Il talismano di Sol

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15
 
Sera era forte. La sera precedente il suo padre adottivo aveva chiesto di parlarle. Aveva una cosa importante da dirle e lei lo aveva ascoltato.
Le aveva chiesto una cosa molto importante, non solo per la sua gente ma per tutti quelli che popolavano il loro mondo: assicurarsi che il Talismano di Sol venisse riformato.
Per Sera era un grande onore considerando che la persona che glielo aveva chiesto aveva compiuto quella stessa missione mille anni prima, ma sapeva anche che quella richiesta nascondeva un secondo fine. Sapeva che le possibilità che la sua gente prima o poi venisse attaccata in massa dagli adepti di Umbra, da quei mostri che avevano già distrutto le vite di molti di loro, erano alte e che l’arrivo delle persone inviate dalla Resistenza non faceva altro che aumentare il rischio che correvano. Aveva capito che Florian voleva fare in modo che lei fosse lontana da Idyll in caso di attacco e in quel momento, solo guardandolo, si era resa conto che non avrebbe sopportato un’altra perdita, ma anche che non si sarebbe opposto se lei gli avesse detto che voleva restare.
Per lei prendere la decisione di partire era stata molto difficile: una parte di lei voleva acconsentire alla richiesta ma allo stesso tempo non poteva sopportare l’idea di lasciare Florian, specialmente con la possibilità di un attacco; ma alla fine aveva vinto il re.
Aveva acconsentito alla sua richiesta, anche se la faceva star male. Ad incidere fortemente sulla sua decisione era stato pensare a cosa avevano fatto i suoi genitori in passato. L’avevano protetta e Florian, che l’aveva presa con sé e la considerava come una figlia, non era da meno, voleva proteggerla ad ogni costo come avevano fatto i suoi genitori prima di lui.
Quindi quella notte, in cui era rimasta sveglia incapace di addormentarsi, non aveva fatto altro che ripetersi che quella era la scelta migliore, che avrebbe esaudito il desiderio del suo padre adottivo.
Era sicura di potercela fare, a meno che non fosse stata ancora ad Idyll nel momento di un  attacco.
Aveva sperato che non succedesse, altrimenti era sicura che non sarebbe riuscita a lasciare il re e tutti gli altri, ed ora si trovava lì, all’ingresso del palazzo, in piedi davanti a suo padre e consapevole di un attacco imminente.
Florian, che le aveva appoggiato le mani sulle spalle, la guardò, nei suoi occhi il riflesso dello sguardo angosciato di Sera, da cui riusciva a cogliere tutto il suo conflitto interiore.
Era un momento difficile per entrambi, consci del fatto che quello che temevano stava succedendo proprio in quel momento.
“Seraphina…” cominciò il re.
Sera si scrollò di dosso le mani che aveva sulle spalle e scosse la testa, non riusciva a guardarlo, non voleva. Forse se non lo avesse guardato negli occhi, se non avesse più visto la sua espressione preoccupata, si sarebbe svegliata da quel brutto sogno.
“Guardami, per favore…” la voce del re era quasi supplicante.
Così lei, nonostante tutto, lo guardò: quello che vide davanti a lei era uno spirito che aveva perso troppo e che non avrebbe permesso che gli portassero via un altro dei suoi cari.
Sera capì che non sarebbe stato come la sera precedente; in quel momento anche se lei si fosse opposta alla sua richiesta l’avrebbe costretta a partire comunque, a qualunque costo. Il re era come lei, anzi era ancora più determinato.
Sera era forte. Si sforzò di rivolgere un sorriso a suo padre, per quanto l’idea di lasciarlo la facesse soffrire.
“Va bene. Se è quello che vuoi lo farò. Anche se chiedermi di andare via proprio in una situazione del genere è troppo, lo farò. Ma promettimi di fare tutto il possibile per sopravvivere”
“Te lo prometto” le disse il re e mise una sua mano sopra l’altra. Dai buchi fra le sue dita si poteva intravedere una luce provenire dalle sue mani e quando le aprì scoprì un fiore dagli ampi petali rosa e dal lungo gambo verde.
Florian si avvicinò e intrecciò il fiore tra i capelli rossi di Sera.
“Questo fiore è collegato a me. Finché sta bene allora vorrà dire che anch’io lo sono. Se mi dovesse succedere qualcosa lo saprai” poi si rivolse ai due spiriti che erano venuti ad avvisarlo di ciò che stava succedendo “Zola, porta Sera e i nostri ospiti al passaggio d’emergenza, partiranno da lì. Eban, raduna tutti e assicurati che siano pronti a combattere”
“Sì, sire” risposero in coro i due. Eban uscì di corsa dal palazzo per svolgere il suo incarico mentre Zola aspettò che il gruppo fosse pronto a partire.
