I
don’t wanna lose you
It was sad, it was frustrating and it was painful
But no one cared to listen to me
So my knees were my only friend
Come
una foglia trascinata dal vento, in balia delle sue possenti ali, si
lascia
sollevare fino a raggiungere il cielo, così i pensieri del
moro si protendevano
verso l’alto, alla ricerca di un luogo in cui, silenziosi,
potessero riposare.
Le
ginocchia piegate al petto e lo sguardo perso nella distesa di acqua
dinanzi a
sé, quasi le iridi fossero catturate da
quell’insistente ticchettio della
pioggia sulla superficie del fiume.
Le
gocce ricadevano prepotenti sul capo, impregnando i vestiti ed
insinuandosi al
di sotto, in un susseguirsi di brividi e sussulti che avrebbero portato
chiunque, in poco tempo, ad ammalarsi.
Eppure,
l’ipotesi di tornare indietro ed essere accolto dal caldo
tepore della palestra
non sembrava essere contemplata.
Non
riusciva a figurarsi per quale assurdo motivo avrebbe dovuto continuare
a
mettere piede in quel luogo, che lo avrebbe portato solo ed
esclusivamente ad aggravare
la sua situazione.
Non
poteva migliorare ancora nel basket.
Era
diventato troppo per lui, al punto da ritenere frustrante ogni
allenamento,
ogni partita, della quale non era complicato elaborare un pronostico
addirittura prima che entrambe le squadre scendessero in campo.
Sfiorare
il pallone era diventato doloroso, poiché gli ricordava i
tempi in cui ancora
si entusiasmava al pensiero di una sfida, quei momenti che,
probabilmente, mai
più avrebbe sperimentato.
E,
vinto da quella consapevolezza, lasciava che ogni cosa gli scivolasse
addosso,
così come stava accadendo per la pioggia. Fresca, inondava
il viso,
mescolandosi ad un primo accenno di lacrime.
Nella
sua mente non ricorreva un singolo istante che avesse trascorso in
quelle
condizioni, in più, sentiva di non avere nessuno su cui fare
affidamento, in
quanto le proprie idee sarebbero sempre rimaste inascoltate, accumulate
in un
angolo insieme al parere che non avesse nulla da fare se non lamentarsi
in
continuazione.
Quel
sottile filo che lo teneva legato alla sua squadra si stava incrinando,
e non
sarebbe trascorso molto tempo prima che qualcuno si fosse reso conto di
quanto
quel problema si fosse ingigantito, in seguito al silenzio e
all’indifferenza
che ognuno sembrava voler mantenere.
My tears falling down drops after drops
have reached someone, somewhere
"Say, do you know that your heart is only visible
to people other than you?"
“Aomine-kun…”
D’un
tratto, lo spesso muro entro il quale era racchiuso parve sgretolarsi,
abbattuto da una parola, da una voce fin troppo familiare per non
essere
riconosciuta.
Si
prese qualche secondo per voltare lo sguardo, consapevole del discorso
che
avrebbero intrapreso.
Non
aveva alcuna intenzione di discutere, di esporre un malessere che
l’altro già
conosceva, ma che continuava ad aggirare con frasi che tentavano di
esprimere
la sua comprensione, quella che avrebbe dovuto fargli cambiare idea.
Lentamente
tornò in piedi, gli abiti ormai fradici e irrecuperabili, le
iridi ancora più
vuote.
Si
stava rendendo conto di non aver nulla da dire, il che era una
novità,
considerando la persona che gli stava di fronte.
Non
un semplice compagno di squadra, bensì il suo migliore amico.
Era
la prima volta che le parole non accennavano ad uscire dalle labbra,
scoraggiate
da una forza di origine sconosciuta, la quale gli impediva anche di
pensare a
come rimediare.
Forse,
sarebbe stato meglio rimanere in silenzio, così come aveva
fatto fino a quel
momento, poiché nessuno, in ogni caso, l’avrebbe
ascoltato.
“Credo
sarebbe meglio tornare dentro.”
Quel
ragazzo, a differenza sua, non era mai cambiato.
Sempre
pronto ad aiutare gli altri in ogni modo possibile, mettendosi a
disposizione
anche nelle situazioni che non lo richiedevano.
