Phoenix - The Secret Tzar's Daughter The dragon

di queenjane
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Un chiaro pomeriggio di fine dicembre, Alessio che fermo ascoltava le gesta di Achille, l’assedio di Troia, se gli raccontavi le cose si appassionava, leggere allora non incontrava il suo entusiasmo.
  Un raggio di sole accendeva di bagliori color mogano i suoi capelli, rilassato e sorridente pareva sano, un bambino in salute, in riposo dopo un pomeriggio di giochi, su un divano di cinz fiorito, una coperta buttata sulle gambe.  Peccato che un arto fosse stretto da un apparecchio ortopedico, retaggio di Spala, camminava ancora male e a fatica, doveva essere sostenuto o si aggrappava ai mobili, alle pareti, ogni mossa era un affanno. Nelle  foto di quei periodi sarebbe stato sempre ripreso seduto o dalla vita in su, per non mostrare le sue debolezze.
Ascoltava, senza muoversi, rapito, asserendo poi che le mie storie erano più divertenti di quelle dei maestri, le sue mani erano tra le mie, gliele scaldavo, come all’occorrenza sapeva che lo avrei preso in braccio o avrei massaggiato gli arti doloranti, come Olga, come le sue sorelle.
Viziato, as usual, preferiva noi ragazze  ai suoi marinai alias tate.
Lo sbuffo divertito di Olga, che si mise a parlare degli dei greci e romani, Atena e Apollo, forse.
E poi “Il Dio del Regno dei Morti era Ade, giusto?”
“Giusto, Alessio.”
“Allora, Zeus governava la terra, Poseidone il mare e Ade gli inferi.”
“Per la mitologia sì. “
“E come divisero le cose? Ci fu una guerra o se la giocarono, tipo con le monete o..”
“Una guerra, la lotta tra i Titani. “
“Che tristezza, erano tutti fratelli e esclusero l’ultimo.”
“Sono vecchie storie, Alessio, lo sai vero.” Baciandogli la fronte, non avrei mai osato immaginare, l’amore, la sofferenza e la dedizione che condividemmo pochi anni dopo, a Mogilev.
“ Ade era il dio più potente, che il suo era l’ultimo regno.  E lui non aveva paura. Mi piace, cosa credi, lui era forte e coraggioso come Achille. Io sono come Achille.. Credimi.”
“Ci  credo. “
Nessun marinaio infermiere o tate erano in giro, per un’oretta rimanemmo  in pace, quando percepii un colpo di tosse.
La zarina.
Da quanto tempo ascoltava?
Feci finta di nulla, come Olga, diedi un bacio a Alessio sulla guancia, pregando che andasse bene.
Un piccolo cenno delle falangi, andai fuori a passi lenti, nel corridoio.
“E così gli insegni i miti e la storia.”
“Con rispetto, maestà.” senza implorare scuse o altro, che male avevo fatto?

Meglio le storie di Achille e le poesie di Omero rispetto alle divagazioni del suo santone siberiano, che diceva che il mondo era una favola,  che bisognava amare le nuvole che vivevamo in esse e simili, era quasi analfabeta ma con le parole ci sapeva fare, era un istrione, per la definizione più gentile.
Alessandra sorrise, non fece nulla.
“E’ una bella cosa, lui vuole essere come Achille, forte, senza paura. “senza aggiungere altro. Anche lei, come Teti, voleva rendere invulnerabile suo figlio, dargli un regno intatto, gloria e salute, poi rimasero solo silenzio e rovine.
Mi inchinai e tutto scemò nel silenzio.
 
“Che fai?”Risi ai primi del nuovo anno, il 1913, lo sguardo ballerino.
“Voglio andare fuori”
Una risata per dire, Alessio non sopportava di vedere le lacrime sul viso delle sorelle o della madre, includeva anche me nella sua predilezione.
I soliti veti, non poteva fare nulla, si stava riprendendo, l’immobilità lo angustiava come l’apparecchio ortopedico stretto intorno alla gamba o le premure incessanti.
“ E  NIENTE STORIE”
“Figurarsi se le so” Ironizzai.  “Vuoi giocare a carte?Uscire non credo, senti che freddo”Mi ruppi i palmi nell’aprire una finestra, o quasi.
L’aria invernale fluì per qualche istante,  possibile che quelle finestre fossero sempre inchiavardate... O nessuno le apriva in quelle stagioni, di certo nessuno tranne che una principessa si sarebbe reputata degna di fare quanto di spettanza di una cameriera.
Era caduta la neve.
Gli raccontai, intanto, che ai tempi la zarina Caterina II aveva visto un bucaneve sfidare la neve in dicembre, fuori stagione, e aveva lasciato una guardia a vegliare quel fiore sottile  e delicato.  Sbuffò, dicendo che il mio era un vizio, poi mi tese le mani.
“Prendimi in braccio e fammi respirare un poca d’aria, prima di richiudere”
“Non posso, non voglio farti male, non sono in grado” in rapida successione.
“Non ti fidi di te e di me, invece. Prova, per favore” Scossi la testa, valutando che aveva l’apparecchio ortopedico, sarei stata avventata, se mi fosse caduto? E incurvò un poco le spalle.
“Lascio aperto per qualche minuto, almeno respiri, un compromesso”
“E va bene. Ma quella del bucaneve te la sei inventata”
“Credo sia vera. Mi spiace, davvero, non me la sento”
“Tu non hai fiducia, te lo ripeto. Ma va bene”Il mio Alessio, in apparenza prigioniero delle sue fragilità, prendeva le misure, aveva indovinato su tutta la linea.
Richiusi, intanto, la mia schiena e le braccia impegnate in quel compito che competeva a una cameriera, per guadagnare tempo, gli chiesi di nuovo a cosa volesse giocare.
 
Ero alta e sottile, le iridi scure come onice, con poche curve, scarno il petto e snelli i fianchi, il contrario delle bellezze che si apprezzavano in genere, bionde, rubiconde e paffute, avevo preso da mia madre, pur se i tratti erano più marcati, più scure le avvenenze, differente in tutto e per tutto, come lei-
La diversa, la spagnola, epiteti dati con una sfumatura di sarcasmo, alle mie spalle, o sussurrati in modo che sentissi, tant pis, pazienza, loro non avevano come amiche Olga o le sue sorelle.
O invidia, mi paragonarono a una ninfa in versione di bruna, a charming brunette, che ero bella, come una principessa orientale, sottile e meravigliosa.
 
“E poi a carte.." 
“ Sì
 
 




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