Quattro musicisti ed un investigatore

di Lady I H V E Byron
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-Fammi venire con te! Dopotutto sono il tenente, dovrei essere a capo di questo caso!-
-No, Ettore. Se mi hai chiamato, vuol dire che il mio aiuto ti serve davvero. E’ meglio se resti qui in centrale, così, se dovesse succedermi qualcosa, ci sei pur sempre tu a mandare avanti le indagini.-
Così Francesco era riuscito a convincere il cugino a non seguirlo verso l’indirizzo scritto sul foglietto trovato dentro il portafoglio di Salverini.
Tuttavia, visto che aveva dato la sua parola, si trovò costretto a portare i quattro musicisti con sé. Dopotutto, a loro non sembrava dispiacere la piccola avventura che stavano vivendo, nonostante le piccole lamentele sulle persone cui erano circondati e i momenti di scetticismo nei confronti del giovane investigatore.
Sarebbe stato un tour differente dagli altri: dopo un po’, fare le stesse cose annoia, no?
Francesco fece nuovamente uso del navigatore per dirigersi verso la destinazione.
Giorgio era nuovamente seduto accanto a lui, con dietro Saverio, Luciano e Alberto.
Il primo guardava come ipnotizzato il puntino blu all’interno del navigatore che si avvicinava sempre di più alla bandierina rossa della destinazione.
Non c’è da nascondere, inoltre, i vari momenti di infarto dei passeggeri ogni volta che Francesco passava gli incroci senza guardare a destra o a sinistra, senza dare la precedenza a chi di diritto. Per fortuna, le altre macchine si fermavano, o la Punto rischiava un’altra ammaccatura.
-Credi che siamo ad un buon punto con le indagini?- domandò Giorgio, distogliendo lo sguardo dal navigatore e guardando il profilo del giovane.
-E’ troppo presto per dirlo.- fu la risposta –Ma non dovete preoccuparvi, in questo campo mi sono sempre considerato un esperto.-
I musicisti non sembravano d’accordo.
-Figurarsi, allora, se fosse stato un principiante…- mormorò Alberto, senza farsi sentire dai presenti.
Per sua fortuna, la musica all’interno dell’auto aveva coperto la sua voce: Francesco, per spezzare l’imbarazzante silenzio, aveva messo un CD, guarda caso, della Quarta Orchestra.
-Ma spero vivamente che quell’indirizzo ci faccia raggiungere Salverini…-
-E se dovessi fare un altro buco nell’acqua?- domandò il canuto, facendosi serio.
-Beh, posso sempre farmi fare la ceretta alle gambe…- concluse il giovane, prima di frenare bruscamente.
Saverio colpì nuovamente il naso sul poggiatesta del fratello: aveva pianificato di fare uno scudo con le mani, se fosse accaduto, ma la risposta che udì lo fece basire, come i colleghi, a tal punto che si era distratto.
-Eh! Ma allora…!- si lamentò, guardando nuovamente in alto, nel tentativo di fermare l’emorragia.
-Eccoci arrivati.- annunciò Francesco, tirando il freno a mano. Aveva parcheggiato proprio di fronte ad un sexy-shop, che corrispondeva all’indirizzo che stava cercando.
Non per niente Via Marchese De Sade era la zona a luci rosse.
Era un negozietto piccolo e modesto: già dalla merce esposta in vetrina si poteva capire che tipo di negozio fosse.
Ma fu un piccolo elemento scorto dall’investigatore, anche se con la coda dell’occhio, che attirò la sua attenzione.
-Guardate.- indicò, una volta uscito. I musicisti lo seguirono; Saverio era di nuovo intento a coprire le narici con dei pezzi di fazzoletto –Un furgone grigio.-
Lì per lì non c’era niente di strano: i furgoni di quel tipo e di quel colore non erano rari.
-Sì, e con questo?- domandò Giorgio, confuso.
-Lisa mi ha detto di aver visto un furgone grigio la notte dell’esplosione. Credo che siamo ad un buon punto con l’indagine.-
-Quindi Salverini può essere qui?- domandò Alberto, serio.
-Allora andiamo a prenderlo!-
-No, Giorgio, non così in fretta.- lo fermò il giovane, mentre rifletteva sul da farsi –Dobbiamo esaminare bene la situazione prima di agire. Intanto, è necessario che voi mettiate un trasmettitore sul furgone, per scoprire dove alloggia e i suoi movimenti, contattare mio cugino e informarlo sulla posizione del furgone, la sua targa e a chi appartiene e fare la sentinella, in caso di fuga da parte del nostro uomo, mentre io entro e faccio qualche domanda.-
-Io vengo con te.- tagliò corto l’uomo dalla barba bianca.
