ombre 2
I. L'ombra
Nel cielo la luna stava ancora alta, nascosta dalle sparodiche nuvole
che si vedevano appena su quella distesa blu. La sua era la sola luce
di molti dei vicoletti di quella zona della città. E, anche se
la cosa stava probabilmente accadendo in modo simile da molte altre
parti, noi parleremo di un ombra in particolare.
Usando il corpo gentilmente preso in prestito dal suo carissimo medium,
sotto quella lieve luce, essa spargeva il sangue degli sfortunati
soldati che erano stati mandati a fermarla.
Indossava un cappotto lungo su un tono rosa pastello, ormai sporco di
polvere e sangue per via della lotta che aveva appena sostenuto. Il
corpicino del suo medium era di piccola statura, con dei capelli color
marrone scuro che arrivavano fino alle spalle. Un cerchietto candido,
con un fiocco dello stesso colore del soprabito, portava indietro la
frangia.
I quattro sventurati stavano a terra, chi più lontano e chi
più vicino a lei, ma ognuno di loro aveva più di un arto
in una posizione del tutto innaturale. La pelle distrutta lasciava
talora vedere il bianco latteo delle loro ossa.
L'ombra sorrideva soddisfatta, trascinandosi dietro l'arma colpevole di
quel misfatto: un grande martello dal lungo manico che quasi sembrava
troppo pesante da portare per quel fisico magrolino, quasi scheletrico.
« Mandare da me voi. Certo che quelli dell'Artemis stanno messi
proprio male. » Rideva divertita, mentre lentamente camminava
verso uno dei poveri uomini. I piccoli tacchi neri che portava ai piedi
scandivano ogni suo passo sull'asfalto ancora perfettamente liscio. I
suoi bulbi oculari completamente bianchi si fissarono sul malcapitato,
mentre il suo sorriso si allargava in modo sempre più innaturale
per quel visino delicato.
« N-no! Ti prego, risparmiami! » La voce di quella povera
vittima tremò mentre alcune lacrime gli si creavano ai lati
degli occhi. Sembrava ancora giovane e, chissà, forse non si
sarebbe mai immaginato che proprio oggi sarebbe stato il giorno della
sua morte.
Tutta quella disperazione non fece che divertire quell'insieme di odio
e follia che aveva davanti. Alle sue spalle iniziarono a uscire delle
lunghe ombre nere, alcune più grosse e altre più piccole.
I loro occhi tondi e le loro bocche sorridenti si illuminarono in modo
sinistro in quella notte.
Il pover uomo sapeva bene cosa fossero, e che cosa volessero dire. Oh, sì che lo sapeva.
Lo aveva imparato durante i suoi studi all'Artemis.
Stava per morire. Solo questo pensiero lo fece rabbrividire
completamente e prese a trascinarsi con il solo braccio sano che gli
era rimasto.
L'ombra, a cui aveva dato le spalle, scoppiò in una risata agghiacciante.
« Quando vi rendete conto che la vostra vita è finita
siete così dannatamente interessanti. » esclamò
posandosi una mano sul petto, per poi sospirare calmando le risate.
« Ah… è davvero un peccato che io non abbia tempo oggi… »
Parlando, alzò la sua arma per poterla far subito ricadere sulla
sua vittima senza alcuna esitazione, puntando al braccio con cui si
trascinava.
Ma fu uno sparo a bloccarla. Uno sparo inaspettato.
La pallottola le attraversò il braccio facendole allentare la
presa sull'arma, mancando così il bersaglio. Dalla ferita
uscì il sangue cremisi che ricadde in goccioline sull'asfalto
scuro.
Dalle sue labbra non uscì nessun urlo, nessun gemito. Il suo
sorriso scomparve completamente in un istante e le ombre dietro di lei
si raggrupparono confusionariamente intorno alla ferita. Gli occhi
vuoti passarono a studiare l'uomo che le aveva appena sparato.
Aveva i capelli di uno scuro biondo cenere e due iridi marroni.
Indossava la tipica divisa dell'Artemis dal suo colore blu notte. Era
giovane, sulla ventina probabilmente.
La ragazza si allontanò velocemente dalla sua vittima, che
intanto si trascinava verso il suo salvatore nella direzione opposta.
Quest'ultimo però non lo guardò, e invece tenne lo sguardo ben fisso sul suo obbiettivo.
Le ombre sul braccio della ragazza si diradarono, lasciando la pelle
lattea ora guarita senza alcun segno; il buco nel cappotto rimase
l'unica traccia di quella che era la ferita.
I suoi occhi lo squadravano pieni di puro odio.
