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Area 51
Un silenzio di piombo era calato sulla vasta sala del sotterraneo, in cui, in
quel momento, ognuno era occupato in compiti diversi: Forrest sembrava meditare;
Hardings ed Edwards si guardavano in cerca di ispirazione per idee nuove su come
passare il tempo; Arnold Weaver era sempre impegnato ad elaborare teorie sul
perché la gente non comunicava, e i soldati avevano ormai le braccia bloccate,
con le armi puntate fisse sulle facce dei prigionieri, rassegnati ad andare in
bagno con la scorta perennemente armata.
Quando ecco compiersi il miracolo!
Gli schermi si riempirono del blu della vastità dell'oceano e di una realtà
lontana dall'area 51.
"Qualcuno ha riattivato il telescopio!" esclamò Weaver con la sua voce educata
ma piena di meraviglia. I soldati armati si girarono e, in
contemporanea, puntarono le armi verso i monitors.
Solo un urlo potente ed agghiacciante di Forrest evitò il disastro.
"IDIOTI !!!!! - sbraitò l'uomo, infuriato - Giù quel cazzo di armi! Riposo !! I
prigionieri hanno capito! - Finalmente i soldati abbassarono braccia ed armi e,
ad uno ad uno caddero a terra, svenuti -Era ora!" concluse Forrest che aveva
appena sudato freddo per il tremendo pericolo scampato di vedere gli schermi
distrutti dai fucili. Alcuni minuti dopo la panoramica del mare blu e di un
altro mare verde di lussureggiante vegetazione tropicale, due volti apparvero
sui televisori: uno barbuto ed uno chiarissimo dai bei lineamenti eleganti.
"Salve. - salutò il barbuto, allegro e sorridente - Se da qualche parte nel
mondo qualcuno ci sta vedendo, io sono Stefano e lui è Heron. Siamo qui a
Portorico, in pace, e vogliamo sapere se qualcun altro vuole comunicare con
noi".
Forrest, Hardings, Edwards, Weaver e i prigionieri sgranarono gli occhi e
fissarono esterrefatti i volti comparsi sugli schermi. Poi, Forrest si ricompose
e parlò, presentandosi e presentando gli altri.
"Vorremmo sapere com'è....ehm... - si fermò per schiarirsi la voce - la
situazione e....".
"Se avete visto per caso qualche città - stato. - s'intromise Weaver - Qualche
agglomerato urbano in giro. Voi da dove venite?".
"Dalla Svizzera. - rispose Stefano soddisfatto - In Europa".
"Interessante. - commentò il giovane sociologo - Ci sono città - stato da voi?".
Stefano rimase un pò perplesso dalla definizione, ma intuì e rispose. Solo che,
all'inizio del volo, dirigendosi subito verso l'America, non aveva visto molti
centri urbani durante il viaggio.
"C'è il nostro. - disse - Quello da cui proveniamo" E citò il nome della città
dove abitavano.
Weaver la cercò subito sul computer e la trovò, ma non era segnata come polis.
Evidentemente, le cartine non erano aggiornate. Weaver sorrise, composto.
"Beh, - fece poi - Ben trovati".
Stefano e Heron sorrisero compiaciuti.
"Voi dove siete ora?"domandò Forrest.
"Arecibo... - rispose, prontamente Stefano - Credo".
"Il famoso telescopio di Arecibo. - osservò Weaver, compunto - A Portorico. Il
più grande del mondo" e snocciolò subito dopo i dati dello strumento.
"Potreste venire. - propose Forrest, accennando poi un mezzo sorriso - Non siete
molto lontani da noi".
"Dove siete voi?" chiese Stefano.
"Area 51. - rispose Forrest, soddisfatto - Dovreste conoscerla".
Stefano ci rifletté sopra. L'aveva sentita nominare, ma non ricordava
esattamente dove fosse e chiese lumi.
"Nevada. - rispose ancora Forrest. - Immagino che stiate viaggiando in aereo.
Se il vostro mezzo è potente e veloce, in un'ora siete qui. Magari ci beviamo
una birra insieme".
Stefano giudicò la proposta simpatica, ma volle consultarsi con Heron che stava
smanettando a tutto spiano sulla grande tastiera dei comandi sul ripiano sotto
lo schermo. Il comandante annuì, tuttavia, pregò Stefano di lasciargli finire il
lavoro. Quel che l'uomo desiderava in quel momento più di ogni altra cosa era
tentare un contatto con il suo pianeta. Stefano capì che l'alieno aveva una
qualche priorità e credette opportuno dargliela.
"Magari fra un pò" ritenne giusto avvisare i suoi interlocutori al di là dello
schermo.
Forrest alzò il pollice in segno di accordo. Heron ripeté il gesto a Stefano.
Evidentemente gli piaceva, pensò Stefano e lo lasciò lavorare.
