La
luna
splendeva placida nel cielo, come a volersi prendere beffa di quei
pensieri, pesanti come macigni, che gravano su di lui.
La
mia mente è piena di scorpioni.
Iwaizumi
era seduto sull’ultimo gradino delle imponenti scale
granitiche che conducevano all’ingresso della sua fortezza,
un ginocchio piegato e il gomito puntellato su di esso, la guancia e il
volto tutto premuto contro il palmo disteso della mano. Nonostante gli
eventi degli ultimi giorni lo avessero stancato a dismisura, troppe
preoccupazioni lo tormentavano, così da togliergli il
riposo.
La
guerra non stava volgendo in favore della sua casata, quella degli
York, affatto; anzi, in seguito all’immane
spargimento di sangue avvenuto nella battaglia di pochi
giorni prima, sia per la sua famiglia che per quella dei Lancaster, il
numero delle vittime aveva ormai toccato livelli desolanti.
Iwaizumi
si chiedeva spesso se tutto ciò fosse davvero necessario:
certo, la successione al trono d’Inghilterra era importante e
fondamentale sia per l’una che per l’altra
famiglia, considerando che solo per mezzo di essa chi ne fosse uscito
vincitore si sarebbe assicurato gloria e prestigio illimitati, tuttavia
il giovane duca di York non riusciva a fare a meno di chiedersi se
davvero quello fosse l’unico modo per risolvere la faccenda.
Il
giovane si passò una mano davanti al volto, come a voler
scacciare quei suoi ultimi pensieri: sapeva bene quale fosse il
pensiero di entrambe le casate in merito, sarebbe stato fin troppo
idealista – e forse eccessivamente poco virile –
immaginare che il conflitto potesse risolversi in maniera diversa che
con la violenza; Iwaizumi non l’avrebbe mai ammesso di sua
spontanea volontà ma, molto probabilmente, se ragionava
così era perché conosceva fin troppo bene uno
degli uomini schierati tra le forze dell’esercito nemico.
Un
fruscio di foglie improvviso, alla sua destra. Hajime ruotò
la testa di scatto, alla ricerca della fonte di quel rumore.
Si
diede mentalmente dello stupido, per aver abbassato la guardia al punto
di non aver portato con sé nemmeno la sua fedele spada,
così da potersi proteggere, qualora ce ne fosse stato
bisogno. Forse non immaginava che i Lancaster fossero così
vili da tentare un’imboscata nel cuore della notte, mentre
tutti – o quasi – riposavano. Si
rimproverò per aver sottovalutato a tal punto i loro nemici
e per non essersene rimasto nella sua camera, anziché
scendere in giardino: d’altronde, nonostante non riuscisse a
prendere sonno, avrebbe potuto continuare tranquillamente a lasciarsi
affogare dai suoi mille pensieri anche nella sua stanza.
La
cosa paradossale era che spesso i soldati dell’esercito di
York finivano per lodarlo per la sua proverbiale azione in campo,
durante le battaglie: oltre alla sua rinomata abilità nel
maneggiare le armi bianche, spesso Iwaizumi veniva ricordato anche per
la sua intolleranza verso nemici.
Ahh,
se solo avessero saputo…
Con
un ultimo sussulto, le fronde dell’edera rampicante, che
avvolgeva per intero una delle pareti più defilate delle
lunghe cinta murarie che circondavano le fortezza, smisero di tremare,
lasciando che il corpo di un giovane uomo emergesse oltre di esse.
Hajime
per un momento fissò il nuovo arrivato con uno sguardo pieno
di diffidenza: c’era solo un’altra persona, oltre
al duca, a conoscenza di quella fenditura nascosta tra le mura,
tuttavia il terrore che potesse averlo tradito era difficile da
ignorare, soprattutto in quel periodo particolarmente difficile per la
casata York.
