Storia partecipante al contest di
Biancarcano: Oggetti
e giocattoli dimenticati...o ricordati?
Autore su ffz e su efp: Arkytior
Originale o fandom:
Originale
Titolo:
Quando tutto era più semplice
Oggetto utilizzato:
Panda di peluche
Come è stato
utilizzato l'oggetto: La protagonista della storia ritrova
il suo giocattolo preferito da bambina, e le ritornano in mente tutti i
ricordi legati a quel giocattolo
Quando
tutto era più semplice
La chiamavano Villa Mo, ma in
realtà era tutto fuorché una villa. Si trovava in
campagna, a cinque minuti dal paesello più vicino. Doveva il
suo nome a Maureen Purves, o Nonna Mo, come la chiamavano i suoi
nipoti, e all'iscrizione Mo
luaidh,
"Mio tesoro", posta sopra la porta d'ingresso, che suo marito aveva
apposto quando aveva costruito la casa per lei, cinquant'anni prima.
Eliza fermò la macchina proprio davanti al grande cancello
della proprietà, scese dal veicolo e andò a
suonare il citofono, per avvertire i suoi genitori che lei e i suoi
figli erano arrivati. Donna e Thomas guardarono, da dentro la macchina,
il cancello automatico aprirsi, mentre la loro madre tornava da loro.
Eliza parcheggiò il veicolo appena passato il cancello, a
lato del vialetto che portava alla casa principale. Insieme ai suoi
figli scese dalla macchina, mentre Black, il vivace cane nero dei suoi
genitori, saltellava intorno a loro, eccitato all'idea di avere in casa
gente nuova.
Donna guardò l'enorme casa di campagna in cui avrebbe dovuto
stare per tutta la settimana. Erano passati anni da quando andava
lì per stare con i suoi nonni tutta l'estate. Suo fratello
Thomas era troppo piccolo per potersene ricordare, ma lei no.
Aiutò sua madre a prendere le valigie dal portabagagli, e,
insieme a suo fratello, la seguì mentre si avvicinava
all'entrata della casa.
Davanti all'entrata c'erano tre gradini, che portavano ad un portico
spazioso, in cui ricordava di aver giocato da bambina, durante i giorni
in cui faceva troppo caldo per giocare al sole. C'erano alcune sedie
impagliate, un divanetto di vimini con dei cuscini sopra e una panchina
di plastica, sotto cui Black amava rifugiarsi per ripararsi dal caldo.
Donna aveva un vago ricordo di come doveva essere stato il portico
quando lei era bambina, ma aveva la sensazione che non fosse cambiato
poi molto. Sul portico si affacciavano due entrate: un portone di legno
e una porta-finestra che dava sul soggiorno. Nonna Mo andò
ad accogliere i suoi ospiti aprendo per loro il portone.
Nonna Mo era sorprendentemente arzilla per la sua età: era
piccoletta di statura, portava occhiali da vista rettangolari, con una
sottile montatura rossa, aveva capelli corti e grigi che le stavano
ritti in testa come gli aculei di un porcospino, ed era perennemente
indaffarata. In quel momento indossava un grembiule da cucina e aveva
in mano un cucchiaio di legno, chiaro indizio che stava cucinando
qualcosa.
"Eliza, finalmente!" disse Mo, salutando sua figlia. Eliza si
abbassò per salutare sua madre con un bacio.
"E questi devono essere Donna e Thomas!" continuò la nonna,
guardando i suoi nipoti. "Come siete cresciuti! Specialmente tu,
Thomas!"
Il ragazzo sorrise timidamente, arrossendo. Nel giro di un paio di mesi
avrebbe compiuto diciotto anni, ed era già più
alto di sua sorella maggiore.
"E tu, Donna, perché ti sei tinta i capelli? Non ti
piacevano i capelli castani?" disse Mo a sua nipote.
Anche Donna fece un sorrisetto timido, mentre si attorcigliava una
ciocca di capelli attorno a un dito, un po' imbarazzata.
"Oh, entrate, entrate, non state lì fermi sulla porta!" li
esortò l'anziana donna. "Venite, vi faccio sistemare le
vostre cose!"
