Marissa
giaceva sul proprio
letto e, riprendendo lentamente i sensi, aprì con cautela un
occhio.
Dapprima vide tutto in una luce sfocata, ma pian piano
riuscì a
distinguere le persone che le stavano intorno. Tutti parlottavano tra
loro in tono preoccupato; non le prestavano attenzione, credendola
ancora svenuta.
Siobhan
era lì, e c'era
anche Damien, un po' in disparte. Era lui che aveva dato l'allarme?
Siobhan parlava concitatamente con Yseult, mentre un'altra donna che
indossava le vesti blu degli insegnanti ascoltava preoccupata,
torcendosi un ricciolo castano tra le dita nervose. Qualche altro
allievo era presente, stretto intorno a Damien, indubbiamente ansiosi
di sapere di più su quella strana, bizzarra, nuova arrivata.
Marissa
richiuse gli occhi,
fingendo di essere ancora priva di sensi. Cosa dicevano su di lei che
altrimenti non le avrebbero mai volontariamente rivelato?
“Non
è possibile,
Siobhan. Una cosa del genere non ha senso!” stava dicendo
Yseult.
“Non
era mai successa...
non sarebbe mai dovuta succedere”, commentò
Siobhan, alle cui
parole fecero eco quelle tremanti della terza insegnante.
“Come
può il cristallo
avere su di lei un simile effetto?” chiese, con voce
timorosa.
“Come spiegheremo l'accaduto a Lord Arnulf?”
“Mantieni
la calma,
Brithdara”, ordinò secca Siobhan. “Per
ora non gli diremo
niente.”
“Ma
noi dobbiamo
dirglielo, siamo vincolate a farlo! Lord Arnulf vuole sapere tutto
degli allievi, tanto più se vi è coinvolta colei
che possiede un
potere innato.”
Siobhan
si rivolse a Damien.
“Tu! Cosa è successo esattamente? Sei sicuro di
averci raccontato
tutto nei minimi dettagli?”
“Sul
mio onore, signora”,
rispose Damien, portandosi una mano al petto. “Tutto quello
che vi
ho raccontato risponde a verità. Marissa ha toccato
l'Airknoril ed è
svenuta seduta stante.”
“Bene”,
sospirò Yseult
massaggiandosi le tempie. “Allora sei libero di andare
adesso,
Damien. E anche tutti voi. Tornate a lezione insieme a Britdhara.
Della ragazza ci occuperemo noi, adesso.”
Un'espressione
delusa si
diffuse sui volti degli allievi, che speravano di spezzare la
monotonia della loro vita accademica con questi nuovi sconcertanti
fatti.
Ma
ubbidirono, uscendo dalla
stanza mentre commentavano tra loro il singolare avvenimento di cui
erano stati quasi testimoni.
Siobhan
fermò Brithdara
sulla soglia. “Cancella il ricordo dalla loro mente non
appena
sarete tornati in aula”, le bisbigliò.
“Aspetta”, aggiunse,
con un ripensamento. “Non quello di Damien, però.
Lui era presente
e potrebbe ancora raccontarci qualche particolare che gli è
sfuggito. Ordinagli di tenerlo per sé,
però.”
Brithdara
apparve seccata di
dover prendere ordini da una donna più giovane di lei,
nonostante le
fosse superiore in grado. Ma con la docilità che le era
propria si
limitò a fare un cenno d'assenso col capo, prima di
accodarsi ai
suoi discepoli.
Siobhan
tornò dentro,
fermandosi a braccia conserte di fronte al letto di Marissa.
“Davvero
non hai
intenzione di informare Arnulf?”, le chiese alle sue spalle
Yseult.
“Per
ora no. Che rimanga
tra noi, Yseult, ma non mi fido di quell'uomo. Sarà anche il
discendente di Kieran Fielding, tuttavia questo non fa di lui un buon
mago o una persona degna di sovrintendere all'Accademia. Ha ricevuto
il suo titolo di “Prima Stella” solo per via del
suo cognome, ed
è sempre in virtù di quello se siede nel
Consiglio dell'Alleanza.”
