Il talismano di Sol

di lost in books
(/viewuser.php?uid=1005179)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


11
 
Il giorno seguente il gruppo proseguì attraverso la foresta senza grandi problemi.
Leon non poté fare a meno di notare che Sandir era di buon umore. Aveva potuto osservare che durante tutto il loro viaggio gradualmente il suo umore e la sua energia erano andati scemando e, anche se non aveva detto nulla fino a quel momento sperando che qualunque cosa fosse ciò che lo stava logorando si risolvesse da sola, aveva deciso di confrontarlo. Per fortuna sembrava che si fosse preoccupato troppo, visto che sembrava stare meglio. Era convinto che una cosa che aveva influito sul suo umore fosse il modo in cui Iliana lo stava trattando e che in qualche modo la situazione si fosse risolta senza che lui dovesse mediare; ma qualcosa gli diceva che non fosse solo quello ciò che aveva turbato il giovane. In ogni caso era contento che stesse meglio, che fosse riuscito a scuotersi in un modo o nell’altro con le sue forze.
Persino la maga sembrava essere di umore migliore del solito: era apparentemente tranquilla e parlava con loro senza che fosse strettamente necessario per il loro viaggio. Certo, non si poteva dire che si stesse aprendo come lui aveva fatto con Sandir, ma era già qualcosa.
Poteva capirla, anche per lui ovviamente c’erano degli eventi del suo passato che erano più difficili da raccontare e aveva deciso che per il momento ne avrebbe parlato solo se si sarebbe presentata l’occasione. Sapeva cosa volesse dire ricordare il passato e non poter fare niente per cambiare ciò che lo aveva fatto soffrire e il rimpianto di ciò che ora non c’era più e poteva solo immaginare quanto dovesse essere difficile per lei, che aveva vissuto più di quanto ogni umano avesse mai fatto.
I tre continuarono a camminare verso la loro meta per tutto il giorno fino a che Iliana, al calare del sole, li fermò “Non manca molto per arrivare a destinazione ma è meglio se ci riposiamo ora e proseguiamo domani mattina così da arrivare in pieno giorno”
Leon e Sandir non ebbero niente da ridire e questa volta il primo turno di guardia sarebbe toccato al cavaliere.
“Bene, sono parecchio stanco” disse Sandir cercando di trattenere uno sbadiglio “svegliatemi quando è il mio turno. Buonanotte”
E come la sua testa si appoggiò a terra si addormentò.
Leon sorrise alla scena per poi tornare a concentrarsi su quello che stava facendo: aveva il libro comunicante tra le mani e stava aspettando che Serena rispondesse al suo messaggio in cui le diceva che tutto stava andando bene. In quei giorni le aveva detto che si era preoccupato per l’umore dei suoi due compagni di viaggio ma lei lo aveva rassicurato, quindi era lieto di poterle dare una buona notizia.
Finalmente cominciarono a comparire delle parole e si sentì sollevato. Aveva sempre il timore che non arrivasse nessuna risposta, che succedesse qualcosa ai suoi compagni della Resistenza, che succedesse qualcosa a lei…
Nel messaggio la donna lo informava di quanto fosse contenta delle notizie che gli aveva dato e che finalmente tutte le operazioni per il trasferimento della loro base erano compiute e tutto era andato bene, senza subire perdite.
Sembrava che il messaggio fosse concluso e Leon stava già chiudendo il libro quando delle altre lettere cominciarono a comparire sulla pagina, facendo fermare Leon di colpo.
Quello che lesse era un breve messaggio indirizzato direttamente a lui dalla donna e non dalla base al suo gruppo: gli aveva scritto che gli mancava e che sperava di rivederlo presto.
Finora nessuno dei due aveva mandato messaggi del tutto personali all’altro, quasi per paura che potesse portare sfortuna.
Ma non era solo quello, almeno non per lui: aveva sempre avuto timore di esprimere quello che provava nei sui confronti.
Per lui Serena era la principessa che aveva giurato di proteggere a costo della sua stessa vita, certo, ma era anche un’amica e con il tempo i sentimenti che provava per lei erano cresciuti. Era sicuro di provare un sentimento più grande dell’amicizia ma pensava anche di non essere alla sua altezza, che non lo sarebbe mai stato.