Ognuno prese la sua valigia, e la portò in casa. Nonna Mo
andò in cucina a posare il cucchiaio di legno,
dopodiché tornò da sua figlia e dai suoi nipoti,
e fece loro segno di seguirla. I tre seguirono Mo in soggiorno, dove si
trovava la scala che portava al piano superiore.
Al primo piano della casa c'era un corridoio con varie stanze. Donna
sapeva che alcune di esse venivano usate per gli ospiti, ma non c'era
mai entrata.
"Eliza, cara, tu starai in quella stanza in fondo," le disse sua madre,
indicando la stanza in questione.
Eliza annuì e si diresse verso la stanza. Conosceva bene
quella stanza, dato che era lì che aveva sempre dormito,
ogni volta che aveva passato lì le vacanze insieme alla sua
famiglia, prima del divorzio.
"Ragazzi, voi venite con me!" disse Mo ai suoi nipoti, facendo loro
cenno di seguirla dall'altro lato del corridoio.
Nell'altra metà del corridoio non c'erano porte che
conducevano ad altre stanze, ma soltanto un'enorme stanza completa di
divano, televisione, scrivania, computer, ampie finestre, macchine
fotografiche costose, e forse qualsiasi congegno elettronico esistente
al mondo. Donna ricordava di essersi sempre tenuta alla larga dalla
stanza di suo zio Dom, perché aveva il terrore di rompere
qualcosa di valore.
"Non vi preoccupate, ragazzi," disse loro la nonna. "Zio Dom sa che
siete qui, e non vi farà problemi se passate per camera sua!
Solo, non toccate le sue cose: è molto geloso dei suoi
giocattoli!"
I due fratelli sorrisero alla battuta della nonna, e la seguirono
all'interno della stanza dello zio. Nonna Mo girò intorno
alla scrivania e guidò i suoi nipoti su per una scala
nascosta, che portava all'ultimo piano della casa.
Si trattava di una soffitta, ma era molto più spaziosa di
quanto Donna potesse pensare, nonostante il tetto spiovente: c'erano
due camere e un bagno, ed erano state preparate apposta dai nonni per
il loro arrivo.
"Thomas, tu starai nella camera a destra, mentre Donna starà
in quella a sinistra," disse loro la nonna. "Vi do il tempo di
sistemare le vostre cose. Quando siete pronti, scendete: il nonno vuole
salutarvi!"
Nonna Mo scese le scale e tornò a lavorare in cucina, mentre
Donna e Thomas sistemavano le valigie nelle loro camere.
La camera di Donna era quella in cui ricordava di aver dormito da
bambina. Allora le sembrava immensa, ma ora le sembrava una camera di
dimensioni normali. In un angolo, in cui il tetto era troppo basso
perché una persona potesse stare in piedi sotto di esso,
erano ammucchiati i suoi vecchi giocattoli: poteva vedere un tavolino
di legno, una sedia abbinata al tavolino, e numerose scatole piene di
bambole di pezza, con cui aveva giocato più di dieci anni
prima. Proprio davanti a lei, una grande finestra le permetteva di
ammirare la campagna circostante, e il resto della fattoria dei nonni.
Proprio al centro della stanza, con la testiera attaccata al muro di
destra, c'era il letto, che la nonna aveva rifatto, utilizzando le
lenzuola e coperte multicolori ricamate da lei stessa. Appoggiato ai
cuscini del letto c'era un piccolo panda di peluche, che Donna
riconobbe immediatamente. Donna lasciò la sua valigia
appoggiata sulla porta, si avvicinò al letto e prese in mano
il panda. Ricordava di averci giocato da piccola, ma allora le era
sembrato molto più grande. Ora, invece, si rese conto che le
stava comodamente nelle due mani unite.
