Qualcosa
in più
Quando
Han arrivò, Leia gli andò subito incontro.
Si
trovavano in una vecchia sala conferenze, una delle tante stanze
dello stabilimento che di recente era stato convertito in una base per
la Ribellione.
«Ehi»
la salutò l’uomo, mentre
lei scorgeva Luke alle sue spalle.
Suo
fratello le gettò uno sguardo
d’incoraggiamento, quindi si fece indietro, lasciando che la
porta si chiudesse dietro Han.
Erano
solo loro due, adesso. Be’, più o meno.
«Luke
ha detto che devi parlarmi».
Leia
si inumidì le labbra. «È
così».
«Di
che si tratta?» chiese Han, guardandosi
attorno. «Una qualche missione segreta?»
«No,
non… Non si tratta della
Ribellione».
L’uomo
inarcò un sopracciglio.
«Oh?»
Leia
cercò di riordinare le idee. Ironicamente, le sarebbe
stato molto più facile esporre un qualche piano intricato.
«Allora?»
chiese Han, quando il silenzio
iniziò a prolungarsi troppo.
Leia
trasse un respiro. «È…
complicato».
«Va
bene…» L’uomo la
studiò di sottecchi. «Vuoi bere qualcosa? Ti
aiuterebbe?»
Lei
non poté fare a meno di arricciare il naso.
«Non è proprio il caso».
«D’accordo»
acconsentì Han,
«era solo una proposta. Ma pensavo avessimo superato la fase
in cui bere qualcosa insieme poteva essere inopportuno
o…»
«Sono
incinta» lo interruppe Leia.
Lui
si bloccò. La sua mascella si schiuse leggermente, i
suoi occhi si allargarono. «Tu sei…»
«Incinta»
confermò lei.
Senza
riuscire a trattenersi, lanciò un’occhiata
verso la porta. Aveva chiesto a Luke di non andarsene, una volta che le
avesse portato Han. Una sorta di precauzione nel caso la notizia avesse
spinto l’uomo a darsela a gambe prima che potessero parlarne
per bene.
Riportò
lo sguardo su di lui, scoprendolo ancora impietrito.
Quel silenzio e quell’immobilità iniziavano ad
innervosirla, se doveva essere sincera.
Poi,
finalmente, Han si mosse, e non verso la porta, ma verso di lei.
«Vuoi»
iniziò, con una strana esitazione
nella voce, «vuoi dire che c’è un
bambino?»
A
Leia non sfuggì il modo in cui i suoi occhi guizzarono
verso il suo ventre.
«Sì»
rispose, cauta, «di
solito è questo che vuol dire essere incinta».
Insomma,
sospettava che al momento fosse più simile ad un
gamberetto che ad un essere umano, ma non era quello il punto.
Han
incontrò il suo sguardo. «Il nostro
bambino?»
L’aveva
domandato molto quietamente, e qualcosa nel suo tono
chiuse la gola di Leia.
«Sì»
ripeté, ed era ancora
sulle spine, ma adesso anche qualcos’altro stava sfarfallando
nel suo petto. Qualcosa di simile alla speranza.
E
poi il viso di Han si rilassò, e lui rise. Sembrava
felice. Genuinamente felice. Fece uno strano gesto, come se avesse
iniziato a tendere il braccio ma poi avesse cambiato idea.
Leia
lo notò. Col cuore che batteva furiosamente, gli
afferrò la mano e se la premette con decisione sulla pancia
ancora piatta.
Han
parve sorpreso, e le sue sopracciglia ebbero un guizzo.
«Non
che si senta qualcosa, adesso» gli disse Leia,
azzardando un sorriso.
Dopo
un momento, lui la ricambiò. «No. Suppongo di
no».
«Ora
sai perché l’idea di andare a bere
non mi andava molto a genio».
Han
annuì, tirando indietro la mano quasi a malincuore.
«E perché negli scorsi giorni storcevi il naso
ogni volta che qualcuno ti offriva un caffè».
Leia
sbatté le palpebre, sorpresa. Non ci aveva pensato, ma
in effetti mentre di solito il caffè le piaceva parecchio,
da qualche giorno a quella parte non riusciva nemmeno a sopportarne
l’aroma.
«Quindi…»
Han si schiarì la
gola. «Da quant’è
che…?»
«Da
quanto tempo sono incinta? O da quanto tempo lo
so?»
Han
scrollò le spalle. «Tutte e due».
«Sono
di circa cinque settimane. Lo so con certezza da tre
giorni, anche se lo sospetto da un po’ di
più».
Era
stato Luke ad aiutarla a realizzarlo, quando qualche giorno prima
le aveva chiesto se era tutto a posto. Leia gli aveva assicurato che
stava bene, aveva solo un po’ di nausea. Suo fratello aveva
aggrottato la fronte, commentando che gli sembrava di sentirla diversa
attraverso la Forza, come se ci fosse… qualcosa in
più. Lì per lì, Leia l’aveva
trovata un’affermazione alquanto bizzarra. Almeno
sinché non aveva messo insieme altri pezzi, come la nausea e
la stanchezza. A quel punto, una visita in infermeria le aveva dato la
conferma definitiva.
