Capitolo
Dodici: Sin
“Io
sono il frutto di quello che mi è stato fatto.
È
il principio fondamentale dell'universo:
ad
ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.”
~
V per Vendetta
Venne
al mondo nelle tenebre, in una notte priva di luna. Il giorno in cui
Sinthea Schmidt nacque, fu anche il giorno in cui uccise per la prima
volta. Sua madre, una lavandaia di poco conto, il cui solo scopo era
dare al mostro dalle infinite teste un degno erede, era morta di
parto.
Johann
Schmidt l'aveva visto come un segno, sul sangue della madre morente
era stato tracciato il destino del proprio figlio; prima di scoprire
che questi era una femmina.
Sin
l'aveva sempre saputo che suo padre era rimasto disgustato da ciò,
anche se in quel momento non era nient altro che una neonata senza la
benché minima coscienza di sé, lei lo sapeva... Perché quello
sguardo scostante l'aveva perseguitata ogni singolo giorno della sua
esistenza.
Teschio
Rosso l'avrebbe uccisa, pur avvertendone il potenziale, l'avrebbe
uccisa per il solo e semplice fatto di essere nata del sesso
sbagliato. Ma questo
non avvenne, fortuna o sfortuna – questo dipende dai punti di vista
– qualcuno decise che non avrebbe seguito il misero destino di sua
madre.
Susan
Scarbo, una donna la cui fedeltà all'HYDRA era totale, profonda e
che Sin avrebbe per sempre chiamato “Madre Notte”, pregò suo
padre di risparmiarla, di affidarla a lei, l'avrebbe cresciuta perché
potesse servire al meglio la causa.
Ma
il leader dell'HYDRA non aveva tempo da perdere, la pazienza non era
mai stata una delle sue doti più spiccate ed una volta ancora si
rivolse ad Armin Zola; un uomo che, forse, alla fine si sarebbe
rivelato più pericoloso di Teschio Rosso stesso. Gli ordinò di
creare una macchina che accelerasse la crescita di sua figlia,
ridendo in faccia alle regole del tempo e della natura. E Zola ci
riuscì.
L'infante
divenne un'adolescente che sapeva a malapena reggersi sulle proprie
gambe; un vaso affascinante e vuoto in attesa di essere riempito, e
Susan Scarbo adempì al suo compito.
Sin
dimostrò fin da subito una predisposizione alla violenza, che
infliggeva al prossimo ogni volta che se ne presentava l'occasione e
lo faceva con il sorriso sulle labbra. La sua risata era infantile,
dolce, genuina, proprio come quella di una bambina, che non era mai
stata.
Teschio
Rosso le aveva strappato a forza l'infanzia e la figlia, così
facendo, era una bambina nel corpo di un'adolescente. C'era qualcosa
di puro nel suo sadismo; osservava con i suoi occhioni meravigliati
il dolore attraversare ed espandersi lungo il corpo della sua vittima
e se ne compiaceva. Era onesta nella sua cattiveria, fuori controllo,
seguiva i suoi istinti, le sue pulsioni, non reprimeva nulla.
Madre
Notte riusciva a quietarla ma mai abbastanza; aveva un intelletto
fine, tanto da riuscire ad aggirare, senza difficoltà, i suoi
nemici. Amava gli indovinelli ma si annoiava facilmente, troppo
semplici per lei, troppo elementari, insufficienti per alimentare la
sua mente. Era forte, veloce molto più di qualsiasi soldato
appartenente alle schiere di suo padre.
Il
siero di Teschio Rosso scorreva in lei rendendola diversa da chiunque
altro, sapeva di essere superiore nella mente e nel corpo e questo
alimentava il suo ego, il suo folle senso di onnipotenza. Persino i
suoi alleati avevano timore di lei.
Suo
padre la osservava, da lontano, ma attentamente. C'era una cosa che
di lei non tollerava, oltre naturalmente al suo essere femmina, la
sua totale mancanza di disciplina. Decise che sarebbe stato lui in
persona a porvi rimedio.