Sera abbracciò forte il re, lottava contro le lacrime. Poi venne il turno di Iliana, che era rimasta in silenzio per tutto quel tempo con i suoi compagni.
Anche lei abbracciò il suo migliore amico “Mi raccomando, sii prudente”
Il re quasi si mise a ridere “Senti da che pulpito. Sbaglio o anche mille anni fa ero io quello più prudente tra tutti e quattro”
“Era facile tenendo conto delle persone con cui stavi viaggiando. E ricorda, hai un solo tentativo”
“Lo so. Sii prudente anche tu” Il loro scambio di parole era inteso solo per loro, nessuna delle altre persone presenti riuscì a sentire di cosa stavano parlando.
Una volta che anche Leon e Sandir ebbero salutato velocemente il re, i quattro raggiunsero  Zola. Sera si voltò per guardare un’ultima volta suo padre, che le sorrise cercando di nasconderle quello che stava provando, ma inutilmente, e poi affrettò il passo.
Zola li condusse attraverso i corridoi del palazzo fino a raggiungerne uno che conduceva ad un apparente vicolo cieco. Zola poggiò le mani sul muro di rami intrecciati e quello si aprì lasciando libero il passaggio attraverso un corridoio sotterraneo.
“Seguite il corridoio e alla fine sbucherete all’interno della foresta. Questa è la via più rapida per arrivare lì. Non posso fare altro per voi” disse Zola, poi abbracciò Sera “Che Sol vi protegga” e poi sparì, probabilmente per ricongiungersi ai suoi amici, pronti a combattere.
“Non perdiamo tempo. Andiamo” disse Iliana che fu la prima a scendere attraverso il passaggio. Leon la seguì subito dopo mentre Sandir aspettò che Sera si decidesse a seguirli.
 
Re Florian era preparato a un possibile attacco degli adepti di Umbra, lo era da cinquant’anni. Da quando loro erano diventati una minaccia per il suo popolo non aveva fatto altro che pensare che lo scontro di quel giorno sarebbe stato inevitabile. Per questo aveva adottato, grazie alla complicità dei maghi della Torre, alleati degli spiriti e della Resistenza, delle contromisure adatte al tipo di minaccia che gli adepti rappresentavano. Tutti gli spiriti in grado di combattere si stavano preparando al combattimento, indossando protezioni create dai maghi della Torre appositamente per uno scontro del genere e cercando di raccogliere le energie necessarie ad usare la loro magia elementale.
Tutti loro si stavano radunando al confine tra Idyll e la foresta, nella distesa d’erba e fiori dove ora si trovava un piccolo esercito di maghi oscuri. Non li stavano attaccando, sembrava che stessero aspettando che gli spiriti si radunassero. Di certo non per rendere lo scontro onesto, tutt’altro, stavano aspettavano che gli spiriti fossero numerosi per poterne catturarne in gran numero.
Il Gran Maestro degli adepti di Umbra, a comando dei suoi maghi, non metteva in dubbio la superiorità del suo piccolo esercito, anzi era convinto che sarebbe stata una vittoria facile, d'altronde erano anni che catturavano e sfruttavano gli spiriti per i loro scopi e nessuno di loro era riuscito a sfuggirgli fino a quel momento.
Avrebbe catturato una grande quantità di spiriti, avrebbe distrutto la loro casa e abbattuto il morale della Resistenza. Inoltre tutto questo non avrebbe fatto altro che generare odio e disperazione, esattamente ciò che alimentava l’Oscurità e ne avrebbe velocizzato il risveglio.
Ma una cosa non quadrava al Gran Maestro: gli spiriti erano radunati molto vicino al confine della loro città mentre era più logico pensare che per loro sarebbe stato meglio combattere il più lontano possibile da lì per dare più tempo a chi non era in grado di combattere di mettersi in salvo.
Sembrava che volessero spingerli ad avvicinarsi a loro, dalla distanza in cui si trovavano non sarebbero riusciti a colpirli con le loro magie, ma questo non voleva dire che gli adepti non avessero altri mezzi.
“Preparate i cannoni” ordinò il Gran Maestro ai suoi.
Dalle retrovie si fecero largo dei gruppi da quattro maghi ciascuno intenti a trascinare macchinari dall’aspetto di comuni cannoni, cosa che però non erano.
