Un trucco di magia

di Filippo739
(/viewuser.php?uid=520587)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Era una sera d’estate quando il ragazzo, un giovane uomo, ad essere onesti, piuttosto attraente se si vuole essere sinceri con se stessi, fece l’incontro che più di ogni altro cambiò il suo modo di pensare alla vita. Sedeva al suo solito posto nel suo solito bar, un locale di cui aveva visto cambiare la gestione più volte di quante uno potesse pensare, tanto era abitudinario nel suo fine settimana. Aveva perso il conto di quante volte avesse dovuto ripetere lo stesso ordine a diversi baristi prima di poterlo accorciare in un “il solito”, come aveva fatto anche quella sera, del resto.

    Sedeva, dunque, su uno sgabello al centro esatto del bancone, dove poteva vedere nello specchio dietro al barista chiunque entrasse nel locale. La mezzanotte era passata da poco, fuori tirava un vento che minacciava tempesta. Molti non erano usciti quella sera, quasi tutti se ne erano già andati a casa, non fidandosi del cielo e delle strade. Lui era rimasto. E lui entrò proprio allora.

    Coperto solo di un lungo soprabrito nero, alquanto sgualcito e sporco, fece il suo ingresso un vecchio signore, molto vecchio, in effetti. Posò il soprabito sull’attaccapanni desolato, rivelando una camicia non meglio messa, ma mantenne il cappello, uno strano cappello che pareva essere un cilindro, ma dall’aspetto più triangolare di quelli visti sui palcoscenici. Si avvicinò al bancone, sedette al fianco del giovane uomo, e respinse la richiesta del barista sulla sua ordinazione.

    “Cosa viene a fare un uomo in un bar se poi non ordina da bere?” chiese il giovane senza guardare quello che gli era parso come un senzatetto. Il suo sguardo era fisso sulla sua ordinazione, un bicchiere di ginseng alla sua terza dose.

    “Magari sperava che qualcuno gli offrisse qualcosa” rispose il vecchio, dandogli solo uno sguardo veloce con la coda dell’occhio, prima di ritornare a fissarsi le unghie scheggiate ed ingiallite.

    “Di questi tempi è difficile che qualcuno offra qualcosa. Soprattutto ad uno sconosciuto” ribadì il giovane.

    “Stai forse dicendo che lasceresti questo povero vecchio a gola secca?”

    “Questa scusa non attacca con me, spiacente”

    “Bene, allora. Se non vuoi fare un atto di carità dimmi almeno che cosa vuoi in cambio di un giro di liquore”

    “Che sai fare?” chiese alla fine il giovane, perché se faceva la carità la faceva a chi mostrava una certa qualità. Aveva imparato che cartelli e cani al fianco potevano commuovere tanto quanto ingannare.

    “Magie”.

    Il giovane alzò gli occhi dal bicchiere e li portò su quelli del vecchio riflessi nello specchio, dove si vide ricambiato lo sguardo. “Magie?”

    “Sì, magie. Credi nella magia?”

    “Che tipo di magie?”

    “Facciamo che se ti stupisco mi paghi da bere”. Non era una domanda, ed il giovane aveva già accettato. “Tira fuori una moneta”, disse, e quando si vide davanti sul bancale il coniato lo prese e se lo girò tra le dita ossute. “Te lo faccio sparire. Senza troppi movimenti bruschi. Non c’è trucco, non c’è inganno, e finirà dentro la tasca del mio soprabito. Allora, che ne dici?”

    “Un incantesimo di smaterializzazione?"

    "Sì, insomma, un teletrasporto. Allora? Se funziona mi tengo la moneta e mi pago un bicchierino"

    "Non esiste" rispose il giovane riabbassando lo sguardo. "Una cosa del genere, far sparire e riapparire qualcosa da un'altra parte. Non esiste, è impossibile. Ridammi la moneta"

    "Aspetta, fammi fare prima, no?”

    “Non puoi fare una cosa del genere, è impossibile”

    “Ah no? Guarda qua”. Il vecchio si prese quindi la moneta e la mise al centro esatto del suo palmo destro. Poi chiuse entrambe le mani. Tenendole a palmo in basso si mise a muoverle in gesti lenti e rotatori, incrociando i pugni più volte. Poi se li portò alla stessa altezza, uno di fianco all’altro; li sbatté un paio di volte e alla terza aprì le dita all’ultimo, facendo combaciare i palmi.

    “Pronto?” chiese al giovane.