E
così iniziarono le punizioni, dure ed implacabili. Sin gridava come
una Furia, si dimenava rabbiosa, guardando negli occhi quel padre,
che le era sempre apparso distante e chiedendo con gli occhi
“perchè?”. Non era forse la migliore? Era sangue del suo sangue
dopotutto... Ma lentamente comprese che qualsiasi risultato, per
quanto eccelso, raggiungesse, per lui, per suo padre non sarebbe mai
stato abbastanza. Perché era lei, semplicemente lei ad essere
sbagliata.
E
allora, punizione dopo punizione smise di resistere... accolse quel
dolore perché quello sarebbe stato l'unica cosa che mai avrebbe
ricevuto da Johann Schmidt. E più sentiva l'odio infiammare il suo
cuore, più al tempo stesso cercava di compiacerlo, tentando di
cancellare quello sguardo insofferente, cadendo in un circolo
vizioso, che le impediva di liberarsi di lui.
Sinthea
si ritrovava in una sorta di limbo: da una parte l'odio puro e
semplice, i bambini dopotutto non provano emozioni complesse; e
dall'altra l'insostenibile ricerca di approvazione. Ma lei era pur
sempre una bambina, costretta a crescere senza riguardo alcuno per le
leggi della natura; e quando non riusciva a conciliare questi due
lati di sé esplodeva. La rabbia fuoriusciva lasciando che fosse la
follia a prendere il sopravvento.
Le
cose non erano cambiate nemmeno dopo il sonno criogenico a cui era
stata posta dopo l'apparente morte del padre.
Sinthea
era questo dopotutto: una bambina capricciosa in un corpo di donna
letale e conturbante.
*
«Quella
stronza» sibilò infastidita Melinda May assottigliando
pericolosamente gli occhi. Skye la guardò con gli occhioni scuri
spalancati, praticamente quell'uscita equivaleva ad uno sfogo d'ira
di una persona normale.
«Che
facciamo direttore?» domandò Triplett, osservando attentamente
l'uomo al suo fianco che ancora non aveva proferito parola, ma
restava concentrato sul tablet che aveva fra le mani, su cui
troneggiava l'immagine di Erica Holstein.
«L'ho
controllata personalmente-» soffiò May mettendosi le mani sui
fianchi.
«May
non è colpa tua, abbiamo controllato il suo profilo insieme e-» un
lieve bip del suo cellulare attirò la sua attenzione.
«Chi
è?» si informò Antoine sporgendosi lievemente verso la ragazza.
«Un
mio contatto di Rising Tide. Gli ho chiesto di controllare il
profilo di Erica Holstein, è bravo in questo genere di cose e mi ha
confermato che la sua intera vita è inventata. Erica Holstein non
esiste» terminò con un sospiro.
A
quel punto Coulson sollevò lo sguardo, scambiandosi un'occhiata
densa con Melinda, che annuì impercettibilmente.
«Dobbiamo
prenderla. Ma dobbiamo fare attenzione, se è riuscita ad ingannarci
tutti significa che è estremamente capace. May assicurati che Fitz e
Simmons non escano dal laboratorio insieme a Mack, potrebbe essere un
suo possibile obiettivo e vedi se Barnes è ancora nell'edificio, il
suo aiuto potrebbe farci comodo. Trip trova Bobbi e Hunter e mettili
al corrente della situazione. Dobbiamo convergere su di lei,
muoviamoci con cautela, dobbiamo coglierla di sorpresa» sia Trip che
May annuirono gravi.
«Ehi
un momento! Ed io?» trillò Skye, guardandoli.
«Tu
resti qui.» rispose Coulson con la consueta pacatezza, ma
l'espressione era ferma.
«Ma...
ma-» fece per protestare, ma Antoine l'afferrò gentilmente per le
spalle magre;
«Andrà
tutto bene. Sarai i nostri occhi... dovrai monitorare la situazione!