In un
certo senso, quelle parole lo fecero sorridere, nonostante avesse ben
chiaro il
concetto celato dietro ad esse.
Per
questo motivo scosse il capo, mentre portava le dita di una mano dietro
di
esso, come faceva spesso nel mezzo di una situazione imbarazzante.
Avrebbe
voluto correre via, finchè la forza nelle gambe non fosse
venuta a mancare,
costringendolo a fermarsi per riprendere fiato.
“E per
quale motivo? Per cosa dovrei
allenarmi? Sai che vinco anche se non voglio.”
Quelle
poche frasi che riuscì a pronunciare furono forse
più taglienti di una lama
nella carne viva, ma costituivano un’ineluttabile
verità, una verità di fronte
alla quale nemmeno Kuroko avrebbe potuto obiettare.
Ma
sapeva che non sarebbe stato così.
In
qualche modo, quel ragazzo sarebbe sempre riuscito a smontare le sue
affermazioni,
per poi dargli dell’idiota subito dopo.
Non
si sorprese della sua risposta, l’aveva immaginata, ma in un
secondo momento si
sarebbe stupito maggiormente della propria reazione, dettata forse
dalla rabbia
di non poter accettare le cose in maniera diversa da come lui le
vedesse.
Diceva
di capire come si sentisse, ma Aomine era certo che non potesse
comprendere
nemmeno lontanamente cosa avesse attraversato in quegli ultimi mesi,
dove, più
partecipava agli allenamenti, più gli pareva che la
possibilità di affrontare
una sfida degna di essere chiamata tale si allontanasse.
“Come
può qualcuno che non è in grado
di fare niente da solo capire?”
In un
qualsiasi altro momento, parole di tale intensità non
avrebbero sfiorato
minimamente il moro, che mai si sarebbe sognato di rivolgerle ad una
persona
così importante per lui, con la quale poteva dire di aver
condiviso avvenimenti
e ricordi di ogni tipo.
Quel
fiume in piena che investì il celeste, tuttavia, non lo
abbattè, poiché non era
nella sua natura lasciarsi influenzare troppo, ma lo colpì
profondamente.
Sentirsi
rinfacciare la sua incapacità di compiere
un’azione senza l’intero sostegno
della squadra fu un duro colpo non solo per la sua autostima, ma per
tutto l’impegno
che aveva speso ad allenarsi nell’ultimo periodo.
“Ci
sono volte in cui mi sento geloso
di ognuno di voi, incluso te, Aomine-kun.”
Le
iridi zaffiro erano rivolte verso il basso, a fissare un punto
indefinito sul
terreno, lontano dallo sguardo di quel ragazzo che stentava ora a
riconoscere,
di fronte a sé.
Avrebbe
dato qualsiasi cosa per avere indietro quell’animo che si
incendiava solo all’idea
di una partita, e quel volto pieno di luce sul campo e fuori da esso,
che
irradiava volontà di vincere, sì, ma divertendosi.
Il
suo dolore era indescrivibile, ma non per questo avrebbe mandato
all’aria tutti
i suoi tentativi.
Sapeva
che non tutto, in Aomine, aveva ancora avuto modo di cambiare.
Poteva,
anzi, doveva essere salvato.
Right
now, as I’m
heading toward tomorrow
I can hear some
familiar
voices
Saying
“See you again
tomorrow”, waving both hands
And saying
”Do your best”
to my back
As I break into a
run on
the asphalt surface
I can feel my
warm tears
soaking into my skin
So bye bye
“myself today
from once upon a time”
“Ecco
perché, affinchè possa
effettuare passaggi con tutta la mia forza…”
“E per
chi sarebbero quei passaggi?”
La voce
del moro interruppe bruscamente il silenzio venutosi a creare dopo la
prima
affermazioni, lasciata in sospeso, di Kuroko.
Per
lui, la consapevolezza che non necessitasse più di nessuno
per vincere, era
ormai consolidata, ma non sembrava che lo stesso valesse anche per il
giocatore
fantasma.
Perché
doveva essere tutto così complicato?
E
perché
aveva la sensazione che, se avesse continuato a guardarlo negli occhi,
un
enorme senso di colpa gli avrebbe impedito di continuare a parlare?