Aveva potuto crescere insieme a lei, vederla diventare la splendida persona che era oggi, una donna che anteponeva il bene degli altri al suo.
Aveva visto come trattava le persone che le stavano attorno e, anche se aveva un occhio di riguardo per lui a causa del loro passato e della loro lunga amicizia, niente gli faceva pensare che potesse provare nei suoi confronti quello che lui sentiva per lei.
Quindi aveva deciso di tenere quei sentimenti per sé, certo com’era che lei non provasse lo stesso e per non arrecarle un’inutile disturbo.
Questo però non toglieva il fatto che ogni volta che Serena si preoccupava per lui, gli faceva male sapere che, anche se lui era importante per lei, non lo era abbastanza; ogni volta era come se una spada gli si conficcasse nel petto e arrivasse dritta al cuore, ma nonostante tutto era un prezzo che era disposto a sopportare per poterle stare vicino.
Cercando di non dare a vedere quello che gli stava passando per la testa chiuse il libro, per trovarsi faccia a faccia con lo sguardo inquisitorio della maga, ancora sveglia.
“Non hai sonno?” come da sua richiesta aveva iniziato a darle del tu.
“Non dormo molto. Piuttosto, permettimi di darti un consiglio” rispose la donna.
“Non pensavo di starti così simpatico…”
“Oh, tranquillo. Ne hai ancora di strada da fare per entrare a far parte delle persone che mi stanno simpatiche, ma sono stufa di rimanere a guardare”
“Come?” Leon non riusciva a capire di cosa stesse parlando e non gli piaceva visto che di solito non era un problema per lui capire di cosa la gente parlasse e cosa stesse pensando.
“Mentre eravamo nell’accampamento ho visto come guardavi la tua cosiddetta migliore amica e da come osservavi quel libro è chiaro che qualcosa che ti ha scritto ti ha fatto male; inoltre mi pare ovvio che fosse personale altrimenti mi avresti detto se fosse successo qualcosa di importante alla Resistenza”
Leon era rimasto completamente immobile. Era sicuro che la sua fosse una maschera perfetta, aveva anni di allenamento alle spalle nel rendere la sua espressione illeggibile quando necessario, cosa che lo aveva aiutato sul campo di battaglia e non solo.
“Stupito? Bè, cosa ti aspettavi da una persona con poco più di mille anni di esperienza sulle spalle. Quindi accetta il mio consiglio: dille ciò che provi” sulle labbra della donna si fece spazio un breve, anzi brevissimo sorriso malinconico e se non fosse stato allenato a cogliere anche il più piccolo movimento non se ne sarebbe accorto.
Dopo aver dispensato il suo consiglio Iliana si preparò subito per dormire, senza più rivolgergli lo sguardo, tantomeno la parola.
Leon rimase lì, fermo a fissare la donna che ormai si era messa a dormire. Non sapeva più cosa pensare di lei. Un momento faceva finta che i suoi compagni di viaggio non esistessero e un altro dispensava consigli su argomenti per lui delicati. Era ancora stupito dal modo in cui lei lo avesse letto ed era curioso del motivo che la aveva spinta veramente a dargli quel consiglio, ma sapeva che se avesse insistito nell’avere informazioni sulla sua vita e le sue motivazioni avrebbe solo incontrato un muro davanti a sé ed ogni piccolo, piccolissimo progresso che aveva fatto nel farsi accettare da lei sarebbe stato vanificato.
Così rimase sveglio per il suo turno di guardia, vigile come sempre e attento ad ogni minimo rumore, fino a che non finì il suo turno per abbandonarsi a pensare a quello che gli aveva detto la donna e successivamente ad un sonno agitato.
 
La mattina seguente il gruppo riprese il cammino, ormai prossimo ad uscire dalla foresta.
Leon fece del suo meglio per nascondere la sua agitazione, come era solito fare, per non far preoccupare Sandir mentre Iliana badava ai fatti suoi se non per l’occasionale sguardo verso di lui, come a controllare se quello che gli aveva detto avesse sortito qualche tipo di effetto. Era strano per il cavaliere visto che di solito era lui ad assicurarsi che chi gli stava attorno stesse bene, cosa che aveva fatto anche con Sandir, mentre stavolta era lui quello turbato dalle sue stesse emozioni, cosa controproducente. Non poteva lasciarsi distrarre altrimenti avrebbe messo in pericolo l’intero gruppo.