“Perciò
dovremo scoprire
da noi cosa è successo qui, oggi...”
“Noi
e nessun'altro.”
“Stavo
pensando...”
azzardò Yseult mordendosi il labbro. “Non
può avere a che fare
con il suo dono?”
Siobhan
scosse la testa, con
un sospiro. “Io ho toccato la pietra centinaia di volte, e
non è
mai accaduto nulla, Yseult. Non ha a che fare con la magia innata, ne
sono più che certa.”
“Quando
si risveglierà?”
chiese Yseult accennando col mento alla figura addormentata della
ragazza.
“E'
meglio che non si sia
ancora ripresa. La pietra potrebbe averle causato uno shock che
ancora non conosciamo. Il suo corpo deve stare a riposo fin quando
esso stesso lo riterrà opportuno.”
Marissa
attese che le donne
fossero uscite dalla stanza prima di aprire tentativamente gli occhi:
era sola, così si mise a sedere sul letto, ancora stupita
alla
rivelazione che aveva appena ascoltato.
E
così Siobhan era un'altra
persona con il dono, proprio come lei! Chissà
perché non glielo
aveva rivelato? Ma ripensandoci la cosa non la stupì: le
cose che
Siobhan teneva per sé erano probabilmente sconfinate, quelle
che
decideva di elargire al prossimo potevano contarsi sulle dita di una
sola mano.
Comunque
questo non
l'avvicinava di un passo al comprendere cosa fosse successo quel
giorno. Ma se neppure le insegnanti ci capivano nulla, come sperava
di farlo lei? Marissa si alzò, la testa ancora indolenzita.
Mosse
qualche passo fino alla finestra ad arco della stanza e
l'aprì,
desiderosa di un po' d'aria fresca. Letha si estendeva di fronte a
lei, carezzata da una brezza leggera dal lieve odore melmoso del lago
che la circondava. Poche nuvole si rincorrevano nel cielo limpido,
simili a tante pecorelle dal manto immacolato. Marissa si
sentì
subito meglio.
Una
strana ombra scura si
stagliò d'improvviso in mezzo a tanto candore, niente
più che un
puntino stagliato contro l'azzurro del cielo. Era talmente piccola
che Marissa dovette aguzzare lo sguardo per vederlo.
Probabilmente
un uccello,
pensò tra sé attribuendogli poca importanza.
Ma
l'ombra diventava sempre
più grande, e sempre più vicina. Sembrava che
stesse puntando
proprio nella sua direzione. Ma non era possibile... o forse
sì?
Marissa sgranò gli occhi, e strinse il bordo del davanzale,
incapace
di muoversi mentre la strana creatura alata si avvicinava sempre
più.
Nonostante tutto non sembrava minacciosa, e non era neppure molto
grande. La ragazza aveva quasi trovato la forza di volontà
necessaria a tirarsi indietro e sbarrare la finestra quando delle
immagine in sequenza molto rapida esplosero nella sua mente,
facendole serrare gli occhi e portarsi le mani alla testa.
Vide
se stessa, da un punto di vista esterno. Vide se stessa alla
finestra, con gli occhi sbarrati, mentre si avvicinava sempre
più.
Si vide fare un passo indietro e poi cadere preda della visione,
portandosi le mani alle tempie. Infine, in quel suo nuovo corpo,
attraversò la finestra in volo e cadde su se stessa.
L'impatto
non fu terribile
come aveva pensato, ma ebbe il potere di farla rientrare di colpo nel
suo corpo, ammesso che ne fosse mai uscita.
Si
ritrovò a terra, con
quella strana creatura volante addosso. Un musetto peloso a pochi
centimetri dal suo viso, due piccoli occhi neri come perle fissi nei
suoi. La creatura rimase ferma per qualche attimo, poi prese a
leccarla festosamente sul viso. Marissa era troppo sconcertata per
chiedersi perché uno strano animale che non aveva mai visto
le
facesse le feste come se si conoscessero da una vita.