Grindewald
Lo schermo del computer, a sinistra di Annamaria, iniziò a fare versi strani e,
sotto certi aspetti, poco raffinati, accompagnando in quel modo lampi di
immagini, all'inizio in bianco e nero, che tentavano disperatamente di formarsi
assoggettando i pixels al loro volere o, almeno provando a farlo, in un continuo
e caotico susseguirsi di scatti e chiari e scuri sino a quando, finalmente, il
rettangolo 16:9 si riempì prima con un panorama marino, poi terrestre e verde ed
infine con i volti familiari e rassicuranti di Stefano e Heron.
Per un pelo, nel rivederli sul monitor, Annamaria non emise un grido di gioia!
"Ci siete riusciti?" cinguettò, felice.
"Tu che dici?" contro rispose Stefano sorridendo sotto i radi baffi.
Heron aveva un'espressione del viso leggermente più sollevata, distesa e
speranzosa.
Annamaria ricambiò lo sguardo con un sorriso e, avendo stupidamente paura di
dimenticarlo, comunicò subito a Stefano e al comandante la sua scoperta.
"Perfetto! - esclamò Stefano, realmente soddisfatto - Sei un fenomeno! Andremo
immediatamente in Siberia. Tra l'altro, là si trova anche l'uranio, così
prenderemo due piccioni con una fava".
Heron si voltò, perplesso, verso Stefano, il quale girò l'indice della mano
destra per avvisarlo che poi gli avrebbe spiegato il senso della frase. Dal
canto suo, Heron annuì e fece il gesto del pollice alzato per indicargli che a
lui andava bene. Annamaria sorrise, divertita. I due sembravano intendersi ed
Heron stava imparando molte cose terrestri.
La comunicazione era stata ripristinata.
Tutto pareva andar bene.
Isole Svalbard,
Groenlandia
Gli schermi nella sala del Centro Ricerche si animarono e si riempirono prima di
blu, poi di verde e infine di nero tempestato di corpi celesti vaganti.
"Cavolo! " esclamò Jansen, compiendo quasi un salto sulla poltroncina imbottita,
foderata di rosso scuro, davanti alla sua postazione informatica. Erika Nielsen,
sua vicina, che si era alzata dalla sua poltrona per sgranchirsi un pò le
membra, si precipitò accanto a lui per vedere cosa avesse suscitato lo stupore
del collega.
"A quanto pare, qualcuno è riuscito a ripristinare i telescopi" commentò
lievemente costernata.
"Sembra proprio. - confermò Jansen - Ed ora? Che succederà?"
"Niente. - rispose Nielsen - Dobbiamo vedere cosa succederà nell'immediato
futuro. - quindi si eresse nel suo quasi metro e ottanta di statura -
D'altronde, dovevamo prevedere che, prima o poi, qualcuno avrebbe messo il naso
fuori da casa sua!".
"Si, - obiettò Jansen - ma se....".
"Se, cosa? - replicò Lasström, senza muoversi dalla sua sedia, alzando gli occhi
grigi da sopra la montatura degli occhiali - se i nostri simili cercano
contatti? Che li trovino, se vogliono, ma niente forzature e niente repressioni.
Può darsi che dopo un secolo, gli esseri umani siano di nuovo pronti a dirsi
almeno buon giorno e buona sera. Che lo facciano pure! Non glielo impediremo, ma
non li incoraggeremo. Ricordate i piani, no? Jansen, non agitarti inutilmente".
Il giovane ingegnere tornò a guardare lo schermo, sospirando.
Erika Nielsen lanciò un'occhiata all'enorme mappa tridimensionale che occupava
la parete di fronte alle postazioni di lavoro, nella quale era stato riportato
per intero il nuovo assetto urbano e sociale della Terra, costituito da
agglomerati urbani più o meno vasti, sparsi per il globo.
L'Europa era il continente che ne contava di più: 5; Londra, Parigi, Berlino,
Mosca e Roma. L'America ne contava 3: Washington - New York per il Nord, Città
del Messico per il centro e Buenos Aires per il sud. Anche l'Asia ne aveva 3:
Hong Kong, Tokio e Bombay. L'Australia era concentrata solo su Sidney e in
Africa, la popolazione rimasta si era riunita a Città del Capo.
La piccola polis svizzera di Grindewald, luogo di un grande evento, non era
segnata.
Ariel
Sui monitors dell'ampia sala operativa, al Centro Spaziale, collegati ai
telescopi fissi su ciò che era all'esterno del piccolo pianeta, il nero del
cielo e i pochi corpi che vi si muovevano dentro sparirono dietro all'immagine
di un essere vivente dal volto conosciuto che fece sobbalzare gli occupanti
delle varie postazioni ma, soprattutto il direttore Kaius.
"Comandante Heron!" esclamò l'uomo, sorprendendosi a contenere con fatica la
felicità nel rivedere il giovane ammiraglio della Flotta Spaziale di Ariel, da
molti dato per morto o almeno disperso.
