La mattina seguente, Noriko
venne a svegliarla di buon'ora. Era già vestita di tutto
punto, con una semplice stola e un corto mantello allacciato sotto il
collo con una fibbia arrugginita. La tana era silenziosa, non si udiva
nemmeno il chiacchiericcio di Afareen e Chalipa.
- Muoviti a vestirti, lumaca. - l'apostrofò Noriko.
Con ancora gli occhi socchiusi e senza smettere di sbadigliare, Nemeria
rovistò tra i suoi vestiti ed estrasse il primo che le
capitò sotto mano. Si sentiva stanca, la notte precedente
non era riuscita a dormire. Il sonno era andato e venuto, contendendosi
il suo corpo con la paura di scorgere mostri acquattati nel buio,
figure grottesche che la inseguivano fino alle catacombe, armati di
daghe insanguinate. Nell'ultimo incubo, Nemeria aveva assistito di
nuovo al massacro di tutti i membri della famiglia. A nulla erano valse
le urla, le suppliche. I mostri si erano fermati solo quando intorno a
sé Nemeria aveva visto le ombre dei cadaveri dei suoi cari.
Poi era arrivato il suo turno e i nemici avevano cominciato ad
accanirsi su di lei. L'avevano colpita un paio di volte, prima che si
svegliasse di soprassalto con il sapore salato delle lacrime in bocca e
la pelle ricoperta di sudore freddo. Era scoppiata a piangere tra le
braccia di Noriko, accorsa al suo fianco richiamata dai lamenti e dai
gemiti di terrori, e la ragazza l'aveva tenuta stretta al suo petto
finché la stanchezza non l'aveva di nuovo sopraffatta. Quel
comportamento un po' le aveva ricordato Etheram quando la vedeva
giù di morale e Nemeria faceva di tutto per nasconderlo:
alla fine, puntualmente, le rivelava sempre tutto e allora sua sorella
l'avvolgeva in abbracci stritolanti che avevano il potere di scacciar
via i pensieri negativi.
Mentre si vestiva, non le sfuggirono le occhiate che di tanto in tanto
Noriko le lanciava. Poteva leggere una certa apprensione nei suoi
occhi, ma forse si sbagliava. Ad ogni modo, decise di dire qualcosa,
quel silenzio era snervante.
- Grazie per ieri sera. Non cambia l'opinione che ho di te, ma sei
stata gentile. Mi hai sorpresa. - ammise, indossando ai piedi un paio
di campagi neri bucati.
Noriko fece spallucce e spostò il lembo della tenda per
assicurarsi che fuori non ci fosse nessuno.
- Chi è Hediye? - chiese poi di punto in bianco.
Le mani di Nemeria si immobilizzarono a mezz'aria e la penula cadde ai
suoi piedi. Si inginocchiò di scatto, la raccolse e
tentò di infilarsela, ma le dita si erano improvvisamente
intorpidite e sembravano muoversi a rallentatore, come se le avesse
tenute troppo a lungo sotto la neve.
Un sospiro precedette dei passi. Noriko le arrivò alle
spalle, girò la mantellina nel verso corretto e
sistemò il cappuccio e la stoffa in modo che non ci fossero
grinze.
- Ti do una mano a pettinarti, sei lenta. -
Prese il suo pettine d'osso e cominciò a lavorare. Nemeria
si morse le labbra, in attesa di sentire i capelli tirarsi e poi
spezzarsi al primo nodo, ma non accadde, nemmeno quando i denti del
pettine si impigliarono in un grumo di fango solido come un sasso.
Noriko, dopo un paio di tentativi, semplicemente si allungò,
prese dell'acqua dall'otre vicino alla sua stuoia e si bagnò
entrambe le mani, per poi passarle sulla ciocca e massaggiarla
finché i palmi non divennero neri. Nemeria
osservò i movimenti con la coda dell'occhio, ipnotizzata
dalla loro delicatezza e cura.
- Non volevo spaventarti, prima. Hai urlato il nome di Hediye
più volte stanotte, per questo ho domandato. Doveva essere
una persona molto importante per te. -
Senza perdere la presa sui capelli, si chinò e prese un
cordoncino di cuoio intrecciato. Dopo un momento d'esitazione, Nemeria
annuì e basta, lasciando intendere che quella conversazione
sarebbe morta lì. Non voleva che Noriko sapesse, anche se
era stata gentile non si fidava ancora. I mortali erano cattivi, questo
le era stato insegnato, ma quell'affermazione, ripetuta dalle Anziane
della tribù, si sciolse pian piano sotto le mani esperte e
veloci di Noriko mentre le intrecciava i capelli.