Alla
fine trovò la forza di
volontà di tendere le braccia e afferrare l'animale,
allontanandolo
da sé e poggiandolo delicatamente sul pavimento. Poi si
alzò in
piedi, chiedendosi se ora sarebbe volato via, ritornando da dove era
venuto. Ma la creatura non si mosse. Continuava a fissarla con una
sorta di aspettativa.
“Cosa
sei tu?” domandò
Marissa fra sé e sé. Poi si chinò per
esaminarlo meglio.
Sembrava
un procione, in
tutto e per tutto: il muso era quello, le piccole orecchie anche. Il
morbido pelo grigio era inconfondibile, così come la grossa
coda a
righe nere – anche se questa era ricoperta di spesse squame
anziché
di pelo. L'animale se ne stava fermo, piantato sulle zampe
posteriori, aspettando pazientemente che lei avesse terminato di
guardarlo da ogni angolazione.
Anche
le dimensioni erano
quelle di un procione, ma il particolare sconcertante erano le
robuste ali da drago, anch'esse ricoperte della stessa peluria, che
gli spuntavano dalla schiena, mentre le zampe, come la coda, erano
costituite da squame.
Improvvisamente
Marissa fu
colta da un'ispirazione. Se quell'animale era in qualche modo
imparentato con i draghi forse era dotato d'intelligenza e poteva
riuscire a comprenderla.
“Mi
capisci quando parlo?”
chiese, con poca convinzione.
Ma
la creatura annuì, in
modo chiaro e distinto. Marissa sgranò tanto d'occhi.
“Sei
venuto qui per me?”,
continuò.
Cenno
affermativo.
“Vuoi...
vuoi farmi del
male?”
Questa
volta la creatura
scosse il capo recisamente.
Marissa
si sedette sul
pavimento, a gambe incrociate, mettendosi all'altezza dell'animale.
“Mi
conosci?”
Cenno
affermativo.
“Ma
io... non conosco
te...” disse la ragazza, in tono di scusa.
L'animale
fu felice di
poterla contraddire con il solito cenno del capo.
“Un
momento... eri tu? Eri
tu che mi hai salvata da quella creatura a Waford?”
Lui
annuì, gonfiando il
piccolo petto peloso dall'orgoglio.
“E'
da allora che ci
conosciamo?”
Questa
volta il cenno fu di
diniego.
“Da
prima?”
Cenno
affermativo.
Marissa
non sapeva più cosa
chiedere. O meglio avrebbe avuto milioni di domande, ma non sapeva da
quale cominciare. Le sembrava tutto troppo assurdo, irreale. Mentre
era assorta in queste considerazioni, sentì un peso sul
proprio
grembo e sussultò, abbassando lo sguardo.
Il
piccolo animale alato si
era accoccolato nell'incavo delle sue gambe incrociate, e sembrava
felice di esserle così vicino, tanto che aveva chiuso gli
occhi.
Marissa
sorrise di
tenerezza, ed allungò esitante la mano per carezzargli il
pelo. Era
incredibilmente morbido al tatto. L'animale ripiegò le ali,
così
che divennero quasi tutt'uno con il corpo.
“Ci
sarà tempo per altre
domande”, disse Marissa. “Ora devo scoprire cosa
sei e
soprattutto trovare un modo per nasconderti agli altri, o ti faranno
del male. Lo so perché al monastero nessun animale era al
sicuro. Ma
io non permetterò che ti accada nulla.”
***
Dorelynn
correva a perdifiato nel
folto della foresta, ignorando il tumultuoso battere del suo cuore e
il fiatone che la perseguitava da ormai due miglia. Una leggera
pioggia fastidiosa cadeva sulla sua testa e su quelle delle compagne
che correvano lungo lo stesso percorso. Il suo fiato si condensava in
piccole nuvolette di vapore, ma Dorelynn non percepiva né il
freddo,
né l'umidità che permeava la Foresta di Smeraldo.
