CAPITOLO 19
A quelle parole
il sangue di Ariell le si ghiacciò nelle vene.
“In te
c'era qualcosa di malvagio” aveva appena detto sua madre. Un
brivido le corse lungo la schiena mentre la guardava tremare dalla
testa ai piedi.
“Lo
sentivo dentro di me. E ho avuto paura Ariell. Sono stata una codarda
e...” la voce le si spezzò del tutto perdendosi in un
farfuglio del quale non si capiva nulla.
“E mi hai
abbandonata.” finì per lei la ragazza abbassando lo
sguardo, quello sguardo che aveva portato sua madre ad abbandonarla,
a disfarsi di lei.
“Si. Ti
ho portata all'ospedale e ho rinunciato a te assicurando che non
sarei più tornata a cercarti. Mi assicurai che trovassero una
famiglia che ti avrebbe amata e non ti facesse mancare nulla quindi
scappai. Non potevo tornare a casa senza di te così mi
ritrovai a scappare nuovamente. Non lasciai nemmeno un messaggio alla
donna che mi aveva accolta perché mi vergognavo troppo, mi
odiavo con tutto il cuore.” Disse le ultime parole guardando
Ariell negli occhi come se volesse farle capire quanto erano vere, e
lei le credette, le lesse il dolore e la rabbia nello sguardo verde
smeraldo.
“Se
potessi tornare indietro non lo farei Ariell, ti ho lasciata e non me
lo perdonerò mai, mai finché avrò vita. È
solo che ho avuto paura, non sapevo come fare e pensavo mi avresti
fatto del male senza pensare che io te ne ho fatto molto di più.”
si mise a singhiozzare così forte che sembrava le si potesse
aprire il torace da un momento all'altro.
La ragazza
rimase ferma per un momento. Pensava che avrebbe provato rabbia,
rancore, odio, ma nessuno di questi sentimenti albergava in lei ora.
Si sentiva
soltanto triste, vuota e impaurita.
Sapeva che la
madre aveva sempre avuto ragione, lei era malvagia. Era un mostro.
Il suo mondo
crollò in un istante infrangendosi in milioni di pezzi.
“Perché
mi sei venuta a cercare?” chiese con un filo di voce.
Maria si
asciugò le lacrime prendendo un profondo respiro tremante,
sapeva che sarebbe arrivato il momento di dirle la verità.
Cercò il
coraggio dentro di sé e con voce resa innaturalmente stridula
dal groppo in gola si preparò a vuotare il sacco.
“Circa
due mesi fa ho iniziato ad avere degli incubi ricorrenti. Vedevo una
ragazza sola e immobile, come se fosse congelata al centro di quella
che sembrava inizialmente una grotta. Era così bella da
sembrare quasi angelica finché non aprì gli occhi e mi
ritrovai a fissare con crescente terrore uno sguardo glaciale.
Proprio quello sguardo che tanto tempo prima aveva tormentato la mia
esistenza. Era il tuo quello sguardo che mi pungeva Ariell. Ma dopo
lo spavento iniziale finalmente capii. Non stavi cercando di farmi
del male ma bensì di chiedermi aiuto.” la guardò
dritto negli occhi e le carezzò il viso con dolcezza.
“Cioè,
tu hai sognato me che ti chiedevo aiuto?” chiese lei
sbigottita.
“Si,
notte dopo notte tu mi chiedevi aiuto disperatamente ma io non sapevo
come fare. Iniziai a cercare indizi, un modo per risalire alla
famiglia che ti aveva adottata, tornai all'ospedale dove ti avevo
lasciata ma nemmeno lì seppero dirmi nulla dato che io avevo
chiaramente detto di non volerne più sapere. Ero ad un punto
morto finché una notte tu mi diedi un indirizzo.”
“Come
facevi a sapere che era giusto? Si insomma, che non fosse solo un
sogno?” le chiese Ariell confusa.
“Col
tempo ho imparato a fidarmi dei miei poteri, li ho accettati e so che
posso prenderli in considerazione. Per questo mi sono recata a casa
tua e ho fatto pressione ai tuoi per vederti, per conoscerti.”
spiegò Maria cercando di essere il più chiara possibile
rendendosi conto dell'assurdità della propria storia.
