Fighting Fire

di Himenoshirotsuki
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Fuoco 2

6

Il Coraggio di Cambiare

"La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle."
Sant’Agostino

La mattina seguente, Noriko venne a svegliarla di buon'ora. Era già vestita di tutto punto, con una semplice stola e un corto mantello allacciato sotto il collo con una fibbia arrugginita. La tana era silenziosa, non si udiva nemmeno il chiacchiericcio di Afareen e Chalipa.
- Muoviti a vestirti, lumaca. - l'apostrofò Noriko.
Con ancora gli occhi socchiusi e senza smettere di sbadigliare, Nemeria rovistò tra i suoi vestiti ed estrasse il primo che le capitò sotto mano. Si sentiva stanca, la notte precedente non era riuscita a dormire. Il sonno era andato e venuto, contendendosi il suo corpo con la paura di scorgere mostri acquattati nel buio, figure grottesche che la inseguivano fino alle catacombe, armati di daghe insanguinate. Nell'ultimo incubo, Nemeria aveva assistito di nuovo al massacro di tutti i membri della famiglia. A nulla erano valse le urla, le suppliche. I mostri si erano fermati solo quando intorno a sé Nemeria aveva visto le ombre dei cadaveri dei suoi cari. Poi era arrivato il suo turno e i nemici avevano cominciato ad accanirsi su di lei. L'avevano colpita un paio di volte, prima che si svegliasse di soprassalto con il sapore salato delle lacrime in bocca e la pelle ricoperta di sudore freddo. Era scoppiata a piangere tra le braccia di Noriko, accorsa al suo fianco richiamata dai lamenti e dai gemiti di terrori, e la ragazza l'aveva tenuta stretta al suo petto finché la stanchezza non l'aveva di nuovo sopraffatta. Quel comportamento un po' le aveva ricordato Etheram quando la vedeva giù di morale e Nemeria faceva di tutto per nasconderlo: alla fine, puntualmente, le rivelava sempre tutto e allora sua sorella l'avvolgeva in abbracci stritolanti che avevano il potere di scacciar via i pensieri negativi.
Mentre si vestiva, non le sfuggirono le occhiate che di tanto in tanto Noriko le lanciava. Poteva leggere una certa apprensione nei suoi occhi, ma forse si sbagliava. Ad ogni modo, decise di dire qualcosa, quel silenzio era snervante.
- Grazie per ieri sera. Non cambia l'opinione che ho di te, ma sei stata gentile. Mi hai sorpresa. - ammise, indossando ai piedi un paio di campagi neri bucati.
Noriko fece spallucce e spostò il lembo della tenda per assicurarsi che fuori non ci fosse nessuno.
- Chi è Hediye? - chiese poi di punto in bianco.
Le mani di Nemeria si immobilizzarono a mezz'aria e la penula cadde ai suoi piedi. Si inginocchiò di scatto, la raccolse e tentò di infilarsela, ma le dita si erano improvvisamente intorpidite e sembravano muoversi a rallentatore, come se le avesse tenute troppo a lungo sotto la neve.
Un sospiro precedette dei passi. Noriko le arrivò alle spalle, girò la mantellina nel verso corretto e sistemò il cappuccio e la stoffa in modo che non ci fossero grinze.
- Ti do una mano a pettinarti, sei lenta. -
Prese il suo pettine d'osso e cominciò a lavorare. Nemeria si morse le labbra, in attesa di sentire i capelli tirarsi e poi spezzarsi al primo nodo, ma non accadde, nemmeno quando i denti del pettine si impigliarono in un grumo di fango solido come un sasso. Noriko, dopo un paio di tentativi, semplicemente si allungò, prese dell'acqua dall'otre vicino alla sua stuoia e si bagnò entrambe le mani, per poi passarle sulla ciocca e massaggiarla finché i palmi non divennero neri. Nemeria osservò i movimenti con la coda dell'occhio, ipnotizzata dalla loro delicatezza e cura.
- Non volevo spaventarti, prima. Hai urlato il nome di Hediye più volte stanotte, per questo ho domandato. Doveva essere una persona molto importante per te. -
Senza perdere la presa sui capelli, si chinò e prese un cordoncino di cuoio intrecciato. Dopo un momento d'esitazione, Nemeria annuì e basta, lasciando intendere che quella conversazione sarebbe morta lì. Non voleva che Noriko sapesse, anche se era stata gentile non si fidava ancora. I mortali erano cattivi, questo le era stato insegnato, ma quell'affermazione, ripetuta dalle Anziane della tribù, si sciolse pian piano sotto le mani esperte e veloci di Noriko mentre le intrecciava i capelli.
