Makohon Saga - Amore a Versailles - Volume 10

di KiarettaScrittrice92
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Il teatro
13 Maggio 1789

Juliette rivolse un sorriso radioso alla sua migliore amica.
Era passata ormai una settimana da quando il capitano Arno Dumas Pierre l'aveva baciata e lei, grazie alle sue due più grandi amiche era riuscita a superare quel momento di sconforto che l'aveva sorpresa durante il suo rientro a Parigi.
Tikki rimase accanto al lei tutte le notti, ma in particolare quella prima notte in cui fu quasi impossibile prendere sonno, per i troppi pensieri. Il giorno dopo invece fu Chantal a presentarsi all'ingresso di villa Ponthieu, non appena seppe della notizia. In realtà non sapeva molto, per fortuna: le voci che erano girate infatti erano quelle che lei, mademoiselle Ponthieu, si era presentata alla festa a Versailles della sera prima, per poi non parteciparvi.
Così quella mattina Juliette dovette spiegare tutto all'amica rivivendo nuovamente quel breve incontro con il capitano.
Si stupì però, di scoprire, dopo averlo raccontato, di quanto quel bacio l'avesse emozionata, nonostante il giovane soldato se lo fosse preso senza nessun diritto o permesso. Forse Tikki aveva ragione, forse quel giovane aitante non le era indifferente, anche se i suoi sentimenti più forti erano ancora verso Chat Noir, nonostante non ne conoscesse il motivo, forse per i mesi passati assieme. Eppure quel bacio al solo pensiero le faceva battere il cuore e in fondo non era sicura che quelle voci riguardanti il donnaiolo di Versailles fossero vere e anche se lo fossero state lei non si era mai preoccupata delle dicerie. La cosa che la preoccupava era piuttosto il fatto che se quelle dicerie fossero state vere era anche possibile che lei fosse solo ennesima conquista per il capitano e se lei si fosse innamorata davvero di lui, avrebbe rischiato di soffrire.
Ora però non doveva pensare a tutto quello, aveva in programma una bellissima serata a teatro con la sua migliore amica: sarebbero andate al Théâtre de la Porte Sainte-Martin, a vedere l'opera che l'aveva inaugurato, quasi otto anni prima, ossia Adèle de Ponthieu di Piccinni. Era molto legata a quell'opera, probabilmente perché la protagonista possedeva il suo stesso cognome, ma in realtà era attratta dall'opera in sé e dalla coinvolgente storia drammatica che toccava Adèle e la sua famiglia.
Arrivarono a teatro in perfetto orario e furono scortate da una maschera fino al loro balconcino sul loggione alla destra del palco. Si sistemarono comodamente sulle poltrone in attesa che lo spettacolo incominciasse. Pochi minuti dopo, infatti, le luci che illuminavano il teatro diminuirono di intensità e un leggero ed elegante applauso, che coinvolse anche le due nobildonne, si propagò per tutta la sala.
La bravura degli attori, che con voci melodiose e incredibili cantavano sulle note dell'opera di Piccinni, le facevano tenere gli occhi incollati sul palco, tanto che non si era nemmeno accorta della fine del primo atto, almeno fino a che non calò il sipario e le luci delle infinite lampade ad olio che costellavano l'intera sala si fecero più intense.
«Che faccia tosta...!» disse Chantal, dopo un verso stizzito.
«Chi?» chiese lei, voltandosi nella stessa direzione verso cui stava guardando l'amica, ossia il palco di fronte a loro, esattamente dall'altra parte del teatro.
Al balconcino, in una postura rigida e impettita, c'era lui. Chiunque avesse accompagnato a teatro se ne stava nell'ombra, nascosto da sguardi indiscreti, ma lui rimaneva sull'attenti perché sicuramente quel qualcuno lo stava osservando.
Nonostante mantenesse quella posizione seria e austera, i suoi occhi trasmettevano tutt'altro: il suo sguardo era rivolto a lei e nei suoi occhi azzurro ghiaccio riusciva a percepire ogni sua singola emozione come potesse leggergli la mente. Vedeva la gioia nel rivederla, l'ammirazione e la meraviglia come se non avesse mai visto niente di più bello, ma vedeva anche il rimpianto di ciò che era accaduto tra di loro la settimana prima e la paura di averla delusa al punto che lei non l'avrebbe perdonato.
Chissà, forse doveva davvero dargli una seconda possibilità, in fin dei conti sembrava seriamente pentito di ciò che aveva fatto. A quel pensiero e sotto quello sguardo penetrante che riusciva a malapena a reggere, iniziò a sentire il cuore accelerare il battito come a farle capire che forse stava iniziando a provare qualcosa per il giovane e aitante capitano.