-E perché vuoi venire anche tu?-
-Hai pur bisogno di qualcuno che ti guardi le spalle, no? E poi, come si dice, l’unione fa la forza.-
-Allora vengo anch’io.- si propose Saverio, alzando lievemente la mano –Che faccio? Lascio tutto il divertimento a voi?-
-Ma se venite tutti e due…- commentò Francesco –Allora gli altri dovranno montare il trasmettitore e avvertire mio cugino.-
-Luciano può montare il trasmettitore.-
Il più alto del gruppo, sentendosi nominare, assunse uno sguardo confuso.
-Perché io?-
-Perché ho appena detto “Luciano può montare il trasmettitore.”…- si giustificò Giorgio, concludendo con un sorriso furbo.
-Bene, quindi deduco che dovrò informare io la polizia…- notò il più anziano, incrociando le braccia.
Anche loro volevano un po’ di azione.
-Esattamente.- annuì l’investigatore, prima di avvicinarsi a Luciano e condurlo verso il bagagliaio –Qui trovi il trasmettitore. Mettilo in un punto qualsiasi del furgone, basta che Salverini non lo noti. E non preoccuparti, tanto è magnetico.-
L’oggetto in mano all’uomo era grande la metà del suo trombone, e altrettanto pesante.
-Alberto, tu sai come si usa una radio?-
-So solo cambiare stazione...-
-Bene, allora sapete cosa fare.- disse, prima di battere le mani -Voi due, con me!-
Dall’interno del negozio, Vittorio Salverini, senza farsi vedere, diede una rapida occhiata all’esterno: notò l’investigatore e i musicisti e si morse il labbro inferiore.
-Merda!- imprecò, guardando indietro –E’ la polizia! Liberati subito di loro!-
C’era presente una sola persona all’interno del negozio, oltre all’ex-lottatore: una donna sulla trentina d’anni, avvenente, truccata, capelli vaporosi e bruni e con indosso un abito dalla scollatura ben evidente.
Doveva essere Monica Di Carlo, la donna citata nel bigliettino.
-Va bene, va bene! Me ne occupo io!- esclamò; da come gli parlava, sembrava fossero complici –Tu nasconditi qua nello scantinato!-
Aprì una porta, che dava a delle scale.
-Lì sarai al sicuro.-
Senza attendere che il cliente fosse completamente entrato nello stanzino, chiuse frettolosamente la porta, che lo colpì sulla schiena, spingendolo in avanti, facendolo rotolare sulle scale.
-AHHHH!!!- si sentì.
Francesco e i Guardiola non avevano sentito niente: Monica era riuscita a nascondere Salverini, prima che la porta del negozio si aprisse.
-Buongiorno.- salutò il più giovane del trio, mostrando un documento di identità –Francesco Milanelli, investigatore privato. Loro sono i miei collaboratori.-
La donna non sembrava per nulla intimorita; anzi, si mise dietro al bancone, in posa provocante.
-Devo restare bloccata così?- domandò, con aria seccata.
Lo sguardo dei due fratelli era ovviamente rivolto verso la scollatura, anche quella dell’investigatore, ma il suo pensiero centrale era risolvere il caso dell’esplosione, che sconfisse l’istinto di restare lì con lo sguardo fisso come un baccalà.
-Beh… devo ammettere che messa così fa molta scena…- mormorò, prima di sbattere le palpebre e guardandola negli occhi –Comunque siamo qui per farle alcune domande.-
Nel frattempo, Luciano e Alberto stavano procedendo con la loro parte del piano.
O meglio, tentavano.
-Ah, come diamine funziona questo affare…?!- imprecò il più anziano, tenendo in mano la radio per comunicare con la stazione di polizia, mentre, con l’altra, pigiava dei tasti a caso.
Stava beccando solo frequenze di programmi musicali.
Il tempo stringeva. Doveva muoversi.
-Forse questo…?- mormorò, prima di pigiare l’ennesimo tasto.
Udì delle interferenze. Un altro buco nell’acqua, pensò, sospirando e ruggendo nello stesso momento.
-Krr… Distretto di Polizia di Rieti. Krr…-
Alberto sorrise: ce l’aveva fatta.
Fece un piccolo gesto di entusiasmo, come se l’Italia avesse vinto i mondiali di calcio.
-Pronto?-
Ma non doveva esultare a lungo. Prese la radio e vi parlò attraverso.