“Fate fuoco al mio segnale” il Gran Maestro sollevò un braccio ossuto, rendendo visibile la sua  pelle grigiastra. Dietro ad ogni cannone si trovava un mago il cui compito era quello di attivare quei macchinari. Alla vista del braccio sollevato del loro capo, essi appoggiarono le mani su degli appositi pannelli e cominciarono a riversare la loro energia all’interno dei cannoni.
All’abbassarsi del braccio dai cannoni fuoriuscirono a gran velocità dei raggi di luce dalla potenza devastante; i maghi che li avevano alimentati ora a terra completamente prosciugati delle loro forze. Erano stati progettati per distruggere qualunque cosa fosse sul loro cammino. I raggi erano ormai in prossimità degli spiriti, il Gran Maestro stava già pregustando la facile vittoria, quando essi si infransero contro un muro invisibile.
Era impossibile, non esisteva barriera tanto resistente da riuscire a fermare un attacco del genere, avrebbe richiesto una quantità di energia spropositata, che gli spiriti non si potevano permettere, per avere una qualche possibilità di vincere.
Ma le sorprese non erano finite per il grande mago oscuro perché, nei punti della barriera in cui i raggi dei cannoni si erano infranti, si stavano generando rapidamente degli accumuli di energia che si trasformarono rapidamente in raggi del tutto simili a quelli dei suoi cannoni ma stavolta diretti verso i suoi maghi.
La maggior parte dei suoi riuscì a schivare il colpo ma buona parte dei cannoni rimase distrutta dall’attacco.
La rabbia crebbe rapida nel Gran Maestro che aveva solo una spiegazione per tutto quello: Iliana.
Era l’unica in grado di un’impresa simile. Negli anni aveva avuto modo di indagare sul suo conto, sulla donna dietro la leggenda, e aveva scoperto che, fin da quando era una bambina, lei era stata considerata un prodigio nelle arti magiche e, crescendo, non aveva fatto altro che allargare il divario tra lei e gli altri maghi della sua epoca. Ma nonostante il suo talento, invidiabile anche da parte di un mago del suo calibro, nemmeno lei sarebbe stata in grado di una cosa del genere senza l’aiuto di quello che lei stessa definiva una maledizione. Ciò che l’aveva colpita, lui la considerava una benedizione. Aveva il dono di un corpo in grado di sconfiggere la morte. Se non fosse stata per quella facoltà, anche se con il suo talento e forza naturale sarebbe riuscita a generare una barriera di quel calibro da sola, lo sforzo l’avrebbe uccisa quasi sul colpo rendendo vani i suoi sforzi.
Non poteva farsi battere da lei, non dopo tutto quello che aveva dovuto fare per trovarsi nella posizione di comando in cui si trovava. Utilizzò un incantesimo per rendere visibile la barriera ai suoi occhi; se aveva un punto debole lo avrebbe trovato.
Un ghigno si fece strada rapido sul suo volto.
“Voi tre” si rivolse a tre dei suoi maghi nelle sue vicinanze “andate nella foresta”
“Ma signore, per quale motivo?” domandò uno dei tre.
“Osservate la barriera. Notate qualcosa?”
I tre obbedirono e i loro volti si illuminarono.
“Come avrete notato la barriera si sta facendo lentamente più sottile, questo vuol dire che chi la sta generando o sta esaurendo le forze, ma sono sicuro che di questo non si tratta, o si sta progressivamente allontanando da essa, rendendo il suo mantenimento più difficile e quella persona è di sicuro quella che cerchiamo. Gli spiriti devono avere qualche passaggio sotterraneo come via di fuga e l’unico posto dove è possibile far perdere le proprie tracce e dove deve portare il passaggio è di sicuro la foresta. È lì che quella donna si trova per forza. Non può scappare assolutamente. Trovate Iliana e portatela al mio cospetto!”
I tre si inchinarono al loro capo per poi andare ad eseguire l’ordine.
Ora doveva solo aspettare e per gli spiriti sarebbe stata la fine.
 
Iliana si resse al tronco di un albero nella foresta degli spiriti, l’attacco degli adepti alla sua barriera l’aveva provata.
“Iliana, stai bene?” le chiese Sandir. Era visibilmente preoccupato, la tensione per la situazione in cui si trovavano stava avendo effetto su di lui.
“Non è niente” lo rassicurò e si rimise in piedi.
Sera era in testa al gruppo e li stava guidando attraverso la foresta; conosceva quel luogo meglio dei suoi compagni e poteva portarli fuori di lì nel minor tempo possibile.