La rossa non insisté e finì il suo lavoro un minuto più tardi. Quindi si tirò su e la guardò dall'alto.
- Ecco fatto. Forza, abbiamo già perso abbastanza tempo. -
- Dove andiamo? -
- Da un amico che mi deve un favore. Risparmia il fiato, ci sarà da camminare. -
Noriko uscì dalla tenda con lo zaino sulla schiena, Nemeria dietro di lei che incespicava tentando di mantenere il passo sostenuto della compagna. Quest'ultima non sapeva come facesse a camminare a quella velocità senza fare rumore, i suoi piedi sembravano non appoggiarsi mai al terreno e ogni volta che si imbattevano in un ostacolo lo aggiravano con grazia felina prima di andarci a sbattere. C'era una leggiadria intrinseca in Noriko, qualcosa che a Nemeria ricordava Etheram e tutte le Jinian che dominavano l'aria.
- Dove hai imparato a muoverti così? -
- Dal mio maestro. -
- Avevi un maestro? E lo ha insegnato solo a te oppure anche ad altri? -
- Ai bambini che vivevano nel tempio. -
- Quindi Hirad non scherzava quando diceva che nell'Ukyio-e insegnano a combattere a tutti. -
- Attenta al topo. -
Quando Nemeria sentì le zampette del ratto correrle su per il piede per poco non cacciò un urlo. Inspirò ed espirò finché non si fu calmata, poi scattò per raggiungere Noriko. L'unica fonte di luce era la lanterna che si erano portate dietro, ma non riusciva a tranquillizzarla. Anche quando girava per le gallerie con Hirad sobbalzava ogni volta che si trovava faccia a faccia con un ragno o un topo la sfiorava, però bastava che il ragazzo parlasse per farla riprendere dallo spavento. Noriko invece era taciturna e procedeva senza mai voltarsi indietro. Eppure, nonostante il silenzio che regnava tra di loro, Nemeria non aveva paura.
- Perché te ne sei andata? - tornò alla carica, curiosa di conoscere qualche dettaglio in più sul passato di Noriko.
- Fai sempre così tante domande alle persone che ti stanno antipatiche? -
- Non sei obbligata a rispondere. - borbottò imbronciandosi.
- Quanti anni hai detto di avere? -
- Undici... - Nemeria si interruppe, folgorata da un dubbio, - Che giorno è oggi? -
- Il trentesimo di Achiel. -
- Allora ne ho dodici. -
- Quando li avresti compiuti? -
- Circa tre settimane fa, ma mi è passato di mente. -
Si rigirò la pietra di luna tra le dita e si sentì assalire da una profonda tristezza. Se non fossero stati attaccati, avrebbe iniziato l'addestramento per diventare una Jinian, probabilmente intraprendendo come prima via quella dell'acqua o dell'aria. Etheram sarebbe stata al suo fianco, l'avrebbe tenuta per mano assieme a Hediye e Rakhsaan mentre attendeva che l'Alta Sacerdotessa e le Anziane la chiamassero per la “Sheranti”, il rituale con cui avrebbe cominciato ufficialmente il suo percorso verso la perfezione di se stessa.
Posò la mano sulla pancia, all'altezza dell'ombelico, percependo la levigatezza della pelle sotto il tessuto, una pelle che sarebbe rimasta così per sempre, senza le cicatrici, i tagli e le bruciature di una vera Jinian.
Noriko sospirò e le cinse le spalle con un braccio. Ancora una volta, Nemeria rimase spiazzata da quel gesto, che mal si conciliava con l'espressione imperscrutabile della sua compagna.
- Aumenta il passo o non arriveremo mai in tempo. -
“In tempo per che cosa?” avrebbe voluto chiedere Nemeria, ma tenne la domanda per sé e lasciò che il calore di Noriko le scaldasse anche il cuore, crogiolandosi in quell'abbraccio che tanto la faceva sentire al sicuro.
Nelle ombre proiettate sui muri delle gallerie, talvolta le parve di rivedere i volti dei membri della tribù che la studiavano, lupi affamati pronti a ghermirla, ma le bastava stringere appena le dita per avvertire la presenza di Noriko e relegare i fantasmi nelle tenebre al di fuori del cerchio luminoso.
