[Chronicles of a Broken Land - Gli Inconsistenti]

di Benny Bromuro
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IV. NOI SAREMO EROI
Chronicles Of A Broken Land - Gli Inconsistenti
 
- Varcaturo, Via Ripuaria –

Il sole splendeva vivo in quella che sembrava una scena di un film western.
Via Ripuaria era lunga parecchi chilometri e univa Qualiano al mare, passando proprio per la piccola cittadina di Varcaturo.
Tuttavia, da quando la grande cupola era caduta su quel posto niente era più lo stesso: la pioggia non cadeva, la corrente elettrica era stata interrotta e nessuno più riusciva più a trovare speranze per il futuro.
Luca e Vincenzo erano nella Panda di quest’ultimo e camminavano lentamente lungo la strada dissestata. Alcune macchine erano rimaste al centro della carreggiata. Il secondo, che guidava la Fiat, fece slalom tra pezzi d’asfalto divelti dalla strada e rottami di qualche automobile disposti in maniera casuale.
“Il fatto è che quelli camminano per strada e fanno danni. Distruggono, colpiscono, consumano e se ne vanno...” aveva osservato Vincenzo, mentre guidava la macchina a passo d’uomo.
“Come le locuste”.
“Sì, quelle. Per curiosità: hai fumato?”.
“No, sono lucido, ma ho uno spinello in tasca, pronto per l’evenienza”.
Vincenzo annuì. “Non l’avrei mai detto ma sono felice di sentirtelo dire”.
Luca sorrise e guardò un grosso pneumatico, forse di un trattore, lanciato in cima a un albero sulla destra.
“Che animali...” sospirò poi.
“Gli Inconsistenti, dici? Hai ragione. Certe volte mi chiedo le motivazioni dei loro comportamenti”.
“Già...”.
“Che bisogno c’è di fare tutto questo?!”.
Luca si voltò, guardando per un attimo gli occhi verdi del guidatore. Lasciò che il silenzio s’appropriasse di quella scena, prima di fare quell’affermazione che più di tutte aveva attraversato di lungo il suo inconscio.
“La domanda che mi pongo, sopra ogni cosa, è perché non siamo scappati via anche noi, prima che la cupola cadesse”.
La sua voce si sedimentò per un attimo nella testa del compagno d’avventura e un briciolo di consapevolezza prese a crescere nella mente di Vincenzo.
“Io lo so, il perché. Almeno parlo per me”.
“Ah si?” chiese l’altro, aggiustando il ciuffo castano con le mani.
“Quando tutta la mia famiglia è fuggita io mi sono volutamente opposto... Dico spesso che l’ho fatto per i miei progetti, per i computer e tutto il resto ma tutti sappiamo benissimo che ho fatte sedici copie su altrettanti dispositivi delle cose più importanti...”.
“Allora sei soltanto un masochista” sorrise quello.
“No. Mi ero soltanto stancato di essere soltanto una parte del tutto... Voglio viaggiare per conto mio, distaccarmi dal concetto d’insieme, e smentire ciò che tutti pensano: io non sono soltanto il figlio di mio padre”.
“Vuoi risaltare? È per questo che ti sei rovinato la vita? Mi pare stupido...”.
“No, non è questo. O meglio, forse sì” sorrise, voltando verso destra e imboccando la discesa dove viveva Luca. “Il punto è che non volevo più essere l’ennesimo elemento di quella famiglia gigante e piena di problemi insensati... Io...”.
L’altro rimaneva in silenzio, aspettando il continuo della frase.
“Voglio camminare con le mie gambe, e il fatto d’esser rimasto qui è più o meno un modo per farlo...”.
“Sì, ma ti sei precluso la libertà di poter uscire da qui dentro. Io mi sento un topo in gabbia”.
Vincenzo sorrise. “Precluso?! Caspita, non ti facevo capace di utilizzare simili termini”.
Anche Luca emulò il sorriso. “Allora non hai capito con chi hai a che fare...”.
Vincenzo parcheggiò davanti la vecchia abitazione dell’amico ma qualcosa li fece preoccupare: al centro del cancello vi era una breccia enorme, larga quasi un metro e mezzo.
“Hanno... hanno piegato l’acciaio...” osservò Luca, avvicinandosi senza minimamente preoccuparsi di nulla. Cacciò le chiavi di casa e la canna, accendendola.
“Che è successo, Luca?” domandò l’altro, turbato alla vista dello spinello. Decise che fosse saggio staccare il copriruota dalla Panda, in caso d’evenienza.
L.O.O.P. entrò nel giardino di casa sua, un tempo florido e ben curato e ora incolto, con grossi buchi nel terreno.
“Zeus!” urlò poi.
“No, hai sbagliato divinità, Luca. Il boss al giorno d’oggi è un altro, se proprio vuoi credere in qualcosa...”.
“No, Zeus è il mio cane” fece guardandolo per un attimo. Tirò dentro un respiro di verde follia e poi gettò fuori l’ansia. “Zeus!”.
“Avevi un cane?” domandò Vincenzo.
“Sì, un dobermann di qualche anno... Ma so che a te i cani non piacciono” rispose invece l’altro, senza neppure voltarsi.
“No, a me i cani piacciono. È che non mi piace il mio”.