La maga sperava solo di riuscire a proteggere gli spiriti ancora per un po’. Per ogni passo che faceva la barriera diventava sempre più difficile da mantenere. Era la prima volta che era contenta di essere maledetta. Finalmente le era tornato utile a qualcosa.
D’un tratto sentì un rumore di foglie smosse e davanti al gruppo comparvero tre uomini,  indubbiamente degli adepti.
Leon sguainò la spada e lo stesso fece Sandir ma anche se i due erano armati non erano preparati allo scontro con quei maghi. In due riuscirono a fermare l’avanzata solo di uno di loro, con cui ingaggiarono un combattimento. Un altro si diresse verso Sera che, infuriata, gridò e si preparò a proteggere il frammento che portava con sé. Lanciò delle palle di fuoco in direzione del mago ma fu inutile poiché l’uomo schivò abilmente i suoi attacchi per poi lanciarle contro, una volta che fu abbastanza vicino, un oggetto dalla forma del tutto simile ad un ragno, che si artigliò al bracciò destro della ragazza. Iliana sapeva cos’era, era un oggetto magico a corto raggio in grado di influire sull’utilizzo della magia della persona a cui si attaccava. Ma quell’oggetto in particolare che si trovava ora sulla giovane aveva un effetto superiore alle aspettative. Sera era letteralmente crollata a terra senza forze. L’oggetto doveva essere stato modificato apposta per rendere gli spiriti inerti e non solo per bloccarne la magia. Dalla furia Sera passò al puro terrore, glielo si leggeva in volto. L’unica cosa che poteva fare era trascinarsi a terra e arretrare; Leon e Sandir purtroppo erano ancora impegnati a combattere con il loro avversario.
Iliana invece era occupata a fronteggiare il terzo mago che le lanciò contro dei cristalli di ghiaccio e un oggetto uguale a quello che aveva colpito Sera. Iliana schivò i colpi e si avvicinò all’uomo, cercava di risparmiare le forze per la barriera e per un incantesimo ravvicinato a basso consumo di energia, ma quando gli fu vicino l’uomo sorrise. La donna sentì un dolore al suo braccio sinistro e una volta spostato lo sguardo su di esso vide una sorta di ragno meccanico conficcato sulla sua pelle. Il mago ne aveva più di uno con sé.
“Iliana! Sera!” era stato Sandir ad urlare. Lui e Leon avevano sconfitto il loro avversario che giaceva a terra. Leon aveva raggiunto fulmineo il mago che stava attaccando Sera mentre Sandir stava correndo verso la maga. Era troppo lontano, non sarebbe riuscito ad intervenire in tempo, lo si leggeva dal suo volto.
Iliana agì. Il mago, distratto dalla voce del ragazzo e che un attimo prima pensava di aver vinto ora aveva un’espressione stupita nel volto. Una macchia di sangue si allargò sulla sua tunica all’altezza del cuore, nel punto in cui la maga aveva conficcato un pugnale. L’uomo, appena la donna estrasse il pugnale dal suo petto, cadde a terra senza vita.
Incurante del dolore Iliana utilizzò la lama per staccare il ragno meccanico dal suo braccio, portando con esso anche la pelle e parte della carne del punto in cui si era attaccato. La ferita si richiuse immediatamente.
Poi, senza perdere nemmeno un secondo, si mosse silenziosa fino a dove Leon stava combattendo contro l’unico mago rimasto, che non si rese neanche conto di ciò che successe. Iliana gli tagliò la gola.
Leon e Sandir rimasero entrambi immobili, senza parole.
“Beh, che c’è? Non avrete mica pensato che fossi solo capace di usare la magia per difendermi?” si rivolse a loro la maga che ora era intenta a staccare, in maniera decisamente più delicata rispetto a prima, il ragno sul braccio di Sera, che lentamente si stava riprendendo.
Quando la ragazza fu in grado di camminare ripresero il cammino, Iliana con uno sguardo torvo sul viso. Quando il ragno si era attaccato al suo braccio aveva perso il controllo sulla barriera ed ora era troppo lontana per riuscire a ricrearne una in grado di resistere agli adepti.
Scusami Florian. Non posso fare di più pensò.
 
La barriera che proteggeva gli spiriti lentamente si dissolse.
“Grazie di tutto, amica mia” disse Florian “Ora tocca a me”
Dal lato opposto poteva vedere che i suoi avversari erano intenti a caricare i cannoni che avevano ancora a disposizione. Non sarebbero riusciti a completare l’opera però.