Dopo quasi un'ora, la ragazza si fermò davanti a una scala all'incrocio tra due gallerie che Nemeria non ricordava di aver esplorato. Alcuni pioli erano marci, altri spezzati, ma le corde che li sostenevano sembravano nuove. Noriko le passò la lanterna e, una volta in cima, spostò la grata. Perlustrò con lo sguardo la strada, prima di compiere gli ultimi passi e uscire all'aperto. Soltanto allora Nemeria seguì il suo esempio.
Era una mattina uggiosa e nuvole latrici di pioggia avevano preso in ostaggio il cielo. A tratti, un timido sole faceva capolino, per poi essere di nuovo strattonato nella sua prigione. Non era la classica giornata estiva, ma per gli occhi di Nemeria, così abituati al buio, quella luce era quasi accecante.
- Siamo nel Quartiere della Pietra. È il quartiere artistico, diciamo. Pittori, scultori, architetti e miniaturisti vivono qui fin dalla fondazione di Kalaspirit. Il nome è dovuto alla preminenza di una di queste arti, indovina quale? -
Nemeria si guardò intorno. Se fosse capitata lì per caso, non avrebbe creduto di essere nel Quartiere della Pietra. Non c'era niente di spettacolare nella strada che stavano percorrendo, anzi, era un luogo abbandonato a se stesso, una specie di ghetto dove a ogni angolo poteva nascondersi un assassino o un borseggiatore in cerca di una facile preda. Una leggera foschia aleggiava nell'aria, creando un'atmosfera spettrale che il vento non riusciva a disperdere. I pochi passanti che incrociarono puzzavano d'alcool o si trascinavano balbettando frasi sconnesse con ancora una bottiglia di vino in mano, mentre cani e gatti dal pelo arruffato li osservavano irrequieti, raggomitolati a ridosso delle case fatiscenti oppure nei pressi delle poche osterie già aperte.
Nemeria camminava a testa bassa, a braccetto con Noriko, domandandosi come fosse possibile che quel Quartiere versasse in condizioni tanto pietose. Dove vivevano loro non era strano vedere mendicanti o altri bambini cenciosi che sorvegliavano i passanti nella speranza di poter rubare qualcosa, a quello si era abituata, come al caos e all'allegro cicaleccio a ogni ora del giorno. Lì, invece, tutto sembrava morto, persino gli abitanti davano l'impressione di essere dei derelitti in attesa della forca.
- Per di qua. - le indicò Noriko.
Si immisero in una stradina claustrofobica dove l'odore di urina ed escrementi era così forte da rendere l'aria irrespirabile. Nemeria dovette tapparsi il naso per non vomitare la cena della sera precedente. In fondo, circondata da un nugolo di zanzare e mosche, cigolava un'insegnata di legno smangiato che riportava: Arsalan, tatuaggi e decorazione del corpo.
- Perché siamo qui? - domandò titubante Nemeria.
- Te l'ho già detto, dobbiamo cercare di rendere il tuo aspetto più normale. -
L'ingresso si apriva su una rampa di scale in pietra nera, che terminava davanti a un'altra porta. Un campanello dalla forma di un tozzo uccello era appeso sopra di essa, un silenzioso guardiano dagli occhi strabici e il becco più grosso della testa. Quando Noriko lo suonò, emise un suono stridulo, simile al gracchiare di una cornacchia, agitandosi tutto come se fosse vivo. Dopo qualche istante, una donna sulla trentina, alta e magrissima, con i capelli neri tagliati corti e le mani pesantemente inanellate, apparve sulla soglia. Puzzava di sudore, vino e qualcos'altro che Nemeria non capì.
- Ti sembra l'ora di presentarti, Noriko?! - berciò mentre si stropicciava gli occhi gonfi di sonno, - Se sei venuta per chiedermi soldi, caschi male. Non ho intenzione di darti nemmeno uno youan. -
Noriko non fece una piega, attese che la donna si stiracchiasse e smettesse di sbadigliare prima di fare un passo verso di lei, tirandosi dietro Nemeria.
- Sono qui perché mi devi ancora un favore, Asuka, e so che tu e Arsalan siete persone di parola. -
- Ti abbiamo già abbondantemente ripagato per averci avvertito del furto dei Dodici, che vuoi ancora? -
- Per quello sì, ma non per quel mercante che ha provato a vendervi pigmenti di pessima qualità. -
Asuka si batté una mano in faccia con un gesto plateale, poi esalò un profondo respiro e si rassegnò, invitandole a entrare.
