Le
lezioni entrano ben
presto nel vivo, e Marissa si ritrovò catapultata nel suo
addestramento senza quasi rendersene conto. Se si soffermava a
riflettere su tutti i cambiamenti e le stranezze che aveva vissuto
ultimamente si sentiva girare la testa. Lei che per sua natura era
timida e schiva non osava quasi rivolgere la parola ai suoi nuovi
compagni. Ciononostante, solo ascoltando le loro conversazioni, aveva
appreso i nomi di alcuni di loro. Erano tutti più grandi di
lei, più
grandi perfino di Damien, perché grazie al suo potere innato
lei non
aveva bisogno di iniziare dal basso l'addestramento. I ragazzi che si
addestravano con lei erano solo quattro, tutti con un'età
che si
aggirava intorno ai diciotto anni. Agli occhi della ragazzina
tredicenne, praticamente adulti. E terribilmente consapevoli del loro
ceto superiore al suo. C'era Aura, la figlia del marchese di
Ubramore, della costa occidentale; Warrach, che apparteneva a un ramo
cadetto dei Knigh, la potente famiglia che deteneva enormi interessi
nel sud del paese; e poi addirittura due nipoti della regina
Shandrel, due ragazzi dai capelli scuri e le aristocratiche
sopracciglia arcuate. E poi c'era lei, piccola e di lignaggio
insignificante. La prima volta che aveva messo piede nella stanza
dove si svolgeva l'addestramento e quattro volti accigliati si erano
girati nella sua direzione, Marissa avrebbe voluto che il pavimento
si aprisse sotto i suoi piedi e la inghiottisse. Ma oltre alla
diffidenza aveva letto qualcos'altro nelle espressioni dei giovani
nobili: curiosità. Anche se il suo incidente con l'Airknoril
era
stato cancellato dalle menti di tutti all'Accademia, ancor
più
reverenza suscitava la vista di Dracoon, che seguiva Marissa dovunque
lei andasse. Dormiva sul suo cuscino la notte e si accomodava sulle
balaustre dei colonnati mentre lei seguiva le lezioni. Volava sempre
al suo fianco, senza perderla un attimo di vista.
Alle
domande che le
rivolgevano Marissa non sapeva cosa rispondere, ma era sempre ben
disposta a mostrare loro Dracoon, purché non lo
infastidissero.
Ma
era Damien quello bravo
con le parole, e Marissa era grata quando poteva contare sul suo
sostegno in quel posto in cui tutti la guardavano come fosse una
sorta di creatura bizzarra e incomprensibile. Ed era raro che lei e
Damien stessero separati: studiavano perfino insieme, in biblioteca,
e si esercitavano insieme, tutti i pomeriggi con puntualità,
tanto
che mastro Gilbert, nel vederli seduti allo stesso tavolo, giorno
dopo giorno, cominciò a sorridere apertamente al cambiamento
che
Marissa aveva operato su quel giovane scapestrato.
Damien
si era aperto con
lei, e Marissa aveva intuito che, sotto la sua apparenza di giovane
sbruffone, si nascondeva molta insicurezza. Le aveva raccontato della
sorella gemella Dorelynn, che si addestrava con le Zarall, di quanto
fossero legati e di quanto lei le mancasse.
“Anzi,
probabilmente è
l'unica persona che davvero mi manca di casa mia...” aveva
aggiunto
con una smorfia.
“E
tua madre? Non ti
manca?”, aveva chiesto Marissa cercando di immaginare cosa
potesse
significare avere una madre.
“Non
fraintendermi, le
voglio bene... ma non siamo molto legati. Credo che lei non mi abbia
mai capito fino in fondo. O forse io non ho capito i suoi sforzi per
trasformarmi in qualcuno degno di portare avanti il nome della
famiglia.”
“Cosa
mi dici di tuo
padre?”
Damien
si era visibilmente
irrigidito, e Marissa comprese di aver toccato un tasto dolente.
“Io
e mio padre”, disse
Damien inumidendosi le labbra, “non siamo mai andati
d'accordo. Se
io volevo una cosa, lui ne voleva un'altra. E alla fine l'ha avuta
vinta lui.”
“Vuoi
dire che ti ha
obbligato a venire all'Accademia?”
Il
ragazzo annuì. “Non ha
ammesso repliche.”
Le
aveva raccontato molto di
sé, ma per qualche motivo aveva omesso il fatto che era in
grado di
comunicare con Dorelynn tramite il pensiero.
Marissa
a sua volta gli
aveva parlato della sua infanzia infelice al monastero, dei soprusi
delle monache, delle sue origini oscure.