Il re degli spiriti appoggiò le mani a terra e chiuse gli occhi.
La terra lungo tutto il campo cominciò a tremare. Nel punto in cui si trovavano i maghi il terreno cominciò a spaccarsi e dalle crepe fuoriuscirono dei rami che si intrecciarono ai cannoni restanti e, con una stretta devastante, li ridussero a pezzi, rendendoli completamente inutilizzabili.
I maghi oscuri purtroppo erano quasi del tutto illesi, avevano usato un incantesimo di levitazione per togliersi dalla zona pericolosa. Ma il re aveva reso chiaro che gli spiriti non si sarebbero arresi senza combattere. Avevano ancora a disposizione la barriera di Idyll e dovevano assicurarsi che tutti coloro che non erano in grado di combattere raggiungessero i luoghi sicuri stabiliti in caso di emergenza. Non li avrebbero lasciati passare.
Entrambi gli schieramenti si mossero all’unisono, l’uno verso l’altro. Quando furono abbastanza vicini fra loro, fasci di luce, fiamme e ghiaccio vennero scagliati da entrambi i lati.
Gli spiriti schivavano gli attacchi dei maghi e i loro oggetti malefici in grado di metterli fuori gioco e attaccavano con tutte le loro forze; combattevano motivati dai loro compagni, fratelli, genitori, figli, caduti nelle grinfie di quei mostri. I maghi, dal canto loro, non erano avversari facili da sconfiggere.
Per quanto riguardava il re, lui aveva un obiettivo in particolare. E finalmente, dopo cinquant’anni di attesa per quel confronto, lo vide. Era proprio davanti a lui, l’uomo che gli aveva portato via ciò che aveva di più prezioso, il Gran Maestro degli adepti di Umbra. Stringeva nella mano destra un bastone metallico e particolarmente appuntito alle estremità, arma in grado di canalizzare la magia e, Florian ne era consapevole, uccidere uno spirito.
“Darcel” disse Florian rivolto al Gran Maestro.
“Finalmente ci rincontriamo, re Florian. Non ci vediamo da quando ho ucciso tua moglie”
“Maledetto!” Florian stava per attaccare il suo più acerrimo nemico quando l’uomo lo fermò.
“Ma che scortese. Ed io che ti ho pure portato un regalo”
Darcel stava stringendo qualcosa nella mano non occupata dal bastone e lentamente la aprì per mostrare cosa nascondeva.
Se prima sul volto di Florian si poteva vedere tutta la rabbia che covava nei confronti di quell’uomo ora si era fatta strada l’agonia. Darcel rise di gusto.
Nella sua mano sinistra, ora in bella vista, si trovava una gemma azzurrina grande quanto un pugno ma Florian la riconobbe per quello che era veramente.
“Lin” disse il re con voce strozzata.
“È stata il mio primo successo quando ho ideato la mia invenzione più brillante. Avrei potuto utilizzarla fino ad esaurire la sua forza ma l’ho conservata fino ad ora per ricordo. Non sei contento di rivederla?”
“Pagherai per quello che hai fatto”
“Davvero? Tu invece dimmi come ci si sente ad essere attaccati da ciò che ti è più prezioso!” Darcel sollevò la gemma e attinse al suo potere. Enormi cristalli di ghiaccio presero forma sopra la testa del mago, pronto a scagliarli contro Florian.
Il re ritornò con la mente al giorno in cui Lin aveva accettato di sposarlo.
Promettimi che qualunque cosa succeda, anche se la mia vita sarà in pericolo, la salvezza della nostra gente verrà sempre prima. Che li proteggerai sempre. Era stata la richiesta di Lin, sempre pronta a proteggere gli altri senza pensare a sé stessa. Ma era proprio per la sua nobiltà d’animo che si era innamorato di lei.
“Mi dispiace Lin. Non sono riuscito a proteggerti. Non sono riuscito a proteggere tutti noi. Ma io, tutti noi spiriti insieme, combatteremo per fermare chi ci ha fatto soffrire in questo modo, per impedire che accada ancora. Non fallirò, non più” promise il re deciso, gli occhi sulla gemma.
“Staremo a vedere” disse Darcel e scagliò i cristalli contro Florian.
 
Entrambi gli schieramenti stavano subendo perdite: gli adepti che riuscivano a rendere inerte uno spirito, subito si allontanavano con esso per consegnarlo a chi fra loro si occupava del trasporto degli spiriti catturati. Invece gli spiriti, decisamente più motivati a vincere anche per tutti coloro che erano caduti a causa dagli adepti, man mano che lo scontro avanzava, stavano lentamente guadagnando terreno e sfoltendo la quantità di maghi oscuri più di quanto essi stessero facendo con gli spiriti.