Ogni volta che
pensava di cedere, trovava la forza di continuare a mettere un piede
davanti all'altro, decisa ad arrivare fino in fondo al percorso e
dimostrare il suo valore alle Zarall.
“Ehi,
principessa!” l'apostrofò
sprezzante Galinthia, superandola in poche falcate. “Sei
già
stanca? Ti mancano i cuscini ricamati sui qui poggiare il tuo culo
aristocratico?” E rise sonoramente, imitata dalle altre
ragazze che
erano a portata d'orecchio.
Dorelynn
non raccolse la provocazione, sebbene fremesse per risponderle a
tono. Sapeva di non piacere a Galinthia, in quelle settimane lei si
era assicurata che non lo dimenticasse mai, neppure una volta. Il
peggio era che anche le altre la seguivano a ruota, nello schernirla
e nel tenerla a distanza. A volte si sentiva talmente avvilita e
scoraggiata che avrebbe voluto mollare tutto e tornarsene a casa.
Nelle serate dentro la tenda, in cui le altre allieve chiacchieravano
e ridevano tra loro e lei era relegata in un angolino, emarginata da
tutte, sognava ad occhi aperti la sua casa, il letto caldo e comodo
che l'aspettava, sommerso dai cuscini di piume; sognava i lauti pasti
a base di volatili al forno dalla pelle croccante e la carne tenera,
i formaggi saporiti e l'incredibile varietà di frutta. Poi
il sogno
ad occhi aperti finiva, e la realtà tornava prepotente a
imporsi su
di lei, con il suo sacco a pelo striminzito, il terreno duro che le
faceva dolere la schiena, i pasti frugali e, soprattutto,
l'inimicizia delle sue compagne. La nostalgia era tanta che era stata
tentata di scrivere a suo padre che aveva cambiato idea, e che era
disposta a prendere in marito un uomo di sua scelta, fosse pure
vecchio e viscido, pur di lasciare quel luogo immediatamente. Per
fortuna non lo aveva mai fatto, perché se ne sarebbe
immediatamente
pentita.
Non tutto
andava male però: c'era
Regina, la loro insegnante, che riponeva in lei molte speranze, la
incoraggiava e la spronava continuamente. Non in modo troppo
evidente, che non fosse palese alle altre e fonte di ulteriori
gelosie, ma era chiaro che credeva in Dorelynn e nel suo potenziale.
E poi c'era Damien, con cui si teneva in contatto mentale, e le cui
conversazioni la facevano sentire meno sola, come se ancora un pezzo
di casa fosse lì con lei. A Damien non raccontava di come le
altre
ragazze la trattavano, in parte perché non desiderava
turbarlo, in
parte perché non voleva ammettere con lui che la vita che
aveva
scelto non era tutta rose e fiori. Damien invece le raccontava
pressoché ogni cosa dell'Accademia, incluso il fatto che non
aveva
ancora iniziato a prenderla troppo sul serio. Dorelynn lo esortava a
farlo, lo spronava, a volte quasi lo supplicava di applicarsi almeno
una volta nella sua vita. Ma lui sembrava sordo alle preghiere della
sorella.
Una volta
terminato il lungo
percorso a piedi, le allieve sarebbero dovute salire su un albero
dalla corteccia squamata, servendosi di una spessa liana.
Dorelynn
l'afferrò con entrambe le
mani, ancora il fiato corto a causa della lunga corsa. Era l'ultima,
le altre erano già salite o in procinto di farlo.
Inspirò
profondamente, poi si
aggrappò alla liana e cominciò a salire. Tutti i
suoi muscoli erano
tesi nello sforzo; strinse i denti, salendo una mano dopo l'altra, le
gambe intrecciate saldamente alla liana.
-
Sorella! La
chiamò Damien proprio in quel momento.