La stanza che le accolse era più grande di quanto Nemeria avesse immaginato. Era un ambiente circolare, con il pavimento composto da pannelli rettangolari di paglia intrecciata. Le lanterne, tutte appoggiate su scaffali e panche di legno nero, erano costituite da un telaio su cui era stato teso un foglio sottilissimo. Il cassettino alla base, decorato con iscrizioni sbozzate direttamente nel rame, attirò subito l'attenzione di Nemeria. Al centro della stanza, un uomo alto e possente armeggiava con pennelli, aghi e alcune boccette colorate.
- Ars, abbiamo visite. - lo chiamò Asuka.
- Che genere di visite? - chiese quello, rimanendo ancora di spalle.
Arsalan aveva una voce melodiosa, quasi femminea. I capelli lunghi erano stretti sul collo da un semplice nastro viola e, quando si voltò, Nemeria rimase sorpresa nel vedere quanto fossero delicati i lineamenti del suo viso, abbellito da labbra a cuore e occhi a mandorla, messi in risalto dalla pelle chiara come il latte.
- Oh, Noriko! Vedo che hai portato un'amica. Posso offrirvi qualcosa? -
Noriko annusò l'aria mentre si toglieva i sandali. Nemeria rimase un attimo interdetta, ma poi si affrettò a seguire l'esempio.
- Hai fatto il tè verde con la malva. -
Ars sorrise: - Sì, sai che è l'unico che riesce a svegliare Asuka. -
- Vada per quello, allora. -
- Ci sono anche dei chinsako. -
Noriko si girò verso Nemeria. Sembrava così a suo agio, rilassata, come non lo era mai stata.
- Vuoi assaggiarli? Sono molto buoni. -
- Basta che non ne mangi troppi, non sono semplici da trovare e Ars si scoccia a cucinarli. - intervenne Asuka.
- Asuka, non ci si comporta così con gli ospiti. - la riprese Ars.
La donna lo liquidò con un gesto vago della mano e sparì al di là della porta davanti a loro, una specie di cucinotto semibuio.
- Scusatela, appena sveglia è intrattabile... coraggio, non restate in piedi. Il tatami forse non è comodissimo per chi non è abituato, se preferite posso andare a prendere i cuscini di sopra. -
- Non ti preoccupare, va bene così. - lo rassicurò Noriko, posando a terra il ginocchio sinistro per primo, seguito dal destro e poi si raddrizzò la schiena, sovrapponendo le punta dei piedi.
Nemeria studiò quei movimenti, chiedendosi se anche lei dovesse fare lo stesso. Le sembrava un modo insolito di sedersi, avrebbe preferito abbandonarsi a gambe incrociate sul pavimento, ma probabilmente non sarebbe stato educato. Così, cercando di non perdere l'equilibrio, imitò quello che aveva fatto l'amica, tirando poi le spalle in dentro e il petto in fuori per sembrare il più marziale possibile.
Ars e Noriko la fissarono a lungo perplessi, tanto che Nemeria temette di non essersi seduta nel modo corretto.
- Come ti chiami? - tossicchiò Ars, nascondendo il divertimento dietro un colpo di tosse.
Nemeria spostò lo sguardo alla ricerca di quello della sua compagna, nella speranza che le suggerisse come dovesse comportarsi, ma Noriko, a parte un mezzo sorriso d'incoraggiamento, non si scucì.
- Mi chiamo Nemeria, signore. - disse tutto d'un fiato.
- Niente formalità, non sono ancora così vecchio da meritare tutta questa deferenza. Piuttosto, non essere così rigida! Non sei di certo al cospetto del sultano o del sovrano celeste. -
- Sì, infatti, impettita così sembri un piccione. - commentò Asuka, riemergendo dal cucinotto con un piatto di porcellana pieno di biscotti e quattro tazze fumanti.
Si sedette vicino ad Ars a gambe incrociate, porse a tutti una tazza e attese che si servissero. Nemeria fu l'ultima: voleva assicurarsi di non sbagliare, la brutta figura di prima l'aveva fatta vergognare abbastanza. Inzuppò il biscotto nel tè solo quando vide anche Noriko farlo.
- Hai un nome davvero particolare, Nemeria. Anche il tuo aspetto è singolare. Se posso chiedere, i tuoi genitori venivano dal Nord? - domandò Ars.
- No... non proprio. Non ho mai conosciuto i miei genitori, ad essere sincera. -
Era una mezza verità. Sua madre era una delle Anziane o una Jinian, mentre il padre... quello proprio non lo sapeva. Poteva essere un “Ikaelan” o uno dei Jinean della tribù. In qualunque caso, non l'avrebbe mai saputo, anche se la sua gente fosse sopravvissuta: l'identità dei genitori non veniva mai rivelata e i Jinean, le controparti maschili delle Jinian, raggiunta una certa età, abbandonavano la tribù portando con loro il segreto.