Nonostante avessero l’ordine di catturare gli spiriti, per gli adepti l’incarico stava diventando sempre più complicato. Gli fu presto chiaro che gli spiriti avevano intenzione di far sì che quello fosse uno scontro decisivo, volevano annientarli. Avevano sottovalutato quelle creature a causa della loro natura pacifica ma anche la loro pazienza aveva un limite.
Così più passava il tempo dello scontro più i maghi oscuri si stavano facendo prendere dalla paura umana di morire sotto i colpi degli avversari. Non erano più nello stato mentale necessario per riuscire ad eseguire l’ordine così, quelli di loro che avevano con sé armi in grado di colpire ed eliminare avversari ostici come gli spiriti, senza le quali non sarebbero riusciti a danneggiarli facilmente a causa della loro facoltà di cambiare forma, cominciarono ad attaccare con l’intento di uccidere e non catturare.
Con quelle armi erano in grado di danneggiare anche spiriti che avevano assunto consistenze incorporee come le fiamme. Ormai la maggior parte degli adepti, poco lucidi, non si curava più dell’ordine; erano consapevoli che scappare non era un’opzione o il loro Gran Maestro avrebbe avuto la loro testa. Anche se avessero provato a catturare qualche spirito, ora la paura di venire uccisi mentre erano impegnati a trascinare via una possibile cattura offuscava  il loro giudizio. Quindi, vedendola come unica soluzione per salvarsi, molti optarono per l’uccisione dei loro avversari.
Questa decisione sembrò riequilibrare le forze in campo ma gli spiriti erano determinati.
Mentre la battaglia imperversava tra adepti e spiriti, i capi di entrambi gli schieramenti erano impegnati in un combattimento uno contro uno. Nessuno osava mettersi in mezzo tra i due.
Darcel poteva contare sulla sua abilità con la magia, le protezioni dagli attacchi magici e fisici  che indossava nascosti sotto il mantello, e le sue armi. Contava di non dover usare il bastone per uccidere, aveva tutta l’intenzione di catturare e sfruttare il re degli spiriti, la cui forza era immensa; era il più forte fra tutti gli spiriti che aveva avuto modo di affrontare. Ma per quanto riguardava la gemma, il discorso era completamente diverso: aveva intenzione di sfruttare la sua energia fino a consumarla del tutto, vedere la sofferenza sul volto del re, il dolore che avrebbe provato quando non sarebbe rimasta nessuna traccia della persona che amava. Questo era il genere di cose che adorava di più al mondo.
Il re combatteva senza sosta o indugio, sembrava che la sua forza non potesse esaurirsi. Nonostante Darcel avesse tutte le intenzioni di farlo soffrire lui non si sarebbe arreso, doveva fermarlo, lo doveva fare anche per la promessa fatta a Lin.
Si rispondevano colpo su colpo: se Florian faceva tremare la terra, Darcel si sollevava in aria, se Darcel attaccava con la gemma o con qualche incantesimo, Florian sollevava rocce dal terreno come scudo o grandi quantità di rovi per difendersi e attaccare.
Nessuno dei due sembrava voler cedere, Darcel stava cominciando a stancarsi. Aveva anche notato quello che stava succedendo tra i due schieramenti: i suoi uomini stavano perdendo terreno e, se non avesse fatto qualcosa per cambiare la situazione, sarebbero stati sopraffatti.
“I tuoi uomini sono in difficoltà Darcel” anche Florian lo aveva notato.
“Non è un problema. Quando ti avrò sconfitto la tua cara gente perderà il suo re e la fiducia in una vittoria e per i miei maghi sarà il momento della rimonta” Darcel cominciò a raccogliere le energie necessarie ad un attacco di grande potenza, abbastanza da rendere inoffensivo il re degli spiriti. Una magia oscura che gli avrebbe garantito la vittoria, ne era sicuro.
“Facciamola finita. Questo sarà l’epilogo del nostro scontro Florian. Preparati a soccombere!”
Darcel era pronto per scagliare il suo attacco, aveva convogliato l’energia necessaria nel suo bastone, che avrebbe ulteriormente potenziato la forza della sua magia.