Avrebbe
dovuto fidarsi di lui, lo sapeva bene; d’altronde, si
conoscevano fin da quando erano piccolissimi, erano cresciuti insieme
nonostante le asperità di quella guerra aumentassero anno
dopo anno, proprio come la loro età. Era impossibile negare
che ci fossero state numerose difficoltà nello stringere
quel rapporto in un clima di tensione che aveva sempre caratterizzato
le loro vite e che chissà per quanto ancora si sarebbe
protratto. Tuttavia, negli anni si erano continuamente impegnati
affinché nessuno lo venisse a scoprire.
D’altronde, chissà cosa avrebbero potuto pensare i
membri delle loro famiglie, se avessero saputo che da lungo tempo un
Lancaster e uno York avevano stretto una forte amicizia.
Oikawa
Tooru era proprio lì, la schiena premuta contro quella
nuvola di edera e il solito sorriso impertinente stampato sul volto
– ohh,
Iwaizumi avrebbe voluto così tanto cancellarglielo a suon di
schiaffi.
«Ohh,
buonasera, Hajime» lo aveva salutato il giovane principe
della famiglia Lancaster «cos’è, non
riesci a dormire? Beh, certo, gli eventi degli ultimi tempi
contribuiranno sicuramente a toglierti il sonno—»
«Ti
piacerebbe, Tooru» era stata la risposta di Iwaizumi, con
quel tono sprezzante così tipico della sua voce
«ahimé, mi duole informarti che non sei tu
l’unica preoccupazione della mia esistenza.»
Il
principe Lancaster aveva fatto svolazzare il suo mantello – rosso come il fuoco, la stessa
identica tonalità di cremisi che caratterizzava la rosa
simbolo della sua casata – mentre percorreva con
delle ampie falcate il giardino, calpestando l’erba
sotto la suola dei suoi stivali.
Iwaizumi
sapeva che avrebbe dovuto fermarlo, intimandogli di lasciare la
fortezza, se necessario; tuttavia, sapeva perfettamente che non
l’avrebbe mai fatto: d’altronde, conosceva fin
troppo bene Oikawa, per cui riusciva già ad immaginare ogni
singola mossa. Non stentava a figurarselo mentre proseguiva in avanti,
nella sua direzione, con quelle movenze feline e predatorie che
facevano crollare ogni singola dama del regno – sposata o
meno che fosse – inevitabilmente ai suoi piedi. Tooru invece,
dal canto suo, non aveva dubbi sul fatto che Hajime non avrebbe
interrotto la sua avanzata: tra i due, era sicuramente il principe di
Lancaster il migliore in quanto a strategie; certo, la forza fisica di
Iwaizumi era innegabile, tuttavia – in campo come,
più in generale, nella vita – era Oikawa quello
sempre avvantaggiato, capace di anticipare tutte le mosse dei suoi
avversari, così da riuscire ogni volta a vincerli.
Il
ragazzo proseguì nel suo cammino, fino a quando giunse
dinanzi al gradino su cui il suo amico era seduto; con un movimento
elegante si lasciò cadere verso il basso, accomodandosi
aggraziatamente accanto al duca di York. Sapeva che, dietro
quell’apparente espressione imbronciata, si nascondeva un
mondo di emozioni e pensieri che Oikawa non vedeva l’ora di
andare a scandagliare.
«Dunque»
riprese Tooru, stavolta più seriamente «se non
è la guerra a turbarti, si può sapere cosa
diavolo ti stia passando per la testa?»
Iwaizumi
roteò lentamente gli occhi, infastidito da quella domanda.
Non amava condividere i suoi pensieri con gli altri, o perlomeno non
quel genere di pensieri, tuttavia era di Oikawa che si trattava, per
cui forse, per una volta, avrebbe anche potuto fare uno strappo alla
regola.
«Diciamo
che la guerra è solo una della mie miei innumerevoli
preoccupazioni» gli aveva spiegato Hajime, con un sospiro
stanco «tutte queste morti, ad esempio:
quand’è che si renderanno conto di quanto siano
futili e dannose?»