-Ehm… sì, salve…- disse, un po’ imbarazzato; mancava poco non avesse la più pallida idea di cosa dovesse dire –Sono il professor Alberto Mati, della Quarta Orchestra…-
-Sì, e io sono Claudio Baglioni…- fu la risposta, sarcastica.
Si udirono delle risate, in sottofondo.
-No, dico sul serio!- ribatté il bassotubista, deglutendo e sudando dall’imbarazzo; non aveva mai parlato alla Polizia; non in quel modo –Sono uno dei collaboratori dell’investigatore Francesco Milanelli. Chiamo per la questione di Vittorio Salverini. Abbiamo trovato il suo furgone in Via Marchese De Sade 21 e questa è la targa…-
A Luciano, invece, era toccato il compito più arduo: posizionare un localizzatore sul furgone di Salverini.
Lo guardava da tutte le angolazioni, con aria disperata, come se non sapesse cosa fare. Mancava poco che piangesse dall’ansia.
-E adesso dove lo metto…?- diceva, con le gambe tremanti; dipendeva tutto da lui; se fosse riuscito a posizionare quel localizzatore, l’indagine avrebbe compiuto un passo avanti.
–Sopra no, perché chiunque lo vedrebbe…- rifletté, con l’oggetto in mano -Poi metti che passa sotto un cavalcavia molto basso, rischia di staccarsi… Di lato, potrebbe scoprirlo subito… Qui dietro nemmeno… Potrei metterlo sotto il motore… Sì, è il luogo giusto!- osservò, camminando con passo danzante verso il cofano, come segno di vittoria –Nessuno lo vede e quel terrorista da strapazzo non si renderà conto di essere localizzato…! Ah! Ah! Sono proprio un genio!-
-Stiamo cercando un tale di nome Vittorio Salverini.- proseguì Francesco, rivolgendo a Monica occhiate quasi minatorie, mentre i Guardiola stavano camminando per il negozio, osservando i tipi di merce in vendita -Allora, dov’è?-
Ma la donna non sembrava per nulla intimorita.
-Per quale motivo te lo dovrei dire, spilungone?- domandò, con arroganza.
-Perché sono l’ultimo baluardo fra i casini come questo e la gente rispettabile di questo Stato.-
In quel momento, da un’altra stanza del negozio, arrivò un altro commesso, un giovane biondiccio, alto e altrettanto magro. Portava una camicia a righe e dal suo savoir-faire e dal suo modo di parlare doveva essere dell’altra sponda.
-Ah, ciao, tu devi essere Francesco.- salutò, con voce quasi amichevole, come se lo conoscesse da tempo.
L’investigatore gli rivolse uno sguardo sospetto: come faceva a sapere il suo nome?
-Sai, è arrivato quel modello di macchina succhiatrice svedese a presa rapida che tuo cugino Ettore aveva ordinato per voi due. Ah, che lussuriosi…-
Quella rivelazione lo fece arrossire, persino più che parlare con Lisa. Non si aspettava certo che il cugino avesse un lato perverso sotto la sua dedizione alla legge. Non aveva nulla in contrario a come si svagava, ma se ne fosse stato al corrente, forse avrebbe preso il tutto con meno sconvolgimento.
Monica lo guardò con un sopracciglio alzato, come per contraddirlo sull’ultima frase da lui detta.
-Di… questo… non ne sapevo assolutamente niente!- cercò di giustificarsi, cercando di non balbettare -E Ettore, stasera, dovrà spiegarmi un bel po’ di cosette…-
Giorgio, come stabilito, stava facendo la vedetta, per informare Francesco su possibili tracce di Salverini, mentre Saverio faceva finta di fare il cliente.
-Ehi, Giorgio…- disse, all’improvviso, quasi sottovoce, sghignazzando –Vieni a vedere qui…-
L’altro, sospirando, si avvicinò, temendo di lasciarsi sfuggire il loro obiettivo con la più piccola distrazione.
Il più anziano, aveva in mano uno strumento simile ad una sega elettrica, che azionò tirando più volte una cordicella; soltanto che, al posto della lama, c’era un’asta con una forma fallica sull’estremità, che si mosse tremando.
Imbarazzato, il fratello minore incitò il maggiore a lasciare quell’oggetto, dando manate su manate.
-Ma posalo immediatamente! Cretino!- rimproverò, con l’ultima manata sulla nuca.
-Ahu!- si lamentò Saverio, massaggiandosi la parte offesa e sistemandosi gli occhiali, che per poco non cadevano a causa del colpo –Manca poco che mi rompi il collo così, scemo…-
-Eh, non sarebbe una grande perdita…-
Intanto, Luciano, non si sa come, aveva preso uno skateboard, per scivolare più facilmente sotto il furgone grigio e posizionare il localizzatore. Per fortuna, il motore era freddo, quindi non rischiò di ustionarsi per posizionarlo, dopo aver spinto il bottone per azionarlo. Aderì bene con il metallo, essendo magnetizzato.