- L'unica cosa che so è che questo nome lo ha scelto mio padre, ha insistito perché lo portassi. - aggiunse e si concentrò sul tè fumante per sfuggire allo sguardo carico di compassione dell'uomo.
Non voleva la pietà di nessuno, eppure era l'unico sentimento che sembrava suscitare negli altri.
- È davvero bello, tuo padre aveva buon gusto. Ha un qualche significato? -
- Ars, stai mettendo la nostra ospite in imbarazzo. - lo rimbeccò Asuka con una gomitata, - Guardala, a momenti diventa un uovo a forza di incassare la testa nelle spalle! -
- Scusami, non era mia intenzione. -
- Invece di scusarti, finisci di bere prima che si freddi, sennò poi ti lamenti che non riesci a berlo e mi costringi a rifarlo. E voi due sputate il rospo: perché siete qui? Noriko non viene mai per una semplice visita di cortesia, sopratutto se abbiamo un debito nei suoi confronti. -
La ragazza sorseggiò l'ultimo goccio di tè, socchiudendo appena le palpebre come se volesse godersi quel sapore per l'ultima volta.
- Desidero che rasiate la testa di Nemeria. - rivelò infine.
Asuka e Arsalan strabuzzarono gli occhi, e Nemeria per poco non si strozzò. La fissò intensamente augurandosi che stesse scherzando, ma non c'era ombra di divertimento nella sua espressione.
- Posso sapere il motivo di una scelta così drastica? - si azzardò a chiedere Arsalan.
- Nella tana qualcuno ha portato i pidocchi. Io sono sempre fuori e ho i capelli sempre legati, Nemeria invece si occupa per lo più di faccende interne. Credo sia la cosa migliore per tutti, almeno finché non avremo risolto il problema. -
- La tua amica non mi sembra molto d'accordo. Immagino non fosse a conoscenza dei tuoi piani. - le fece notare Asuka.
Noriko agguantò con indifferenza un altro chinsako dal piatto. A Nemeria era passato l'appetito. Sbocconcellò il suo biscotto e si inumidì le labbra secche con il tè senza proferire parola, i pensieri che l'assordavano e vorticavano impazziti.
- Nemeria? Tutto bene? Sei pallida come un cencio, piccola. - la richiamò Ars preoccupato.
La bambina scosse la testa e posò la tazza in grembo. Guardando il suo riflesso sul fondo, si accorse di avere gli occhi lucidi. Non aveva mai avuto un attaccamento speciale ai suoi capelli, Etheram ed Hediye dovevano litigare sempre con lei per pettinarglieli, più volte aveva desiderato tagliarli, eppure adesso quella decisione le pesava come un macigno sul cuore.
- È la decisione migliore. - Noriko le strinse la spalla e la scosse appena per farle forza.
- E poi ricresceranno più sani e forti. - la rincuorò Ars con un sorriso bonario, - Anche Asuka li ha dovuti tagliare quando portai a casa i pidocchi e ora guardala: ha un cespuglio indomabile. -
- So che doveva essere un complimento, ma non ti è uscito molto bene. - lo rimbeccò caustica lei, tirandogli un'altra gomitata tra le costole, prima di rivolgersi di nuovo a Nemeria, - Fintanto che non sento dalla sua bocca che è d'accordo, io non prendo nemmeno il rasoio. -
Nemeria afferrò una ciocca, una delle tante che era sfuggita alla morsa del nastro, e l'attorcigliò attorno al dito, accarezzandola con l'altra mano come Rakhsaan faceva col suo pupazzo di pezza. Anche Etheram aveva sempre portato i capelli lunghi, li aveva fatti crescere finché non erano arrivati a coprirle la schiena, e man mano che aveva proseguito sul suo cammino per diventare Jinian erano diventati una serica chioma perlacea, in mezzo alla quale facevano capolino alcuni ciuffi castani. I suoi, invece, erano color fuliggine con qualche striatura più chiara. Portò la ciocca davanti al viso e inspirò il profumo di cannella, coriandolo e nardo, ancora vivido nei suoi ricordi.
- Dove mi devo mettere? - sbuffò arresa.
Asuka si alzò in silenzio, si avviò nel retrobottega e ricomparve con una scatola di legno bianco levigato tra le mani.