La rossa non insisté e finì il suo lavoro un
minuto più tardi. Quindi si tirò su e la
guardò dall'alto.
- Ecco fatto. Forza, abbiamo già perso abbastanza tempo. -
- Dove andiamo? -
- Da un amico che mi deve un favore. Risparmia il fiato, ci
sarà da camminare. -
Noriko uscì dalla tenda con lo zaino sulla schiena, Nemeria
dietro di lei che incespicava tentando di mantenere il passo sostenuto
della compagna. Quest'ultima non sapeva come facesse a camminare a
quella velocità senza fare rumore, i suoi piedi sembravano
non appoggiarsi mai al terreno e ogni volta che si imbattevano in un
ostacolo lo aggiravano con grazia felina prima di andarci a sbattere.
C'era una leggiadria intrinseca in Noriko, qualcosa che a Nemeria
ricordava Etheram e tutte le Jinian che dominavano l'aria.
- Dove hai imparato a muoverti così? -
- Dal mio maestro. -
- Avevi un maestro? E lo ha insegnato solo a te oppure anche ad altri? -
- Ai bambini che vivevano nel tempio. -
- Quindi Hirad non scherzava quando diceva che nell'Ukyio-e insegnano a
combattere a tutti. -
- Attenta al topo. -
Quando Nemeria sentì le zampette del ratto correrle su per
il piede per poco non cacciò un urlo. Inspirò ed
espirò finché non si fu calmata, poi
scattò per raggiungere Noriko. L'unica fonte di luce era la
lanterna che si erano portate dietro, ma non riusciva a
tranquillizzarla. Anche quando girava per le gallerie con Hirad
sobbalzava ogni volta che si trovava faccia a faccia con un ragno o un
topo la sfiorava, però bastava che il ragazzo parlasse per
farla riprendere dallo spavento. Noriko invece era taciturna e
procedeva senza mai voltarsi indietro. Eppure, nonostante il silenzio
che regnava tra di loro, Nemeria non aveva paura.
- Perché te ne sei andata? - tornò alla carica,
curiosa di conoscere qualche dettaglio in più sul passato di
Noriko.
- Fai sempre così tante domande alle persone che ti stanno
antipatiche? -
- Non sei obbligata a rispondere. - borbottò imbronciandosi.
- Quanti anni hai detto di avere? -
- Undici... - Nemeria si interruppe, folgorata da un dubbio, - Che
giorno è oggi? -
- Il trentesimo di Achiel. -
- Allora ne ho dodici. -
- Quando li avresti compiuti? -
- Circa tre settimane fa, ma mi è passato di mente. -
Si rigirò la pietra di luna tra le dita e si
sentì assalire da una profonda tristezza. Se non fossero
stati attaccati, avrebbe iniziato l'addestramento per diventare una
Jinian, probabilmente intraprendendo come prima via quella dell'acqua o
dell'aria. Etheram sarebbe stata al suo fianco, l'avrebbe tenuta per
mano assieme a Hediye e Rakhsaan mentre attendeva che l'Alta
Sacerdotessa e le Anziane la chiamassero per la
“Sheranti”, il rituale con cui avrebbe cominciato
ufficialmente il suo percorso verso la perfezione di se stessa.
Posò la mano sulla pancia, all'altezza dell'ombelico,
percependo la levigatezza della pelle sotto il tessuto, una pelle che
sarebbe rimasta così per sempre, senza le cicatrici, i tagli
e le bruciature di una vera Jinian.
Noriko sospirò e le cinse le spalle con un braccio. Ancora
una volta, Nemeria rimase spiazzata da quel gesto, che mal si
conciliava con l'espressione imperscrutabile della sua compagna.
- Aumenta il passo o non arriveremo mai in tempo. -
“In tempo per che cosa?” avrebbe voluto chiedere
Nemeria, ma tenne la domanda per sé e lasciò che
il calore di Noriko le scaldasse anche il cuore, crogiolandosi in
quell'abbraccio che tanto la faceva sentire al sicuro.
Nelle ombre proiettate sui muri delle gallerie, talvolta le parve di
rivedere i volti dei membri della tribù che la studiavano,
lupi affamati pronti a ghermirla, ma le bastava stringere appena le
dita per avvertire la presenza di Noriko e relegare i fantasmi nelle
tenebre al di fuori del cerchio luminoso.
Dopo quasi un'ora, la ragazza si fermò davanti a una scala
all'incrocio tra due gallerie che Nemeria non ricordava di aver
esplorato. Alcuni pioli erano marci, altri spezzati, ma le corde che li
sostenevano sembravano nuove. Noriko le passò la lanterna e,
una volta in cima, spostò la grata. Perlustrò con
lo sguardo la strada, prima di compiere gli ultimi passi e uscire
all'aperto. Soltanto allora Nemeria seguì il suo esempio.