Ma, ahimè, il pericolo era proprio dietro l’angolo.
Dal negozio, Giorgio aveva notato qualcosa di strano.
-Francesco! Saverio! Venite qui!- chiamò, raggiunto dai citati.
Vittorio Salverini. Fuori dal negozio. Diretto verso il suo furgone. Si guardava nervosamente indietro, come se sospettasse di essere inseguito.
-E’ il nostro uomo!- disse il giovane, sorridendo vittoriosamente –Raggiungiamo la macchina e inseguiamolo!-
Velocemente, uscirono dal negozio, per rientrare nella Punto. Alberto aveva appena finito di dare le ultime indicazioni alla polizia.
Luciano non li raggiunse. Quando Salverini era entrato nel furgone, lui era ancora sotto. Quando udì il rumore del motore, per poco non gli venne l’infarto. Il localizzatore, per fortuna, rimase al suo posto.
Ma, mentre lo metteva, un lembo della camicia era rimasto incastrato su una vite.
Questo poteva voler dire solo una cosa.
Francesco, Saverio e Giorgio erano appena rientrati in macchina.
-Allora, hai contattato la polizia?- domandò il primo, rivolgendosi ad Alberto, mentre accendeva la Punto.
Questi sembrava piuttosto turbato.
-Sì, l’ho fatto, ma…-
-Aspetta un attimo… Dov’è Luciano?- domandò Saverio, guardandosi intorno, quasi preoccupato.
-Era questo quello che volevo dire.- riprese il più anziano, indicando in avanti.
Il furgone era ormai partito: sotto di esso, due gambe si stavano agitando.
-Salverini ha preso Luciano!-
I Guardiola rimasero a bocca aperta, ma l’investigatore, serrando le labbra, mise la prima spingendo con tutta la sua forza, quasi rischiando di rompere la leva del cambio.
-Allora andiamo a prenderlo!-
Fece una tale sgassata che i musicisti, per poco, non si ribaltavano nei loro stessi sedili.
Mancava poco che la Punto eseguisse un’impennata.
-Il punto è non farci scoprire…- si ricordò il ragazzo, lanciandosi all’inseguimento.
-FERMO! FERMO!- esclamava Luciano, ancora sotto il furgone, mentre cercava di liberarsi –CI SONO SOTTO IO!-
Anzi, forse non gli conveniva liberarsi: almeno sotto il motore non rischiava di essere schiacciato. Se fosse, invece, riuscito a strappare la manica della camicia rimasta incastrata, sì, si sarebbe liberato, ma sarebbe stato, nello stesso modo, in mezzo alla strada.
E se Salverini avesse preso l’autostrada?
Meglio pensare prima di agire.
Cercò, quindi, di afferrare il tubo dell’olio motore, ma, ovviamente, si ustionò.
Lo scatto che seguì fu quasi fatale per Luciano: la manica si era strappata, liberandolo.
-Oh-oh…- disse, prima di vedere il furgone passare oltre.
Per fortuna, nella sua parte retrostante, aveva una specie di scalino. Rapido, il trombonista si girò, rischiando di cadere dallo skateboard, e lo afferrò.
Salverini era in suo pugno.
Ad un paio di miglia da distanza, l’investigatore e i musicisti procedevano a velocità moderata, nonostante lo scatto iniziale.
-Povero Luciano…- mormorò Saverio, sempre più preoccupato –E se gli fosse capitando qualcosa…? Se Salverini lo avesse…?-
-Beh…- aggiunse Francesco, iniziando un altro delirio –Se non lo ha già messo sotto il furgone, passandoci sopra più volte per assicurarsi che fosse morto, forse lo sta trascinando con sé, per poi completare il lavoro con le sue mani, magari una bella pallottola sul cranio o le classiche pugnalate. Forse prima di passare all’omicidio lo avrà torturato per poi castrarlo alla vecchia maniera, chi lo sa? O magari intende sfruttarlo per altri scopi che non riguardano solo l’omicidio. Magari è anche omosessuale, represso da chi sa quanto…-
I musicisti osservarono il giovane completamente basiti; no, proprio scioccati.
Francesco non provò alcun rancore nelle sue parole, ma avvertì comunque un lieve senso di imbarazzo.
-Allora dobbiamo trovarlo subito!- esclamò Giorgio, ancora scioccato.