Fissarono in particolare la piccola placca dorata, a forma di luna
crescente, che aveva sul petto della divisa per poi spostare la propria
attenzione sul suo viso.
Solo allora il sorriso di prima tornò sulle sue labbra, distorcendo nuovamente i dolci lineamenti di quel viso.
« Ma tu guarda. Chi non muore si rivede! » sputò con un tono pieno di un ilarità rabbiosa.
L'espressione del ragazzo prese una nota di confusione ma non perse la
generale freddezza professionale. Fece un passo portando la mano libera
sotto al cappotto, e sfiorando con le dita il manico della sua arma
prediletta.
« Mi dispiace però, non ho tempo per te, al momento.
» La ragazzina proseguì a parlare con un tono appena
più basso, e il cacciatore non fece in tempo a fermarla, che la
sua preda si girò e prese a correre via, portandosi con lei il
grande martello quasi fosse fatto di cartapesta.
« Hey! Ferma! » le gridò dietro, sorpreso, e
afferrò definitivamente la mannaia sfilandola dal giaccone, per
poi iniziare a correrle appresso. Catturarla aveva la priorità
su tutto il resto e se sé la lasciava sfuggire poteva solo
immaginare la lavata di capo che si sarebbe dovuto subire.
Mormorò un imprecazione fra sé e sé cercano di non
perderla di vista fra tutti quei vicoletti che si facevano sempre
più stretti.
La vide svoltare diversi angoli, se fosse stata più veloce,
l'avrebbe persa di sicuro in quel labirinto di stradine. Era proprio
per quello che era il luogo dove succedevano più spesso casini.
E non a caso quel bastardo del capitano affidava sempre a lui quella seccatura.
Si stancò presto di quel giocare al gatto e al topo e
accelerò. Stava iniziando ad ansimare, ma questo non voleva dire
che non avesse ancora molte energie. Sorprese la ragazza, che si
girò a guardarlo, giusto in tempo per evitare di ritrovarsi una
mannaia fra capo e collo.
In quel momento rincrociò lo sguardo con il cacciatore e i suoi
occhi si spalancarono di più. Le pupille dell'altro si erano
fatte stranamente sottili, tendendo a un colore giallognolo.
"Ma cosa-?"
Si distrasse, e fu quell'istante a esserle fatale. La pistola, che
l'altro impugnava ancora nell'altra mano, sparò a qualche
centimetro dal suo petto colpendola giusto all'altezza del cuore. Da
così vicino era impossibile sbagliare. Il ragazzo non
esitò nemmeno un istante, come allo stesso modo non aveva
esitato lei nei confronti di quei soldati.
Il colpo le attraversò il cuore e, com'è ovvio, questo
smise di battere. Flutti cremisi guizzarono fuori dalla ferita
imbrattando la canna della pistola e il cappotto roseo. Il corpo cadde
a terra mentre uno sciame di ombre le si affollavano intorno sempre
più numerose, nascondendo completamente alla vista lo squarcio.
Il cacciatore si chinò su di lei e assorbi, con calma assoluta,
diverse delle ombre che la circondavano.
Vennero risucchiate senza pietà sparendo fra le sue labbra quasi
fossero semplice aria mentre intorno a quel corpicino si formava un
vero e proprio lago di sangue.
Frugò nella propria tasca e dopo qualche secondo tirò
fuori un cerchio metallico grande quanto il suo polso, con un pulsante
rotondo al centro.
Tranquillamente, lo poggiò sulla pancia e, pigiato il
cerchietto, il piccolo corpo venne circondato da delle corde luminose,
illuminate dalla stessa luce che ora faceva brillare il pulsantino.
Solo allora notò sorpreso che il foro, che le aveva aperto nel
petto, si era già rimarginato quasi del tutto. Una così
alta velocità di rigenerazione non era certo da tutti, e da un
certo punto di vista rassicurò il cacciatore.
Lottando se lo lasciava spesso passare di mente, ma era contro le regole uccidere il medium di un'ombra.
Alzò lo sguardo sul suo volto per trovarsi i suoi due occhi
lattescenti fissi su di lui. Dalle sue labbra usciva un respiro rotto
dalla fatica e dalla rabbia.
« Hans… sei proprio sfortunato… »
liberò una risata agghiacciante seguita da un forte colpo di
tosse che le fece sputare sangue.
« Hans? » disse l'altro confuso sentendo un leggero brivido a quel nome.
Nel frattempo le sue iridi erano tornate di un comunissimo color nocciola.
« O forse è il contrario… » pronunciate
queste ultime parole, l'ombra svenne, rilassando ogni muscolo del volto.
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