerchia. In teoria non hanno poteri, in pratica sono cresciuti all'interno di famiglie di cacciatori. O, almeno, era così quando c'erano le cerchie. Quando c'è anche l'Esterno, la cerchia funziona alla perfezione, come se tutto si catalizzasse. Sembra che quei due abbiano già in mente qualcuno, però, quindi non sarà difficile quanto trovare te.»
Esteban indica il bagno con lo sguardo. Sta ricalcando parole sentite nei racconti di sua nonna, narrazioni che l'hanno cresciuto, e scampoli di informazioni raccolte da Lootah.
«Trovare me?» domanda Angelica, passando la lingua sull'anellino argentato che le buca il labbro.
Makiko sente il conforto di quel gesto, sente il sollievo nella consapevolezza di essere fatta di carne e sensazioni fisiche.
Quella domanda preoccupa Esteban, che cerca aiuto con lo sguardo, incerto.
«Le persone come te a volte vivono negli ospedali» risponde per lui.
«Ah.»
Angelica abbassa lo sguardo sulla tazza. Sta pensando al passato, perché anche lei ha vissuto in un ospedale, ha ingoiato medicine, a messo la sedia in cerchio e parlato con sconosciuti. Anche lei e quindi, mentre rivive frammenti di ciò che è stato, anche Makiko.
«Non aiuta che non si sappia quasi mai, nelle famiglia, a chi toccherà essere come te» chiarisce Esteban. «Noi siamo fortunati, perché si tramanda dal genitore al figlio» aggiunge, indicando sé e Makiko.
Angelica sembra improvvisamente colpita dall'idea che loro abbiano qualcosa, che siano diversi, proprio come lei.
«Cosa... cosa siete?» chiede, senza riuscire a mascherare la titubanza, una vibrazione che attraversa le sue parole.
«Oh, già. Lootah adora le definizioni, noi un po' meno. Comunque» inizia Esteban, puntandosi un dito contro il petto «puoi considerarmi un mutaforma. Posso diventare un animale, insomma. A volte, nelle cerchie, prendevano i mannari ma, ehi, io sono meglio.»
Segue un silenzio irreale, lungo, che si dilata. Makiko saggia in punta di mente l'incredulità di Angelica.
«Tu vedi i morti, lui diventa un animale» le ricorda, lapidaria.
«Siete seri?»
«Ti farei vedere, ma fa parecchio male e preferirei farlo solo se è necessario. In più c'è tutta la storia dell'essere nudi e ancora non ci conosciamo abbastanza bene. Ma mi vedrai presto all'opera, se decidiamo davvero di... esorcizzarti» sorride Esteban, come se fosse una battuta particolarmente divertente.
L'espressione di Angelica si irrigidisce e i suoi occhi scuri si specchiano in quelli di Makiko.
«Tu?»
«Da dove vengo, a volte mi chiamano tennyo. Qui forse sarei una fata o una ninfa. E su un'isola sarei una sirena.»
«Oh, certo, ovviamente» risponde, sarcastica.
«Senti, per tutti noi esistono così tanti nomi che non sapremmo neanche come spiegarti. E vale la stessa cosa per te: c'è chi ti chiamerebbe sensitiva, chi ti chiamerebbe strega, chi negromante. La verità è che scegli tu. O Lootah, perché a lui-»
«Piacciono le definizioni» conclude Angelica, le parole ormai familiari, prima di sospirare pesantemente. «So che non dovrei chiederlo, visto quello che faccio, ma siete sicuri di essere a posto? Niente droghe?»
«Niente droghe. È una delle regole di Lootah» risponde Esteban.
«Gli piacciono anche le regole, eh?» domanda Angelica, retorica, giocando con la tazza per fare ordinati cerchi umidi sulla superficie del tavolo.
Esteban si limita a sbuffare fuori una risata che è un assenso.
«Se decidi di restare, viaggeremo per trovare l'Esterno» dice Makiko, riportando la discussione ai punti essenziali.
La ragazza le appare colma di informazioni fino all'orlo, esausta, la forza che lentamente l'abbandona, ma non possono fermarsi ora. Non deve uscire di casa senza buona parte delle risposte che le servono.
«E una volta che lo trovate, che dovrei fare io?» domanda, infatti.
«Tutti abbiamo un potere su quello di noi che viene dopo. Makiko, per esempio, aiuta me quando sono in un'altra forma, Lootah può aiutare te e farti da scudo con gli spirti-»
«Ti prego, non chiamarli così» lo interrompe Angelica, secca.
Esteban si limita a stringersi nelle spalle, prima di continuare.
«E tu controlli Wolfgang. Questo è uno dei tuoi compiti» spiega, spostando lo sguardo su Makiko per l'ennesima volta.
Non sa quanto rivelare. Non sa se le piacerà quello che dovrà fare.
