Arcanorum

di il truzzo
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Il viaggio non era stato dei migliori, ma almeno questa volta era andato tutto bene. Nessun problema, nemici o quant’altro aveva turbato il suo cammino. Il che era strano visto quanto stava portando con sé, ma forse Dio lo aveva protetto evitandogli di incappare in qualsivoglia problema.
Non mancava molto al monastero di V., dove avrebbe consegnato il libro alle cure dei monaci affinché nessuno potesse ritrovarlo e scatenare l’inferno sulla Terra. Per tutti era solo un luogo di pace spirituale, mentre nella realtà era il posto dove venivano nascosti tutti quei manufatti e libri più o meno magici che potevano mettere in pericolo le anime della umanità. Il monastero di per sé era un vecchio castello medievale sperso nelle campagne pavesi, abbandonato per secoli e poi donato ad un eremita verso la fine del XVIII secolo. Quest’ultimo era famoso per i suoi studi sulle materie magiche ed oscure aventi lo scopo ultimo di poterle combatterle. Visto il successo che ottenne, la chiesa decise di fornirgli aiuto economico per sistemare il vecchio castello e renderlo funzionale ai suoi studi e alla vita di un gruppo di monaci. In poco tempo l’edificio venne restaurato ed ampliato con l’aggiunta di una serie di stanze sotterranee segrete realizzate per conservare i materiali dei suoi studi. Fu affiancato da una cinquantina di confratelli le cui conoscenze furono utilizzate sul campo nella lotta alle forze del male.
Un giorno l’eremita fu trovato fatto a pezzi nella biblioteca, senza che nessuno riuscisse a scoprire cose era avvenuto. Si pensa che qualche demone lo abbia attaccato a causa dei risultati che aveva ottenuto. Altri pensavano che durante i suoi studi avesse per sbaglio evocato qualcosa che lo aveva attaccato. Altri ancora temevano che uno dei monaci per ottenere il potere conservato in quei testi e manufatti lo avesse massacrato. Nonostante la sua dipartita, il monastero ne continuò le ricerche, diventando uno dei centri più importanti nella lotta al male.
Di tutto questo in pochi erano a conoscenza. Oltre ai monaci solo una parte delle alte sfere della gerarchia ecclesiastica sapevano cosa realmente era quel luogo e a nessuno era permesso di avere contatti diretti sia con i monaci che con quel posto.  Lui era tra i pochi che potevano andare e venire a proprio piacimento da quel luogo, dato che il suo compito era quello di portare la  materia prima per il lavoro di quei servi fedeli di Dio.
Spesso aveva trasportato oggetti e testi il cui potere occulto poteva corrompere qualsiasi anima, e per questo quasi sempre aveva dovuto superare ostacoli di vario genere. Le forze del male cercavano da secoli di impossessarsi di quei materiali ma tutti coloro che erano in contatto con il monastero di V. erano scelti tra i migliori e più fidati tra le fila della chiesa, molto spesso uomini in aria di santità.
Questa volta però il libro che portava con sé era qualcosa che non apparteneva a quel male che la chiesa combatteva. Nessuno riusciva a spiegarsi quando o come era arrivato nel nostro mondo. Era composto da dieci pagine in pergamena con una copertina in cuoio rigido e scurito dal tempo. Era stato studiato con il c14 ed altre tecniche per cercare di darne una datazione, ma tutti i risultati si erano rivelati assurdi. Si parlava di quasi un miliardo di anni. Anche il materiale di cui era composto non apparteneva ad alcun animale che mai avesse camminato sul nostro pianeta. Fu trovato in casa di uno psicopatico che aveva massacrato una copia di giovani qualche mese prima. Tra i vari farfugliamenti lo aveva chiamato “Arcanorum”, il libro della fine. Diceva che in esso era il potere di sacrificare la vita di un mondo intero per evocare esseri il cui potere era superiore addirittura a quello di Dio e che, con quel libro, si potevano controllare.
Nel suo delirio aveva raccontato di aver ucciso i due giovani perché era l’unico modo per evocare il libro e farlo materializzare nel nostro mondo. In un sogno una voce gli aveva spiegato cosa doveva fare e dove andare affinché l’evocazione andasse a buon fine, e lì aveva trovato la copia. Li aveva uccisi seguendo il rituale che aveva sognato e dai corpi straziati era fuori uscito il libro. Secondo lui era l’unico in grado di leggerlo. Per evocare le creature bisognava leggere i dieci incantesimi scritti sulle pagine e, finito di leggere il decimo, gli esseri extradimensionali avrebbero avuto libero accesso alla nostra realtà, dando il via al massacro di ogni forma di vita. Era una spiegazione pazzesca alla quale nessuno aveva dato peso. Il folle peraltro non era spaventato dalle sue affermazioni, quanto piuttisto dalla possibilità che il rituale potesse essere interrotto dagli incantesimi della sua controparte, il “Nimrael”, il libro del primo giorno, che poteva conferire il potere di sconfiggere quei mostri.
Nonostante lo sproloquio restava il fatto che il libro era lì e che nessuno lo aveva mai visto prima. Per sicurezza gli era stato affidato e a breve lo avrebbe consegnato ai monaci. Da sua esperienza tutta quella storia gli sembrava pura follia. Di norma oggetti del genere emanavano un senso di malvagità che quelli come lui erano capaci di avvertire, ma da quel libro non proveniva nulla. Temeva che il suo viaggio fosse stato inutile e che presto si sarebbe rivelato tutto una bufala.
Una volta arrivato, consegnò il libro al monaco bibliotecario che lo aveva assicurato del fatto che l’oggetto sarebbe stato riposto al sicuro.
Non si accorse, o forse non poteva accorgersi, della risata di disprezzo nella quella proruppe l’uomo davanti a lui appena ebbe in mano il libro, mentre il mondo attorno a lui riprendeva il suo vero aspetto.
“Ne manca solo uno!” continuava a ripetere con voce folle.




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