Sei il nostro asso nella manica» la rassicurò con un sorriso
divertito. L'hacker sbuffò ma desistette, non potendo far altro che
annuire di malavoglia mentre li lasciava andare.
*
Sin
picchiettò per l'ennesima volta l'unghia laccata di rosso sangue
sulla superficie perfettamente trasparente. Si grattò insofferente
la nuca, quell'odiosa parrucca continuava a pruderle; la sua mano
scattò poi verso il cellulare usa e getta ma lo schermo non indicava
nessuna chiamata in arrivo o persa.
Il
suo stomaco si strinse e la ragazza si dimenò infastidita. Quella
era decisamente una sensazione che mai l'aveva sfiorata in vita sua e
portava in bocca un amaro sapore; era la consapevolezza che qualcosa
non stesse andando secondo i suoi piani.
Il
Soldato d'Inverno avrebbe dovuto chiamarla a fine missione. Quanto
poteva essere complicato ammazzare una piccola stronza come Sharon
Carter? E qualora si fosse reso conto della sua azione, ne sarebbe
rimasto così disgustato da non poter far altro che tornare fra le
fila dell'HYDRA, avendo compreso, come quello fosse l'unico posto per
uno come lui. Loro lo avevano in pugno, che senso aveva ribellarsi?
Almeno così la pensava Sin. Aveva accettato l'idea di sacrificare
una pedina, nella grande scacchiera del padre, ovvero il Winter
Soldier N pur di avvicinarsi con discrezione e nel momento di massima
fragilità ad una pedina che valeva molto di più. Il Soldato
d'Inverno originale.
Perché
ora non la stava contattando?
La
giovane Schmidt cacciò un urlo rabbioso, afferrando il cellulare e
scagliandolo con violenza contro il muro, tanto che lasciò un
profondo solco. La sua espressione era più simile a quella di una
bambina capricciosa, che si era vista togliere il suo giocattolo
preferito, piuttosto che ad una giovane donna che ricopriva la carica
di generale dell'HYDRA.
Un
brivido la colse e si affrettò a ricomporsi, pur stizzita; non
poteva più aspettare. Abbandonò la stanza dirigendosi verso l'ala
in cui tenevano l'agente N, con la testa ancora concentrata su James
Barnes non si rese conto che il corridoio era praticamente deserto.
Cosa strana a quell'ora del giorno.
Sin
aveva quasi raggiunto il suo obiettivo, quando si trovò davanti
Lance Hunter.
L'agente
aveva l'espressione rilassata, stava bellamente appoggiato alla
solida parete scura; la guardò e sembrò davvero sorpreso di vederla
lì.
«Ehi
Erica! - il tono simile a quello di chi non vedeva un vecchio amico
da tanto tempo – Oh, eri qui per vedere il prigioniero? Spiacente,
ma sì è appena addormentato, come sai riposare fa bene alla
salute-» blaterò con aria disinteressata andandole incontro.
Sin
piegò il capo di lato, sbattendo le ciglia in un'espressione
vagamente sorpresa; passò un intero secondo, poi sorrise.
Un
sorriso genuino, con un accenno di malizia; il sorriso di chi ha
subito compreso il bluff della persona che le sta davanti.
«Oh
Hunter, è un vero peccato. Mi divertivi, davvero... Ma mi divertirò
ancora di più a farti fuori» esordì con tono stucchevole.
«Questo
è ancora tutto da vedere, tesoro!» replicò Hunter sfilando rapido
la pistola dai jeans. Inutile dire che Sinthea non si fece cogliere
impreparata: con una mossa agile gli fece perdere l'arma, ingaggiando
poi un corpo a corpo.
Nel
frattempo l'allarme era scattato e risuonava con insistenza per tutta
la base.
