Phoenix - The Secret Tzar's Daughter The dragon

di queenjane
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Ansimavo, reggendomi lo stomaco, ignorando il mondo circostante, tranne che la guancia pulsante. Fitte infinite, che ci facevo là, come era cominciata..
Le sensazioni, non i particolari definiti.
“Che dicevamo?”
“Che sei un tornado. Ti ho sottovalutato. Sei una rompiscatole”
“Già” E mi avevano definita in modi ben peggiori.
Andres Fuentes, uno dei migliori elementi di mio zio, un carismatico, prezioso asso nella manica come Cassiopeia.
Entrambi avevamo storto la bocca nell’apprendere gli ordini per il successivo ingaggio, io perché ero abituata a contare su  me stessa, lui perché riteneva che fossi una principiante, una mocciosa. “Nessuno avrà pietà di te, sei solo una donna”, aveva detto, dandomi uno schiaffo in pieno viso, che mi aveva colto di sorpresa per un breve momento, facendomi barcollare, quindi era salita la collera, rapida, chi era, che voleva.
La guerra era violenza e non potevi certo abbassare la guardia, così gli avevo rifilato un calcio nell’inguine, che lo aveva fatto piegare in due, e aveva reagito tirandomi un pugno sullo stomaco, ed era stata la volta di una mia  testata sul mento.
Ero nata donna, per quei tempi ero debole, convenzionale, tranne che ero sempre stata una diversa, sia nel bene che nel male, Andres non doveva permettersi di giudicarmi, allora ignoravo che un Fuentes valuta la persona, quello che è, non il sesso.
Mio zio guardava quella zuffa nell’arena boschiva fumandosi una sigaretta, poi aveva interrotto il tutto.
“Basta!! Voi due siete i migliori che ho tra le mani, insieme farete grandi cose e badate di andare d’accordo. Tu, mia cara, hai imparato che devi sempre  stare in guardia, tu Andres, che non devi sottovalutare una donna, che ti ha messo a tappeto. Lei è Cassiopeia 130, che dici, abbiamo cambiato opinione? E va bene che è bella, abituata ad avere gli uomini ai propri piedi, ma in senso letterale, non certo metaforico, come con te, Fuentes, è forse la prima volta” Dannato R-R.
Fuentes spalancò gli occhi, realizzai che erano verdi, un colore scuro e profondo, come la trama dei suoi capelli neri, e che era alto, sul metro e ottantotto, con un viso armonioso e un fisico muscoloso, senza essere massiccio. In quel momento teneva una mano sui suoi preziosi genitali, ( se lo avessi castrato!!) l’altra sul mento, io cercavo  di non gemere per il dolore al viso e allo stomaco.
Ansimavo, ancora,  la guerra era violenza, inutile che mi lamentassi, me la ero cercata e non volevo cambiare idea. Potevo tornare a San Pietroburgo da Ella, andare in Francia, fare la principessa oziosa, ma il mio posto era lì, da combattente, non da mantenuta.
Stesi la mano, il braccio in avanti. “Lieta di conoscervi, Andres Fuentes”
Mi strinse il palmo, notando come ero pronta a fare perno sui talloni, il corpo in posizione di difesa, gli fosse venuto  in mente qualche tiro.
“Lieto, Catherine, nipote di Rostov- Raulov, vediamo che combineremo insieme. Non vi sottovaluterò. Almeno non volontariamente, mai più” Ricambiò la stretta, sancimmo una tregua.
“Voi comunque avete il vizio di tirare calci e pestoni.” Corrugai la fronte, certo citava un episodio, o forse più di uno, peccato capire quali, io ero quasi sicura di non averlo mai visto.  O no? Quel modo di muoversi, fluido e sicuro, senza eccessi. Come un gladiatore.
Mio zio rideva sotto la barba. Sia io che Andres avemmo lo stesso pensiero, che se ne andasse al diavolo.