    “Che razza di magia è mai questa? Hai solo mosso i pugni”

    “È stato tutto quello che ho dovuto fare. Allora, pronto?”. Senza aspettare una risposta aprì le mani e mostrò come della moneta non ci fu più traccia.

    “È solo un trucco” rispose il giovane “Avrai fatto scivolare la moneta giù per le maniche o qualcosa del genere”

    “Perché non vai a controllare nel mio soprabito?” lo invitò il vecchio, con un sorrisino.

    “È assurdo. Ti ho detto che è impossibile smaterializzare oggetti. Chi vuoi prendere in giro?”

    “Vuoi che vada a controllare io?” si offrì il vecchio, ma il giovane decise di alzarsi e tagliare la testa al toro. Camminò fino all’attaccapanni, senza mai perdere d’occhio il vecchio, e alla fine mise la mano nelle tasche del soprabito. Nella sinistra non c’era nulla. Ma nella destra trovò una moneta.

    “Visto?” disse il vecchio ridendo mentre il giovane tornò a sedersi al bancone. “Dalle mie mani alla tasca, senza trucco, senza inganno”

    “No, no, tu non me la conti giusta” lo accusò il giovane. “Non puoi averlo fatto davvero. Avrai nascosto la mia moneta da qualche parte e questa c’era già. Hai solo voluto prenderti gioco di me per un po’”

    “Davvero? Be’, in effetti potresti aver ragione. Avrei potuto avere sempre avuto una moneta ed averti giocato con un rapido movimento di mano. Ma adesso nel soprabito non c’è niente, l’hai visto anche tu. Vuoi che lo rifaccia?”

    “Avanti” lo sfidò, e gli ridiede la moneta.

    Il vecchio ripetè la stessa identica operazione, e di nuovo la moneta sparì dalle sue mani. Quando il giovane ritornò al soprabito mise le mani nelle tasche. Nella sinistra non c’era nulla. Ma nella destra trovò una moneta. Stavolta si meravigliò sul serio.

    “Ah, è stupore quello che vedo sul tuo volto? Pare che tu mi debba quella moneta” lo incalzò ilare il vecchio. Il giovane tornò da lui e gli lasciò la moneta sul bancone, dove presto venne barattata con un bicchierino di bourbon.

    “Come ci sei riuscito?”

    “Magia” rispose semplicemente svuotando d’un fiato il whisky.

    “Impossibile. Non può essere magia. Al massimo un gioco di prestigio, d’illusione”

    “Dici? Vuoi riprovare? Per vedere se riesci a carpirne il trucco? Ti avverto che perderai dei soldi per nulla” lo avvisò, ma il giovane aveva già tirato fuori una seconda moneta. I gesti vennero ripetuti una terza volta, e quando il giovane tornò al soprabito trovò nella tasca destra la moneta.

    Ci riprovò una quarta volta, stupito come mai prima d’allora, e lo stupore aumentò soltanto quando ritrovò la moneta nella tasca. Ci riprovò di nuovo, stavolta marchiò la moneta con una X per essere certo. La moneta nella tasca aveva una X, la stessa che lui le aveva disegnato sopra.

    Andarono avanti così per altri tentativi, con il giovane che diventava sempre più sconvolto dal fatto ed il vecchio che diventava sempre meno lucido per l’alcool.

    Si fece l’una di notte quando il vecchio decise che ne aveva abbastanza.

    “È stato divertente” biascicò, ed in effetti sorrideva. “Spero tu abbia cambiato idea sulla magia, ragazzo”. Salutò bar e barista, prese il soprabito e si rituffò tra la bufera.

    Il giovane uomo non rispose. Impossibile, pensò, impossibile che ci sia riuscito per davvero.

    Era tardi ormai, ed anche lui decise di andarsene. Salutò il barista ed uscì dal locale.

    Il vento non gli diede fastidio, la sua mente si trovava altrove.

    “Impossibile. Non mi capacito” disse tra sé e sé.

    Camminò per le strade ed i vicoli bui, inoltrandosi sempre più nella notte.

    “Come avrà fatto? C’è stato un trucco? Non l’ho trovato”

    Imboccò un vicolo cieco e si lasciò coprire dalle ombre.

    “Un uomo capace della smaterializzazione. E con semplici gesti. In quanti? Settanta, ottant’anni?”.

    Raggiunto il limite del vicolo alzò la mano verso la parete di mattoni. I polpastrelli gli si illuminarono, ed un vortice azzurro e glicine gli si formò davanti. Lo varcò.

    “La smaterializzazione… L’ho sempre creduta impossibile. Io, almeno, in cinquecento anni non ci sono mai riuscito”

 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3650248