Le cronache di Aveiron: Vittime e complici

di Emmastory
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Capitolo XXVI

La tela del vivere

Il mattino era tornato, e nonostante un detto conosciuto e popolare, non sembrava avere l’oro in bocca. Difatti, pioveva, e le nubi più nere sembravano non volerci concedere alcuna tregua. Sola e pensosa, mi aggiravo per il campo messo in piedi da Lady Bianca, e con ogni passo, scoprivo qualcosa di nuovo. Incredibilmente, c’era di tutto, ed era organizzato perfettamente. C’erano tende e sacchi a pelo praticamente ovunque, ma anche cibo e beni di prima necessità. Camminando, mi abbandonai ad un sospiro, e alzando gli occhi da terra, incontrai Stefan. “Sai come sta?” chiesi, riferendomi ovviamente alla povera Alisia. “È stabile, come il bambino.” Rispose, regalandomi poi un debole sorriso. “Quel verme. Non posso non pensarci. Sai, spero davvero che…” non ebbi il tempo di finire quella frase, perché Stefan mi fermò. “Rain, non dirlo. Non qui e non ora.” Mi ammonì, convincendomi a mordermi la lingua e far silenzio. obbedendo, non dissi più nulla, ma capii comunque dove volesse andare a parare. In un certo senso, aveva anche ragione. Ero arrabbiata, certo, ma nonostante fossero le mie stesse emozioni a parlare, non avrei mai dovuto augurare la morte a nessuno. Non importava quanto la persona in questione fosse o fosse stata cattiva. Farlo era a dir poco meschino, e pensandoci, non riuscii a credere di essermi abbassata ad un tale livello. Inspirando a fondo, tentai di darmi un freno, e una volta tornata alla calma, iniziai a camminare al fianco di Stefan. A prima vista non sembrava vero, eppure il campo era grandissimo. Guardandomi intorno, ingannavo il tempo, ma mentre il mio cammino continuava, mi resi conto di una cosa. A quanto sembrava, non eravamo soli, e infatti molte donne si aggiravano guardinghe, sole e spaventate. Incredibilmente, vidi anche dei bambini, e improvvisamente, sentii il desiderio di piangere. Lottando contro me stessa, tentai di ricacciare indietro le lacrime, e solo allora, Stefan mi strinse a sé. “Dai, vieni, torniamo da Alisia.” Propose, cingendomi un braccio attorno alle spalle e invitandomi a seguirlo. Muta come un pesce, non feci che obbedire, e una volta arrivata, rividi le due Leader. Lady Fatima restava al fianco di Rachel, e Lady Bianca teneva in braccio mio nipote Lienard. Con fare calmo e tranquillo, entrò in una delle tende, e seguendola, scoprii che non era l’unico neonato in circolazione. Difatti, ne vidi ben cinque, tutti addormentati e avvolti da calde copertine che lasciavano intuire il sesso di ciascuno. Tre maschi e due femmine, tra cui il piccolo Lienard. Fortunatamente senza un graffio, dormiva beato e ignaro di tutto. Non proferendo parola, restavo in silenzio, e vedendomi versare qualche lacrima, Lady Bianca intervenne. “Non preoccuparti, stanno tutti bene.” Mi disse, avvicinandosi e posandomi una mano sulla spalla. “No, non è per loro, è…” biascicai, sentendo anche questa frasi morirmi in gola come tante altre. “Anche tua sorella.” Continuò, riuscendo quasi a leggermi nel pensiero. Rinfrancata da quelle parole, sorrisi, e poco dopo, vidi Terra avvicinarsi. “Mamma, stai… stai bene?” mi chiese, preoccupata. “Sì.” mi limitai a rispondere, con mille pensieri per la testa e nessuna voglia di parlare. “Mi dispiace. Se non avessi letto il mio diario non saremmo dovuti fuggire tanto in fretta, e ora non saremmo qui.” Continuò poi, imputandosi la colpa di quanto era accaduto e vergognandosene enormemente. “No, hai fatto bene. La verità è venuta a galla, e almeno ora tu non soffri.” Le dissi, rassicurandola e stringendola in un delicato abbraccio. “Dì, Trace non ti ha scritto nient’altro?” chiesi poi,  attendendo con pazienza una sua risposta. “No, ma abbiamo parlato e ha menzionato un posto sicuro ad Ascantha, anche se non credo che sia qui.” Rispose, fissando poi lo sguardo sul terreno in segno di resa e tristezza. Soffrendo per lei, la chiamai per nome, e abbracciandola, desiderai davvero di poter fare qualcosa per lei, così da riportare un sorriso sul suo volto. Come sapevo, l’ambiente l’aveva formata, ma quest’assurda guerra la stava segnando, e sapere che il suo fidanzato fosse in qualche modo stato coinvolto e costretto a scappare per rifugiarsi altrove era stato davvero un brutto colpo per lei. Essendo innamorata di suo padre, sapevo benissimo cosa provasse, e per tale ragione, tentavo di fornirle tutto il mio sostegno, pur sapendo che la mia presenza e le mie parole non avrebbero certo fatto comparire Trace al suo fianco. Vedendola ritirarsi lontano da noi al solo scopo di stare da sola, provavo enorme pena, e con il passare del tempo, capivo quanto tutti noi eravamo fortunati, e quanto fosse difficile di questi tempi usare colori brillanti e vivaci sull’ora cupa tela del nostro vivere.




Salve a tutti! Come penso avrete capito, questo è il quarto capitolo che pubblico oggi. Quattro di fila! Ve l'aspettavate? Ad essere sincera, non credevo di riuscire a scriverli, ma invece ce l'ho fatta, e se li sto pubblicando oggi, c'è una ragione. Domani parto, e non sarò di ritorno, nè di fronte al computer per circa quattro giorni, quindi mi sono messa d'impegno per evitare di tenervi sulle spine. Un grazie a chi mi legge e segue, ma anche a chi lo fa in silenzio. Ci rivedremo nel prosieguo di questo racconto, ma intanto ancora grazie,


Emmastory :)




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