Oikawa,
dopo aver piegato le ginocchia, vi aveva poggiato sopra le braccia,
lasciando affondare il mento nella stoffa morbida e azzurrina che
rivestiva queste ultime. Ci pensava spesso anche lui, a tutte le
vittime che quella lotta intestinale aveva mietuto: gente comune,
schierata da una o dall'altra parte solo perché il padrone
delle loro terre glielo aveva imposto. Chissà quante volte,
dopo uno scontro, si era ritrovato ad attraversare a cavallo il campo
di battaglia, incappando nel cadavere di qualcuno che aveva
riconosciuto – magari
era uno degli uomini che, un tempo, aveva lavorato presso il loro
castello, portando litri di latte fresco appena munto presso le sue
mucche; oppure uno degli stallieri, che presso la scuderia era solito
occuparsi del benessere del suo fido destriero.
Per
un momento, Tooru si vide costretto a chiudere gli occhi di scatto,
perché troppo forti e dolorosi erano i ricordi che adesso
tornavano prepotentemente a galla nella sua memoria, raffiguranti corpi
esanime riversi a terra in posizioni innaturali, il sangue ancora
fresco a ricoprire ogni lembo di quelle pelli macerate. Sapeva che
Hajime aveva ragione, che tutta quella violenza non era certamente il
modo migliore di risolvere il problema della successione, tuttavia era
altrettanto consapevole di come la pensassero le loro rispettive
famiglie.
Questo
non significava però che la condividesse o che la
sostenesse, ovviamente; al contrario, avrebbe preferito che la faccenda
si risolvesse nella maniera più pacifica e serena possibile,
nonostante la consapevolezza che, nella situazione in cui il conflitto
tra le loro famiglie si trovava, questo fosse pressoché
impossibile.
Il
sangue era la via più facile e veloce di sistemare la
rivalità tra i Lancaster e gli York, pur non essendo di
certo la migliore.
Magari
un patto, un accordo firmato da ambe le parti in campo avrebbe potuto
appianare le divergenze… tuttavia, per quanto uno
schieramento piuttosto che l’altro sarebbe riuscito a
trattenersi dall’invadere i confini territoriali –
o mentali – altrui, venendo meno alle parole sulla carta ed
istigato una risposta violenta anche dalla parte opposta? Non molto, fu la
risposta che si diede dopo non molti secondi Oikawa, nonostante i
propri pensieri fossero permeati da una nota ben percepibile di
delusione.
«Immagino
mai» rispose amareggiato Tooru, dopo quell’attenta
riflessione «finché tutti continueranno solo a
voler tutelare i propri interessi e non al bene collettivo della
popolazione, dubito che qualcosa possa cambiare.»
Iwaizumi
si era limitato ad annuire cupamente; era ovviamente giunto alla stessa
conclusione di Oikawa, non per questo trovando meno desolante quello
scenario.
«Sai,
stavo riflettendo anche sulla nostra amicizia» riprese poco
dopo Hajime, senza attendere che Tooru gli chiedesse di continuare a
parlargli dei suoi pensieri – d’altronde era
già certo che l’avrebbe fatto.
Oikawa
sembrò essere particolarmente incuriosito da
quell’ultima frase, quasi più da tutti gli altri
discorsi che avevano affrontato fino a quel momento, quella notte;
molteplici volte si era domandato quale fosse l’opinione di
Iwaizumi in merito a quel loro rapporto così poco
convenzionale. Tooru, dal canto suo, non era mai riuscito a farsi
un’idea chiara e precisa in merito. Era certo che, nel corso
degli anni, il loro legame fosse andato sempre più
intensificandosi, solo che, allo stato attuale, non avrebbe saputo come
definirlo. La fase dell’amicizia l’avevano superata
da un bel po’, tuttavia anche cercare di definire la loro
relazione come qualcosa
di più gli sembrava eccessivo, affrettato.