- Ars, tu occupati dei pigmenti e pensa a un disegno da tatuare. -
- Mi farete un tatuaggio sulla testa? - indagò incredula Nemeria.
- È ovvio! Avere una testa completamente calva per una ragazza non è mai una cosa bella. Prima che tu me lo chieda, sì, i capelli ricresceranno anche con i tatuaggi. Spostati, Noriko, intralci l'artista se stai così appiccicata alla mia cliente. -
Noriko aggrottò le sopracciglia irritata, ma andò a sedersi contro il muro senza ribattere. Asuka si posizionò alle spalle di Nemeria, il rasoio già in mano, e le domandò se fosse pronta.
“No.”
- S-sì. - balbettò tesa.
- Bene, allora mettiti comoda, ci vorrà un po'. -
Dopo averle sciolto la treccia ed essersi assicurata che non ci fossero nodi, Asuka cominciò a lavorare. Tagliò una ciocca dietro l'altra, dapprima piano, come se si aspettasse da un momento all'altro che Nemeria le dicesse di fermarsi, poi, quando il tatami fu ricoperto da un tappeto di ciuffi neri, grigi e bianchi, iniziò a raderle la testa, la lama che sfiorava il cuoio capelluto a ogni passata. Era brava, precisa, scrupolosa, non doveva essere la prima volta che faceva una cosa del genere.
Nemeria tenne gli occhi bassi, ignorando ostinatamente i ciuffi tagliati che svolazzavano verso il basso. Sapeva che, se li avesse guardati, sarebbe scoppiata a piangere ed era stanca di mostrarsi debole, di consumarsi nel ricordo di ciò che aveva perso. Strinse i pugni e cercò conforto nello sguardo di Noriko. Le fece un lieve cenno del capo e Nemeria si sentì stranamente rinvigorita. Ricacciò indietro le lacrime, abbozzò un sorriso e trasse un profondo respiro. Per la prima volta da quando era arrivata a Kalaspirit, le sembrò di riuscirci davvero.
Ars le mostrò lo schizzo di un tatuaggio su un foglio sottilissimo e lucido. Sul bozzetto di una testa aveva disegnato un intrico di fiori, radici e germogli che si intrecciavano in un labirinto di cerchi, semicerchi e linee spezzate, ricoprendo ogni centimetro di pelle oltre alla base del collo. Meravigliata, Nemeria prese il foglio tra le mani.
- Ti piace? -
- Non è troppo... vistoso? -
- No, anzi, è una cosa che si vede spesso in giro. Nell'Ukyio-e non facciamo tatuaggi di questo genere, ma qui va di moda, soprattutto da quando il sultano ha firmato il trattato commerciale con il Rajeh dell'Impero di Skandaaleshan. Non li hai mai visti? Di solito se li fanno fare sulle braccia o sulle dita. - rispose Ars.
Nemeria se li ricordava molto bene, li aveva notati sulle donne, e addirittura una di loro si era unita alla tribù. Si chiamava Kajal. Quando si era presentata dinanzi all'Alta Sacerdotessa, aveva sfoggiato le braccia ricoperte con quei tatuaggi e i polsi ornati con dei bracciali, collegati attraverso delle catene dorate a cinque anelli diversi. Era così bella da sembrare l'incarnazione della figlia della Madre, Soraka. Nemeria aveva provato invidia e per un attimo aveva desiderato di essere lei.
- D'accordo. Farà male? -
Asuka pulì il rasoio dai capelli rimasti e lo ripose nella scatola.
- Dovrai sopportare un po' di dolore, ma ti assicuro che sarà stupendo alla fine. Modestie a parte, noi siamo i migliori, Noriko lo sa. -
Nemeria spalancò gli occhi. Che anche lei si fosse fatta tatuare qualcosa? Non l'aveva mai vista nuda, però non era da escludere. Anche le Jinian guerriere ne avevano molti, quindi forse anche per le ragazze come lei, addestrate al combattimento, era una cosa normale.
La invitarono a sdraiarsi su un materasso pulito che Asuka aveva portato giù dal piano si sopra. Con una mano, Ars le tenne la pelle leggermente in tensione, il pennello intriso di colore tra le dita, mentre con l'altra cominciò a puntellarle la testa. Il dolore era intenso e l'ago penetrava con forza nella carne, ma dalle labbra di Nemeria non uscì un solo gemito, sebbene le lacrime premessero pericolosamente da dietro le ciglia. Fecero un paio di pause, giusto per permetterle di riprendere fiato e bere un bicchier d'acqua. Asuka le offrì degli altri biscotti e Ars le puliva di tanto in tanto la testa dai rimasugli di colore o dal sangue.