Era una mattina uggiosa e nuvole latrici di pioggia avevano preso in
ostaggio il cielo. A tratti, un timido sole faceva capolino, per poi
essere di nuovo strattonato nella sua prigione. Non era la classica
giornata estiva, ma per gli occhi di Nemeria, così abituati
al buio, quella luce era quasi accecante.
- Siamo nel Quartiere della Pietra. È il quartiere
artistico, diciamo. Pittori, scultori, architetti e miniaturisti vivono
qui fin dalla fondazione di Kalaspirit. Il nome è dovuto
alla preminenza di una di queste arti, indovina quale? -
Nemeria si guardò intorno. Se fosse capitata lì
per caso, non avrebbe creduto di essere nel Quartiere della Pietra. Non
c'era niente di spettacolare nella strada che stavano percorrendo,
anzi, era un luogo abbandonato a se stesso, una specie di ghetto dove a
ogni angolo poteva nascondersi un assassino o un borseggiatore in cerca
di una facile preda. Una leggera foschia aleggiava nell'aria, creando
un'atmosfera spettrale che il vento non riusciva a disperdere. I pochi
passanti che incrociarono puzzavano d'alcool o si trascinavano
balbettando frasi sconnesse con ancora una bottiglia di vino in mano,
mentre cani e gatti dal pelo arruffato li osservavano irrequieti,
raggomitolati a ridosso delle case fatiscenti oppure nei pressi delle
poche osterie già aperte.
Nemeria camminava a testa bassa, a braccetto con Noriko, domandandosi
come fosse possibile che quel Quartiere versasse in condizioni tanto
pietose. Dove vivevano loro non era strano vedere mendicanti o altri
bambini cenciosi che sorvegliavano i passanti nella speranza di poter
rubare qualcosa, a quello si era abituata, come al caos e all'allegro
cicaleccio a ogni ora del giorno. Lì, invece, tutto sembrava
morto, persino gli abitanti davano l'impressione di essere dei
derelitti in attesa della forca.
- Per di qua. - le indicò Noriko.
Si immisero in una stradina claustrofobica dove l'odore di urina ed
escrementi era così forte da rendere l'aria irrespirabile.
Nemeria dovette tapparsi il naso per non vomitare la cena della sera
precedente. In fondo, circondata da un nugolo di zanzare e mosche,
cigolava un'insegnata di legno smangiato che riportava: Arsalan,
tatuaggi e decorazione del corpo.
- Perché siamo qui? - domandò titubante Nemeria.
- Te l'ho già detto, dobbiamo cercare di rendere il tuo
aspetto più normale. -
L'ingresso si apriva su una rampa di scale in pietra nera, che
terminava davanti a un'altra porta. Un campanello dalla forma di un
tozzo uccello era appeso sopra di essa, un silenzioso guardiano dagli
occhi strabici e il becco più grosso della testa. Quando
Noriko lo suonò, emise un suono stridulo, simile al
gracchiare di una cornacchia, agitandosi tutto come se fosse vivo. Dopo
qualche istante, una donna sulla trentina, alta e magrissima, con i
capelli neri tagliati corti e le mani pesantemente inanellate, apparve
sulla soglia. Puzzava di sudore, vino e qualcos'altro che Nemeria non
capì.
- Ti sembra l'ora di presentarti, Noriko?! - berciò mentre
si stropicciava gli occhi gonfi di sonno, - Se sei venuta per chiedermi
soldi, caschi male. Non ho intenzione di darti nemmeno uno youan. -
Noriko non fece una piega, attese che la donna si stiracchiasse e
smettesse di sbadigliare prima di fare un passo verso di lei, tirandosi
dietro Nemeria.
- Sono qui perché mi devi ancora un favore, Asuka, e so che
tu e Arsalan siete persone di parola. -
- Ti abbiamo già abbondantemente ripagato per averci
avvertito del furto dei Dodici, che vuoi ancora? -
- Per quello sì, ma non per quel mercante che ha provato a
vendervi pigmenti di pessima qualità. -
Asuka si batté una mano in faccia con un gesto plateale, poi
esalò un profondo respiro e si rassegnò,
invitandole a entrare.