La visione di quel pupazzo le riportò alla mente i suoi
ricordi felici. Avrà avuto quattro o cinque anni quando suo
nonno le aveva regalato quel panda. Le aveva raccontato che era stato
uno dei suoi giocattoli preferiti quando lui era stato bambino, e che
ora aveva deciso di regalarlo a lei. Donna aveva sempre avuto un
rapporto speciale con suo nonno. La ragazza ricordò i
pomeriggi estivi in cui non si separava mai da quel giocattolo
speciale, e passava ore e ore a giocare con il suo peluche preferito, a
prendere il tè, a guardare le nuvole in cielo, o a esplorare
la campagna. Era tutto molto più semplice allora, quando non
doveva mentire per salvare le apparenze, quando poteva semplicemente
essere se stessa, senza preoccuparsi costantemente di non deludere le
aspettative dei suoi familiari. Ora come avrebbe fatto a sopravvivere
per una settimana, circondata dai suoi familiari, che non la vedevano
da anni, a cui aveva paura di raccontare la verità? Tutti
avevano un'idea ben precisa di lei, e non poteva certo distruggerla per
sempre. Per tutti, lei era una hostess per una prestigiosissima
compagnia aerea: come avrebbero reagito se avessero saputo che, quando
era stata licenziata, si era dapprima guadagnata da vivere facendo la
spogliarellista in locali poco raccomandabili, in cui era conosciuta
con il nome di Britney, e ora si accontentava di tirare avanti facendo
l'allenatrice di softball? Tutti i parenti si erano riuniti per
festeggiare i settant'anni di nonno Pete, e Donna non avrebbe di certo
rovinato i festeggiamenti deludendo le aspettative di tutti su di lei!
Soprattutto, non avrebbe mai voluto che suo nonno, con cui aveva sempre
avuto un buon rapporto, venisse a conoscenza di quel suo segreto.
"Donna?" la chiamò una voce.
Donna alzò gli occhi, come se si fosse appena risvegliata da
una trance. La voce di suo fratello Thomas l'aveva appena riportata
alla realtà.
"Tutto bene?" le chiese il ragazzo, avvicinandosi a lei, e sedendosi
accanto a lei sul letto.
"Sì, sì, sto bene..." rispose Donna. "Stavo
solo... ricordando..."
"Quello cos'è?" chiese Thomas, riferendosi al panda di
peluche.
Donna guardò il giocattolo che ancora aveva in mano. "Oh,
questo... è Squishy! Era il mio preferito, da piccola... Me
lo regalò nonno, sai?"
"Squishy?
Che nome è per un panda di peluche?"
"Non lo so! Ma mi piaceva come suonava..." Donna sorrise al ricordo.
"Che dici, scendiamo?"
Donna annuì. Insieme al fratello si alzò, rimise
il piccolo panda di peluche sul letto, dove l'aveva trovato, e
seguì Thomas.
Al piano terra, nonna Mo li aspettava. Li condusse in soggiorno, in cui
il nonno stava guardando la televisione, seduto sul divano. Non appena
vide la moglie e i nipoti, l'uomo spense subito l'apparecchio, per
dedicarsi completamente ai suoi ospiti.
Nonno Pete era un po' più anziano di quanto Donna
ricordasse. Era alto, aveva i capelli bianchi e portava occhiali
squadrati dalla montatura trasparente. Quando vide Donna, il suo viso
si illuminò, e le sorrise: non la vedeva da anni, ma
ricordava ancora perfettamente tutte le estati passate insieme, i
pomeriggi passati a giocare insieme, e a correre per la campagna. Tra
loro c'era sempre stato un rapporto speciale, anche se ormai non si
vedevano più tanto spesso.
Il nonno si alzò dal divano e andò a salutare
prima Thomas. Lo abbracciò e gli scompigliò i
capelli.
"Ehi, giovanotto!" lo salutò il nonno. "Ti sei fatto proprio
alto, sai?"
Nonno Pete si voltò quindi verso Donna, e
l'abbracciò.
"Ciao anche a te, signorina!" la salutò affettuosamente.
"Ogni giorno che passa, somigli sempre più a tua madre...
Anche se gli occhi sono di tuo padre!"
Donna sorrise al complimento. Suo nonno era orgoglioso di lei, ma la
ragazza non sapeva se lo sarebbe stato, se avesse saputo la
verità su di lei. No, nessuno doveva scoprire il suo
segreto: per tutti sarebbe stata esattamente come se l'aspettavano.
Anche se questo significava mentire a tutti, perfino a suo nonno.
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