L'ex
mercenario trattenne a stento una smorfia di dolore, chiunque fosse
quella donna era davvero pericolosa oltre che essere più forte e
rapida di lui; venne malamente spinto indietro e cadde rovinosamente
tenendosi il costato, conosceva quel dolore: gli aveva fratturato
alcune costole.
Sin
lo guardò con occhi luccicanti, come un animale che finalmente ha
tra le sue grinfie la preda, ma il suo divertimento ebbe vita breve:
Bobbi Morse comparve alle sue spalle, spingendosi con un piede sulla
parete verticale le si scagliò addosso.
Entrambe
si rialzarono e la bionda fece roteare pericolosamente fra le mani i
due bastoni corti.
«Mi
spiace ma non andrai da nessuna parte».
Le
labbra color vino di Sin si stesero in un sorriso irriverente, la sua
mano corse ai capelli e con un gesto fluido si liberò della parrucca
scura, rivelando i suoi lunghi capelli color rame.
«Sei
adorabile. Pensi davvero di essere al mio livello?» la schernì;
«Beh
scopriamolo!».
Lo
scontro fra le due vide Sin nettamente in vantaggio; Bobbi con una
vena di panico si accorse del divario che intercorreva fra loro, ma
non per questo si sarebbe lasciata sopraffare così facilmente, il
direttore e gli altri contavano su di lei.
Allo
scontro si aggiunse anche Hunter, che non poteva permettere che Bobbi
affrontasse quella pazza da sola. Sin riuscì ad impossessarsi di uno
dei bastoni dell'agente e non appena ebbe l'occasione lo mosse verso
il petto dell'ex mercenario e rilasciò la scarica elettrica che lo
fece crollare con un lamento sommesso;
«Hunter!»
urlò Bobbi angosciata.
Ma
la figlia di Teschio Rosso non aveva ancora finito, con una
complicata mossa ma eseguita con una grazia felina intrappolò la
bionda in una sofferente presa mortale e poi la fece scontrare
duramente contro il solido muro, lasciandola boccheggiante. Non ebbe
il tempo di finirli, percepiva altri agenti dello S.H.I.E.L.D.
avanzare verso di lei. Lanciò un ultimo sguardo verso la cella, un
agente sedato ed intontito non le era di alcuna utilità, il suo
destino era ormai segnato a suo parere; senza i trattamenti periodici
dell'HYDRA sarebbe impazzito definitivamente. Piegò il collo
facendolo schioccare, un sorriso ferino le dipinse le labbra;
«Fai
qualcosa per questo maledetto allarme...» ordinò infastidita e
quasi immediatamente la petulante sirena si spense «Molto
meglio!».
Skye
alzò lo sguardo verso l'alto, non perché ci fosse effettivamente
qualcosa sul soffitto dell'ufficio di Coulson, ma perché
l'improvviso silenzio dell'allarme la impensierì.
«Skye?»
la voce incerta del direttore proruppe nel suo orecchio «Sei
stata tu?»;
«No!»
trillò preoccupata e subito si mise dietro la scrivania ed iniziò a
digitare comandi sul computer, cercando di prendere in mano la rete
informatica ed elettronica dell'intera base.
«Qualcuno
sta accedendo da remoto! Ha preso il controllo della base...»
affermò incredula, attraverso l'auricolare sentì un'imprecazione,
probabilmente di Triplett.
«Puoi
fare qualcosa?» domandò May;
«Ci
provo!»
«Dov'è
ora la Holstein?» s'informò Coulson;
«Sta...
beh wow! - esclamò allibita – sta mettendo KO i nostri agenti! È
da brividi e-»
«Skye!?»
«Sì
scusate! Sì sta dirigendo verso il corridoio a nord! Era come hai
detto tu, è diretta all'hangar... Cerco di bloccare le porte!».
Skye
digitando comandi su comandi, stava tentando di recuperare il
controllo su quantomeno le porte e per qualche secondo ebbe
l'illusione di avercela fatta. Dando un'occhiata alle telecamere di
sicurezza, notò che la giovane donna muoveva appena le labbra,
corrucciò lo sguardo... E poi comprese.