La stanza che le accolse era più grande di quanto Nemeria
avesse immaginato. Era un ambiente circolare, con il pavimento composto
da pannelli rettangolari di paglia intrecciata. Le lanterne, tutte
appoggiate su scaffali e panche di legno nero, erano costituite da un
telaio su cui era stato teso un foglio sottilissimo. Il cassettino alla
base, decorato con iscrizioni sbozzate direttamente nel rame,
attirò subito l'attenzione di Nemeria. Al centro della
stanza, un uomo alto e possente armeggiava con pennelli, aghi e alcune
boccette colorate.
- Ars, abbiamo visite. - lo chiamò Asuka.
- Che genere di visite? - chiese quello, rimanendo ancora di spalle.
Arsalan aveva una voce melodiosa, quasi femminea. I capelli lunghi
erano stretti sul collo da un semplice nastro viola e, quando si
voltò, Nemeria rimase sorpresa nel vedere quanto fossero
delicati i lineamenti del suo viso, abbellito da labbra a cuore e occhi
a mandorla, messi in risalto dalla pelle chiara come il latte.
- Oh, Noriko! Vedo che hai portato un'amica. Posso offrirvi qualcosa? -
Noriko annusò l'aria mentre si toglieva i sandali. Nemeria
rimase un attimo interdetta, ma poi si affrettò a seguire
l'esempio.
- Hai fatto il tè verde con la malva. -
Ars sorrise: - Sì, sai che è l'unico che riesce a
svegliare Asuka. -
- Vada per quello, allora. -
- Ci sono anche dei chinsako. -
Noriko si girò verso Nemeria. Sembrava così a suo
agio, rilassata, come non lo era mai stata.
- Vuoi assaggiarli? Sono molto buoni. -
- Basta che non ne mangi troppi, non sono semplici da trovare e Ars si
scoccia a cucinarli. - intervenne Asuka.
- Asuka, non ci si comporta così con gli ospiti. - la
riprese Ars.
La donna lo liquidò con un gesto vago della mano e
sparì al di là della porta davanti a loro, una
specie di cucinotto semibuio.
- Scusatela, appena sveglia è intrattabile... coraggio, non
restate in piedi. Il tatami forse non è comodissimo per chi
non è abituato, se preferite posso andare a prendere i
cuscini di sopra. -
- Non ti preoccupare, va bene così. - lo
rassicurò Noriko, posando a terra il ginocchio sinistro per
primo, seguito dal destro e poi si raddrizzò la schiena,
sovrapponendo le punta dei piedi.
Nemeria studiò quei movimenti, chiedendosi se anche lei
dovesse fare lo stesso. Le sembrava un modo insolito di sedersi,
avrebbe preferito abbandonarsi a gambe incrociate sul pavimento, ma
probabilmente non sarebbe stato educato. Così, cercando di
non perdere l'equilibrio, imitò quello che aveva fatto
l'amica, tirando poi le spalle in dentro e il petto in fuori per
sembrare il più marziale possibile.
Ars e Noriko la fissarono a lungo perplessi, tanto che Nemeria temette
di non essersi seduta nel modo corretto.
- Come ti chiami? - tossicchiò Ars, nascondendo il
divertimento dietro un colpo di tosse.
Nemeria spostò lo sguardo alla ricerca di quello della sua
compagna, nella speranza che le suggerisse come dovesse comportarsi, ma
Noriko, a parte un mezzo sorriso d'incoraggiamento, non si
scucì.
- Mi chiamo Nemeria, signore. - disse tutto d'un fiato.
- Niente formalità, non sono ancora così vecchio
da meritare tutta questa deferenza. Piuttosto, non essere
così rigida! Non sei di certo al cospetto del sultano o del
sovrano celeste. -
- Sì, infatti, impettita così sembri un piccione.
- commentò Asuka, riemergendo dal cucinotto con un piatto di
porcellana pieno di biscotti e quattro tazze fumanti.
Si sedette vicino ad Ars a gambe incrociate, porse a tutti una tazza e
attese che si servissero. Nemeria fu l'ultima: voleva assicurarsi di
non sbagliare, la brutta figura di prima l'aveva fatta vergognare
abbastanza. Inzuppò il biscotto nel tè solo
quando vide anche Noriko farlo.
- Hai un nome davvero particolare, Nemeria. Anche il tuo aspetto
è singolare. Se posso chiedere, i tuoi genitori venivano dal
Nord? - domandò Ars.
- No... non proprio. Non ho mai conosciuto i miei genitori, ad essere
sincera. -
Era una mezza verità. Sua madre era una delle Anziane o una
Jinian, mentre il padre... quello proprio non lo sapeva. Poteva essere
un “Ikaelan” o uno dei Jinean della
tribù. In qualunque caso, non l'avrebbe mai saputo, anche se
la sua gente fosse sopravvissuta: l'identità dei genitori
non veniva mai rivelata e i Jinean, le controparti maschili delle
Jinian, raggiunta una certa età, abbandonavano la
tribù portando con loro il segreto.