“Sono stati gli Inconsistenti, a entrare. È sicuro”.
“Sapevo che avrei fatto meglio a staccare il coppone. Fuma velocemente che non si sa mai...” aveva risposto l’altro, abbassando immediatamente la voce e piegandosi sulle ginocchia.
“Io sono già operativo, Vincé. Entriamo con attenzione”.
Aderirono alla parete di casa, entrambi.
“Vai avanti tu...” suggerì Luca, fermandosi. L’altro sbuffò.
“E certo, vado sempre avanti io, così se succede qualcosa è Vincenzo a prendersi i cazzotti!” esclamò lui a bassa voce, passando tuttavia avanti.
“Hai lo scudo...”.
“Sì, va beh, quindi ho lo scudo e...” poi si bloccò. Si voltò per fare cenno all’amico di fare silenzio, che poi spense la canna con la punta delle dita e la infilò di nuovo in tasca; la porta infatti era aperta e si sentivano dei rumori al suo interno.
Un ultimo sguardo tra i due, seguito da un cenno d’intesa, e Vincenzo entrò lentamente in casa. La porta fortunatamente non cigolò e lui si ritrovò a strisciare per terra, nascosto da un mobile a mezz’altezza, per poi fermarsi prima del piccolo passeggio che lo avrebbe portato nel soggiorno.
Si voltò nuovamente, spalle contro il mobile, e utilizzò il copriruota come specchio, appurando che non vi fosse nessuno all’interno del salotto. Si voltò, e rotolò dietro il bracciolo del divano, posto al centro della sala, sentendo poi Luca avvicinarsi lentamente a lui.
Fu lì che entrambi udirono un rumore provenire dalla cucina, la cui porta si trovava alla destra del salotto.
Altro cenno d’intesa, i loro occhi si scontrarono e poi si chiusero contemporaneamente.
Luca gli fece segno d’avanzare e Vincenzo sospirò ruotando gli occhi, per poi rotolare verso il muro accanto alla porta.
Gli bastò pochissimo, guardò ancora L.O.O.P. e poi utilizzò di nuovo la tecnica coppone/specchio per vedere chi fosse l’intruso.
E Luca non riusciva a comprendere cosa potesse arraffare un aggressore in quella cucina se non il cibo. Ma non sapeva spiegare a se stesso come mai uno di quegli esseri che definiva come Inconsistenti si stesse nutrendo di cibo umano nella sua cucina.
Fu Vincenzo a chiarire ogni dubbio: il suo sguardo mutò, l’espressione divenne corrucciata e la sorpresa esplose nei suoi occhi quando s’accorse che non fosse uno di quegli automi in fase prepuberale a svaligiare la dispensa di Luca, quanto una ragazza dai lunghi capelli neri e la frangetta che scendeva ripida sulla fronte; Vestiva con una strettissima tutina di spandex rossa e una bandana sulla testa, dello stesso colore
La luce però rifletté sulla superficie lucida del copriruota e lasciò alla donna la possibilità d’individuare i nuovi arrivati.
“Chi diavolo siete?!” urlò, con ancora un pezzo di pane raffermo tra i denti. Luca vide Vincenzo rotolare davanti alla porta, lanciando lo scudo in cucina e spalancare stupito gli occhi: non poté guardare infatti ciò che l’altro apprese con meraviglia insospettabile.
Uno shuriken partì rapido e andò a conficcarsi contro la parete alle loro spalle.
“Ma che cazz...” sussurrò L.O.O.P., che avanzò leggermente vedendo poi Vincenzo rimettersi in piedi.
“È una ninja, Luca! Usa il tuo potere!”.
E fu lì che quello fece un balzo e guardò negli occhi per un attimo esatto la ladra affamata. Gli occhi castani dei due si scontrarono, poi quelli del ragazzo si concentrarono sulla fetta di prosciutto ormai andato a male che a quella pendeva fuori dalla bocca.
Fu quel secondo di sussultò che permise a quella di lanciare il suo sai proprio contro quello, che aveva appena alzato la mano.
Fortunatamente Luca aprì le dita e lasciò passare la punta centrale dell’arma tra l’indice e il medio, trovandosi però bloccato con la mano contro la parete, dove il sai si era conficcato.
“Luca!” aveva urlato Vincenzo. Si voltò per un attimo, vedendo la ninja correre in loro direzione. “Sei una donna! Io non picchio le donne!” disse, allungando le mani davanti a lui.
Quella sferrò un calcio basso al proprietario della Panda, ma quest’ultimo fu abile a saltarle addosso, afferrandole le mani e chiudendola in un abbraccio stretto da cui difficilmente si sarebbe liberata.
“Che schifo!” urlò quella. “Non mi toccare!”.
Cercava di divincolarsi, la donna, e Vincenzo guardò Luca provare a liberarsi dal sai, senza però alcun successo.
E poi la moretta diede una gomitata sull’addome di Vincenzo, divincolandosi; lo colpì infine con un pugno sul muso e lo lanciò in cucina, dove inciampò accanto al suo copriruota.
Poi saltò agilmente, dando un calcio sul volto di L.O.O.P. e facendogli perdere i sensi.
Fu semplice per lei tirare il sai fuori dalla parete e recuperare gli shuriken, prima di sparire in meno di cinque secondi.