Si erano messi in cammino all’alba e dopo qualche ora, approssimativamente in tarda mattinata, finalmente arrivarono a vedere il limitare della foresta.
La luce filtrava potente tra le fronde e Sandir, che a quanto pare era stanco di stare in mezzo alle foreste, si mise a correre verso di essa.
“Aspetta…” cominciò Leon, pronto a rincorrerlo per venire subito fermato da un braccio di Iliana posto davanti a lui.
“Lascialo fare. Se ci fosse qualche sorta di pericolo da qui all’uscita ce ne saremo già accorti. E poi non credi che abbia imparato qualcosa da te dopo tutti quegli allenamenti? Abbi fiducia nel tuo allievo”
In un primo momento rimase lì, la donna lo fissava aspettando una sua risposta “E va bene. Mi fido”
Lei rimosse il braccio e anche loro si fecero strada fino all’uscita dove il giovane li stava aspettando, intento a fissare il panorama a bocca aperta.
Erano sbucati davanti ad una distesa d’erba verdissima mossa lievemente da un venticello piacevole, campi di fiori qua e là a rendere quel luogo pittoresco oltre che pacifico. C’erano anche alcune rocce disseminate lì intorno grandi abbastanza da creare delle zone d’ombra dove riposarsi nelle giornate più calde. Era il luogo adatto per distendersi e osservare il cielo o per schiacciare un pisolino, senza più alcun pensiero al mondo. Perfetto per creature come gli spiriti, pacifico come veniva descritta la loro natura.
Leon pensò che a Serena sarebbe piaciuto moltissimo e decise di imprimerselo bene nella memoria per poterglielo descrivere al meglio. Forse un giorno lei avrebbe potuto vederlo di persona ma solo se tutto fosse andato per il verso giusto.
“So che è un bel panorama ma gli spiriti ci aspettano” li riscosse entrambi la maga. Era vero, non potevano lasciarsi distrarre.
I tre proseguirono lungo quella distesa d’erba e fiori e tutto stava procedendo tranquillamente quando un’ombra si mosse sul terreno.
Leon la seguì con lo sguardo e vide che anche Sandir faceva altrettanto e infine la loro attenzione si posò sulla cima di una grande roccia sulla cui cima ora si trovava un uomo.
Aveva l’aspetto di un brigante caduto in disgrazia: capelli castani corti e spettinati, la pelle imbrunita dal sole, i vestiti stropicciati e dei pezzi di armatura raccattati chissà dove messi un po’ a caso. Aveva il naso storto, probabilmente per qualche pugno ricevuto di troppo, gli occhi grigi e si poteva dire che neanche il resto del suo volto fosse apprezzabile. Pareva non avere più di trent’anni e teneva in mano una spada, che sembrava aver visto giorni migliori anche lei.
“Datemi tutto ciò che avete di valore e non vi verrà fatto alcun male, viaggiatori sprovveduti”
disse l’uomo.
“Perché dovremmo? Sei un uomo solo contro tre persone” gli fece notare Leon.
“Ti sbagli” rispose l’uomo ghignando e da dietro la roccia sopra la quale si trovava sbucarono altre due persone.
Alla sinistra della roccia rispetto a dove si trovavano i tre compagni c’era un uomo molto alto sulla ventina, anche lui con un ghigno sul volto, i capelli castani leggermente più lunghi e più pettinati dell’uomo sulla roccia, la pelle più chiara dell’altro uomo ma abbronzata; anche i suoi vestiti erano più ordinati e sembrava che almeno lui sapesse come si indossavano le protezioni per il corpo vista la pettorina corazzata che portava in modo corretto. Anche lui aveva gli occhi grigi e, nonostante non brillasse per la sua bellezza, almeno non aveva il naso storto. Tra le mani stringeva una lancia, la punta sembrava fosse stata affilata recentemente.
Alla destra della roccia invece si trovava un ragazzo dalla pelle chiara, decisamente non abbronzata come quella degli altri due, che doveva avere all’incirca l’età di Sandir,  gli stessi occhi grigi e i capelli castani della stessa tonalità degli altri due uomini ma lunghi, tenuti fermi da un laccio in una coda. Rispetto ai suoi due compagni era decisamente più basso, con l’uomo alla sinistra della roccia apparentemente più alto di tutti e l’uomo sulla roccia nella norma. A differenza degli altri due però il suo volto era decisamente apprezzabile e, tempo qualche anno, probabilmente avrebbe fatto girare la testa a parecchie signore. Portava un pugnale assicurato nel fodero su una cintura e i suoi vestiti erano in ordine anche se semplici e non di qualità.
