Tell the world I'm coming home

di Capolera
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Inutile dire quanto l'aveva aspettato. Sedici lunghissimi mesi ad aspettare che tornasse dall'Iran, per poterlo rivedere. Con il piccolo in braccio, lo aspettava all'aeroporto. Lo aspettava per poterlo riabbracciare, per potergli dare in braccio suo figlio, nato in sua assenza. Non vedeva l'ora. Tra la gente in uscita dall'area Arrivi aspettava, tra i tanti soldati in tenuta mimetica, di vedere il volto del suo amato. Osservava le famiglie riabbracciare i loro figli, i loro padri, e gli occhi felici di ognuno di loro. Vedeva gli uomini prendere in braccio i propri figli, abbracciarli e dare un bacio alla moglie. Aspettava anche lei con il piccolo Marvin in braccio.
«Oggi vedrai per la prima volta papà» gli diceva, ed il paffuto bimbo ripeteva le sillabe pa-pà mentre giocava con i capelli della madre.
Inutile dire quanto fosse contenta di poterlo finalmente rivedere.
Inutile dire quanto avesse aspettato questo momento.
Inutile dire quanto fosse impaziente ed emozionata.
Inutile dire che dopo che tutti se n'erano già andati, lei aspettava ancora suo marito.
 
«Signora,» si girò «chi aspetta?» le chiese un generale.
«Mio marito,» rispose sorridente la donna,
«Tomas Bruden.»
 
Inutile dire il dispiacere negli occhi del generale.                            
La gioia nei suoi occhi si spense quando le riferì quanto accaduto. Le lacrime cominciarono a sgorgare incessantemente dai suoi occhi quando vide una grande cassa di legno coperta dalla bandiera.
Non era così che si aspettava di rivedere suo marito.
Il suo pianto straziante riecheggiava per tutta la sala.
Suo figlio sarebbe cresciuto senza un padre.


 




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