“Che hai combinato?”Alessio mi prese il viso a coppa tra le mani, osservando la guancia gonfia, nonostante vi avessi applicato del ghiaccio. Non potevo certo dirgli della lotta indecorosa, che avevo fatto a pugni come l’ultimo dei contadini, né delle trovate pindariche del mio capo. “Oggi pomeriggio, dico  ”
“Ho avuto un incontro ravvicinato con un armadio, tanto te lo avevo detto che non c’ero” Vivente, a cui avevo tirato un calcio nei genitali, stavo pensando a dove lo avessi visto, quella battuta sui calci e i pestoni, mi veniva da ridere, dalle acque della memoria affiorava qualcosa, poi realizzai, accidenti che figura. Glissai il resto del pensiero, ci mancava solo che provassi attrazione per quel barbaro, quello straniero, avevo perso mio marito solo da un anno.
Si strinse nelle spalle, poi prese un mazzo di carte e giocammo. Il giorno dopo sarei andata via e lo sapeva, voleva godersi quei momenti senza domande, fingendo magari che fosse una sera come tante altre nel passato, di giochi, letture e storie. O almeno ci provò.
“Quando torni?”era inquieto, disattento, era il suo turno e non calava la mano, si agitava sulla sedia.
“Per Natale, forse prima. Tre mesi, stiamo larghi” Studiai le carte poi lo fissai, vergognandomi di me stessa, ma non a sufficienza.
“Due. “ contrattando. “Uno.. Una settimana”
“Farò prima che posso, cercherò,  non assicuro nulla” sincera per come potevo esserlo. Ironico, certo. Perché mi hai trovato Alexei, sarebbe stato meglio il contrario .. Io vado ed il tempo trascorso, un anno dall’ultima volta, non ti ha fatto scordare. Ti eri già fatto le tue idee, valutato e tanto .. So che i segreti li sai tenere, sei incredibile e ti sto arrecando pena, e tanto andrò avanti. Lasciando cenere e macerie.
“Se non ti fai ammazzare prima, per cosa poi ”Cupo, aveva pensato a sufficienza in quella ore, una ruga gli affilava la fronte, le iridi velate, scure come un fiume invernale“o se non mi viene qualche accidente. A cavallo mi è andata bene, e tanto potrei sentirmi male per ogni urto”
Scrollai la testa, non osai abbracciarlo, capiva e non era uno stupido. “E non tirare in ballo la volontà di Dio” pensava a Rasputin, o a quello che avrebbe detto sua madre..?? Omisi di toccarlo, la malattia e la sua fragilità lo avevano reso acuto, era un bambino solo per età, apparente, non per esperienza
“Magari per riprendere la mia Iliade, un libro che mi porto sempre dietro. Come l’Odissea.” Uno dei miei pochi effetti personali, assieme ai capi di vestiario, di ricambio, giusto due camicie e un paio di pantaloni, al sapone, viaggiavo leggera, solo una borsa a tracolla. Un coltello, una pistola e poco più completavano il bagaglio.
“Non mi interessa, tienilo, quando mai mi sono piaciuti i libri, MI PRENDI IN GIRO. E domani non disturbarti a venirmi a  salutare. Anzi, bada a non farti vedere, era meglio se non ti trovavo. Mi hai illuso, sei bugiarda e cattiva” una giostra di attimi “Cattiva e bugiarda”Lo sguardo azzurro, pieno di rabbia, e disperazione, stava per mettersi a piangere e non voleva. “E tanto ho chiesto, devi andare per forza.. Sei la più brava, accidenti a te” A chi?quando e dove? Sillabai Alexei, mise un braccio di traverso, non mi toccare e raggiunse la porta, le carte caddero per terra.
Era finita.
Uscì sbattendo la porta, diretto verso il suo alloggio, non travolgendo per poco Andres che scartò di lato, un vassoio tra le mani.
 Come Olga. Era come con Olga. E non mi avrebbero cambiato con nessuna altra al mondo.
 




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