Il bastone ora era avvolto da una luce sinistra, Florian sapeva di dover tentare di evitare quell’attacco o per lo meno bloccarne parte della potenza. Aveva preso in considerazione il fatto che se avesse schivato il colpo, quello avrebbe colpito comunque quello che ora era diventato un campo di battaglia e ferito o ucciso spiriti e adepti indifferentemente, cosa che non sembrava preoccupare il suo avversario, che probabilmente puntava sulla sua decisione di bloccare il colpo.
Aveva deciso: avrebbe bloccato il colpo a qualunque costo. Darcel sorrise sotto il cappuccio, tutto stava andando come aveva previsto.
Il mago scagliò la sua magia, Florian generò rovi e rocce in gran quantità tra lui e il mago come scudo, inoltre si chiuse all’interno di una parete circolare di roccia circondato da ulteriori rami a proteggerlo, ma una volta a contatto con la magia oscura le rocce si sgretolarono e i rovi avvizzirono. Tuttavia parte della potenza dell’incantesimo venne così assorbita dagli scudi naturali di Florian, riducendone la forza.
Lo scontro tra le due forze generò un rumore assordante che si propagò per tutto il campo, fino a raggiungere da un lato la città e dall’altro la foresta.
Entrambi gli schieramenti si fermarono. Tutti in attesa dell’esito dell’attacco.
Delle difese di Florian non era rimasto niente. Nel punto in cui il re doveva trovarsi c’erano solo dei rovi avvizziti a circondare quella che ora era roccia sgretolata.
Nessuno parlava, tutti troppo concentrati su quello che gli stava davanti. Sembrava che Darcel avesse vinto. L’attacco lo aveva prosciugato di quasi tutte le sue forze, si reggeva grazie al bastone e intanto riprendeva il fiato con il quale avrebbe ordinato ai suoi di catturare il re. Quando gli spiriti avrebbero visto lo stato in cui era ridotto si sarebbero fatti prendere dalla disperazione e avrebbe ottenuto tutto ciò che voleva da quella battaglia.
Lentamente si avvicinò al punto in cui doveva trovarsi Florian e dischiuse le labbra per dare il suo ordine.
I frammenti di roccia e i rovi si mossero. Seppur provato, Florian saltò rapidamente fuori da quello che era stato il suo scudo e corse rapido verso il Gran Maestro, che non aveva più energia sufficiente per proteggersi con la magia.
Aveva ancora la gemma però, che conteneva energia sufficiente per fermare il re che era troppo provato per schivare l’attacco.
Darcel si preparò ad usarla, avrebbe vinto comunque…
La gemma era inerte. Non era mai successo prima ma era come se si stesse rifiutando di obbedire al suo comando. Dopo tanto tempo Darcel aveva paura di perdere, Florian era quasi di fronte a lui, sarebbe morto. Lo spirito era pronto ad attaccarlo ormai.
No, si rifiutava di morire così…
Adepti e spiriti videro re Florian di fronte al Gran Maestro. Per qualche motivo si era fermato all’improvviso ma fu ben presto chiaro il perché.
“Avrei voluto catturarti e sfruttare il tuo potere ma ti sei rivelato un avversario più ostico di quanto pensassi, Florian. Non mi hai lasciato altra scelta” a parlare era stato Darcel, solo Florian era abbastanza vicino da sentire le sue parole, il bastone metallico ora passava da parte a parte lo spirito.
Florian sapeva che per lui era finita, quel bastone era stato creato per uccidere gli spiriti ma, per lo stupore di Darcel, sorrise.
“Per me è finita ma tu verrai con me” dalla manica ancora intatta della sua camicia tirò fuori una lama e mosse il braccio in un arco.
Dalla bocca di Darcel si levò un grido di dolore: la lama lo aveva ferito al volto, facendo cadere il cappuccio all’indietro a scoprire il capo grinzoso a causa delle magie oscure che lui stesso praticava, rendendolo visibile a tutti. Era stato colpito all’altezza dell’occhio sinistro e sanguinava copiosamente ma il dolore che provava si stava diffondendo in tutto il suo corpo. Non era una lama qualunque. Uno dei suoi maghi più fidati accorse al suo fianco per soccorrerlo e, resosi conto delle condizioni in cui il Gran Maestro versava, ordinò la ritirata e scomparve portandolo con sé.
Florian perse la presa sulla lama che cadde a terra e si ruppe. Si era ricordato delle parole di Ilia, aveva un solo tentativo per usare ciò a cui avevano lavorato e lui aveva colto l’unica occasione possibile.
Cadde in ginocchio e con le poche forze rimaste estrasse il bastone.