La
pioggia scrosciante aveva già fatto in modo che le lacrime
si confondessero
alle gocce sul suo viso, scivolando insieme ad esse lungo tutto il
corpo, fino
ad accumularsi ai suoi piedi.
Tuttavia,
la sua espressione tradiva ogni tentativo di mascherare quel malessere
che non
solo si stava portando dietro da qualche tempo, ma sembrava anche
essersi
aggravato in seguito a quella conversazione.
La
reazione più spontanea fu quella di stringere i pugni
all’altezza dei fianchi,
mentre, evitando ogni tipo di contatto visivo, elaborava la sua
risposta.
“Sai
che posso vincere contro chiunque
da solo ora, anche senza i tuoi passaggi?”
Una triste
verità che avrebbe potuto essere compresa anche senza il
proprio intervento, e
il brusco cambio di espressione da parte del celeste ne fu una prova
inconfutabile.
Ancora
una volta aveva visto Aomine allontanarsi correndo dopo aver segnato un
punto,
evitando di scambiare con lui quel gesto che costituiva un
po’ anche il segno
della loro amicizia.
Doloroso
da pensare, eppure, in quel momento, ogni speranza di poter riportare
quel
ragazzo indietro gli stava scivolando tra le dita, mentre non poteva
fare altro
se non osservare la sua schiena sfuggire dal suo campo visivo, lungo
una strada
che, a quanto pare, aveva scelto di percorrere da solo,
poiché non necessitava
di nessun altro.
E
così,
ancora una volta, quella sensazione di inutilità legata al
suo rapporto con il
basket si era fatta più forte in lui, al punto da
danneggiarlo.
“L’unico
che può battermi… sono io.”
Il
moro continuava a ripeterlo, quasi fosse un disco rotto, senza rendersi
conto
che, in qualsiasi sport di squadra, non si può parlare di
vittoria quando non è
presente l’elemento principale.
Ma lui
sembrava non comprendere quella piccola quanto importante sfumatura,
l’unica
che, forse, avrebbe potuto portarlo a prendere nuovamente coscienza di
sé.
“Da
quel giorno, non ho più ricevuto
un passaggio da te. È passato poco tempo, ma è
come se fosse già il ricordo di
un passato lontano.”
Le
parole erano attenuate dall’incessante rumore
dell’acqua che si abbatteva su
ogni elemento trovasse sul suolo, ma non abbastanza da impedire a
Kuroko di
udirle.
Il
loro rapporto in campo aveva subito parecchi cambiamenti di recente, ma
il
celeste aveva confidato in un brutto periodo passeggero.
Un
periodo che, a giudicare da quella conversazione, sarebbe durato per
fin troppo
tempo.
Addirittura,
forse, per sempre.
Quel
vento che fino a poco prima scuoteva delicatamente le piante, ora si
era
trasformato in tempesta, un uragano pronto a spazzare via i bei ricordi
di un’adolescenza
trascorsa nella spensieratezza, bruscamente interrotta dalla
consapevolezza
che, prima o poi, le cose cambiano per tutti, indipendentemente dalle
volontà.
E quando
questo processo si innesca, pare rimanga davvero poco da fare.
“A dire
la verità… ho già dimenticato
come ricevere i tuoi passaggi.”
In
quel momento, Kuroko capì davvero che, per quanto avesse
sollevato a mezz’aria
il pugno durante le partite, nessuno più avrebbe risposto al
suo richiamo.
As
you struggle, unable
to swim in the sea
Made of you tears
falling drops after drops
I can sing for
you the
magic spell “It’s all right”,
And that will be
a
lifebuoy for your heart
/Note
dell’autrice/
*Okay,
ammetto di aver pianto come una fontana durante questa scena
dell’anime e, da
brava masochista quale sono, ho pensato che sarebbe stato ancora meglio
se l’avessi
descritta.
In
realtà, questo è un regalino per una persona a
cui tengo davvero tanto, ed è
anche una scusa per farla commuovere, così da alleviare le
mie sofferenze(?)
Ad ogni
modo, spero vi sia piaciuta, e come sempre vi invito a lasciare una
recensione,
così che possa comprendere i vostri pareri.
Un
abbraccio!*
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