-
Dannazione, Damien, questo non è il momento!
-
Perché no?
-
Sto scalando un albero, ecco perché.
-
Vuoi che interrompa il collegamento?
Dorelynn
sbuffò d'impazienza, cercando di calmarsi. Se era arrabbiata
con
Galinthia e le altre non aveva senso prendersela con Damien che non
ne aveva colpa. Parlare con lui non le costava comunque fatica
fisica, e forse l'avrebbe aiutata a distrarsi dai pensieri negativi
che le affollavano la mente. Liberare la mente da ciò che si
stava
facendo con il corpo, era un insegnamento che Regina le ripeteva
spesso.
-
No... non interromperlo. Scusami se sono stata brusca. Come stai?
-
Sto bene, e tu? Ti sento arrabbiata...
Dannazione,
non riusciva a
nascondergli nulla!
-
Non sono arrabbiata con te, ma con la fatica che sto facendo per
completare questo percorso. E, come al solito, sono l'ultima. Come
sono andate le lezioni oggi?
-
Ci ho prestato poca attenzione, sinceramente.
-
Come al solito! Rise
lei, rassegnata.
-
No, ascolta, Lynnie... questa volta ho un buon motivo oltre alla mia
ben nota pigrizia...
-
Mmmh, sembra una cosa seria. Di che si tratta? Non farmi preoccupare!
-
Oggi è arrivata una nuova ragazza, qui in Accademia.
-
Non riesci proprio a stare lontano dalle donne, eh? È
più forte di
te!
-
Smettila! Non intendevo in quel senso, non è per questo che
mi sono
interessato a lei. E poi lo sai che all'Accademia ci impongono un
incantesimo che impedisce a noi allievi di toccarci con quelle
intenzioni.
-
Allora cos'ha di speciale questa ragazza?
-
E' una di quelle che possiedono il dono innato.
-
Davvero? Credevo che non ne esistessero praticamente più.
-
Ma non è tutto qui. È successa un'altra cosa
davvero incredibile di
cui sono stato testimone...
Damien le
raccontò dell'incidente
di Marissa con l'Airknoril e di come quella fosse stata per lui la
prima cosa eccitante che gli era capitata da quando era arrivato a
Letha. Dorelynn fu contenta nel realizzare che finalmente qualcosa
appassionava davvero quel suo scapestrato fratello. Fu ancora
più
contenta che distrarre la mente aveva funzionato: non aveva
pressoché
percepito la fatica della scalata, né della ridiscesa
dall'albero.
Ed ora aveva ripreso a correre con molta più scioltezza e
meno
affanno.
-
Allora perché non cerchi di scoprirne di più?
Parlane con Marissa,
probabilmente lei è confusa e disorientata per quel che le
è
successo. Avrà bisogno di un amico.
-
Ho finito ora le lezioni e sto andando da lei, fintanto che gli altri
si godono l'ora di pausa in cortile e in biblioteca. Tu hai finito il
percorso?
-
Quasi, disse
lei stringendo i denti. Sono
all'ultimo miglio. Sto per passare davanti a Regina. Sono ultima,
come al solito, ma Regina non sembra dispiaciuta. Dorelynn
notò l'occhiata incoraggiante della Zarall che le
scaldò il cuore,
impedendole di notare quelle critiche delle compagne giunte
già al
traguardo da un pezzo.
-
Tieni duro, sorellina. Sono fiero di te.
-
Grazie. Fammi sapere cosa scopri su Marissa. Tienimi aggiornata
zuccone... ciao!
***
Damien
interruppe il collegamento
mentale con la sorella quasi sulla soglia del dormitorio. Era stato
talmente preso dalla conversazione che non si era accorto che Marissa
era balzata in piedi nel vederlo entrare nella stanza, cercando
freneticamente di nascondere qualcosa dentro la sua cassapanca.
I due
ragazzi si fissarono per
qualche secondo, impietriti.