- L'unica cosa che so è che questo nome lo ha scelto mio
padre, ha insistito perché lo portassi. - aggiunse e si
concentrò sul tè fumante per sfuggire allo
sguardo carico di compassione dell'uomo.
Non voleva la pietà di nessuno, eppure era l'unico
sentimento che sembrava suscitare negli altri.
- È davvero bello, tuo padre aveva buon gusto. Ha un qualche
significato? -
- Ars, stai mettendo la nostra ospite in imbarazzo. - lo
rimbeccò Asuka con una gomitata, - Guardala, a momenti
diventa un uovo a forza di incassare la testa nelle spalle! -
- Scusami, non era mia intenzione. -
- Invece di scusarti, finisci di bere prima che si freddi,
sennò poi ti lamenti che non riesci a berlo e mi costringi a
rifarlo. E voi due sputate il rospo: perché siete qui?
Noriko non viene mai per una semplice visita di cortesia, sopratutto se
abbiamo un debito nei suoi confronti. -
La ragazza sorseggiò l'ultimo goccio di tè,
socchiudendo appena le palpebre come se volesse godersi quel sapore per
l'ultima volta.
- Desidero che rasiate la testa di Nemeria. - rivelò infine.
Asuka e Arsalan strabuzzarono gli occhi, e Nemeria per poco non si
strozzò. La fissò intensamente augurandosi che
stesse scherzando, ma non c'era ombra di divertimento nella sua
espressione.
- Posso sapere il motivo di una scelta così drastica? - si
azzardò a chiedere Arsalan.
- Nella tana qualcuno ha portato i pidocchi. Io sono sempre fuori e ho
i capelli sempre legati, Nemeria invece si occupa per lo più
di faccende interne. Credo sia la cosa migliore per tutti, almeno
finché non avremo risolto il problema. -
- La tua amica non mi sembra molto d'accordo. Immagino non fosse a
conoscenza dei tuoi piani. - le fece notare Asuka.
Noriko agguantò con indifferenza un altro chinsako dal
piatto. A Nemeria era passato l'appetito. Sbocconcellò il
suo biscotto e si inumidì le labbra secche con il
tè senza proferire parola, i pensieri che l'assordavano e
vorticavano impazziti.
- Nemeria? Tutto bene? Sei pallida come un cencio, piccola. - la
richiamò Ars preoccupato.
La bambina scosse la testa e posò la tazza in grembo.
Guardando il suo riflesso sul fondo, si accorse di avere gli occhi
lucidi. Non aveva mai avuto un attaccamento speciale ai suoi capelli,
Etheram ed Hediye dovevano litigare sempre con lei per pettinarglieli,
più volte aveva desiderato tagliarli, eppure adesso quella
decisione le pesava come un macigno sul cuore.
- È la decisione migliore. - Noriko le strinse la spalla e
la scosse appena per farle forza.
- E poi ricresceranno più sani e forti. - la
rincuorò Ars con un sorriso bonario, - Anche Asuka li ha
dovuti tagliare quando portai a casa i pidocchi e ora guardala: ha un
cespuglio indomabile. -
- So che doveva essere un complimento, ma non ti è uscito
molto bene. - lo rimbeccò caustica lei, tirandogli un'altra
gomitata tra le costole, prima di rivolgersi di nuovo a Nemeria, -
Fintanto che non sento dalla sua bocca che è d'accordo, io
non prendo nemmeno il rasoio. -
Nemeria afferrò una ciocca, una delle tante che era sfuggita
alla morsa del nastro, e l'attorcigliò attorno al dito,
accarezzandola con l'altra mano come Rakhsaan faceva col suo pupazzo di
pezza. Anche Etheram aveva sempre portato i capelli lunghi, li aveva
fatti crescere finché non erano arrivati a coprirle la
schiena, e man mano che aveva proseguito sul suo cammino per diventare
Jinian erano diventati una serica chioma perlacea, in mezzo alla quale
facevano capolino alcuni ciuffi castani. I suoi, invece, erano color
fuliggine con qualche striatura più chiara. Portò
la ciocca davanti al viso e inspirò il profumo di cannella,
coriandolo e nardo, ancora vivido nei suoi ricordi.
- Dove mi devo mettere? - sbuffò arresa.
Asuka si alzò in silenzio, si avviò nel
retrobottega e ricomparve con una scatola di legno bianco levigato tra
le mani.