A quel suo ultimo pensiero lo spettacolo riprese e la sua attenzione tornò alle vicende che si svolgevano sul palco, anche se avrebbe giurato che, da quel momento in poi, sentiva chiaramente i suoi occhi puntati addosso. Decise che alla fine del secondo atto, nella seconda ed ultima pausa, sarebbe andata a parlargli.
Quando però le luci si riaccesero si voltò semplicemente verso di lui, senza avere il coraggio di alzarsi, mentre questi, invece, le rivolse un ultimo sguardo per poi dare le spalle al teatro e inchinarsi davanti alla persona nascosta nell'ombra chiedendole probabilmente il permesso di allontanarsi, visto che poco dopo sparì dal loggione.
Forse era semplicemente andato ai servizi, poi, all'improvviso, sentì la sua voce alle sue spalle.
«Buonasera signorine.» disse con tono elegante, facendo voltare sia lei che l'amica.
«Ha un bel coraggio a presentarsi qui!» inveì subito contro di lui la bionda.
Arno la scrutò un attimo: era una bella donna, probabilmente una delle più belle che avesse mai visto, eppure era ormai da più di una settimana che non riusciva più a vedere una qualsiasi figura del gentil sesso allo stesso modo di come le vedeva prima.
Conosceva bene la bionda con gli occhi azzurri che lo stava fissando con rimprovero, Chantal Marie Blanchard, era la tipica nobildonna sempre presente ad ogni singola festa, pronta a giudicare ascoltare tutto e tutti, non era quel genere di donna pettegola e civetta, no, lei era quella che se ne stava in disparte e ascoltava attentamente tutto quanto, sicuramente era stata lei a dire a Juliette tutte quelle dicerie che giravano attorno a lui.
«Le dispiace lasciarci soli?» chiese educatamente.
«Così che si possa ripetere ciò che successo l'ultima volta? – chiese lei, ancora con quel tono scontroso – Mi spiace, ma...»
«Chantal, – la interruppe lei – per favore...» concluse, lasciando intendere il resto.
«Sei sicura? – chiese preoccupata la bionda, rivolgendosi all'amica che rispose solo con un cenno di testa – Bene allora andrò ad incipriarmi il naso. Occhio a quello che fa capitano.» lo minacciò per poi dirigersi alle scale che portavano al piano inferiore del loggione.
«Io devo porgerle le mie scuse, mademoiselle Ponthieu.» disse chinandosi davanti a lei.
Mossa da un senso di tenerezza verso quelle scuse sentite si alzò dalla sedia e si avvicinò a lui, posando delicatamente una mano sulla sua spalla e facendogli rialzare leggermente lo sguardo.
«Scuse accettate capitano. – gli disse, sorridendo dolcemente, mentre lui si rimise in posizione eretta e per qualche secondo regnò il silenzio, poi fu di nuovo lei a parlare – Perché l'ha fatto?» chiese, facendo quella domanda che da ormai una settimana la tormentava.
«Non lo so... Non credo di aver mai provato tutto questo prima d'ora... Non mi era mai successo di sentirmi...» non sapeva come continuare: era la prima volta che si sentiva disagio davanti a una donna.
L'unica persona con cui si era sempre sentito in quel modo era suo padre. Perché ora, davanti a lei si sentiva allo stesso modo? Perché non riusciva a trovare le parole adatte?
«Non le era mai successo, cosa?» chiese con quel tono nuovamente gentile.
Il ragazzo fece un lungo sospiro, riuscendo così a calmarsi, nonostante sentisse ancora il suo cuore battere furioso nel petto.
«Sa perché ho accettato di accompagnare sua maestà Maria Antonietta e la figlia a vedere questo spettacolo, quando potevo tranquillamente mandare uno dei miei uomini? – lei rimase in silenzio, osservandolo appoggiare una mano sul suo abito color lavanda – perché non riesco a pensare ad altro che non siate voi... Da quando ci siamo conosciuti non ho più pensato ad altro... È vero, tutte quelle dicerie e quei pettegolezzi sul mio conto, sono tutti veri, ma da quando la conosco mi sembra di non riuscire più a riconoscere me...»
Ci fu ancora qualche secondo di silenzio, in cui Juliette lo guardò con un'aria stupita e commossa allo stesso tempo, fino a che non tornò di nuovo la bionda che, con un leggero colpo di tosse, fece notare la sua presenza.
«Con permesso.» salutò educatamente Arno, per poi andare via.
Lo spettacolo ricominciò poco dopo con il terzo atto, ma Juliette non riuscì a seguirlo, la sua mente vagava inesorabilmente, cercando di sondare il suo cuore per comprendere i nuovi sentimenti che la confondevano.





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