Da dove si trovava poteva vedere che gli adepti, i pochi rimasti, si stavano ritirando e che parte dei suoi spiriti stava cercando di bloccarne qualcuno, probabilmente per ricavare informazioni, l’altra parte invece era ancora bloccata sul posto, paralizzata dall’accaduto.
A terra, accanto a lui, scorse un luccichio. Era la gemma di Lin; Darcel doveva averla fatta cadere, in preda al dolore.
La prese fra le mani, era tutto ciò che rimaneva di lei. Pensò che, anche se era la fine per lui,  almeno aveva fatto tutto ciò che poteva per realizzare la richiesta di Lin e se ne sarebbe andato guardando ciò che aveva di più vicino a lei.
Sera si sarebbe arrabbiata con lui invece: alla fine non era stato prudente, aveva scelto di fare tutto quello che poteva per fermare Darcel con quell’ultimo attacco frontale, e questo gli stava costando la vita. Se solo avesse avuto forza sufficiente per attaccarlo a distanza forse sarebbe andata diversamente. D’altra parte era sicuro che Ilia lo avrebbe capito.
La vista gli si stava annebbiando, l’unica cosa che riusciva a distinguere bene ora era la gemma che aveva tra le mani. Pensò a quanto avrebbe voluto rivedere Lin, almeno un’ultima volta.
La gemma improvvisamente si incrinò e infine si ruppe.
Florian non sapeva se fosse a causa delle condizioni in cui si trovava o per altro ma la vide, proprio davanti a lui, esattamente come la ricordava, Lin. Gli sorrise dolce, gli accarezzò il volto con una mano e mosse le labbra senza far uscire alcun suono ma Florian aveva capito cosa voleva dirgli. Grazie.
La gemma, in pezzi, lentamente cominciò a dissolversi in minuscoli frammenti mossi dal vento, sembravano quasi delle gocce d’acqua.
L’immagine di Lin fu l’ultima cosa che vide prima di chiudere gli occhi per l’ultima volta, il sorriso sulle labbra.
 
Era da quando Sera aveva udito quel rumore assordante provenire dal campo in cui i suoi amici stavano combattendo che l’ansia che già la stava attanagliando non aveva fatto altro che aumentare. Aveva continuato a fare strada agli altri ma aveva un brutto presentimento, come se stesse succedendo qualcosa di brutto.
Ad un certo punto l’ansia ebbe la meglio e si fermò.
“Basta, non ce la faccio. Io torno indietro” si girò e superò i suoi compagni velocemente.
Sandir si mosse per fermarla, era troppo pericoloso, ma non fu necessario.
Sera si era bloccata di colpo, apparentemente senza motivo, così fece qualche passo cauto verso di lei e capì.
Il fiore che fino ad un attimo prima si trovava fra i capelli della ragazza ora si trovava fra le sue mani messe a coppa e stava lentamente appassendo.
Doveva essere scivolato dai suoi capelli per quello e Sera aveva arrestato la sua caduta. Lei era immobile, in silenzio, e non staccava gli occhi dal fiore. Sembrava essere diventata una statua.
Sandir fece per parlare ma Iliana lo bloccò, appoggiandogli una mano sulla spalla e scuotendo la testa. Pareva scossa, anche se cercava di non mostrarlo.
Del fiore ormai rimaneva ben poco, ben presto sarebbe diventato polvere.
D’un tratto Sera sollevò il capo verso l’alto e, come era usanza della sua gente quando la vita di uno spirito giungeva al termine, cominciò a cantare. Era una melodia dolce e delicata.
Anche se Sera non poteva sentirla nel campo di fiori, che fino a poco prima si era trasformato in un campo di battaglia, la sua gente stava intonando la stessa melodia per onorare i caduti della battaglia, radunati intorno al punto in cui fino a poco prima si trovava il loro re.
Proprio in quel luogo, nel centro esatto del campo, ora si trovava un gigantesco e maestoso albero dalla folta chioma di foglie verdi e adornato da bellissimi fiori. Proprio sulle sue foglie, se si osservava bene, si potevano vedere delle luccicanti gocce di rugiada.
Solo quando Sera ebbe finito di cantare, si permise di piangere.



Salve a tutti,
Scusate se mi ci è voluto tanto ma ecco il capitolo, che è leggermente più lungo del solito ma non volevo dividerlo in due parti, per non spezzarne il ritmo.
Il capitolo, come avrete notato, è particolarmente triste.  
Nel prossimo invece si torna alla Anthemis di qualche anno prima.
Al prossimo capitolo. 

 




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