Stelle nel Buio

di Noemi_Campopiano
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Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona che mi fu
tolta; e ‘l modo ancor m’offende.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona
mi prese del costui piacer sì forte, che,
come vedi, ancor non m’abbandona.

Divina Commedia, Canto V Inferno D. Alighieri
 



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Odore di morte


 
Eva
 
Appoggiai il capo al vetro della finestra e osservai attentamente la strada. Ormai sapevo esattamente dove cercare, così diressi immediatamente lo sguardo verso le zone più buie e nascoste del viale. Occhi del colore del fuoco risposero al mio sguardo e un ringhio basso e gutturale si propagò attraverso l’aria carica di elettricità. Altri ringhi risposero al richiamo e io mi allontanai istantaneamente dal vetro. La spessa tenda ricadde davanti alla finestra, provocando uno spostamento d’aria che fece voltare l’inquilina di scatto. Era una donna piuttosto alta, con i capelli neri raccolti costantemente in una crocchia severa. I suoi occhi scuri, nascosti dietro spessi occhiali rotondi, sondarono dubbiosi la stanza e, un istante dopo, la donna chiuse il libro che stava leggendo e si avvicinò alla finestra. Mi passò accanto e vidi la sua pelle mulatta rabbrividire. Dalia si strinse la vestaglia di lana addosso e poi, con un sospiro, tornò a sedersi sul divano davanti al camino.
«Va bene» mormorai rivolta più a me stessa che a lei «me ne vado».
Dalia non si voltò neppure ed io uscii da quella casa così come vi ero entrata pochi giorni prima. Il Sole era ancora alto, dovevano essere passate da poco le tre, perché non c’erano molti di quegli esseri nei dintorni e, soprattutto, ancora non osavano lasciare i loro nascondigli. Presto però avrebbero iniziato a spingersi un po’ più in là, sfidando la luce dell’astro.
E la caccia sarebbe ricominciata.
Anche se non ne avevo più bisogno, presi un profondo respiro e scattai. Corsi fendendo l’aria gelida di dicembre e aumentai l’andatura non appena iniziai a sentire un calore intenso sulle mani e sul viso. Quando il bruciore divenne insostenibile mi fermai sotto il portico di un’altra villetta, tremando per lo sforzo e il dolore. Guardai le mie mani e vidi le bolle che la luce solare aveva causato, poi mi tastai il viso per cercare di quantificare l’entità dei danni e avvertii sotto la punta delle dita diverse abrasioni e un liquido freddo simile a sangue. Ancora frastornata per il dolore, mi assicurai che nessuno di quegli esseri mi avesse seguita ed entrai nella villetta. L’ombra dell’atrio fu una vera e propria benedizione! Sentii a poco a poco le scottature essere lenite da quella quieta oscurità e, scivolando a terra con la schiena appoggiata alla porta, vidi le bolle sulle mani svanire lentamente. Da quando ero in quella condizione, la mia capacità di guarigione era notevolmente aumentata, eppure, nonostante tutto, il Sole era ancora un nemico per me. Sogghignai amaramente pensando ai miei libri. In quelle storie il Sole era il simbolo della forza, del coraggio e della bellezza. Nella luce splendeva il mondo giusto degli eroi, dei buoni, mentre nelle tenebre più nere erano relegati gli spiriti malvagi che volevano portare la distruzione nel mondo. “Ben gli sta” gridavano fieri gli eroi di quei libri. “Marcirà nel buio e nel dolore”.
Io non ero d’accordo. Le tenebre non erano solo paura e sofferenza, nel mio caso, mi avvolgevano come una soffice coperta di stelle intessuta di chiari di luna. Nessun medico era riuscito a definire la mia malattia. Tutto ciò che erano stati in grado di dirmi era che soffrivo di una grave intolleranza alla luce solare. Un’intolleranza assurda dato che le ustioni che quel dannato astro mi provocavano sparivano in genere nel giro di qualche giorno. Quasi sempre.
Mi rialzai e, attraversando il corridoio buio, mi diressi verso una camera da letto. Mi avvicinai cauta a una delle finestre e scostai le tendine rosa e bianche, assicurandomi per l’ultima volta che nessuno mi avesse seguita. Lessi il nome della via e sussultai sorpresa quando mi resi conto di trovarmi a circa un isolato di distanza dalla casa di Dalia.
Ero diventata dannatamente veloce.
Chiusi gli occhi e inspirai. L’aria era satura dell’energia delle persone che abitavano in quella villa e, almeno per qualche giorno, mi avrebbe protetto dai cacciatori.
Sussultai. C’era un’altra forza. Era molto dolce, ma anche estremamente debole. Lasciai andare la tenda e cercai l’origine di quell‘energia, scoprendo che apparteneva ad un anziano signore che dormiva placidamente due stanze più in là.
Né lui, né la giovane donna che gli era seduta accanto e che gli accarezzava dolcemente la fronte parvero accorgersi della mia presenza ed io restai sulla soglia ad osservare quel uomo. Sembrava sereno e questo mi sembrò davvero inconcepibile, perché io riuscivo a percepirlo chiaramente: il vecchio avrebbe spirato non più tardi di quella sera.
C’era odore di morte nell’aria.

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N.d.A. Ed ecco il prologo di "Stelle nel Buio". Chi è Eva e perché soffre di questa strana intolleranza? Come fa a sapere che il vecchio spirerà a breve e perché nessuno la vede?

 




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