“Sta
dando ordini a qualcuno!”.
«Coulson!
Sta arrivando...».
Coulson
insieme a Melinda, Trip e altri svariati agenti attendevano con i
sensi all'erta l'arrivo del loro avversario.
Ma
non fu il portone che collegava la base all'hangar ad aprirsi, bensì
le enormi aperture, al termine del tunnel di decollo, che
consentivano ai velivoli – come il Bus – di partire ed atterrare
in tutta sicurezza.
Coulson
per un attimo fu smarrito, sentì la voce allarmata di Skye che lo
avvisava di una possibile intrusione di agenti nemici, ma quel suo
avvertimento fu vano. I loro avversari erano ormai penetrati. E la
persona che vide alla guida di quella jeep, che correva a velocità
impazzita, gli fece vedere rosso.
Grant
Ward sterzò bruscamente di lato per evitare la prima scarica di
proiettili, con il mezzo si riparò dietro uno dei jet, mentre con la
coda dell'occhio osservava il suo vero obiettivo. Fece un cenno secco
alle due ragazze che erano con lui; K e D annuirono inespressive ed
iniziarono ad ingaggiare uno scontro con gli agenti dello
S.H.I.E.L.D.
Nel
frattempo Sin era entrata nell'hangar, non senza qualche difficoltà,
a quanto pare Skye non era così sprovveduta come pensava.
Immediatamente
Melinda le fu addosso. Sì guardarono con aperto astio; non aveva mai
sopportato quella donna che chiamavano “La Cavalleria”, sempre
così contenuta e con quello sguardo severo, la mandava letteralmente
in bestia.
«Non
sai da quanto tempo sognavo di mettere le mani attorno al tuo bel
collo!» sibilò Sin, schioccando la lingua. May non fece una piega;
«Continua
a sognare!».
Il
corpo a corpo fra le due fu brutale, Sin percepì come La Cavalleria
fosse superiore rispetto a quelli con cui si era scontrata fino a
quel momento e ciò la esaltò pericolosamente; nessuno poteva
permettersi di essere superiore a lei.
«Chissà
come reagirà il caro direttore vedendo il tuo cadavere?» ridacchiò
lei folle, Melinda strinse i denti e ribaltò le posizioni, tenendola
a terra con le gambe avvinghiate al suo collo. Sin riuscì nuovamente
a liberarsi e ad attaccare l'asiatica con ferocia.
«May!»
Coulson arrivò in suo soccorso e fece fuoco; purtroppo il proiettile
mancò il bersaglio e lui dovette vedersela con una delle due agenti
sopraggiunte con Ward.
Bobbi
era finalmente riuscita a riprendersi abbastanza da correre verso
l'hangar, osservò May scontrarsi con quella che loro conoscevano
come Erica Holstein; il direttore affrontare una giovane bionda che
si muoveva con una fluidità da mettere i brividi; Triplett dirigersi
verso Ward e il resto degli agenti vedersela con una mora che
sembrava falciarli senza difficoltà, persa in una danza mortale.
Senza pensarci, si diresse verso di lei.
Antoine
Triplett prese alla sprovvista Grant Ward, nei pressi del Bus e con
una mossa da vero wrestler lo alzò e lo atterrò alle sue spalle.
«Vedo
che Garrett è stato un buon insegnante anche con te» esordì Ward a
metà fra il provocatorio e il serio.
«Sta
zitto» fu la secca risposta di Trip mentre si scagliava su di lui.
Skye,
che assisteva attraverso lo schermo allo scontro di quest'ultimi,
avvertì il proprio cuore serrato in una morsa infuocata. Malgrado
cercasse ancora di contrastare l'azione dell'hacker ignoto, non
riusciva quasi a staccare gli occhi dal loro combattimento. Odiava
profondamente Ward, si ere sentita speciale ai suoi occhi, per la
prima volta accettata veramente e poi tutto si era sgretolato e aveva
scoperto che non era altro che uno schifoso doppiogiochista... Come
aveva potuto provare qualcosa per lui?