«Quando tu chiami uno spirito, scusa, un'entità o come preferisci, non passa da uno strappo. La tua dote è assorbirli attraverso il velo, se così vogliamo dire. Questo ci aiuta quando dobbiamo localizzare lo strappo, capire perché si è formato, controllare se qualcosa di negativo ne è uscito o se qualcuno l'ha creato per qualche motivo. Gli strappi possono causarsi in molti modi, da soli o per colpa di qualcuno. Tu chiami l'entità che potrebbe avere le risposte e, attraverso te, lei può concretizzare il suo sapere affinché tutti noi lo si possa conoscere» Esteban la guarda, attento a cogliere indizi nella sua espressione.
C'è confusione – tanta, troppa – oltre a tutto il resto.
«Devo fare delle sedute? È questo? E se qualcosa di negativo prende e decide di volermi usare come un albergo?»
«Le energie sono vaghe quando sono dall'altra parte, ma qui diventano più solide. Possiamo capirle. Per venire hanno bisogno del permesso, però. Positive o negative. Tu dai il permesso per una volta sola in sedute. A Lui lo hai dato per sempre» dichiara Makiko, seria.
In Angelica si agita di tutto, a quelle parole: vergogna, senso di colpa, panico. Makiko non riesce a schermarsi, non più, e si abbandona a quella marea, chiudendo piano le palpebre per smettere di combattere. Così percepisce di aver fatto un errore: ha chiamato il demone Lui, come Angelica l'ha sempre definito nella sua mente. Non dovrebbe saperlo, però, non dovrebbe conoscere quel nome segreto. Riapre gli occhi. Lo sguardo di Angelica si assottiglia, fermo su di lei, sospettoso, ma la abbandona presto.
«E quando mi libererete di...»
La frase evapora nel vuoto, e nessuno ha una vera risposta. Makiko sente la paura – acida e scura – allargarsi dallo stomaco di Angelica come una nube tossica.
«Lootah andrà oltre il velo. Deciderà lui quando» le risponde, prima di avvertire dal bagno un'energia forte, vibrante, fatta di istinti basilari.
Scatta in piedi, colpita.
«Che succede?» domanda Esteban, perplesso.
Makiko non lo ascolta. Si limita a camminare verso il bagno, a bussare alla porta in legno scrostato.
«Tutto bene, tutto bene» dice Lootah, sbrigativo, consapevole che il tocco delicato delle nocche sia il segno distintivo di Makiko.
Lei resta in silenzio. Sente gli occhi degli altri due scavare fra le sue spalle, curiosi, ma sposta l'attenzione oltre la porta, in bagno, dove Lootah e Wolfgang sono aggrappati uno all'altro. Non sa se siano fisicamente in contatto – se quell'aggrapparsi sia un abbraccio reale – o se la sua mente stia percependo l'intensità della loro connessione emotiva. Sa solo che sono intimi, in quel momento, e che Wolfgang ha paura e rabbia ad agitarglisi dentro. Si sente vivo dopo molto tempo e Lootah deve contenerlo come si argina un fiume in piena.
«Che succede, si può sapere?» chiede ancora Esteban, in apprensione.
«Mi è sembrato che loro facessero rumore» gli spiega, lentamente, scandendo parole estranee.
Torna al tavolo, indecisa, timorosa che Lootah non riesca a calmare Wolfgang.
«Tutto questo è una follia, ma se serve a levarmi di torno questa cosa, allora ci sto. Non che abbia nessuno da salutare, da queste parti» dichiara Angelica, il tono esausto.
Makiko è distratta da quello che accade nell'altra stanza, ma cerca di non venirne assorbita, di non perdersi in quello che non la riguarda. Quindi torna sui due a tavola, sulle loro diverse anime strizzate a forza nei loro corpi.
«Quindi ci metteremo a cercare questo Esterno e, quando lo troveremo, salveremo il mondo. Perfetto» è la dichiarazione finale di Angelica, mentre si abbandona contro lo schienale della sedia.
Benvenuta, pensa Makiko, senza riuscire davvero a soffocare l'apprensione.




 


Ciao!
Dopo secoli torno a voi con un nuovo capitolo. Ringraziate Red per non dover subire ventimila volte gli stessi nomi, visto che mi ha dato una grossa mano da quel punto di vista (e passate da lei che scrive benissimo)!
Ho avuto un serio blocco con questa storia, perché - come si nota - questo stupido capitolo denso di informazioni mi sembrava impossibile da scrivere senza che uscisse un disastro. Alla fine è qui e prometto solennemente che il prossimo sarà meglio (probabilmente sarà dal punto di vista di Wolfgang o di Lootah).
Nel frattempo ringrazio chi continua a seguirla (che pazienza!), e vi informo che questa storia sarà il mio progetto per il camp NaNo di aprile, sperando che darmi un obiettivo di parole per il mese mi aiuti a velocizzare i tempi di aggiornamento!
Siete preziosi quando mi lasciate le recensioni!
A presto... 
DonnieTZ



 




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