Erano le 23
Piccola nota inutile:
sorellah si è laureata e, dato che sono tirchia, le ho regalato una Cherik
che costa molto meno di una borsa/gioiello/tipico regalo di laurea. Come
abbia fatto a venirmi fuori una cosa così cagona e cazzara, io davvero non lo so
e mi scuso.
A Perfect Illusion
Erano le 23:47 e questo, nella tranquilla campagna inglese, voleva
dire buio pesto, silenzio assoluto, un bicchiere di scotch in mano e
nulla
da fare tranne rimuginare su come evitare la fine del mondo, che avesse le
sembianze di una guerra nucleare tra USA e URSS o quelle di una guerra totale
tra mutanti e non o ancora quelle di un mix infernale tra queste due.
Charles sbuffò
spazientito: aveva davvero bisogno di distrarsi, soprattutto perché la
tentazione di infilarsi nelle menti dei suoi ospiti leggendo i loro pensieri si
stava facendo sempre più forte e lui non poteva cedere, non doveva cedere,
perché, per quanto allettante fosse (o proprio perché così allettante), sapeva
che sarebbe stato profondamente sbagliato.
E fu così che si ritrovò a fare LA cazzata.
La scelta dell'articolo determinativo, però, non vi induca a pensare che questa sia stata
la cosa più stupida che abbia mai fatto: Charles Xavier, l'esimio Professor X,
infatti, di cazzate in vita sua ne ha fatte tante, ma tante eh. Ne ha fatte a
livello personale, scolastico, sentimentale, accademico, professionale,
scientifico e politico. Ne ha fatte alcune così grandi da aver dato il suo nome
a una scala di misurazione delle cazzate. Ne ha fatte altre così gravi che
sorprende che il mondo sia ancora tutto sommato intero.
Eppure questa cazzata, la cazzata, è una di quelle che più rimpiange di aver fatto, non per la sua
gravità che abbiamo già detto essere del tutto trascurabile, ma per la sua
totale irrazionalità.
Charles Xavier, uno degli uomini più intelligenti che
abbiano mai camminato prima e rotolato poi sul nostro pianeta, quella sera fece
qualcosa di totalmente illogico e disfunzionale e non perché accecato dalla sua
solita e indistruttibile fiducia nel prossimo (per meglio comprendere
questo punto si vedano le cazzate archiviate sotto la C di Confraternita dei
Mutanti), ma semplicemente perché si annoiava.
Charles Xavier quella sera, infatti, decise di provare
il trucchetto che aveva visto fare ad Emma Frost col generale sovietico, ma con due
varianti volte ad alzare l'asticella della difficoltà per dimostrare
a se stesso di essere, ancora e sempre, il più potente telepate in circolazione:
1) non avrebbe
proiettato una sua copia perché se è relativamente semplice realizzare
un'impeccabile imitazione della persona che meglio conosciamo, noi stessi, non
lo è altrettanto realizzare un perfetto doppelganger di qualcun'altro;
2) a venire imbrogliato non sarebbe stato un povero vecchio
ottenebrato da un inaspettato e tardivo picco di testosterone ma lui stesso, la mente più brillante e a prova d'inganno
(ma non la più modesta) di quell'epoca e
non solo.
La scelta del soggetto da riprodurre ricadde su Erik Lehnsherr
anzitutto perché, vivendo sotto lo stesso tetto, aveva la possibilità di poterlo
studiare attentamente, poi perché riuscire a realizzarne una pregevole
imitazione (dal punto di vista fisico, vocale e persino psicologico)
rappresentava per le sue capacità un'esaltante sfida e infine perché era davvero
curioso di vedere come Erik avrebbe reagito di fronte a questo suo nuovo trucco
(per la serie "mi chiamo Charles Xavier e sottovaluto il pericolo fin dal 1962").
Iniziate a intravedere i contorni della cazzata? Ne sentite l'odore sempre più
pungente? Quel genio del Professor X ovviamente no.
In meno di una notte, Charles riuscì a creare un'ineccepibile duplicato di Erik;
in due la sua copia era talmente simile all'originale che aveva finito col
litigarci a proposito di come avrebbero dovuto comportarsi con Shaw; in tre...
beh, in tre la situazione degenerò.
No,
il verbo degenerare non rende davvero l'idea di quel che accadde. Non mi si
fraintenda: penso che degenerare sia uno splendido verbo; un verbo nobile,
drammatico, evocativo; un verbo perfettamente capace di mostrare come l'evoluzione
dei rapporti tra USA e URSS stesse portando in quel momento il mondo a
intravedere la propria fine. Ma degenerare non è sufficiente per permettervi di
capire cosa successe tra Charles e la proiezione mentale di Erik quella sera.