Quando
vide l'ex specialista liberarsi di Trip, sbattuto violentemente a
terra, sentì di non poter più resistere. Fulminea afferrò il
tablet e corse a perdifiato verso l'hangar.
In
mezzo agli scontri trovò Trip, che nel frattempo si era rimesso in
piedi e si apprestava ad affrontare nuovamente Ward, in piedi sotto
il Bus, evidentemente occupato a manomettere qualcosa.
Il
corpo a corpo fra i due ricominciò, con più violenza di prima. Trip
fu colpito e Skye non riuscì a trattenersi;
«Triplett!»
urlò sconvolta. Le sue grida attirarono l'attenzione dell'ex
specialista che si voltò e la guardò dritta negli occhi. Un barlume
di dispiacere misto a tristezza comparve nei suoi occhi scuri.
«Ciao
Skye...» disse con voce leggermente emozionata, facendo un passo
nella sua direzione; per contro l'hacker fece un passo indietro,
volendo mettere quanta distanza possibile fra loro.
Trip
sferrò un pugno a Ward che perse l'equilibrio e cadde a terra.
«Non
osare avvicinarti a lei!».
Grant
a quel punto lasciò perdere, spostò lo sguardo sul suo superiore ed
urlò:
«Sin!
È ora!».
La
giovane donna capì immediatamente e sorrise trionfante;
«Vediamo
se sai far decollare un aereo» mormorò divertita.
A
quel punto estrasse un pugnale dagli stivaletti e lo piantò senza
esitare nel costato dell'agente May, che sgranò gli occhi, quasi
fosse stupita del suo gesto. Sin ridacchiò isterica e si allontanò.
«Andiamocene!»
abbaiò alle due giovani Winter Soldiers; obbedirono all'istante,
tentando di liberarsi dei propri avversari.
Improvvisamente
un forte rumore atterrì i presenti, Coulson si guardò attorno
circospetto, pronto per un nuovo attacco; ma quando si rese conto da
dove provenisse quel frastuono, impallidì. Era il Bus.
L'enorme
e sofisticato aereo dello S.H.I.E.L.D. si stava azionando, senza che
nessuno fosse al suo interno a pilotarlo.
Skye
si mise al riparo e puntò gli occhi sul tablet cercando di
ripristinare i controlli, quantomeno del portellone che avrebbe
permesso al Bus di uscire definitivamente dall'hangar. Chi diamine
era quell'hacker?
Nel
frattempo, il Bus aveva iniziato a muoversi verso la pista di
decollo, K, D e Ward si riunirono a Sin che si stava dirigendo verso
il portellone dell'aereo abbassato; malgrado alcuni agenti fra cui
Bobbi e Trip gli stavano alle calcagna.
I
quattro riuscirono a salire;
«Dov'è
N?» domandò innocentemente la bionda D. Per tutta risposta Sin le
rifilò un violento schiaffo; K strinse i pugni, conficcandosi le
unghie nei palmi per impedirsi di attaccare il proprio superiore.
«Non
hai diritto di parlare».
Ward
si ammutolì.
Coulson
nel frattempo aveva preso possesso della jeep dell'HYDRA e con Bobbi
e Triplett a bordo cercavano disperatamente di riprendere il Bus; con armi alla mano
tentavano non solo di prendere gli avversarsi ma di recare danno al
velivolo, che non accennava a fermare la propria corsa.
Skye
imprecava perché i suoi comandi stavano risultando inutili e
l'apertura non accennava a bloccarsi.
Sin,
prima di prendere definitivamente il volo, guardò divertita quel
patetico tentativo di fermarli; aveva un ultimo messaggio da
riferire.