- Ars, tu occupati dei pigmenti e pensa a un disegno da tatuare. -
- Mi farete un tatuaggio sulla testa? - indagò incredula
Nemeria.
- È ovvio! Avere una testa completamente calva per una
ragazza non è mai una cosa bella. Prima che tu me lo chieda,
sì, i capelli ricresceranno anche con i tatuaggi. Spostati,
Noriko, intralci l'artista se stai così appiccicata alla mia
cliente. -
Noriko aggrottò le sopracciglia irritata, ma andò
a sedersi contro il muro senza ribattere. Asuka si posizionò
alle spalle di Nemeria, il rasoio già in mano, e le
domandò se fosse pronta.
“No.”
- S-sì. - balbettò tesa.
- Bene, allora mettiti comoda, ci vorrà un po'. -
Dopo averle sciolto la treccia ed essersi assicurata che non ci fossero
nodi, Asuka cominciò a lavorare. Tagliò una
ciocca dietro l'altra, dapprima piano, come se si aspettasse da un
momento all'altro che Nemeria le dicesse di fermarsi, poi, quando il
tatami fu ricoperto da un tappeto di ciuffi neri, grigi e bianchi,
iniziò a raderle la testa, la lama che sfiorava il cuoio
capelluto a ogni passata. Era brava, precisa, scrupolosa, non doveva
essere la prima volta che faceva una cosa del genere.
Nemeria tenne gli occhi bassi, ignorando ostinatamente i ciuffi
tagliati che svolazzavano verso il basso. Sapeva che, se li avesse
guardati, sarebbe scoppiata a piangere ed era stanca di mostrarsi
debole, di consumarsi nel ricordo di ciò che aveva perso.
Strinse i pugni e cercò conforto nello sguardo di Noriko. Le
fece un lieve cenno del capo e Nemeria si sentì stranamente
rinvigorita. Ricacciò indietro le lacrime,
abbozzò un sorriso e trasse un profondo respiro. Per la
prima volta da quando era arrivata a Kalaspirit, le sembrò
di riuscirci davvero.
Ars le mostrò lo schizzo di un tatuaggio su un foglio
sottilissimo e lucido. Sul bozzetto di una testa aveva disegnato un
intrico di fiori, radici e germogli che si intrecciavano in un
labirinto di cerchi, semicerchi e linee spezzate, ricoprendo ogni
centimetro di pelle oltre alla base del collo. Meravigliata, Nemeria
prese il foglio tra le mani.
- Ti piace? -
- Non è troppo... vistoso? -
- No, anzi, è una cosa che si vede spesso in giro.
Nell'Ukyio-e non facciamo tatuaggi di questo genere, ma qui va di moda,
soprattutto da quando il sultano ha firmato il trattato commerciale con
il Rajeh dell'Impero di Skandaaleshan. Non li hai mai visti? Di solito
se li fanno fare sulle braccia o sulle dita. - rispose Ars.
Nemeria se li ricordava molto bene, li aveva notati sulle donne, e
addirittura una di loro si era unita alla tribù. Si chiamava
Kajal. Quando si era presentata dinanzi all'Alta Sacerdotessa, aveva
sfoggiato le braccia ricoperte con quei tatuaggi e i polsi ornati con
dei bracciali, collegati attraverso delle catene dorate a cinque anelli
diversi. Era così bella da sembrare l'incarnazione della
figlia della Madre, Soraka. Nemeria aveva provato invidia e per un
attimo aveva desiderato di essere lei.
- D'accordo. Farà male? -
Asuka pulì il rasoio dai capelli rimasti e lo ripose nella
scatola.
- Dovrai sopportare un po' di dolore, ma ti assicuro che
sarà stupendo alla fine. Modestie a parte, noi siamo i
migliori, Noriko lo sa. -
Nemeria spalancò gli occhi. Che anche lei si fosse fatta
tatuare qualcosa? Non l'aveva mai vista nuda, però non era
da escludere. Anche le Jinian guerriere ne avevano molti, quindi forse
anche per le ragazze come lei, addestrate al combattimento, era una
cosa normale.
La invitarono a sdraiarsi su un materasso pulito che Asuka aveva
portato giù dal piano si sopra. Con una mano, Ars le tenne
la pelle leggermente in tensione, il pennello intriso di colore tra le
dita, mentre con l'altra cominciò a puntellarle la testa. Il
dolore era intenso e l'ago penetrava con forza nella carne, ma dalle
labbra di Nemeria non uscì un solo gemito, sebbene le
lacrime premessero pericolosamente da dietro le ciglia. Fecero un paio
di pause, giusto per permetterle di riprendere fiato e bere un bicchier
d'acqua. Asuka le offrì degli altri biscotti e Ars le puliva
di tanto in tanto la testa dai rimasugli di colore o dal sangue.