Quando finalmente finì, era pomeriggio inoltrato. Nemeria si sentiva ancora dolorante e quando tentò di alzarsi ebbe un capogiro così forte che, se non fosse stato per i riflessi felini di Noriko, sarebbe crollata. Accettò la tazza di tè fumante che Ars le porse e lasciò che il gusto fresco della menta e del gelsomino le distendesse i nervi. Soltanto allora Asuka le si fece vicino e le mise davanti uno specchio.
Il tatuaggio le avvolgeva la testa come un velo da sposa. Le linee di fiori e germogli si inerpicavano passando sopra le orecchie e scendendo fino alle scapole, per poi diramarsi in una radice nodosa che sembrava racchiudere le prime vertebre della spina dorsale. Sul davanti un fiore di loto sbocciava in tutto il suo splendore. Nemeria lo sfiorò con la punta delle dita e, senza che se ne rendesse conto, un sorriso si aprì sulle sue labbra. Fece saettare lo sguardo da Ars ad Asuka, cercando qualcosa da dire, ma aveva la gola secca e le parole sembravano svanite nel nulla. Perciò, con un po' di titubanza, li abbracciò commossa.
- Grazie. -
- Ha fatto tanto male? - Ars le diede una pacca sulla spalla, leggermente rigido e imbarazzato.
- Solo un po'. -
- Per le prossime due settimane non devi stare con la testa al sole per nessuna ragione al mondo. È importante che il tatuaggio rimanga il più possibile pulito per evitare infezioni. So che dove vivete voi non è un ambiente che si possa definire lindo, ma per quanto puoi prova a non sporcarti. Coprilo con un fazzoletto di stoffa e ogni sera metti un pomata a base di origano, maggiorana e timo. -
Asuka l'allontanò con una leggera spinta e prese un barattolino da uno scaffale, assieme a una bandana bianca.
- Dovrebbe bastare, ma qualora ne avessi bisogno basta che torni qui e vedrò di procurartene un altro po'. -
Nemeria annuì e accettò i doni. Noriko le fu subito accanto, si appropriò del barattolino e lo sistemò nello zaino.
- E con questo abbiamo saldato il nostro debito. La prossima volta, se vorrai qualcosa, dovrai pagare. - sancì decisa Asuka, - Ora sparite. Dobbiamo mettere a posto il negozio prima che arrivi il nuovo cliente e qui sembra che abbiamo appena tosato una pecora. -
Mentre la donna spazzava per terra, Ars le accompagnò alla porta. Aveva la punta delle dita sporche d'inchiostro, ma il vestito, che solo ora Nemeria notava essere composto da una specie di gonna-pantalone e una giacca a maniche corte, era immacolato.
- Se avete bisogno, non fatevi problemi a tornare. Noriko, la nostra porta è sempre aperta per te. -
- Lo so. -
Si salutarono con un inchino profondo che Nemeria si affrettò a imitare. Poi, dopo aver rivolto loro un ultimo sorriso, Ars chiuse la porta.
- Hai fame? - domandò Noriko.
Nemeria stava per dire di no, ma il suo stomaco la tradì, emettendo un gorgoglio di protesta. Si massaggiò la pancia, abbozzando un sorriso impacciato.
- Qui intorno le locande non sono dei buoni posti da frequentare. Se corriamo, riusciremo ad arrivare alla tana per la merenda. -
- Dariush non si arrabbierà perché siamo uscite di nascosto? -
- Lo zittiremo portandogli qualcosa. Non mi sembra una buona idea rimanere fuori ancora a lungo, soprattutto con quell'uomo losco che ti segue. Abbiamo tagliato i capelli, ma gli occhi rimangono comunque riconoscibili e io non conosco nessun Dominatore che sarebbe disposto a cambiarteli gratuitamente. -
- C-cambiarmeli? In che senso? - chiese allarmata la bambina, ma l'altra le intimò di tacere.
Noriko si guardò intorno ispezionando la strada. A parte qualche barbone e gli animali randagi nascosti dietro barili e casse rotte, c'era un discreto via vai e alcuni negozi, prima chiusi, adesso erano aperti ed esponevano la loro merce. Nemeria notò persino qualche acquirente dall'aria facoltosa accompagnato da almeno quattro guardie del corpo.