«Dite
ai futuri genitori che non vedo l'ora di conoscere il loro adorabile
bambino! Verrà trattato con ogni riguardo!» urlò.
L'aereo
decollò, lasciando a terra, furenti e frustrati il direttore e i
suoi agenti.
Coulson
si portò una mano al volto, esausto finché la voce rotta di Skye
gli giunse all'orecchio come un ulteriore pugno allo stomaco.
«Coulson!»
singhiozzava la giovane hacker «May è stata ferita!».
___________________________________________________________________________________Asia's Corner.
Credo che lancerò ufficialmente l'hashtag #DarkEagleMaiUnaGioia,
perchè ammettiamolo qui si tocca il fondo o comunque ci si va
molto vicini! So che magari vi aspettavate il "diretto" seguito di
ciò che è accaduto in "Collapse", ma per quello dovrete
pazientare... Sentivo che era il momento giusto per farvi conoscere
questo villain doppiogiochista ed abile. Il suo background è
stato ovviamente rivisitato da me, ma alcune cose le ho riprese dai
fumetti come: il fatto che Teschio avesse accelerato il suo
invecchiamento e che fosse rimasto deluso dal fatto che il suo erede
fosse femmina e che Susan Scarbo l'avesse cresciuta e che si facesse
chiamare "Madre Notte" (qui poi ci sarebbe tutta un'altra storia da
approfondire ma per mie esigenze non ho voluto farlo).
Questo capitolo inoltre è tutto ambientato nello S.H.I.E.L.D. e
mi pareva giusto così visto che loro hanno avuto un contatto
diretto con Erica Holstein aka Sinthea Schmidt. L'arrivo di Ward
è come se fosse stato un diversivo per la squadra... I
sentimenti che Coulson&co. provano nei suoi confronti sono ancora
forti e Sin lo sa e li usa a piacimento contro di loro; Ward è a
tutti gli effetti un elemento di disturbo. Qui inoltre vediamo in
azione, anche se al momento non mi ci sono soffermata granché, K
e D, le altre due Winter Soldiers e anche se flash, ho rimarcato
qualcosa sul loro rapporto.
Diciamo che in tutto questo casino - da me creato - c'è una
piccola nota (se così si può chiamare) positiva: qualcosa
nel piano di Sin è andato storto, James Barnes non è
tornato nell'HYDRA. Cosa vorrà fare quell'anima in pena? Beh...
Non vi resta che continuare a leggere per scoprirlo! :)
A proposito qualche idea su chi sia l'hacker ignoto? ;)
Per qualsiasi dubbio non esitate a contattarmi!
Bene, e dopo anche questa fatica io, prima di tutto vi RINGRAZIO
perché noto che questa storia sta crescendo e nuovi lettori
l'hanno aggiunta nelle "preferite" e nelle "seguite" e senza
dimenticare i miei carissimi recensori (la vostra dedizione è
ammirevole e sempre fonte di energia per la sottoscritta!) e ovviamente
anche a chiunque si fermi a leggere! GRAZIE. Ed ora vi saluto, dandovi
appuntamento... allora se tutto va secondo i piani dovrei riuscire a
pubblicare fra due settimane ovvero VENERDI' 26 MAGGIO, se ci fosse qualche intoppo (in quel caso metterò l'avviso sulla mia pagina fb "Asia Dreamcatcher") siccome il weekend del 27-28 io sono fuori città, mi ritroverei a postare il capitolo MARTEDI' 30 MAGGIO. Preferisco dirvelo subito perché voglio essere onesta ma spero di non dover ricorrere a questa data!
ps.
Siccome oggi sono davvero a corto di tempo, e solitamente la domenica
sono impegnata fino all'ora di cena, riceverete la risposta alle
recensioni del CAPITOLO 11 "Collapse" al massimo lunedì entro
pranzo. Questo per farvi sapere che non mi sono dimenticata di voi, anzi! E' solo che purtroppo oggi il tempo è davvero limitato!