“Cos'hai
lì?” bisbigliò
Damien, guardando il coperchio della cassapanca che sobbalzò
leggermente.
“Niente!”
disse prontamente
Marissa.
“Il
'niente' non si muove di
certo.”
“Non
posso dirtelo... fermo!”
gridò, vedendo che Damien si avvicinava a grandi passi al
mobile.
Senza badarle tirò su il coperchio, e quasi
lanciò un urlo nel
trovarsi davanti lo strano animale. “Cosa diavolo
è quello?”
“Non
lo so”, ammise Marissa.
“E' entrato dalla finestra e non vuole separarsi da
me.”
“Non...
vuole?”
“Non
riesco a farlo andare via,
ed ho paura che se lo scopriranno gli faranno del male.”
“Perché
dovrebbero?”
Marissa
lo fissò sbigottita. “Al
monastero vigeva la regola che, qualunque animale fosse stato trovato
tra i suoi confini, sarebbe stato ucciso.”
“Che
regola idiota!”, commentò Damien sprezzante.
“All'Accademia se
un mago e un animale magico legano è considerato un fatto
positivo.
Significa che tra loro esiste un'intesa magica. Due allievi che sono
più avanti di noi ne hanno, ma non così...
strano. Non ho mai visto
niente del genere. Direi che sembra una specie di drago, se non
sapessi che tutti i draghi sono emigrati a Valchir insieme agli elfi
secoli fa.”
“E
allora cosa faccio? Lo mostro
a Siobhan?”
“Non
c'è fretta, prima scopriamo cosa accidenti è
questo affare. Ti
accompagno in biblioteca. E se il coso
qui vuole
seguirti, lascialo fare.”
La
biblioteca era un'ampia sala
sorretta da quattro massicci pilastri di legno. Marissa vi
posò una
mano, ammirata e, alzando lo sguardo, si accorse che non si trattava
di semplice legno lavorato... quelli erano veri alberi, con tanto di
chioma e radici che affondavano nel pavimento. Le pareti della
biblioteca erano piene fino al soffitto di pergamene e tomi
polverosi. C'erano solo un altro paio di allievi oltre a loro,
intenti a consultare dei volumi presso altrettanti tavoli di legno,
le cui gambe sembravano fondersi con il pavimento pure di legno.
La
creatura volante seguiva Marissa
a breve distanza, e suscitò occhiate meravigliate nei
presenti.
Il
bibliotecario, un uomo anziano e
stempiato con un paio di pince-nez sul naso, si avvicinò a
loro.
“Cos'è
quello?” chiese
indicando il nuovo amico di Marissa.
“Non
lo sappiamo, mastro Gilbert.
Siamo qui apposta per scoprirlo. Potete darmi un volume con la
classificazione di tutte le specie di draghi?”
“Certo”,
mormorò il vecchietto
dando loro le spalle e arrampicandosi su un'alta scala a pioli. Si
mise a cercare tra i libri con perizia, borbottando qualcosa tra
sé
e sé.
“E
lei è la nuova allieva?”
domandò dall'alto, senza abbassare lo sguardo.
“Sì...
mastro Gilbert”,
azzardò timidamente Marissa. “Mi chiamo
Marissa...”
“E
tu ragazzo?” disse rivolto a
Damien. “Non ti si vede spesso qui in biblioteca. Come vanno
i tuoi
studi? Hai finalmente deciso di prenderli sul serio? Tuo padre non
sarebbe molto contento di te se ti facessi espellere. E, credimi, non
saresti il prima a ottenere questo risultato.”
Marissa
scoccò un'occhiata di
disapprovazione a Damien, che fece finta di nulla.
“Sì,
mastro Gilbert”, rispose
con noncuranza, “avete trovato il libro?”
“Ne
ho trovati tre che possono
fare al caso vostro”, rispose il bibliotecario scendendo la
scala
con passi cauti. Marissa si chiese come quel canuto ometto potesse
ancora compiere simili acrobazie.
