The background noises
«Juice boy!
Aprimi».
Chibs bussò
ripetutamente la mano chiusa a pugno contro
la porta, provocando un rumore sordo.
Da
dentro non arrivava nessuna risposta. Il ragazzo aveva cominciato a
preoccuparlo da
quando gli
aveva scoperto quei segni
rossi sul collo, segno di un momento di debolezza che però
non gli apparteneva. Il Juice che
conosceva rideva e dondolava la testa di lato quando era contento, e
mai l'avrebbe appesa ad un cappio. Il
ragazzino pelato e tatuato che si
divertiva a guardare le ragazze di Luann seduto
su una poltrona non camminava in mezzo ad un campo minato,
non senza
alcuna paura di saltare in aria.
Chibs batté
le nocche più forte.
Dopo
qualche secondo sentì il rumore della serratura che si
sbloccava. La porta si aprì appena, lasciando un spazio di
appena cinque
centimetri. La faccia
di Juice fece
capolino.
«Sono
in bagno» disse
semplicemente.
Aveva
gli occhi gonfi e il naso arrossato. Chibs sbatté
il palmo aperto contro la porta, spalancandola completamente, poi
entrò all'interno
del bagno senza
che il ragazzo potesse fare alcuna resistenza.
Si
richiuse la porta alle spalle con uno scatto
poi vi si appoggiò contro. Si guardarono per un
lungo momento,
poi Juice abbassò
lo sguardo.
«Che
cosa sta succedendo,
ragazzo?»
«Cristo, Kozik» rispose
semplicemente, prima di scoppiare a piangere.
Senza
sapere come, Chibs si
ritrovò con
le spalle al muro a guardare il ragazzo sbriciolarglisi
davanti,
ascoltandolo farneticare su morti e minacce, scoprendolo terrorizzato
dall'aver appreso di
avere un padre nero. Seduto
sul gabinetto e con le mani in faccia Juice cercava di
parlare senza
strozzarsi la voce, le
lacrime che gli scorrevano
sul volto
spigoloso e tra le dita
sottili.
«Sul
tuo certificato c'è scritto ispanico,
e questo è quello che conta» disse
alla fine Chibs,
senza sapere bene da dove cominciare. «Non
ti preoccupare Juice Boy,
non ti possono fare niente».
Il
ragazzo annuì tirando su col
naso, eppure il suo volto era terrorizzato esattamente
quanto prima. C'era qualcosa che non gli stava dicendo, lo sapeva.
Leggeva l’omissione nei suoi occhi nocciola e la sentiva nel
tremolio della sua voce roca.
«La
prossima volta che vedi lo
sceriffo
digli che
può prendere il cazzone nero di tuo padre e succhiarselo tutto.
Va bene?».
Juice scoppiò
a ridere e annuì, asciugandosi
le guance con le mani.
«Va
bene» rispose dopo
qualche istante, rialzandosi
in piedi.
Chibs si alzò
a sua volta
poi spalancò le
braccia e gli
afferrò le spalle, scuotendolo con
forza.
«Cerca
di riprenderti» disse.
Juice annuì
di nuovo, facendo un sorriso mesto.
«Non
farlo mai più» aggiunse
lo scozzese a
voce più bassa. «Hai
capito Juice Boy?
Mai più».
Fu
un attimo. Chibs non
seppe chi dei due aveva deviato l'abbraccio e come avevano fatto le
loro guance a finire così vicine, ma la bocca del ragazzo fu
sulla sua così in fretta che non ebbe nemmeno il tempo di
pensare.
I
palmi aperti sulle spalle
si trasformarono
in pugni stretti a stringergli la felpa
nera, mentre
lo baciava con un urgenza che non sapeva
di avere.
Non gli piacevano i maschi, anzi, era certo di amare ancora sua moglie.
Eppure la bocca di Juice sapeva
di lacrime ed era l'unica cosa reale nel caos di quella stanza.
Strinse
più forte quel corpo magro e delicatamente avanzò
facendolo indietreggiare, fino a che non sentì la schiena
del ragazzo contro il muro del bagno. Continuò
a baciarlo senza sentire resistenza, lasciando che ogni fibra del suo
essere si abbandonasse a quell’istante.
La pelle
bagnata di Juice profumava
di pulito.
Le sue labbra erano morbide e la sua lingua leggera. Non c'era nessun
rumore al mondo.
Chibs aprì
gli occhi e si scostò appena, guardando il giovane davanti a
sé.
Juice schiuse
le palpebre e nello stesso istante
spalancò leggermente
la bocca, mentre
sulla sua faccia si dipingeva un'espressione confusa. Nemmeno lui aveva
idea di cos’era appena successo.
Chibs non
disse niente. Fissò per un lungo
momento gli occhi umidi del ragazzo, poi la
bocca, poi viceversa.
Quando si allontanò dal suo corpo la stanza smise di girare
e tutti i rumori di sottofondo tornarono presenti.
Allungò
la mano dietro di sé e
aprì la porta, uscendo dal bagno in silenzio.
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