Le cronache di Aveiron: La guerra continua

di Emmastory
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Capitolo XXXVII

Mosaico di domande

Non avevo dormito, ed ero rimasta sveglia per tutta la notte, intenta a pensare. Come sempre, mi sforzavo di essere ottimista, ma anche questo tentativo ora mi appariva patetico. Giornalmente, sentivo i miei nervi strapparsi e logorarsi come il pregiato tessuto che in genere compone un arazzo, e non volendo piangere, resistevo. Ero ancora a letto, e Stefan dormiva accanto a me, ma fra noi due, ero l’unica sveglia. Mi conosceva da anni, mi aveva sposata e sapeva che soffrivo, ma quando mi vedeva tesa e concentrata su qualunque cosa, esitava spesso, non sapendo se agire e provare a confortarmi, o non far nulla ed evitare di adirarmi. Rigirandomi, gli diedi le spalle, e quasi sbuffando, provai a ritrovare la calma. Come mi aspettavo, il mio fu un tentativo a dir poco fallimentare. Difatti, rimanevo lì al sicuro e al caldo fra le coperte, ma migliaia di interrogativi continuavano ad annidarsi nella mia mente come vespe, ronzando fastidiose. Per mia sfortuna, nessuna di quelle trovò una risposta, e nel silenzio, una frase prese a torturarmi le membra, facendo eco nella mia testa. “Attaccheranno, e presto.” Era la voce di Lady Fatima, rimastami impressa in mente assieme a quella sorta di avvertimento. Sapevo bene che si riferiva ai famigerati Ladri, ed ero mortalmente certa di essere pronta ad affrontarli, ma nonostante tutto, continuavo ad aver più paura di un coniglio fuori dalla sua tana. Non ero sola, e avevo due bambine a cui badare, due vite che ancora dipendevano da me, e che temevo di veder spezzate in una guerra così profondamente insulsa. Solo pensare che è guidata da persone completamente normali ma accecate da sentimenti come rabbia e ira, e che hanno ormai perso i doni di empatia e ragione, mi fa star male. “Perché lo stanno facendo? Perché sta accadendo a noi,  e soprattutto, quando finirà? Questi i quesiti che entrambe le mie amate figlie mi pongono, piangendo e stringendo i loro pupazzetti alla ricerca di conforto. Ogni volta, non so cosa rispondere, e se lo faccio, so bene di stare mentendo, vergognandomene solo momenti dopo, proprio come una sporca criminale. Ora come ora, abbiamo tutti di nuovo paura, Soren e Samira stanno malissimo, e il loro piccolo Isaac lotta ancora per la vita, e pur concentrando ogni grammo delle mie energie nel pregare e sostenerli, sento di star lentamente perdendo le speranze. Non me ne spiego il perché, ma è davvero così. Vedendomi ora, molti mi definirebbero debole, ma non sarei d’accordo. Non sono debole, e sono felice di non essere l’unica a pensarlo. I miei amici sono dello stesso avviso, e ogni volta che ne ha l’occasione, Stefan non manca di farmelo notare. “Sei più forte di quanto credi.” Non fa che dirmi, sorridendo e stringendomi in delicati abbracci. In silenzio, non faccio che sorridere e ringraziare, ma mentre il tempo passa, la realtà della quale viviamo ogni singolo secondo senza lasciare che questi ci sfuggano rimane sempre la stessa, e dentro ognuno di noi ora non c’è che un mosaico di domande, anche se l’unica cosa a mancare è l’insieme delle rispettive risposte, che finora nessuno è mai riuscito a trovare a dispetto di numerosi e infruttuosi tentativi.




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