Capitolo 20.
Vera guardò
preoccupata verso la porta chiusa ormai da venti minuti buoni.
Il poliziotto
Anderson si era chiuso nella stanza con Lara per interrogarla ma la
cosa stava andando per le lunghe.
Si alzò,
aveva i muscoli rigidi e tremava leggermente, diede ancora uno
sguardo verso la porta ancora chiusa.
Mise una mano
in tasca facendo tintinnare le monete all'interno e decise di
prendersi un caffè.
Le si strinse
il cuore pensando agli occhi spaventati di Lara mentre le raccontava
tutto.
Proprio in quel
momento la porta si aprì e il poliziotto uscì con
sguardo corrucciato, si avvicinò al collega appoggiato alla
parete e si mise a confabulare sottovoce dando le spalle a Vera.
La donna si
avvicinò e mise una mano sulla spalla dell'uomo che si voltò
quasi sorpreso.
Sul suo bel
volto un'espressione interrogativa.
“Ha
confessato tutto? Farete qualcosa?” chiese Vera.
Il poliziotto
la guardò quasi divertito.
“L'unica
cosa che si potrebbe fare è farla ricoverare in un centro a
posta.”
“Cosa sta
insinuando?” Vera lo guardò minacciosa.
“Sto
dicendo che quella ragazza è rimasta “sconvolta”
da quanto successo e ha chiaramente stravolto la realtà.”
sentenziò il ragazzo lapidario.
La rabbia di
Vera schizzò alle stelle e si avvicinò a muso duro
all'uomo puntandogli un dito al petto, nonostante lui la superasse di
parecchi centimetri.
“Lara non
è matta, qualcuno l'ha ridotta in quello stato!”
Il poliziotto
fece un risolino di scherno.
“Come
altro giudicherebbe una ragazza che dice di essere stata aggredita
dal demonio? Non so lei, ma io non conosco nessuno in grado di
ustionare qualcuno con il solo tocco di una mano.”
“Vi ha
fatto un nome e un cognome, sa chi l'ha aggredita eppure questo non
basta?!” gli urlò in faccia sul punto di prenderlo a
sberle.
“Non
possiamo certo prendere per vero quello che ha detto. Non c'è
alcuna prova contro quella ragazza, sono solo vaneggiamenti.”
sentenziò l'uomo con una scrollata di spalle.
“Non ci
posso credere, è così che aiutate la gente? Ma che
razza di persone siete...” attaccò Vera livida di
rabbia.
“Ascolti
signora, mi dispiace molto ma non possiamo fare nulla, cerchi di
capire la prego. Se ci saranno altre aggressioni prenderemo
provvedimenti.” l'altro poliziotto si mise in mezzo per
acquietare gli animi e non mancò di lanciare uno sguardo
severo al collega.
“M-ma
allora non farete nulla? Non controllerete nemmeno quella ragazza che
l'ha aggredita?” chiese incredula la donna rivolgendosi al
poliziotto più vecchio.
Quello guardò
a terra come se non avesse il coraggio di guardarla poi con voce
calma ma decisa disse: “No signora mi spiace, non possiamo
prendere per vera una denuncia del genere.”
detto questo i
due girarono i tacchi lasciandola lì da sola in mezzo al
corridoio.
“Mi dia
retta, fatela vedere da uno psichiatra.” non mancò di
schernirla il poliziotto più giovane rimanendo qualche passo
indietro rispetto al collega.
“Se ne
vada al diavolo!” sibilò Vera tra i denti mentre lo
guardava allontanarsi.
Si voltò
verso la camera di Lara e, con un grosso sospiro entrò.
La ragazza la
guardò speranzosa.
“La
prenderanno?” Le chiese con gli occhi grandi.
“Tesoro,
sono certa che lo faranno, ma sai, ci vuole tempo per queste cose...”
non se la sentiva di dirle la verità, era già
abbastanza difficile per lei, non aveva certo bisogno di sentirsi
dire che la reputavano pazza.
La ragazza
annuì stringendole la mano e Vera la ricambiò cercando
di infondere in quella stretta tutto l'amore che sentiva nel cuore.
ANGOLINO
DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti
lettori, oggi il capitolo è decisamente ristretto ma non
potevo aggiungere altro per far capire la situazione.
Voi cosa ne
pensate?
Un bacione.
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