“Porca troia...” sussurrò Vincenzo, rimettendosi in piedi a fatica. “Ci ha fatto il culo a strisce...”.
Luca aveva appena aperto gli occhi, massaggiandosi la mano.
“Ti ha fatto male?” chiese ancora l’altro.
“No. Non tanto. Forse il calcio in faccia... E tu? Ti ha dato una brutta gomitata nello stomaco”.
“No, i miei addominali sono acciaio, cocco... Ma chi diamine era?” disse, avvicinandosi all’amico. Si rimisero entrambi in piedi e si guardarono attorno.
“Ha... ha mangiato tutto il cibo!” esclamò Luca, aprendo tutte le ante dei mobili. “Anche quello avariato! Qui non c’è più nulla di commestibile!”.
Passò qualche secondo e poi Vincenzo spalancò gli occhi. “Oddio!” esclamò.
“Che c’è?!” si voltò l’altro preoccupato.
“E se la ciccioninja avesse mangiato il cane?!”.
Luca sbuffò. “Prendiamo ciò che possiamo e torniamo a casa. La scorta di fumo dovrebbe essere nella mia stanza”.
“A meno che non abbia mangiato anche quella...” ribatté infine l’altro portando le mani ai fianchi.

Caricarono la macchina con legna da bruciare, un sacchetto di caramelle e qualche cassa d’acqua che non era stata razziata.
“Dovremmo cominciare a vandalizzare anche noi la zona e a razziare le case” fece Luca. “Potremmo trovare del cibo”.
“O degli esseri viventi impauriti a cui non potremmo levare il mangiare. No, meglio di no”.
“Non credi che la nostra sopravvivenza sia più importante? Ora come ora non possiamo più guardare in faccia a nessuno”.
Quello fece cenno di no.
“Io non farò mai del male alla gente. Gli Inconsistenti sono la più brutta piaga che questo posto abbia mai affrontato dopo il traffico estivo per il mare...”.
“Gli Inconsistenti sono peggio, Vincé...” sorrise Luca, massaggiandosi la guancia.
“Io proteggerò la gente di Varcaturo”.
“Sei un supereroe”.
Tre metri dopo Vincenzo inchiodò, proprio davanti al supermercato che avevano visitato il giorno prima. “Noi! Noi siamo supereroi!”.
“Eh?! Ma che stai dicendo?!”.
“Tu hai i superpoteri, io sono meraviglioso... Noi siamo supereroi! Dobbiamo prenderci la responsabilità di liberare Varcaturo dagli Inconsistenti e dalla cupola!”.
“Noi dobbiamo sopravvivere per fare tutto ciò. E se non mangiamo non possiamo andare avanti, te ne rendi conto o no?”.
Si voltò e lo guardò negli occhi, mettendogli una mano sulla spalla. “Senti... Ho mai preso decisioni sbagliate?”.
“Certo! Sei rimasto sotto questa cupola a morire come me!”.
“La penso come te, non ho mai preso decisioni sbagliate. Ecco perché dovremmo difendere questa gente e diventare dei supereroi”.
Luca guardava scettico Vincenzo.
“È la nostra svolta! Solo noi possiamo fare una cosa del genere. Altrimenti Varcaturo sprofonderà nell’oblio!”.
Luca annuì debolmente, convinto dal senso del dovere del compagno. “Forse hai ragione. Ma ne siamo in grado?”.
“Siamo in grado di fare tutto ciò che vogliamo. Ci serve solo più allenamento e coordinazione. E se tu imparassi a utilizzare i tuoi poteri anche quando non sei strafatto sarebbe meraviglioso. Dovremmo trovarci dei nomi...”.
“L.O.O.P.” ribatté repentino l’altro.
“Che poi è come ti sei presentato! Allora già lo avevi deciso! Vedi?!”.