Inoltre, la paura che qualcuno della loro famiglia potesse equivocare
tutto lo torturava, come braci che lentamente ardevano sotto di lui,
lingue di fuoco a dilaniato le sue membra.
«Ah,
sì?» aveva commentato Oikawa, decidendo di
procedere con la dovuta cautela «e, se posso chiedertelo,
come mai ti sei avventurano in una riflessione del genere? Che
c’è, forse cominci a credere che frequentarsi sia
troppo rischioso?»
«No,
affatto» era stata la pacata replica di Iwaizumi, che
percependo il consueto tono sarcastico nella voce di Tooru non aveva
minimamente battuto ciglio «valutato piuttosto quanto sia
ancor più mortificante tutto questo continuo lottare, visto
che dall’altra parte c’è una persona a
cui tengo così tanto.»
A
quelle parole, Oikawa era rimasto ancor più interdetto: non
era tanto l’idea di condividere uno stesso pensiero con
Iwaizumi, quello succedeva continuamente e ormai aveva finito per farci
l’abitudine, quanto piuttosto che non fosse l’unico
a preoccuparsi per l’altro, in quella sanguinosa guerra.
Forse avrebbe dovuto immaginarselo prima, tuttavia il pensiero che
Iwaizumi potesse preoccuparsi a tal punto di lui gli era sempre
sembrato ridicolo, a tratti perfino egoista, da parte sua. Ora che
invece ne aveva avuto la conferma, non riusciva – almeno in
parte – a non sentirsi un po’ smarrito. Era strano
realizzare che non fosse l’unico a provare qualcosa di
più che una semplice amicizia per quel ragazzo, appartenente
alla famiglia avversaria alla sua, che conosceva praticamente da tutta
la vita – ed era evidente che fosse così,
d’altronde chi altri si preoccuperebbe per la vita di un
altro, quando si è solo
amici?
Oikawa
aveva sorriso, chiudendo gli occhi ed incassando lievemente la testa
nelle spalle; ora aveva così tante notizie da assimilare,
per cui forse avrebbe fatto meglio ad andarsene di lì
– dubitava infatti che la presenza di Iwaizumi, specialmente
dopo quello che gli aveva appena detto, lo avrebbe aiutato a
riflettere. Inoltre il rischio che, da un momento all’altro,
potesse arrivare qualcuno che li scoprisse – una guardia durante la ronda,
una donna della servitù allertata da quel continuo vociare
– non faceva altro che convincerlo ancor di più
che fosse giunto il momento di tagliare la corda.
«Beh,
adesso sarà meglio che io me ne torni nella mia
dimora» aveva ammesso infatti, tenendo sollevato sullo
scalino il peso del busto con le braccia e dondolandosi appena sul
posto «sai com’è, non vorrei che
qualcuno si accorgesse della mia assenza.»
«Oh,
certo, capisco» aveva convenuto Iwaizumi, mentre cominciava
ad alzarsi.
Peccato
che, nello stesso momento, anche Oikawa avesse iniziato a mettersi in
piedi, così che, mentre continuava a sistemarsi nuovamente
in posizione eretta, fosse arrivato all’altezza del volto di
Hajime, più basso di lui di qualche centimetro, sfiorandogli
involontariamente le labbra con le proprie.
Era
stato un contatto leggero, inaspettato – e soprattutto decisamente involontario
– simile a petali di rosa che s’incontrano, umidi
di rugiada, allo schiudersi mattutino del fiore tanto pregiato
– che, guarda caso, era proprio lo stemma delle due casate,
rosso per i Lancaster, bianco per gli York.
Iwaizumi
aveva corrucciato l’espressione, in un singulto di sorpresa,
mentre Oikawa si era limitato a sorridere appena, decisamente appagato
da quella singolare coincidenza.
