La maledizione del Giullare

di Zuffy
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Ai confini di quel regno, una creatura aveva dischiuso i suoi occhi stanchi.

La Principessa.

La donna più bella di quel regno, era lei: una gradevole presenza che all'occhio rendeva meno pesanti le ore di lavoro.

Tutti ardivano a conquistare il suo cuore, senza sapere che anche lei come il Re, lo perse: o lo nascose dimenticandosene l'esistenza?

Si spazzolava così, la chioma folta e ondulata, mentre osservava il regno che si animava.

La sua bellezza ammaliava, così fece con un ragazzo di strada, il quale si innamorò follemente; stettero insieme giornate intere, lui ad abbellire la sua figura con dei fiori freschi sui capelli, lei a ripagarlo con le sue grazie.

Una storia d'amore che sembrava infinita, ma che presto si rivelò una tragedia.

I genitori di lei ci misero poco a scoprire il suo novello amore, strappandola un giorno dalle braccia di lui, confinandola nella torre nella quale è ora.

“Non mischierai il nostro sangue con una feccia di strada, avvicinati ancora a lui e potrebbe accadergli di morire”, furono le parole che sentì lei.

“Non ne ho la minima intenzione”, furono le parole che sentirono loro.

“Non è colpa mia”, furono le parole che sentì lui.

L'uomo dall'umile aspetto non si arrese ad incontrarla per un'ultima volta; disperato salì sulla torre con dei rampini, chiamando il nome di lei.

La sua soffice voce richiamò il nome dell'amato, mentre le due giade si mossero a raggiungere l'addio negli occhi di chi la stava guardando.

Affondò l'avida freccia nel corpo di lui, che cadde inerme nel luogo dove prima non avrebbe mai immaginato di incontrare la morte.

Quelle lunghe frecce erano in realtà l'artificio di un capriccio, di lei che si era stancata della vista di lui e con una bugia lo portò alla morte.
 

Cupido

 

Ancora una volta, di lei si innamora

Cupido, cupido; lei lo ama ancora?

La sua freccia scoccò 

 e al suo rintocco lei lo ammaliò:

se fu questa la fine d'ogni canto

riuscì a non avere alcun rimpianto?





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