Inoltre se i suoi compagni erano intenti a ghignare verso il gruppo, il volto del giovane brigante era neutro.
L’uomo sulla sinistra parlò “Proprio così, purtroppo per voi siete finiti contro i fratelli Jarrell!”
“Caio! Il maggiore” disse l’uomo sulla roccia.
“Tullio! Il secondo genito” aggiunse l’uomo sulla sinistra.
Il ragazzo invece non disse niente, limitandosi a mantenere il suo sguardo neutro, forse leggermente annoiato.
Caio si colpì sul viso con un mano aperta “e il piccoletto è Emil”
A Leon parve di sentirgli bofonchiare “Eppure l’avevamo provata l’entrata in scena…”
Al cavaliere più che un gruppo di briganti pareva sempre di più solo una banda di disperati.
“Arrendetevi o preparatevi a combattere!” si riprese Caio.
Nessuno dei tre membri del gruppo sembrò reagire alla minaccia del fratello maggiore, ancora basiti dalla loro comparsa, scatenando la sua furia.
“Se è questo che volete, allora…” e si gettò dalla roccia atterrando traballante e rimanendo in piedi solo grazie al sostegno dei fratelli, che non doveva essere la prima volta che si trovano in quella situazione “Fratelli, all’attacco!”
Caio si preparò all’attacco, subito seguito da suo fratello Tullio, mentre Emil non sembrava volersi unire ai fratelli, piuttosto appariva distratto, i suoi occhi stavano guardando altrove, dalla parte opposta da cui Leon e i suoi compagni provenivano.
Il cavaliere seguì lo sguardo del brigante più giovane, incurante degli altri due, e vide del fuoco.
Per la precisione quello che vide era una lingua di fuoco che stava procedendo a tutta velocità verso di loro. Vide Emil appoggiare due dita alla bocca e fischiare, segnalando ai suoi fratelli di rivolgergli l’attenzione e quando i due lo fecero il ragazzo gli indicò ciò che aveva visto, troppo tardi.
La fiamma era giunta fino a lì e prese a girare in aria rapidamente attorno ai tre briganti.
“Accidenti, è di nuovo quella piccola rompiscatole. Fratelli, ritirata!” disse Caio e, come se la fiamma avesse sentito le sue intenzioni, prese a volare sopra di loro lasciandoli liberi di scappare.
Caio cominciò a correre verso la foresta a tutta velocità mentre Tullio prese il fratello minore sottobraccio, neanche fosse stato un sacco di patate, e si prodigò per raggiungere il maggiore. In tutto quello il fratello più giovane non aveva fatto una piega, come se fosse abituato a scene del genere. Leon provò una certa pena per lui.
Prima di essere fuori portata di orecchio, Caio aggiunse “Non è finita qui!” per poi sparire nella foresta.
“Bravi, scappate! E vedete di non tornare un’altra volta” disse una voce che nessuno dei tre aveva mai sentito. La cosa strana era che quella voce non proveniva da una persona ma bensì dalla fiamma che ancora gravitava nel punto in cui si trovavano i tre briganti poco prima.
Lentamente la fiamma si abbassò verso il terreno e gradualmente cambiò forma. Dove prima c’era solo una lingua di fuoco ora c’era una ragazzina minuta dai tratti delicati, la pelle rossastra. Dei piccoli fuochi inizialmente le avevano fatto da occhi mentre stava ancora prendendo forma, per poi essere sostituiti da occhi apparentemente più normali ma completamente rossi su cui del fuoco sembrava danzare, i suoi capelli delle fiamme ardenti. Portava un vestito rosso, della stessa tonalità delle fiamme che aveva per capelli, che dava la sensazione di un fuoco pronto a divampare.
Quando si posò a terra Leon pensò che il terreno avrebbe preso fuoco ma venne subito smentito. L’erba e i fiori che la circondavano erano rimasti completamente illesi, come se una  ragazza fatta di fuoco non fosse stata lì.