Damien
aveva ascoltato con
molto interesse, lanciando di tanto in tanto un'occhiata a Dracoon.
Gli aveva raccontato del viaggio intrapreso insieme a Siobhan, e
dell'attacco misterioso che aveva subito.
L'unica
cosa che non aveva
rivelato – ben consapevole delle raccomandazioni di Siobhan
– era
la sua ascendenza elfica. Le parole della donna e le reazioni del
servitore l'avevano spaventata a sufficienza da mettere un freno a
qualsiasi rivelazione, anche nei confronti di qualcuno di cui aveva
cominciato a fidarsi.
Damien
era diventato una
presenza rassicurante per Marissa, ma quando era a lezione lui non
poteva essere con lei, e lei doveva farsi forza da sola. Siobhan era
la sua insegnante e Marissa ricordava le parole che aveva pronunciato
il giorno in cui aveva assistito alla sua prima lezione.
Si
era seduta timidamente in
seconda fila, in cuor suo sperando di non essere notata troppo. La
stanza era piuttosto angusta, ma allo stesso tempo ariosa grazie al
colonnato che ne sostituiva una delle pareti, e che affacciava su un
piccolo fazzoletto d'erba piantato ad erbe aromatiche.
Dracoon
era andato ad
accomodarsi sul davanzale, le zampe ripiegate sotto il corpo, lo
sguardo vigile e attento.
“Oggi
abbiamo con noi una
nuova apprendista”, aveva iniziato Siobhan, unendo le mani in
grembo, le lunghe maniche a campana che scendevano fino a terra.
Com'era diversa, pensò Marissa, ora che aveva abbandonato i
seducenti abiti di cavallerizza per quelli informi di insegnante.
“Marissa viene da Itul, e più precisamente dalla
foresta di
Argoer. Io stessa l'ho condotta qui, come sapete. È giovane,
anche
se non quanto coloro che, possedendo il potere innato, iniziano il
loro cammino di addestramento. Ma non fatevi ingannare dalla sua
età:
ella possiede un dono che, anche con tutto il vostro addestramento,
difficilmente voi riuscirete ad eguagliare. Vi prego però di
non
serbarle invidia: il suo è anche un pesante fardello da
portare,
come io stessa ho sperimentato.”
Marissa
tacque, arrossendo
d'imbarazzo. Dracoon lo notò e fiutò l'aria in
cerca di un segnale
che la sua padroncina era in pericolo e che doveva aiutarla.
Ogni
mattina Marissa
esercitava il suo potere insieme ai suoi compagni, preparandosi a
farlo con lunghi esercizi di meditazione e concentrazione. Poi
occorreva memorizzare le parole che – dette ad alta voce o
semplicemente pensate – permettevano il lancio
dell'incantesimo.
“Le
parole non hanno
potere”, aveva spiegato loro Siobhan. “La parola
è solo il
tramite tra l'elemento esistente in natura – che sia l'aria,
l'acqua o qualunque altra cosa – e l'energia del corpo,
quella che
noi tutti possediamo. La parola è il ponte che permette a
questa
energia di fluire. Se mescoliamo un elemento innocuo con uno
pericoloso non accade nulla finché una miccia non viene
accesa. E la
parola è la miccia.”
Ma
Marissa, grazie al suo
dono, non aveva bisogno di studiare le formule, le parole che le
avrebbero permesso di usare la magia. Il suo addestramento consisteva
piuttosto nel domare e indirizzare qualcosa che era pronto a
esplodere dentro di lei. Per questo Siobhan la faceva fermare un'ora
in più dopo la fine della lezione e le dedicava del tempo
esclusivo.
Quando
aveva finito correva
da Damien che l'aspettava in biblioteca, già tamburellando
le dita
sulla superficie di legno del tavolo.
Grazie
all'aiuto della sua
nuova amica, il viziato figlio di Alcaeus era riuscito ad migliorare
moltissimo negli studi, evitando così un'espulsione sempre
più
probabile.
Marissa
teneva Dracoon sulle
gambe con le piccole zampe anteriori nelle sue mani. Era seduta
sull'erba di uno dei guardini interni del castello, e Damien sedeva
accanto a lei. Alcuni gruppetti di apprendisti, a una certa distanza
da loro, pure sedevano sull'erba, approfittando della bella stagione
per studiare all'aperto, o semplicemente godersi il pomeriggio.
“Coraggio,
chiediglielo
tu. Con me non vuole parlare”, disse Damien impaziente.