"Buon giorno, amici!" lo salutò Heron con un sorriso tuttavia non esageratamente
radioso.
"Come stai, ragazzo? - chiese Kaius, accorato - Ti credevamo....".
"Morto?" terminò Heron.
"Beh.... - balbettò Kaius - Non abbiamo avuto più tue notizie. Non siamo
riusciti a pensare in modo molto positivo sulla tua missione".
Sugli schermi, accanto ad Heron, gli Arieliani videro un altro essere umano di
sesso maschile, dal volto scuro, ma non minaccioso, né tanto meno sgradevole. Ed
Heron lo presentò ai suoi complanetari. Stefano salutò tutti alla maniera
tipicamente italiana, agitando la mano destra e sorridendo.
"E' grazie a lui, - introdusse Heron - e alla sua giovane, ma intelligente
compagna di vita, che io sono ancora vivo e intero...Quasi".
"E gli altri?" incalzò Kaius.
La piccola pausa di silenzio prima della risposta di Heron, fece tremare i
presenti nella sala.
"No!" sussurrò Kaius, sprofondando nello sconforto. Ma Heron volle in parte
rassicurarli spiegando che, allo stato attuale delle cose, essi erano ancora
ufficialmente vivi e c'era speranza di poterli salvare benché l'impresa non si
presentasse facile.
Da quel momento, Heron comunicò con la sua gente nella loro lingua estromettendo
Stefano dalla conversazione. Stefano capì e non insistette a voler partecipare
allontanandosi da lui, scomparendo dallo schermo e spostandosi verso un altro
monitor per poter continuare a parlare con Forrest e compagni. Ma in lui rimase
aleggiante un pizzico di curiosità per quel che si stavano dicendo e, pur
chiacchierando con Forrest, non perse mai completamente di vista l'alieno
seguitando a sbirciarlo con la coda dell'occhio.
"Non è dei nostri, vero?" disse Forrest, alludendo a Heron.
Stefano si stupì dell'intuizione del suo interlocutore.
"Come...." farfugliò.
"Oh, non si meravigli! - minimizzò Forrest, allegro - Siamo abituati a vederne
di tutti i colori. Qui atterra di tutto. ".
Discreto, a passo felpato, Stefano si riavvicinò ad Heron, in tempo per vedere
sullo schermo davanti all'alieno, un altro uomo di età avanzata ma non troppo,
con un volto che, incorniciato e sormontato da una folta capigliatura candida,
illuminato da occhi grigi a fessura, lo faceva assomigliare a quello di un
anziano saggio dell'estremo Oriente terrestre, visto in una fotografia su un
libro.
Heron si girò verso Stefano e, con sua sorpresa, lo afferrò per un braccio,
trascinandolo poi, verso di sé.
"Le presento Adoniesis. - lo informò - Un amico della mia famiglia". A Stefano
venne spontaneo salutare l'uomo con un cerimonioso inchino della testa per
rispetto ad un'ipotetica età non più molto verde . Dallo schermo, l'uomo
ricambiò il saluto più o meno alla stessa maniera, ma con meno enfasi.
"Vorrei andare presto in Siberia. - annunciò poi Heron, un pò teso - Abbiamo
bisogno urgente dell'uranio. E di quella pianta".
Stefano agitò la testa in segno di comprensione e fece per salutare Forrest che
però, udita la richiesta, s'intromise con una certa risolutezza.
"Ragazzi, - li interpellò - se dovete andare in Siberia, e siete disarmati,
allora vi consiglio vivamente di passare un attimo da noi. In Siberia c'è una
base militare, un pò come la nostra, diretta da uno stron......ehm .... - si
schiarì la voce come per scusarsi dell'epiteto usato nei confronti del
collega-rivale - da un tipo che ha il viziaccio di sparare a chiunque scenda
nelle immediate vicinanze, che non abbia un aspetto decisamente terrestre e
viaggi con mezzi sospetti di essere carichi di spazzatura. - si fermò un istante
e si rivolse diretto a Stefano - Forse il vostro mezzo di trasporto e piccolo ed
innocente, Stefano, ma fossi in voi, mi porterei qualcosa. Noi qui abbiamo una
buona scorta e vi possiamo dare qualche articolo interessante ed efficiente.
Datemi retta. Non andate là solo col fazzoletto bianco, gridando veniamo in
pace. Non so se quel tipo ed i suoi soci ci crederebbero al cento per
cento".
Stefano ed Heron si scambiarono occhiate d'intesa ed Heron accettò la proposta.
Dopo alcuni minuti, i due erano già in volo verso l'Area 51.
Nella prossima puntata si
saprà come Heron si sia potuto collegare col suo pianeta, a 4 anni luce dalla
Terra.....
E non è del tutto
fantascienza.
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