Quando finalmente finì, era pomeriggio inoltrato. Nemeria si
sentiva ancora dolorante e quando tentò di alzarsi ebbe un
capogiro così forte che, se non fosse stato per i riflessi
felini di Noriko, sarebbe crollata. Accettò la tazza di
tè fumante che Ars le porse e lasciò che il gusto
fresco della menta e del gelsomino le distendesse i nervi. Soltanto
allora Asuka le si fece vicino e le mise davanti uno specchio.
Il tatuaggio le avvolgeva la testa come un velo da sposa. Le linee di fiori e
germogli si inerpicavano passando sopra le orecchie e scendendo fino
alle scapole, per poi diramarsi in una radice nodosa che sembrava
racchiudere le prime vertebre della spina dorsale. Sul davanti un fiore
di loto sbocciava in tutto il suo splendore. Nemeria lo
sfiorò con la punta delle dita e, senza che se ne rendesse
conto, un sorriso si aprì sulle sue labbra. Fece saettare lo
sguardo da Ars ad Asuka, cercando qualcosa da dire, ma aveva la gola
secca e le parole sembravano svanite nel nulla. Perciò, con
un po' di titubanza, li abbracciò commossa.
- Grazie. -
- Ha fatto tanto male? - Ars le diede una pacca sulla spalla,
leggermente rigido e imbarazzato.
- Solo un po'. -
- Per le prossime due settimane non devi stare con la testa al sole per
nessuna ragione al mondo. È importante che il tatuaggio
rimanga il più possibile pulito per evitare infezioni. So
che dove vivete voi non è un ambiente che si possa definire
lindo, ma per quanto puoi prova a non sporcarti. Coprilo con un
fazzoletto di stoffa e ogni sera metti un pomata a base di origano,
maggiorana e timo. -
Asuka l'allontanò con una leggera spinta e prese un
barattolino da uno scaffale, assieme a una bandana bianca.
- Dovrebbe bastare, ma qualora ne avessi bisogno basta che torni qui e
vedrò di procurartene un altro po'. -
Nemeria annuì e accettò i doni. Noriko le fu
subito accanto, si appropriò del barattolino e lo
sistemò nello zaino.
- E con questo abbiamo saldato il nostro debito. La prossima volta, se
vorrai qualcosa, dovrai pagare. - sancì decisa Asuka, - Ora
sparite. Dobbiamo mettere a posto il negozio prima che arrivi il nuovo
cliente e qui sembra che abbiamo appena tosato una pecora. -
Mentre la donna spazzava per terra, Ars le accompagnò alla
porta. Aveva la punta delle dita sporche d'inchiostro, ma il vestito,
che solo ora Nemeria notava essere composto da una specie di
gonna-pantalone e una giacca a maniche corte, era immacolato.
- Se avete bisogno, non fatevi problemi a tornare. Noriko, la nostra
porta è sempre aperta per te. -
- Lo so. -
Si salutarono con un inchino profondo che Nemeria si
affrettò a imitare. Poi, dopo aver rivolto loro un ultimo
sorriso, Ars chiuse la porta.
- Hai fame? - domandò Noriko.
Nemeria stava per dire di no, ma il suo stomaco la tradì,
emettendo un gorgoglio di protesta. Si massaggiò la pancia,
abbozzando un sorriso impacciato.
- Qui intorno le locande non sono dei buoni posti da frequentare. Se
corriamo, riusciremo ad arrivare alla tana per la merenda. -
- Dariush non si arrabbierà perché siamo uscite
di nascosto? -
- Lo zittiremo portandogli qualcosa. Non mi sembra una buona idea
rimanere fuori ancora a lungo, soprattutto con quell'uomo losco che ti
segue. Abbiamo tagliato i capelli, ma gli occhi rimangono comunque
riconoscibili e io non conosco nessun Dominatore che sarebbe disposto a
cambiarteli gratuitamente. -
- C-cambiarmeli? In che senso? - chiese allarmata la bambina, ma
l'altra le intimò di tacere.
Noriko si guardò intorno ispezionando la strada. A parte
qualche barbone e gli animali randagi nascosti dietro barili e casse
rotte, c'era un discreto via vai e alcuni negozi, prima chiusi, adesso
erano aperti ed esponevano la loro merce. Nemeria notò
persino qualche acquirente dall'aria facoltosa accompagnato da almeno
quattro guardie del corpo.