“No...” sospirò l’altro. “È che... mi chiamavano così già da prima. Sai, per il fatto delle canne eccetera...”.
“Io sarò Vince... lantes! Vincelantes! Vincenzo e vigilante, con la esse! Perfetto! Sono un fottuto genio! Vedrai che con la mia meravigliosa abilità e agilità e i tuoi poteri faremo faville!” rideva il primo.
Silenzio.
“Oggi hanno fatto cilecca” osservò quello che non guidava
“No, oggi hai cincischiato...” sospirò infine l’altro, rimettendo in moto. “Come se fossi stato ipnotizzato dai suoi occhi, come se ti avesse impietrito...”.
“Ma quali occhi e occhi... io guardavo quella fetta di prosciutto...”.

Tornarono a casa un'ora prima del tramonto, in modo da poter sbrigare le ultime faccende prima che gl'Inconsistenti facessero la propria uscita. Anche quel pomeriggio Vincenzo aveva levato alzato il cofano della panda e aveva stretto viti e bulloni. Luca era invece alle sue spalle, seduto per terra, mentre accarezzava Valerio.
"Sei davvero convinto di questa faccenda degli eroi, Vincelantes?".
"Sembra quasi che tu mi stia prendendo in giro. E comunque sì! Abbiamo la responsabilità di farlo!".
Luca sorrise, stringendo il cane e fissando gli occhi castani sulla schiena dell'amico.
"Che c'è ora? Non mi voglio girare ma ti sento ridere".
"Pensavo, niente".
"È che da solo non potrò mai farcela, L.O.O.P..."fece l'altro, strofinando le mani in una pezza umida. Chiuse il cofano e si sedette accanto a lui. Valerio allungò il muso verso di lui ma Vincenzo lo scacciò. "Cane di merda... Dicevo, se lo facciamo assieme, potremmo liberare Varcaturo dagl'Inconsistenti".
I loro sguardi s'incrociarono, i loro sorrisi sbocciarono contemporaneamente.
"Certo" s'arrese quello, nuovamente.
"Prima non mi sembravi convinto, ecco perché ne riparliamo".
"È che non mi è mai venuto in mente di pormi sopra agli altri...".
Vincenzo sorrise. "Oh beh, io sono costantemente sopra gli altri, quindi non ci sarebbe nessuna novità sostanziale...".
E Luca emulò il sorriso. "Modestino...".
"E allora ci serve un'idea!".
Rimasero in silenzio per diversi secondi, vedendo il sole abbandonare definitivamente il cielo di quel giorno. Rientrarono in casa e mangiarono, e salirono sulla terrazza; parlarono del più e del meno, sussurrarono qualche parola in silenzio e si resero conto che, a ogni esplosione che quegli automi senza religione provocavano, una parte del loro orgoglio rimaneva ferito.
"Deve finire. Li sconfiggeremo tutti" suggerì Vincelantes, con lo sguardo serio. Passò una mano tra i capelli mentre il freddo della sera lo costringeva a stringersi nelle spalle. L.O.O.P. aveva fumato, si limitò ad annuire silenzioso.
"Domani" riprese l'uomo con lo scudo. "Domani mattina scenderemo per le strade e cominceremo a recuperare il nostro armamentario...".
"E di notte usciremo per le vie. Silenziosi e indomabili".
"Gli Inconsistenti non si salveranno!" esclamò poi, col cielo stellato unico protagonista di quella sera, buia abbastanza da nascondere la grande nuvola nera che stava per aggredire il paese di Quarto.




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