An O'Broden Story (3) Holland(3) • Preparativi •
Holland POV
Non sono una fan dei
tacchi. Ebbene sì, potrei perfettamente fare la controfigura di uno dei
sette nani di Biancaneve ma pazienza! Non fraintendetemi, mi hanno
salvata MOLTE volte ma, dico io, come si può preferirle alle pantofole?
Fosse per me uscirei sempre con quelle ai piedi! Quando sono nuove si
ha la sensazione di caminare sulle nuvole: è semplicemente meraviglioso!
Ma, seppur quel pomeriggio avessi finito di girare tutte le scene in
scaletta, fui costretta ad indossarli ancora per via di una festa in
programma quella sera per festeggiare l’inizio delle riprese.
Quella mattina Crystal mi comunicò grandi linee ciò che aveva sentito
da Jeff: una festa a porte chiuse - giusto il cast, la crew ed i
produttori - per conoscersi meglio e cominciare a creare qualche legame.
Non avevo il dovere di salire
sui trampolini e torturare le caviglie ma lo feci comunque.
Specialmente dopo la conversazione-lampo che ebbi con Dylan. Il mio
orgoglio da donna ferita voleva dimostrare a quel ragazzetto dalla
lingua lunga quanto fossi capace di rimanere in equilibrio su quei cosi
senza cadere.
Che poi avrei voluto vedere lui! Tzè.
Quando entrai nell’area costumi, Crystal era seduta sulla poltrona, già
tornata nei suoi vestiti e, sopratutto, nella sua personalità.
Credetemi, fare gli attori è più difficile di quanto si creda. Ma di questo avremo occasione di parlarne meglio più avanti.
Lei mi fece un largo sorriso dei suoi e poi guardò gli stivali di
Lydia, trasformando quelle dolci fossette in una sentita smorfia di
sofferenza e solidarietà.
«Non ti invidio per niente» mi confessò. E con una risatina esasperata lasciai cadere quel discorso.
«Mi hai aspettata. È stato carino da parte tua» dissi lasciandomi
totalmente nelle mani della costumista, la quale mi liberò di tutto
l’outfit studiato per Lydia in cinque minuti netti. Perfino lei sapeva
quanto fossimo in ritardo.
«Ne abbiamo parlato questa mattina, ricordi? Avevamo deciso di andarci
insieme» mi fece presente con una lealtà che, onestamente, non ti
aspetti da una collega al primo giorno di lavoro.
È sempre stata brava nelle relazioni sociali. È sempre stata speciale.
Pur sapendo che sarebbe arrivata in ritardo al party, mi aspettò lo stesso.
Lei è fatta così.
«Mi cambio in tre secondi e poi… e poi…» e poi dovevo ancora scegliere
cosa mettere. Ed essendo la prima festa, tra l’altro a porte chiuse,
non avevo nemmeno preso in considerazione di farmi aiutare da qualcuno
per assemblare il mio outfit. Mi sentivo così in colpa.
«E poi mi seguirai» completò la mia frase altrimenti destinata a restare incompiuta.
E io mi misi completamente nelle sue mani.
Da quel giorno il mio angelo custode aveva un nuovo nome: Crystal Marie Reed.
«Hai fatto tutto questo per me?»
Mi aveva condotta in un’altra area del set, quella riservata al
make-up. Era straordinario costatare quanto velocemente avesse imparato
l’intera piantina. Ed io che ancora mi perdevo nel tentativo di
raggiungere il mio stesso trailer.
Nella stanza, posati su tre diverse poltrone, altrettanti tre abbinamenti di abiti erano stati conservati per il mio arrivo.
Come se non bastasse, perfino Elizabeth Hoel-Chang e Talya Melvey in persona erano lì ad attenderci.
Ci misi un po’ a realizzare: la stessa make-up artist che aveva
lavorato per grandi film come Pirati dei Caraibi e Transformers,
assieme alla stessa hair-dresser che avrebbe dato vita, più tardi,
all’iconica treccia di Katniss Everdeen, avrebbero curato il mio trucco
e la mia acconciatura per il party.
E tutto grazie a Crystal. Non so neanch’io come riuscii a non piangere.
«In realtà sono loro che hanno fatto tutto per noi» ridacchiò
scambiando un’occhiata di gratitudine con entrambe le artiste, dando il
merito a chi di dovere.
«Ora scegli l’abbinamento che preferisci e lascia fare il resto a noi»
mi invitò Elizabeth con un caloroso sorrisetto mentre Talya si stava
già occupando della setosa chioma corvina di Crystal. «Anche se si
tratta di una festa interna, non significa che dobbiate essere meno
carine.»
Scelsi dei vestiti semplici, non volevo strafare. Dopotutto era un
piccolo party per farsi conoscere; mostrarsi per chi si era davvero era
lo scopo principale.
E poi bastavano un trucco semplice ma ben fatto e dei capelli sciolti
sulle spalle in delle onde perfette a darmi quell’aria da “giuro che
non me ne sono ricordata all’ultimo momento”.
Una camicia colorata con stampe a fiori infilata sotto una gonna beige
con cinque bottoni neri sul davanti erano uno specchio perfetto per
riflettere agli altri come fosse sul serio la vera Holland.
Non a caso quella gonna è entrata a far parte del mio
guardaroba. È partito come un innocente prestito e poi me l’hanno
lasciata prendere. Certo, ci hanno messo due anni a convincersene ma,
alla fine, hanno vinto i miei occhi a cuoricino che spuntavano fuori
ogni volta che la vedevo appesa allo stand appendiabiti di Lydia.
Ah, c’erano anche i tacchi.
Al di là della muta sfida che avevo con Dylan, né Elizabeth né Talya mi avrebbero mai permesso di presentarmi in pantofole.
Ma tranquilli! Ne ho pagato le conseguenze.
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