Imboccarono lo stesso vicolo dell'andata, ridiscesero sottoterra e
percorsero un tunnel semibuio, finché, arrivate a un bivio,
Noriko svoltò a destra invece che a sinistra. Quando
uscirono dalla grata si ritrovarono in un altro quartiere, che Nemeria
riconobbe come quello del Legno. Aveva sentito parlare di quelle
bancarelle, sormontate da tende multicolori che, in un arcobaleno di
stoffe rattoppate, si univano sopra le teste dei passanti creando
un'ombra piacevole. Altea veniva spesso a “fare la
spesa” lì, era il suo posto di caccia preferito.
Per un momento Nemeria credette che Noriko desiderasse rimpinguare le
loro scorte, ma cambiò subito idea quando la vide dirigersi
verso un'artista di strada, una donna con i capelli raccolti in un'alta
coda di cavallo e vestita con un abito arricchito di frange e ricami
dai colori vivaci. Se ne stava seduta in un angolino ombreggiato,
intenta a sistemare le corde del suo strumento, una specie di liuto dal
manico largo e la cordiera triangolare. Non appena Noriko e Nemeria le
arrivarono vicino, alzò il capo rivelando un viso pulito,
con gli occhi verdi e le labbra truccate ad arte per farle sembrare
più piccole.
- Buondì, Noriko. Lei chi è? -
- È della famiglia. -
- Deve essere una importante se l'hai portata con te. - sorrise
mostrando una fila di denti ingialliti, che però nulla
toglievano alla sua bellezza, - Cos'hai da scambiare questa volta? -
Noriko tirò fuori dallo zaino un tozzo di pane e un
sacchetto grosso come il suo pugno. La donna lo aprì e il
sorriso sulle sue labbra si allargò, poi lo nascose sotto la
gonna e addentò il pane affamata.
- Giusto stamane ho appreso che Harmad è di ritorno dalle
terre del Rajeh con un carico di spezie. Roba preziosa. - disse qualche
attimo più tardi.
Noriko si fece attenta: - Quando arriverà? -
- Fra tre, massimo quattro giorni. La stima dei suoi concorrenti
è approssimativa, tutti sperano che lo colga un malore o che
la sua carovana venga investita da una tempesta di sabbia. -
Nemeria si stava agitando. La strada era molto affollata e, sebbene
nessuno sembrasse badare a loro, il ricordo del predone che l'aveva
pedinata era ancora vivido nella sua mente. Fece qualche passo verso
Noriko e le strinse la mano, il cuore che aumentava i battiti in preda
all'ansia secondo dopo secondo.
- Hai per caso visto qualche tipo strano di recente? - la
interrogò Nemeria, prendendo il coraggio a due mani.
La donna aggrottò le sopracciglia e inclinò la
testa, sospirando con fare teatrale.
- Difficile a dirsi, a Kalaspirit c'è sempre una gran bolgia
e un sacco di persone strane. Cerchi qualcuno in particolare? -
- No, nessuno. È nuova di qui, è solo curiosa di
conoscere la città. - intervenne Noriko, serrando la presa
sulle dita di Nemeria.
- A me pareva che avesse qualcuno in mente, invece. Se vuoi
informazioni devi pagare, piccola. Quello che la tua amica mi ha
portato è sufficiente solo per ciò che lei mi ha
chiesto. Hai dei begli occhi, due stupendi e rari arcobaleni. Dimmi, da
dove vieni? -
- Scusaci, Pavona, ma dobbiamo andare. Dariush ci ucciderà
se non torniamo prima del coprifuoco. - si intromise nuovamente Noriko,
cominciando a sudare freddo, e strattonò la compagna per
allontanarla.
Tuttavia, Pavona fu più veloce. Con uno scatto felino,
artigliò Nemeria per il polso e la trasse a sé.
La fissò intensamente, poi un sorriso quasi malinconico si
dipinse sulle sue labbra.
- Pavona, lasciala andare. -
La donna ignorò Noriko e prese il volto di Nemeria tra le
mani. I palmi erano ruvidi e le dita indurite dai calli, ma il suo
tocco era gentile, quasi materno. C'era qualcosa di familiare, qualcosa
che impediva a Nemeria di spingerla via.
Ad un tratto, Nemeria avvertì il calore tiepido del suo
fiato vicino all'orecchio.
- Circo di Dakshesh, Quartiere della Bestia, chiedi di me. - le
sussurrò Pavona, prima che Noriko l'afferrasse per un polso
e la trascinasse via.
Nemeria si lasciò guidare, ma mentre si allontanavano di
corsa non poté impedirsi di pensare a Pavona e al suo
sguardo carico di nostalgia.