Perché se io vi dico che le cose degenerarono, voi a cosa pensate? Di certo non
al fatto che Charles un attimo prima stesse animatamente discutendo col doppione
di Erik su come comportarsi coi ragazzi (Charles parlava di aiutarli a sbloccare
e realizzare il loro potenziale, Erik, la copia di Erik, parlava di addestrarli
come se non fossero degli adolescenti confusi e spaventati ma il loro personale
esercito pronto a partire per il fronte) e un attimo dopo... Un attimo dopo
Charles era seduto sulla sponda del letto, i pantaloni abbassati fino alle
caviglie e, inginocchiato tra le sue gambe, il finto Erik era impegnato con
tutto il finto se stesso in una finta fellatio i cui effetti su Charles erano però
decisamente veri.
Sappiamo tutti che, trattandosi di un inganno mentale creato dallo stesso
Xavier, gli sarebbe bastato un semplice battito di ciglia e la bocca calda e
umida che sentiva attorno al cazzo sarebbe scomparsa, il finto Erik si sarebbe
dissolto nel nulla
smettendola di succhiare come se ne andasse della sua stessa finta vita.
Sappiamo tutti che
Charles avrebbe potuto levarsi da quella imbarazzante situazione con facilità e che se non lo
fece fu perché non volle farlo e decise anzi di usare i suoi poteri per
mantenere il più realistica possibile quell'illusione fino a
raggiungere il suo orgasmo più intenso dai tempi del liceo.
Lo sappiamo
bene, ma lasceremo che Charles etichetti il tutto come un comprensibile
momento di debolezza di fronte al pericolo che il mondo si preparava ad affrontare e
che dia la colpa ai soliti sospetti (alcool, solitudine, stanchezza, stress).
Glielo lasceremo fare, anche se sappiamo che un momento di debolezza è, per
l'appunto, un momento, uno solo, e che non si può parlare di un momento di
debolezza se, dopo quella prima volta, Charles evocò il doppleganger di
Erik per scopi non propriamente ortodossi così tante volte da averne perso il conto (e non solo durante quella
settimana, ma anche anni dopo, molti anni dopo, quando ormai Charles ed Erik, il
loro rapporto e persino il mondo saranno completamente cambiati).
Glielo lasceremo fare
anche se sappiamo che un paio di bicchieri di scotch non bastano a rendere un
inglese ubriaco.
Glielo lasceremo fare anche se sappiamo che solitudine,
stanchezza e stress non spiegano come il ricreare un perfetto duplicato psichico
di Erik (dall'esatto tono del colore dei capelli al fedele intreccio delle vene
degli avambracci, dalle sottili sfumature nasali nella sua voce alla luce che gli
accendeva gli occhi quando qualcosa lo divertiva, dal modo in cui gli si
irrigidiva la mascella quando pensava al suo passato fino alla consistenza di
ciò che nascondeva tra le gambe) fosse diventata una vera e propria ossessione
che spingeva Charles a passare interi minuti a fissare in segreto l'Erik in
carne e ossa in maniera francamente inquietante.
Glielo lasceremo fare anche se ne nessuna delle giustificazioni che si era dato
chiarisce perché, anziché passare le ultime ore prima del possibile (probabile)
scoppio della Terza Guerra Mondiale a ridefinire quell'idea vaga e folle che
osava chiamare addirittura 'piano' o a parlare con Raven (nonostante quel che era
successo in cucina e, anzi, proprio per quello), Hank, Erik, quello vero,
Moira e i ragazzi o semplicemente
a dormire, Charles si era portato in camera una bottiglia di champagne, se l'era
scolata e poi si era scopato Erik, quello falso, contro la testiera del letto a
baldacchino di quando era bambino. E nella vasca da bagno. E sulla scrivania di
suo padre. Fino a quando il senso di colpa per quello che stava facendo, il
senso di responsabilità per quello che era chiamato a fare, la stanchezza
mentale e quella fisica ebbero la meglio
su di lui. Glielo
lasceremo fare perché in fondo siamo buoni, vogliamo bene al povero Charles e
non vogliamo infierire su di lui.
Glielo lasceremo fare
perché sappiamo cosa sarebbe successo di lì a poco su una splendida spiaggia di Cuba e non
ci sembra giusto essere troppo severi e moralisti nei confronti di questi suoi innocenti
svaghi.
Glielo lasceremo fare anche perché, ammettiamolo pure, se avessimo avuto i
poteri del Professor X avremmo fatto ben di peggio che dar vita a una manciata
di (nemmeno troppo spinte) fantasie erotiche sul bel Erik Lehnsherr.
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