Marissa
lo guardò
sbalordita, con una nota di rimprovero negli occhi. “Vuoi
dirmi che
hai provato a chiederglielo senza dirmi niente?”
Damien
si passò la mano fra
i capelli, allontanando un ciuffo ribelle dalla fronte.
“Più o
meno... dai, forza, cosa aspetti?”
Marissa
riportò la sua
attenzione su Dracoon con un sospiro. Erano giorni che cercavano di
porre all'animale la domanda giusta per comprendere cosa lo legasse a
Marissa.
“Hai
detto che ci
conosciamo da prima che tu mi salvassi da quella creatura,
vero?”
Dracoon
annuì.
“Forse
mi hai vista quando
ho lasciato il monastero?”
Dracoon
scosse la testa.
“Forse
quando eri al
monastero?” azzardò Damien.
“Damien,
questo è
impossibile”, disse Marissa. “Finché ero
rinchiusa lì dentro
come può avermi conosciuta? Non ne sono mai usci-”
Si
bloccò sgranando gli
occhi di fronte al cenno affermativo di Dracoon.
“Come
puoi avermi
conosciuto lì, io...?”
“Ha
detto sì, non hai
visto?” tagliò corto Damien. “Fagli
un'altra domanda.”
“Va
bene”, rispose
Marissa tentando di riflettere. “Ero molto piccola?”
Dracoon
annuì.
“Avevo
meno di dieci
anni?”
Dracoon
annuì ancora.
“Oh
accidenti!” esclamò
Damien frustrato. “Di questo passo ci impiegheremo una vita.
Non
c'è un sistema più rapido per comunicare con
lui?”
Dracoon,
che aveva spostato
i suoi piccoli occhi neri su Damien, sembrò comprendere lo
sfogo del
ragazzo, perché sfilò le zampe dalle mani di
Marissa e gliele
poggiò sulle tempie.
Improvvisamente
una visione
apparve alla ragazza, nitida come se l'avesse davanti agli occhi. Era
una visione dall'alto, e Marissa ebbe l'impressione di stare
fluttuando nell'aria. Comprese che ciò stava vedendo, lo
vedeva
attraverso gli occhi di Dracoon.
Comparve
una bimbetta dai
capelli rossi, che non poteva avere più di due o tre anni,
che
trotterellava sulle sue corte gambette. Il luogo Marissa lo
riconosceva senza possibilità d'errore: i cupi muri di
pietra, la
perenne penombra, i lunghi corridoi serpentini... si trovava di nuovo
entro le mura del monastero di Argoer.
La
bambina si diresse verso
una porta chiusa e, senza esitazione, spinse per aprirla.
Improvvisamente una bianca luce accecante si sprigionò
simile a un
tuono silenzioso, invadendo tutto il suo campo visivo. Il monastero e
la bambina scomparvero improvvisamente, inghiottiti dalla luce.
Marissa
trattenne il fiato e
aprì le palpebre. Batté gli occhi più
di una volta, prima di
rendersi conto di trovarsi ancora una volta nel giardino
dell'accademia.
Damien
si era inginocchiato
di fronte a lei e la scrutava con aria preoccupata.
“Stai
bene?” chiese.
“Sei stata assente per un bel momento. Avevo paura che la
bestiaccia ti avesse fatto del male.”
“Sto
bene”, si affrettò
a rassicurarlo Marissa. “Dracoon non mi farebbe mai del
male.”
Poi
si rivolse all'animale,
che aveva riportato le zampe sulle gambe di Marissa.
“Quella
bambina ero io?”
Dracoon
annuì.
“Quale
bambina?” chiese
Damien, confuso. Marissa lo ignorò, troppo eccitata per
prestargli
attenzione, e si rivolse di nuovo a Dracoon.
“E'
accaduto al monastero?
È così che ci siamo conosciuti?”
Cenno
affermativo.
“Sai
cos'era quella luce
bianca?”
Dracoon
scosse il capo, con
aria mortificata.
“Ma
è da allora che
accade, vero? È da allora che io riesco a vedere con i tuoi
occhi e
tu con i miei...”
Questa
volta Dracoon poté
confermare, entusiasta.
Damien
non ci capiva più
nulla. “Mi vuoi spiegare cosa diavolo sta
succedendo?”
“Mentre
andiamo ti
racconto tutto”, rispose lei alzandosi e scrollandosi via i
fili
d'erba dalla tunica. Dracoon si alzò in volo per seguirla,
sbattendo
le ali robuste in movimenti misurati.