Imboccarono lo stesso vicolo dell'andata, ridiscesero sottoterra e percorsero un tunnel semibuio, finché, arrivate a un bivio, Noriko svoltò a destra invece che a sinistra. Quando uscirono dalla grata si ritrovarono in un altro quartiere, che Nemeria riconobbe come quello del Legno. Aveva sentito parlare di quelle bancarelle, sormontate da tende multicolori che, in un arcobaleno di stoffe rattoppate, si univano sopra le teste dei passanti creando un'ombra piacevole. Altea veniva spesso a “fare la spesa” lì, era il suo posto di caccia preferito.
Per un momento Nemeria credette che Noriko desiderasse rimpinguare le loro scorte, ma cambiò subito idea quando la vide dirigersi verso un'artista di strada, una donna con i capelli raccolti in un'alta coda di cavallo e vestita con un abito arricchito di frange e ricami dai colori vivaci. Se ne stava seduta in un angolino ombreggiato, intenta a sistemare le corde del suo strumento, una specie di liuto dal manico largo e la cordiera triangolare. Non appena Noriko e Nemeria le arrivarono vicino, alzò il capo rivelando un viso pulito, con gli occhi verdi e le labbra truccate ad arte per farle sembrare più piccole.
- Buondì, Noriko. Lei chi è? -
- È della famiglia. -
- Deve essere una importante se l'hai portata con te. - sorrise mostrando una fila di denti ingialliti, che però nulla toglievano alla sua bellezza, - Cos'hai da scambiare questa volta? -
Noriko tirò fuori dallo zaino un tozzo di pane e un sacchetto grosso come il suo pugno. La donna lo aprì e il sorriso sulle sue labbra si allargò, poi lo nascose sotto la gonna e addentò il pane affamata.
- Giusto stamane ho appreso che Harmad è di ritorno dalle terre del Rajeh con un carico di spezie. Roba preziosa. - disse qualche attimo più tardi.
Noriko si fece attenta: - Quando arriverà? -
- Fra tre, massimo quattro giorni. La stima dei suoi concorrenti è approssimativa, tutti sperano che lo colga un malore o che la sua carovana venga investita da una tempesta di sabbia. -
Nemeria si stava agitando. La strada era molto affollata e, sebbene nessuno sembrasse badare a loro, il ricordo del predone che l'aveva pedinata era ancora vivido nella sua mente. Fece qualche passo verso Noriko e le strinse la mano, il cuore che aumentava i battiti in preda all'ansia secondo dopo secondo.
- Hai per caso visto qualche tipo strano di recente? - la interrogò Nemeria, prendendo il coraggio a due mani.
La donna aggrottò le sopracciglia e inclinò la testa, sospirando con fare teatrale.
- Difficile a dirsi, a Kalaspirit c'è sempre una gran bolgia e un sacco di persone strane. Cerchi qualcuno in particolare? -
- No, nessuno. È nuova di qui, è solo curiosa di conoscere la città. - intervenne Noriko, serrando la presa sulle dita di Nemeria.
- A me pareva che avesse qualcuno in mente, invece. Se vuoi informazioni devi pagare, piccola. Quello che la tua amica mi ha portato è sufficiente solo per ciò che lei mi ha chiesto. Hai dei begli occhi, due stupendi e rari arcobaleni. Dimmi, da dove vieni? -
- Scusaci, Pavona, ma dobbiamo andare. Dariush ci ucciderà se non torniamo prima del coprifuoco. - si intromise nuovamente Noriko, cominciando a sudare freddo, e strattonò la compagna per allontanarla.
Tuttavia, Pavona fu più veloce. Con uno scatto felino, artigliò Nemeria per il polso e la trasse a sé. La fissò intensamente, poi un sorriso quasi malinconico si dipinse sulle sue labbra.
- Pavona, lasciala andare. -
La donna ignorò Noriko e prese il volto di Nemeria tra le mani. I palmi erano ruvidi e le dita indurite dai calli, ma il suo tocco era gentile, quasi materno. C'era qualcosa di familiare, qualcosa che impediva a Nemeria di spingerla via.
Ad un tratto, Nemeria avvertì il calore tiepido del suo fiato vicino all'orecchio.
- Circo di Dakshesh, Quartiere della Bestia, chiedi di me. - le sussurrò Pavona, prima che Noriko l'afferrasse per un polso e la trascinasse via.
Nemeria si lasciò guidare, ma mentre si allontanavano di corsa non poté impedirsi di pensare a Pavona e al suo sguardo carico di nostalgia.





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