“Vi prego di scusare quel trio di idioti. Si sono messi in testa che il mio popolo nasconda chissà quali tesori ed è da due mesi che provano a cercare un modo di entrare nelle terre che abitiamo. Spero che non vi abbiano arrecato troppo disturbo” disse la ragazzina rivolgendo al gruppo un breve inchino.
Leon osservò i suoi compagni: Sandir era nuovamente a bocca aperta, non era sicuro se fosse di più per l’agguato dei tre briganti o per l’arrivo della ragazza, mentre Iliana aveva un’espressione stranita sul volto.
“E io che pensavo di aver visto tutto ciò che la vita aveva da offrire ormai. Non si finisce mai di stupirsi…” osservò la donna e il cavaliere capì che si stava riferendo ai tre fratelli. Uno spirito non doveva essere una novità per lei.
L’uomo prese la parola “Non preoccuparti. Piuttosto, possiamo sapere qual è il tuo nome?”
“Mi chiamo Seraphina, ma potete chiamarmi Sera. E voi dovete essere le persone inviate dalla Resistenza immagino”
“Esatto” confermò Sandir.
“Lo sapevo. Corrispondete alla descrizione: la maga leggendaria Iliana” disse guardando la maga un po’ come la aveva guardata Serena, piena di ammirazione e con un enorme sorriso.
“Un valoroso cavaliere di nome Leon” aggiunse guardando l’uomo con il sorriso ancora presente sul volto.
“…ed un ragazzo qualunque di nome Sandir” concluse rivolgendosi al giovane senza perdere il suo abbagliante sorriso.
“Ehi!” fece per protestare il giovane ma venne subito interrotto dalla maga “Piacere di averti incontrata qui Sera. Quindi quei tre danno fastidio già da un po’?”
“Purtroppo sì. Non riesco a liberarmene nonostante li mandi via tutte le volte. Il maggiore è un’idiota completo, il secondo fa tutto quello che il maggiore gli dice di fare e quindi è un’idiota anche lui. Il più piccolo invece non lo capisco, non lo ho mai sentito nemmeno parlare. Credo che segua gli altri due solo perché sono imparentati” si perse a divagare la ragazza per poi cambiare discorso “Visto che ci siamo incontrati qui direi che possiamo dirigerci insieme verso la mia casa, tanto è anche la vostra destinazione”
“Con piacere” le rispose Leon.
Sandir si limitò a bofonchiare qualcosa che al cavaliere sembrò come la parola qualunque con il volto imbronciato ma seguì ugualmente il gruppo, Sera e Iliana in testa, intente in una conversazione amichevole, e Leon vicino a lui.
Il gruppo con l’aggiunta della giovane, spirito del fuoco, proseguì lungo il vasto manto d’erba che sembrava non avere fine.
“Io non vedo niente in lontananza. Iliana, non avevi detto che eravamo vicini?” chiese il giovane che era evidentemente ancora seccato dal modo in cui Sera lo aveva descritto.
“Siamo quasi arrivati” gli rispose lo spirito.
“Allora perché non c’è nient’altro che una distesa d’erba davanti a noi?”
In quel momento Iliana e Sera si fermarono e, accortosi di quello, Leon fece altrettanto; Sandir che invece era rimasto dietro di lui gli andò distrattamente a sbattere contro la schiena.
Sera allungò una mano davanti a sé e su di essa prese vita una fiammella che la giovane lanciò in aria. La fiammella, una volta raggiunta una certa altezza, allo schioccare delle dita della ragazza, esplose come dei fuochi d’artificio.
All’inizio sembrava non stesse succedendo niente ma poi la scena cambiò, era come se un velo invisibile si fosse sollevato per far vedere cosa era nascosto al suo interno.
Davanti a loro si stagliavano case fatte completamente da rami intrecciati fra loro, dei canali pieni di acqua limpida scorrevano tutto intorno con dei ponti in legno in diversi punti composti anch’essi da rami intrecciati che sbucavano dal terreno . Lungo le strade si trovavano spiriti in una quantità che Leon non aveva mai visto intenti alle loro attività giornaliere. C’erano spiriti dell’acqua che si muovevano lungo i canali, spiriti della terra che facevano crescere piante, spiriti dell’aria che svolazzavano qua e là.
