Il palo albero

di saulstream
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Il buio sfumato della notte rende lievi i pensieri. Si chiamano, si strattonano, saltano gli uni sugli altri, si arrotolano insieme in un rovinoso abbraccio.
Quando appare una luce, si staccano e si sgretolano piano, lasciando posto a un vuoto di veglia.
Cammino a passo sostenuto, ho freddo e ho sonno. Le briciole dei pensieri si assemblano e si separano a ogni lampione su cui posi lo sguardo: allora mi accorgo che mi sto dirigendo verso quel luogo.
 Quel palo, perenne nei miei ricordi che dunque non è sparito insieme a ciò che c'era stato. Invece è ancora lì.
Avvicinandomi, lo cerco e lo evito, vi dirigo i miei passi e lo aborrisco: l'equilibrio genera la paralisi e finisco per fare semplicemente quello che devo fare. Mi dirigo verso la macchina, dall'altra parte. Simulo un sorriso, ammicco ed entro.

Perché non hai tentato di amarmi? Forse non lo merito?
Io l'ho fatto. Con tutta me stessa io l'ho fatto. 
Ho provato. Per questo ho gioito, quei pochi giorni mi ha investito un furioso oceano di dolcezza.
Tu forse potevi amare. Ma non hai voluto. 
Con un passo indietro, hai abbandonato l'ombra del nostro albero. Ne hai piantato uno solo tuo.
Quanto è cresciuto, senza di me?
C'è un buco nella corteccia spezzata e nera: l'urna del nostro tempo.
Con due mani la prendo e la stringo al petto, anche se so che è vuota.









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