Eppure Ariell
sembrava crederle. Si chiese come mai quella ragazza così
sveglia non le avesse ancora dato della pazza.
“Quindi
sei venuta qui per... salvarmi?” domandò incredula.
“Io so
solo che tu hai chiesto aiuto, la tua anima ha chiesto aiuto e io
sono venuta qui per aiutarti qualsiasi sia il motivo.”
sentenziò semplicemente.
“Ti rendi
conto che sono passati molti anni vero? E che mi hai abbandonata, non
sapevi nemmeno se fossi ancora viva o no.” Ariell si fermò
scrutandola a fondo con quegli occhi così strani, così
particolari e Maria si sentì scoperta, come se potesse
leggerle nell'anima.
“Si, me
ne rendo conto e non pretendo il tuo perdono, so di non meritarlo ma
sento che c'è qualcosa che mi nascondi e vorrei che me ne
parlassi.”
La ragazza
rimase in silenzio per un lungo momento chiedendosi se davvero poteva
fidarsi di quella donna.
Cos'avrebbe
pensato se le avesse raccontato tutto quello che aveva fatto?
Eppure
nonostante avesse paura sentì forte il desiderio di parlare
con qualcuno.
Sentiva di
potersi fidare.
“Non so
come spiegarlo ma da qualche tempo è come se qualcosa in me
stesse cambiando. A volte è come se perdessi il controllo
della mia mente e del corpo, mi capita di lasciarmi prendere dalla
rabbia, una rabbia incontenibile che mi esplode dentro. Ho paura. Non
so come contrastarla.” non appena ebbe tirato fuori queste
parole si sentì sollevare un peso dal cuore.
La donna si
prese un momento per riflettere strizzando gli occhi e stropicciando
distrattamente il fazzoletto tra le mani.
“In che
senso stai perdendo il controllo su di te?” chiese incerta.
“Non lo
so, i-io non so come spiegarlo. A volte faccio pensieri brutti,
davvero brutti. Sento dentro la voglia di fare del male a qualcuno.
Mi succede specialmente quando soffro, quando mi feriscono. Perdo il
controllo.” spiegò dando sfogo alla propria
disperazione.
“Ok, stai
tranquilla, sono qui per aiutarti.” le disse rassicurandola.
D'un tratto
Ariell si rese conto che non poteva raccontarle tutto, non poteva
dirle di Lara, del professore. Semplicemente non poteva parlarne con
nessuno.
Agitata si alzò
di scatto dal divano e si prese la testa tra le mani prendendo dei
respiri profondi.
Maria si alzò
a sua volta sentendo che la ragazza si stava chiudendo a riccio. Non
si fidava ancora di lei.
Le si avvicinò
titubante.
“Ariell,
non ti voglio fare pressioni. Sappi che io sono qui e se un giorno
vorrai condividere le tue paure ti basterà venire a cercarmi.
Ma se c'è qualcosa di grave, qualcosa che non vuoi dire
nemmeno a te stessa, penso sia meglio che tu me ne parli. Ti posso
aiutare, non so come ma so che c'è una ragione per cui il
destino mi ha riportata da te.”
Ariell chiuse
gli occhi e li strinse per impedirsi di piangere ancora.
Avrebbe tanto
voluto parlarle, vuotare il sacco ma qualcosa la trattenne.
Si voltò
e le rivolse un esitante sorriso che non comprese gli occhi.
“Ok, lo
farò.” le disse prendendole la mano e stringendogliela
tra le sue “ora si è fatto tardi ed è meglio che
vada, mam...si insomma mi aspettano a casa.”
Detto questo la
strinse in un breve abbraccio e si diresse verso la porta.
Un secondo dopo
la porta si chiuse e la casa sembrò sprofondare nel silenzio.
Maria sorrise
nonostante fosse turbata, aveva avuto il primo dialogo con sua
figlia.
Sapeva bene che
la ragazza le stava nascondendo qualcosa di grosso, lo sentiva.
Sperò
che arrivasse presto il momento in cui si sarebbe fidata abbastanza
da permetterle di aiutarla.
ANGOLINO
DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti,
eccomi con un altro capitolo.
Ultimamente
sono stata un po' lontana dalla scrittura ma ho tutte le intenzioni
di portare a termine questa storia.
Un bacione da
Fly90.
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