Allo
stesso tempo, era stato proprio Oikawa il primo ad allontanarsi, per
paura di una piuttosto prevedibile reazione da parte di Iwaizumi. Il
che non gli impediva certo di continuare ad infastidire
l’altro ragazzo, ovviamente.
«Oh,
beh» aveva commentato, infatti
«c’è da dire però che baci
bene, Hajime.»
«Sta’
zitto, Oikawa» lo aveva ripreso Iwaizumi, più
immusonito del solito, mentre accompagnava le sue parole con un lieve
schiaffo dietro la nuca dell’altro.
Tooru
si era limitato ad alzare le spalle, senza perdere quel sorriso
perennemente canzonatorio.
Il
duca di York aveva continuato a lanciare sguardi torvi al principe dei
Lancaster, mentre osservava quest’ultimo arretrare senza
voltarsi lungo il giardino, gli occhi socchiusi in
un’espressione ilare su quel volto dove il sorriso non voleva
proprio saperne di scomparire.
«Allora
a presto» l’aveva salutato Oikawa, mentre
continuava a ridere, senza riuscire a smettere.
Prima
che Iwaizumi potesse ricambiare, l’altro era già
scomparso, mentre la cascata di edera tornava ad investire le sue
spalle.
✖ N O T E S ✖
Aiuto,
sono imbarazzatissima nel presentarmi qui, ahah—
Ehm,
buonasera. Scusate l’inizio abbastanza penoso ma, sapete,
quanto a presentazioni lascio sempre abbastanza a desiderare. Ad ogni
modo, come penso che si sia già largamente potuto intuire,
questa è la mia prima storia nel fandom di Haikyuu!!, tra
l’altro arrivo qui in seguito ad una serie di circostanze
piuttosto turbolente quindi
diciamo che questo è un po’ il mio modo di
chiedervi di avere pietà di me
Ad
ogni modo, quanto alle circostanze a cui accennavo poco prima, ci tengo
a dire fin da subito che questo è un piccolo regalo per la
mia amica Marina Swift,
che non la smette mai di starmi sempre vicino, nonostante tutto. Non ho
ancora capito come faccia a sopportarmi, probabilmente è un
angelo ^^
Tornando
a noi, ho pensato di approfittare della sua grande passione per Haikyuu!! (e di
quella per l’IwaOi, certamente) per scrivere questa fic.
Inoltre, vista la fascinazione che il periodo della Guerra delle Due
Rose ha su di lei, mi sono detta “Perché non le
scrivo proprio una IwaOi ambientata in questo determinato periodo
storico?” e così puff, eccomi qui~
Spero
davvero di non aver scritto qualcosa di orrendo: il prompt me
l’ha dato proprio lei, inoltre sapendo quanto ci tenga non
potete immaginare quanto io sia ansiosa in merito—
La
cosa che mi preoccupa di più è senza dubbio la
caratterizzazione: Marina mi ha parlato fino allo sfinimento di
Iwaizumi e Oikawa, inoltre ho cercato di documentarmi quanto
più ho potuto prima di scrivere questa storia,
così da non combinare disastri irrimediabili con
l’IC dei personaggi (ecco, questa invece è una
cosa a cui tengo particolarmente io). Ho fatto del mio meglio per non
fallire ma continuo ad avere dei forti dubbi in merito, in caso fatemi
sapere
Un’ultima
menzione d’onore va a Ayu,
che ho fatto patire a lungo prima di poterle permettere di leggere una
mia storia su questo fandom. Spero di essere stata perdonata e che
l’attesa sia valsa la pena ♥
La
prima frase in corsivo è tratta dall’adattamento
cinematografico di Macbeth
del 2015.
Chiedo
scusa per il finale, forse un po’ troppo in sospeso: prometto
che la prossima volta mi farò perdonare ~
Ne approfitto dell'occasione per auguare una felice e serena Pasqua a
tutti voi!
Aria