Mastro
Gilbert mise i pesanti tomi sul tavolo e li lasciò a
consultarli.
“Fatemi sapere se scoprite qualcosa. Non ho mai visto una
simile
creatura, sebbene il suo aspetto sia in qualche modo dragonesco...”
Damien
affidò il primo volume a
Marissa e cominciò a sfogliare l'altro.
“Questo
non c'è utile”, disse
Marissa dopo diversi minuti che lo guardava. “Parla solo
dell'origine dei draghi e delle loro razze più
diffuse.”
“Aspetta”,
disse Damien. “Forse ho trovato qualcosa. Eccolo qui... Famiglie
dei draghi e loro sottorazze... ecco,
non è questo?”
Marissa
osservò la figura in
bianco e nero che lui le indicava. L'animale era identico a quello
che stava accoccolato sul tavolo davanti a loro, seguendoli con occhi
attenti.
“Sembra
proprio lui... cosa dice
la didascalia?”
“Famiglia:
dragoide. Sottofamiglia:
procionydae. Genere:
Dracoon. Animale
di piccole dimensioni, onnivoro, appartenente alla famiglia dei
draghi, dal pelo folto striato di nero... eccetera, eccetera...
è
lui! È un Dracoon!”
Il
Dracoon sorrise, felice che
finalmente il suo nome fosse stato pronunciato ad alta voce. Era
stanco di sentirsi chiamare “animale”,
“creatura”, o peggio
ancora “coso”.
“E
va bene, abbiamo scoperto
cos'è”, concesse Marissa, “ma ancora non
sappiamo come io possa
vedere ciò che vede lui, come possa entrare nella sua testa
e lui
nella mia. Come spieghi questo? Come fa a sapere sempre dove mi
trovo? Come fa a conoscermi?”
“Credo
che di tutti i tuoi dubbi
dovremo parlare con Siobhan”, sospirò Damien,
rassegnato.
Nota
dell'autrice: Ciao
a tutti! Vi è piaciuto il capitolo? Cosa ne pensate?
Finalmente è
stata svelata l'identità del volatile misterioso che
è legato a
Marissa, ma ancora gli enigmi su di lui sono molti, e sono gli stessi
espressi da Marissa stessa a fine capitolo. Siobhan riuscirà
a
trovare una spiegazione a tutto ciò che sta succedendo? Che
ne
pensate di Dracoon? Penso che tutti voi lo sappiate, ma giusto per
specificare Raccon in inglese significa procione, perciò
come
intuibile il nome del nostro amico è Dragon+Raccon=Dracoon.
Volevo
inoltre lasciarvi il link a una mappa che ho abbozzato, e mi scuso se
è veramente rozza ma era solo per darvi una panoramica del
mondo in
cui ci muoviamo con la storia. Non vi preoccupate se i nomi in
piccolo non si leggono, non sono importanti. Le cose importanti le ho
evidenziate, così che possiate capire meglio la dislocazione
geografica dei luoghi che ci interessano.
Mappa di Euhalon
E in
particolare c'è:
Letha
Conne (città
natale di Damien)
Galarand (la
città degli elfi)
La foresta di
smeraldo (dove vivono le Zarall)
Il fiume
Lleney (fiume che segna il confine con la foresta di Argoer)
Argoer
(foresta in cui si trova il monastero)
Se
qualcosa non dovesse capirsi (e
sarà facile che accada, perché sono una pessima
editor^^)
chiedetemi pure senza problemi e cercherò di spiegarlo e/o
sistemare
la mappa in maniera più decente.
Ora che
ho terminato l'altra mia
storia, e che questa è rimasta la mia sola long in corso,
spero di
aggiornare più spesso. Anche così però
non potrò far prima di tre
settimane di attesa. Mi dispiace farvi aspettare, ma non posso far
altro.
Grazie a
tutti i recensori, vecchi
e nuovi... e a tutti voi che leggete!
Alla
prossima,
Eilan
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