Lorem Ipsum

di pierjc
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Un individuo cammina, per strada. È presto, per la maggior parte delle persone. Ma non per lui, non per la sua, di vita.
Il cielo mescola ancora svariati colori tra di loro a formare una sfumatura che, solo a guardarla, ti fa capire quanto è magnifico il mondo, quando vuole.
Ma poi, quell’individuo, si ricorda di non vederci più bene come una volta e si rende conto di essere semplicemente di fronte ad un grande cartellone pubblicitario. Accidenti, gli occhiali.
Li indossa e riprende il suo cammino. L’afa della giornata non è minimamente percepibile in quel momento. Anzi, sembra fare quasi freddo. L’anticamera di una solita giornata afosa.
Indossare la maglia posta sulle spalle sembra essere più che un’ottima idea.
Il silenzio.
Ogni tanto interrotto da qualche uccello intento ad intonare il buongiorno al suo, di mondo. O qualche vettura intenta a riportare il proprio passeggero a casa.
Impensabile, incredibile.
È difficile catalogare i giovani d’oggi. Soprattutto per lui che è intento a fare una semplice passeggiata di prima mattina. Chissà in quale pub saranno stati a dimenticarsi la gioventù, sempre con quei maledetti cellulari in mano. Schiavi di una prigione invisibile ma tangibile, di una gabbia dalla quale potrebbero fuggire in qualsiasi momento, ma in cui si sentono parte di un universo immortale. Eccolo il rumore delle catene. Quei cosiddetti tap. Chissà se un giorno, quando saranno vicino alla fine dei loro giorni, si renderanno conto di quanto sarebbe stato bello vivere. O se, semplicemente, posteranno un altro inutile commento che andrà a perdersi nell’acquazzone di qualche social network. Una goccia. Una delle tante. È davvero un bene che il mondo moderno abbia così tanta tecnologia? 
Prosegue per la strada e assapora l’odore piacevole del caffè, quell’uomo. Dunque, qualcun altro, oltre a lui, è sveglio.
Nel bar dell’angolo non c’è nessuno.
Entra.
Saluta.
Nessuna risposta.
Si toglie gli occhiali, li pulisce meticolosamente con un fazzoletto e li indossa di nuovo. Getta un nuovo sguardo nel bar e finalmente individua la provenienza di quella flagranza.
Buondì accenna la barista.
Buondì risponde l’individuo.
Era come se quella donna stesse assaporando l’essenza stessa di ciò che faceva. O forse era solo sonno.
Sonno? chiede l’individuo, per esserne certo.
Molto risponde la donna, facendo svanire ogni ombra di dubbio.
E come mai? Fate questo lavoro da molto tempo, dovreste essere abituata commenta l’individuo.
L’abitudine spesso si accorge di avere altro da fare e ti abbandona proprio nel momento del bisogno.
L’individuo fa qualche passo e si siede di fronte alla donna, scostando una sedia, al suo stesso tavolino e cercando di capire. La sua età era avanzata ma cionondimeno la sua mente era, così si sperava, molto lucida.
Come fa l’abitudine ad abbandonare qualcuno? domanda l’individuo che ormai era entrato in confidenza con la donna.
Lei cosa fa a quest’ora? Va in giro? Ecco. Poniamo un esempio. Se per un sol giorno dovesse presentarsi l’occasione per lei di dormire di più. Anche solo un paio d’ore, il giorno dopo avrebbe problemi a svegliarsi a quest’ora di nuovo?. L’individuo cerca di pensarci un po’, si appoggia allo schienale e pensa ad una risposta da dare.
Beh, no. Credo che sarei in grado di svegliarmi come tutti gli altri giorni precedenti a quello in cui ho potuto dormire di più.
La donna alza la mano sinistra, indica l’individuo col palmo aperto all’insù e fa un cenno di approvazione.
Ecco. Nella normalità dovrebbe accadere questo. La sua abitudine non l’abbandona. Resta con lei. La mia, invece, mi ha lasciato senza nemmeno avvertirmi.
L’individuo sembrava aver colto il punto. La sua abitudine l’ha abbandonata.
La donna abbassa la testa e torna a pensare al suo caffè.
Già.
L’uomo si alza, saluta cordialmente quella donna e riprende il suo cammino.
Non aveva voluto accettare nulla, né un caffè né un bicchiere di succo. Dovrà essere di ritorno a casa nel minor tempo possibile, prima che quel piacevole fresco torrido lasci il posto ad uno spietato caldo senza scrupoli.




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