Han
aggrottò la fronte. «Avresti potuto
dirmelo».
«Lo
so» ammise Leia, «ma non sapevo
come».
“Avevo
paura di come avresti potuto reagire”
aggiunse mentalmente.
Han
indicò la porta. «Luke lo sapeva?»
Lei
lo scrutò, cercando di stabilire se c’era
della gelosia nella sua espressione. Lo avrebbe consolato sapere che
nessun altro ne era al corrente, salvo il droide che le aveva fatto la
diagnosi? «L’ha capito da solo».
«E
come?»
Leia
alzò le spalle. «Cose da Jedi,
immagino».
Han
mantenne un’aria accigliata ancora per qualche istante,
poi parve venirgli in mente un’altra cosa.
«Aspetta, cinque settimane hai detto?»
«Già».
L’uomo
emise un fischio sommesso. «Allora
è stato quando noi… sai, sul
Falcon…»
Leia
gli assestò una manata sul braccio. Ci aveva pensato e
anche lei era giunta alla conclusione che doveva essere successo quella
sera, ma trovava che Han fosse fin troppo compiaciuto dalla cosa.
«Quindi
nostro figlio – o figlia –
è stato concepito sul Millennium Falcon?»
Leia
roteò gli occhi, divertita proprio malgrado.
«Dovrò
raccontarglielo, quando
sarà…» Han si interruppe e
tornò improvvisamente serio. «Certo, ammesso che
tu voglia… sai, tenerlo».
Sembrava
quasi vergognarsi di non averglielo chiesto subito.
«Sì»
disse precipitosamente Leia.
«Insomma, lo so che non lo abbiamo cercato e che il tempismo
è davvero pessimo…»
«Abbiamo
vinto» le ricordò Han.
«Stiamo
vincendo» lo corresse Leia.
«L’Imperatore sarà anche morto, ma
l’Impero non è sconfitto del tutto. E
c’è ancora così tanto da
fare».
L’uomo
si limitò a guardarla, e lei
inspirò dal naso, portandosi le mani al ventre quasi senza
rendersene conto.
«Però
sì. Voglio tenerlo».
«È
questo che conta» le
assicurò Han.
Lei
si morse il labbro. Non sapeva se era davvero così
semplice. «E tu?» gli chiese, quietamente.
«Io?»
ripeté Han, interrogativo.
Leia
annuì. «So che non era nei piani e che non
avevamo ancora parlato di avere dei figli, quindi… Cosa vuoi
fare?»
In
un certo senso, credeva – sperava – di conoscere
già la risposta, data la reazione dell’uomo alla
notizia… ma doveva esserne certa.
«Io
e te stiamo insieme, e quello è nostro
figlio» disse Han, risoluto. «Non ti lascio
sola».
Leia
sorrise, e per un istante provò l’impulso di
gettargli le braccia al collo e baciarlo.
Certo,
lei era ferma nella propria decisione in ogni modo, e supponeva
che se anche lui si fosse tirato indietro qualche aiuto
l’avrebbe trovato… Luke, per esempio, o altri
membri dell’Alleanza Ribelle.
Il
fatto che Han avesse accettato così prontamente il loro
bambino, però, e che avesse tutte le intenzioni di crescerlo
insieme a lei… contava più di quanto potesse
spiegare.
«Credi
che ci riusciremo? A fare questa cosa come si deve,
intendo».
Han
la guardò. «Be’» disse.
«Siamo sopravvissuti a due Morti Nere, a Jabba, a varie
schermaglie contro l’Impero…»
«Quindi
pensi di sì» dedusse Leia,
avvicinandosi abbastanza da dover alzare il mento per guardarlo negli
occhi.
L’uomo
scrollò le spalle. «Di certo non
sarà più letale di tutto quel che abbiamo
affrontato finora».
Lei
emise un lieve sbuffo.
«E
poi» aggiunse Han, «se le cose si
mettono male potremmo sempre rifilarlo a Chewie. Sono certo che non gli
dispiacerebbe avere un cucciolo da crescere».
Anche
se sapeva che scherzava, Leia gli allungò una gomitata.
Han
rise e la attirò tra le proprie braccia.
«Andrà bene, vedrai. In qualche modo
faremo».
Leia
si portò di nuovo una mano al ventre, pensando che
avrebbero potuto lavorare più tardi sul trovare una
soluzione meno approssimativa. Al momento, voleva soltanto assaporare
come si deve l’ottimismo dell’uomo e la
felicità che ancora sembrava irradiare da lui.
Qualcosa,
nel modo in cui Han la cingeva, le diceva che nei giorni a
seguire avrebbe avuto a che fare con una sua versione iper-protettiva,
ma per qualche motivo, almeno per adesso, quell’idea non la
infastidiva affatto.
Note:
Buona festa della Repubblica!
Spero che questa OS non sia un disastro, grazie per aver letto :*
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