-Vedo che tenete l’un l’altro. Sfido io: 30 anni tutti insieme e ancora non vi siete stancati l’un l’altro…-
-Ma che hai capito? Lui ci serve per i nostri spettacoli. Chi suona gli strumenti a corda se quel tipo ce lo ammazza?-
-Ah.- realizzò l’investigatore, prima di osservare lo schermo nella sua macchina –In effetti, mi sembrava strano…-
Lo schermo mostrava sempre una mappa della zona, ma invece che un solo puntino (ovvero la posizione della sua macchina), ce n’erano due: il secondo proveniva dal trasmettitore che Luciano aveva messo nel furgone di Salverini.
-Comunque, non preoccupatevi.- rassicurò –Le invenzioni di Franco sono davvero efficaci. Se Luciano ha svolto il suo lavoro, allora Salverini ci sta conducendo proprio da lui!-
Questo non fece proprio rassicurare i tre musicisti, che si abbandonarono alla comodità dei loro sedili, ma non per rilassarsi, ma per sospirare, rassegnati, coprendosi i propri volti con le mani.
-Siamo rovinati…- mormorarono, quasi all’unisono.
La corsa durò dieci minuti.
Vittorio Salverini, per fortuna, si era fermato, parcheggiando in una villetta in rovina.
Appena scese, il furgone fece dei sobbalzi strani: stare lontano dal mondo delle arti marziali aveva lasciato un chiaro segno. Era ancora robusto, ma il grasso aveva preso il posto dei muscoli.
Un rumore sospetto lo fece voltare verso il retro del furgone.
Uno starnuto lieve, uno di quelli che vengono interrotti prima di “sputare” dalla bocca.
Si avvicinò, con passo felpato (indossava le scarpe da ginnastica) e con la pistola in mano.
Notò un uomo circa della sua età, se non più grande, pelato quasi quanto lui, che si stava strofinando gli occhi.
Aveva segni di botte su tutto il volto, forse corrispondenti alle sue frenate.
Ma la cosa importante era sapere chi fosse e cosa ci faceva lì.
Gli puntò la pistola contro, pronta per sparare.
L’intruso, già tremante per la corsa, sentì il proprio respiro mozzarsi alla sola vista della canna.
-Bene, bene…- sibilò l’ex lottatore, con accento calabrese –Ma cosa abbiamo qui? Un clandestino, presumo…-
L’uomo deglutì, sudando freddo e premendo sempre di più sullo scalino del furgone. Tremava sempre di più. Era come paralizzato.
-S-s-s-s-s-s-sono… u-u-u-u-u-un… me-me-me-me-me-me-mec-c-c-c-c-ccan-n-n-n-ico…- mentì Luciano, sperando di essere credibile –A-a-a-a-a-a-a-a-v-v-v-v-v-ve-v-v-v-v-vo n-n-n-n-ot-t-t-t-t-tato ch-ch-che q-q-q-q-q-ques-s-s-s-to f-f-f-f-f-furg-g-g-g-g-g-on…e a-a-a-v-v-v-e-v-v-va u-u-n-n pro-pro-pro-problem-m-m-m-a e v-v-v-v-v-olev-v-v-v-v-o d-d-d-d-d-dare u-u-u-u-n’o-o-o-o-cch-ch-ch-chiata… (tradotto: “Avevo notato che questo furgone aveva un problema e volevo dare un’occhiata”)-
Ma Salverini non sembrò berla.
Infatti, alzò un sopracciglio folto, senza abbassare l’arma.
-Un meccanico vestito in borghese?- domandò.
-S-s-s-s-sono i-i-i-i-n f-f-f-f-fer-r-rie, m-m-m-m-ma n-n-n-on riesc-c-c-o a st-st-st-stare se-se-se-se-sen…za l-l-l-lavorare… (“Sono in ferie, ma non riesco a stare senza lavorare.”)- fu la risposta, balbettata dalla paura.
L’altro non gli credette. Frugò nella sua giacca scura con la mano sinistra, mentre con la destra continuava a puntare la pistola contro Luciano.
Tirò fuori un articolo di giornale: c’era una foto di Auditore con tutti e quattro i membri della Quarta Orchestra.
-Quindi il pelato qui non sei tu, vero?- domandò, indicandolo nella foto.
L’uomo non disse nulla; si limitò a respirare dal naso, con gli occhi fissi nella canna.
Il sicario fece sparire la foto, lanciandola alle sue spalle ed assunse uno sguardo minatorio.
-Tu ora vieni con me!- minacciò, prendendo il musicista per i pochi capelli che gli erano rimasti.
-Ahhh! No! Aiuto!-




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