“Andiamo
dove?” chiese
Damien imitandola e alzandosi a sua volta.
“Da
Siobhan.”
Siobhan
teneva la testa tra
le mani e i gomiti poggiati sulla scrivania, davanti a lei una pila
di pergamene e tomi ammucchiati alla rinfusa. Il suo servitore le
aveva portato dalle cucine un calice di vino caldo, ma neppure quello
era riuscito a rinfrancarla. Il consiglio dei delegati si sarebbe
tenuto entro pochi giorni, e Lord Arnulf sarebbe stato presente.
Siobhan aveva già deciso che non lo avrebbe informato
dell'incidente
di Marissa con l'Airknoril, ma non poteva esimersi dal raccontargli
l'episodio capitato a Waford e la strana creatura che l'aveva
attaccati. L'Alleanza doveva essere informata di quel potenziale
pericolo, e l'Alleanza, a sua volta, era tenuta a informare la regina
Shandrel, entro il cui territorio l'attacco si era verificato.
Ciò
che la frustrava immensamente era non poter dare praticamente alcuna
risposta concreta, né al consiglio, né alla
regina. E Arnulf era un
uomo che si aspettava risposte e odiava gli enigmi. Al diavolo quel
pomposo nobile montato! E al diavolo anche quella ragazzina che da
settimane a quella parte le toglieva anche il sonno! Tutto
ciò che
circondava Marissa era un autentico mistero, e Siobhan non riusciva
in alcun modo a venirne a capo. L'aveva interrogata a lungo dopo che
si era risvegliata dallo svenimento, ed anche Damien, ma senza
risultati. E l'attacco della figura incappucciata era ancora
più
misterioso. Quale incantesimo poteva avere una tale influenza sulla
volontà di una persona? Siobhan era pronta a giurare che non
esistesse, eppure Marissa ne era stata soggiogata.
Dei
colpi alla porta la
strapparono bruscamente alle sue riflessioni e Siobhan alzò
lo
sguardo davanti a sé.
“Avanti”,
disse
controvoglia.
Fu
stupita di vedere
comparire proprio Marissa accompagnata da Damien. I due erano ormai
diventati inseparabili, e questo non era un mistero per nessuno.
“Noi...
volevamo
parlarti”, disse Marissa, fermandosi al centro della stanza.
“Sedetevi”,
rispose
laconica Siobhan, indicando loro due sgabelli di fronte alla sua
scrivania. I suoi lunghi capelli biondi, di solito raccolti in una
sobria crocchia, le scendevano in una treccia lungo la spalla. I suoi
profondi occhi azzurri scrutavano i due ragazzi con
severità.
Marissa non poté fare a meno di notare l'espressione
ammirata con
cui Damien guardava la sua bellissima insegnante.
“Di
cosa si tratta?”
chiese Siobhan, rompendo il silenzio imbarazzato in cui i due ragazzi
erano precipitati.
Damien
diede a Marissa un
colpetto col gomito, incoraggiandola a parlare. Dracoon andò
ad
appollaiarsi sulla scrivania, prendendo alla sprovvista Siobhan che
trasalì nel sentire l'ala pelosa sfiorarle il braccio.
“Il
tuo amico è
sicuramente una novità da queste parti”,
commentò la donna.
“Avevo sentito parlare dei Dracoon, ma non credevo di
riuscire a
vederne uno con i miei occhi. È quanto di più
simile a un drago
incontreremo mai a sud di Valchir.”
“E'
proprio di lui che
volevo parlarti, Siobhan”, disse Marissa. “Sono
giorni che cerco
di comunicare con lui per scoprire come ha fatto a
conoscermi...”
“Lui...
ti conosce?”
chiese Siobhan stupita.
“E'
stato lui a salvarmi
dall'attacco di quella creatura, a Waford. Ma dice di conoscermi da
molto prima. E oggi mi ha mandato una visione che riguarda il nostro
primo incontro.”
Marissa
raccontò nei
dettagli ciò che aveva visto, mentre Siobhan ascoltava
attenta e
incredula. Quando ebbe finito, l'insegnante si alzò in piedi
e prese
a passeggiare nervosamente su e giù per la stanza,
finché Damien,
stufo, chiese con l'irruenza che gli era propria: “Allora,
puoi
aiutarci a capire?”
Siobhan
si bloccò di colpo.
Non era ancora sicura che quel ragazzino le piacesse, ma almeno
dimostrava fegato.
“Adesso
abbiamo un 'noi'
qui?” chiese guardandoli ironicamente.
Marissa
arrossì, ma tenne
il mento alzato e guardò la sua insegnante negli occhi.