“Benvenuti a Idyll, la casa degli spiriti” disse Sera al gruppo.
“Bello, non è vero?” aggiunse Iliana “Per vostra informazione, hanno usato una magia per la rifrazione della luce per nascondere questo luogo” si rivolse ai suoi compagni di viaggio “ma non è tutto. Se qualcuno entra in contatto con il velo che ricopre tutto questo senza che venga rimosso almeno in parte per farlo passare, viene immediatamente considerato una minaccia e congelato all’istante. Geniale, non trovate?”
“Sì…” rispose Sandir con poco entusiasmo “Specialmente la parte in cui si diventa una statua di ghiaccio…”
Il gruppo procedette lungo le vie della città degli spiriti. Era costituita interamente da ciò che si trovava in natura, usando la magia che contraddistingueva gli spiriti, Leon non riusciva a vedere niente che fosse creato dall’uomo, il che non lo stupì molto visto l’allontanamento di molti spiriti dagli uomini a causa delle guerre, cosa che era contro la loro natura e che evitavano per quanto gli era possibile.
Il gruppo seguì Sera, che era diventata la loro guida a tutti gli effetti, anche se era ovvio che  Iliana non ne avesse bisogno visto il modo in cui si muoveva sicura in quelle strade, come se fosse una sorta di seconda casa. Alcuni degli spiriti che incontrarono sembravano riconoscerla, le sorridevano, alcuni la salutavano. Non era poi tanto strano, lei aveva vissuto a lungo, così a lungo da aver incontrato spiriti sul suo cammino che probabilmente avevano la sua stessa età e anche di più.
La giovane li condusse davanti alla casa, o per meglio dire palazzo, viste le dimensioni, più grande di tutte, nel centro esatto di quella città verde.
“Questo è il luogo dove risiede il nostro sovrano. Vi sta aspettando” detto questo, Sera procedette verso quelle che sembravano pesanti ed imponenti porte in legno inciso, raffiguranti degli intrecci di foglie, e le aprì senza alcuno sforzo.
Una volta dentro le porte si richiusero da sole dietro di loro.
Si trovarono nell’atrio del palazzo, dove potevano vedere davanti a loro delle scale che portavano al piano superiore. Sulla cima di esse era comparsa la figura di un uomo dalla pelle scura, che sembrava quasi la corteccia di un albero. Aveva una barba non troppo lunga composta da vere e proprie foglie di un verde brillante adornata da fiori colorati, anche i suoi capelli erano verdi ma sembravano più dei fili d’erba, dall’aspetto simile al capello umano ma non proprio come quello. Anche i suoi occhi erano verdi ma di un verde più scuro dei capelli e come la loro accompagnatrice erano completamente di quel colore, senza la sclera bianca che contraddistingueva l’occhio umano.
L’uomo portava delle vesti eleganti degne di un re, che sembravano essere di fattura umana, e una corona sul capo composta da dei rami intrecciati di colore dorato sui quali erano incastonate quattro pietre di diverso colore.
Lo spirito, quando vide chi si trovava nell’atrio, scese rapidamente le scale e rivolse un ampio sorriso alla maga “ Ma tu guarda, bisogna che il mondo stia per finire perché tu venga a trovare un vecchio amico”
Il volto della maga si aprì in un sorriso come Leon non le aveva mai visto fare. Non era un sorriso di cortesia o per prendere in giro, no, era un sorriso sincero che proveniva dal profondo del suo cuore. Era felice.
“Florian” disse lei correndo incontro all’uomo e avvolgendolo in un abbraccio che lo spirito ricambiò subito “Scusami, lo sai come sono fatta”
“Già, e ti sopporto lo stesso da mille anni a questa parte”
I due si misero a ridere.
Sentendosi tagliato fuori Sandir si rivolse a Sera sottovoce “Mi puoi spiegare cosa sta succedendo?”
Anche Leon era curioso, aveva intuito di essere al cospetto del sovrano degli spiriti ma non si aspettava che fosse in così buoni rapporti con la loro compagna di viaggio, anche se si era fatto un’idea del perché.
La giovane gli rispose senza indugio “Siete al cospetto di re Florian, sovrano degli spiriti, uno dei quattro eroi che hanno riunito i frammenti del Talismano di Sol mille anni fa. E mio padre”




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3660144