“Damien
è mio amico. Mi è
stato vicino in queste settimane, anche quando tutti gli altri mi
guardavano con diffidenza. Merita di sapere quanto me.”
Siobhan
si risedette con un
sospiro.
“La
verità è questa,
ragazzina. Tu sei un enigma per me. Tutto quello che ti accade
– e
di cose misteriose te ne capitano un bel po' – sembra
inspiegabile.
Mi sono scervellata giorni sugli antichi testi, sulle pergamene, sui
tomi più dimenticati della biblioteca dell'accademia. E
Brithdara e
Yseult insieme a me. Fra pochi giorni i membri dell'alleanza si
riuniranno a Letha e io dovrò dare una spiegazione sulla
creatura
che ti ha attaccata. Non ho scelta su quello. Potrò tenere
nascosto
il resto, ma non quello.”
“Ma...
non capisco! Che
collegamento ho io con l'Airknoril? E perché Dracoon
può vedere ciò
che vedo io? E quella luce bianca cos'era?”
Siobhan
batté la mano sul
tavolo, facendo sobbalzare i due ragazzi.
“Nessuno
può avere
a che fare con l'Airknoril in questo modo... nessuno!”
“Mai
lei sì...” le fece
notare Damien, per niente impressionato.
“Devo
riflettere
sull'episodio che mi hai raccontato, quello avvenuto all'Accademia. O
forse lui potrebbe mostrarmelo...?” Siobhan guardò
dubbiosa
Dracoon, che teneva il musetto appoggiato sulle zampe squamose. Ma
l'animale scosse la testa deciso, in risposta.
Siobhan
sospirò. “Molto
bene. Invierò una missiva alla priora Adeliz al monastero.
Forse se
farà luce sull'episodio che hai veduto, tutto il resto ci
apparirà
più chiaro.”
***
A
molte leghe di distanza...
“Non
posso crederci, hai miseramente fallito! Idiota!” Il Basorham
incappucciato tuonava contro il suo simile che stava inginocchiato di
fronte a lui, con la fronte che toccava il pavimento.
“Non
è colpa mia, Maestro. Ho fatto il possibile, ero quasi
riuscito a
prendere la ragazza... ma quello stupido animale si è messo
in mezzo
e me lo ha impedito. Se non fosse stato per lui ci sarei
riuscito.”
“Quello
non era un semplice animale... e per colpa della tua inettitudine ora
la ragazza si trova già a Letha.”
“Mandatemi
di nuovo da lei, Maestro. Mandatemi a Letha... vi giuro che questa
volta non fallirò.”
Il
Bashoram sospirò stancamente, facendo cenno alla creatura
inginocchiata di rialzarsi. “Rabnaz, non ho rovesciato Lysar
e il
consiglio solo per dare fiducia a degli imbecilli che si lasciano
sfuggire una ragazzina.”
E
così dicendo agitò la mano ingioiellata in
direzione del Bashoram
che gli stava accanto. “Andrai tu questa volta, Bulkok. Ed
ora che
la ragazza è fra le mura dell'accademia c'è un
solo modo per
raggiungerla...”
“Come
volete, Maestro”, rispose quello, inchinandosi.
“Quanto
a te...” disse il Maestro rivolgendosi a Rabnaz.
“Non vali
nemmeno il mio tempo. Guardie, portatelo via. La pena per il
fallimento sarà l'esilio perpetuo nelle Terre Fredde. Se fra
un anno
sarai sopravvissuto, potrai sempre tornare.”
Rabnaz
venne trascinato via urlando, mentre il Maestro lo guardava con
disprezzo.
“E
sono stato anche generoso”, disse fra sé e
sé.
Nota
dell'Autrice: Ed
eccoci con il
nuovo capitolo, in cui viene dato qualche indizio in più su
ciò che
accadde a Marissa da bambina e nel ruolo che Dracoon ha avuto in
questo. Mentre ormai dovrebbe essere palese chi ha attaccato la
ragazza a Waford... naturalmente loro, i mostruosi Basorham. Siobhan
dovrà avere a che fare presto con l'alleanza, e
dovrà trovare un
modo per imbastire loro la storia. E Damien? Che dite, comincia a
riscattarsi un po'?
Grazie
a tutti voi che seguite con tanta pazienza. Questa è una
storia
molto difficile per me, che fin'ora ho affrontato il fantasy solo da
lettrice, quindi vi ringrazio infinitamente per l'incoraggiamento che
mi date.
Alla
prossima
Eilan
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