ix.
Hanno finito di vedere la prima stagione de Il trono di spade
da un pezzo, ormai. Ora Meg sta cercando di indottrinarlo a Star Wars,
perché è impossibile che non abbia mai visto i
film e “quel figo di Harrison Ford nel Millennium
Falcon”. Motivo discutibile, ma Erik non si ritrae. Sa
perfettamente che non è la persona migliore con cui guardare
un film: fa commenti inopportuni e critica senza pietà i
difetti della regia, del cast, della sceneggiatura e tutto il resto
della produzione. Meg lo colpisce almeno dieci volte con un cuscino per
intimargli il silenzio, ed Erik alla fine acconsente, vagamente
divertito. Non può non sentirsi un po' chiamato in causa
quando scopre che il villain
della storia, Darth Vader, indossa una maschera che non gli consente
solo di respirare, ma anche di celare il suo volto sfigurato. (E ha una
preferenza per il nero; e per strangolare la gente; e alla fine viene
redento da un atto di compassione.)
Le lezioni di pianoforte procedono con rassicurante
tranquillità: non mancano i frequenti battibecchi, ma ormai
sono più un gioco che altro. Una volta si sono sfidati per
vedere chi era il migliore a insultare l'altro.
«Imbecille.»
«Cretino.»
«Nana.»
«Cadavere putrescente.»
«Piccola teppista punk–rock.»
E così via. Indovinate chi ha vinto.
Suonano alla porta. Erik non si allarma, perché
c'è una sola persona che viene a trovarlo quel giorno, alla
solita ora. Solo che questa volta si ritrova ben due individui
nell'atrio. Meg e…
«Questa è Dany.» La giovane fa un lieve
cenno alla bambina dai fitti ricci neri e la pelle più scura
di quella della madre nascosta dietro le sue gambe.
Erik la guarda, perplesso. È una splendida bambina, con gli
occhi neri e le ciglia lunghe di Meg.
«Avanti, Dany. Non fare la timida.»
La piccola avanza a passi lenti, poi compie un gesto inaspettato: un
sorriso le distende i lineamenti paffuti e corre verso Erik,
abbracciandogli una gamba. Erik è talmente stordito che non
riesce a proferire parola, mentre Meg sghignazza allegramente, come se
ci fosse qualcosa di divertente
in quella scena.
«É una tua grande ammiratrice. Si addormenta solo
dopo aver ascoltato una delle tue composizioni.»
La bambina rilascia la morsa sulla sua gamba — non gli arriva
neanche alla vita — e sorride, rossa in volto:«La
mia preferita è Nenia
di mezzanotte.»
«Oh.» A questo, Erik non sa cosa ribattere.
È stato riconosciuto che, effettivamente, la sua voce
d'angelo calma gli spiriti più inquieti, soprattutto quelli
dei bambini. Altre composizioni, come il Don Giovanni Trionfante,
registrato in studio da Christine Daaé in persona e da Erik
stesso nel ruolo del protagonista maschile, smuovono gli animi della
folla come neanche la tragedie di Puccini e Verdi.
Un alone di mistero lo avvolge, poiché nessuno conosce il
viso del genio — è stato Erik ad assicurarsene.
Dany è la prima piccola fan che incontra a tu per tu, e
questo lo rende lievemente nervoso.
Si china sulle ginocchia per non guardare la bambina dall'alto in
basso: adesso i loro occhi sono sullo stesso piano, e Dany,
più che spaventata, sembra catturata da quelli dorati di
lui.
«Lieto di conoscerti. Io sono Erik.»
«Sì, lo so. Me lo ha detto la mamma.»
Appare rapita dalle lucciole che sono gli occhi di lui, ma non cerca di
sfilargli la maschera. Meg deve averle inculcato nella graziosa
testolina riccia tutta l'educazione di cui la madre è
sfortunatamente priva.
«Ho sentito la tua musica. Canti come un angelo.»
Siete voi il mio angelo,
Erik. Per lui quelle parole — demonio ed
entità divina — si giustappongono da una vita
intera.
«Ti ringrazio.»
La invita a seguirla in cucina, dove le offre i biscotti glassati e gli
amaretti che gli piacciono tanto — e di solito è
molto schizzinoso in materia di cibo — e la guarda ingozzarsi
allegramente in un modo che tanto somiglia a quello della madre.
È il turno di Meg, ora. «Scusami se non ti ho
avvisato prima» dice sottovoce mentre la piccola si abbuffa.
«Mia madre aveva un impegno, e in questo caso è
Luc che bada a lei, ma oggi non poteva — virus influenzale
— e io non sapevo cosa fare. Così l'ho portata qui
stasera. E ho anche una sorpresa» aggiunge con un cenno alla
borsa che indossa a tracolla sulla spalla, ma non dice altro.
«Chissà cosa ci sarà lì
dentro. Devo preoccuparmi?»
«Dipende. Che ne dici di un'altra serata–maratona
di film?»
Erik sbatte le palpebre. «Dipende dai film.»
Il sorriso malizioso sul volto di Meg non lo rassicura.
Accompagna le sue ospiti nella sala della musica, dove Dany
è invitata a sedersi su una poltrona e ad assistere in
silenzio alla lezione di pianoforte. Erik è stupito dalla
calma della bambina, rammentando quanto anche lui, alla sua
età, fosse affascinato dalla musica a tal punto da rimanerne
incantato e ammutolito. Ma in fondo è sempre stato taciturno.
Meg suona molto bene, quell'oggi — si vede che si
è esercitata, ed è da quando conosce la
verità su di lui, sul mostro che egli è, sia
fuori che dentro, che fa pratica con maggiore serietà. Forse
vuole compiacerlo, in qualche modo, o è una questione di
orgoglio: desidera mostrargli a che livello può arrivare,
che può superare l'ombra mai tramontata del padre suicida.
Quando la lezione è conclusa, è la piccola Dany
ad avanzare una proposta. «Monsieur
Erik…»
«Chiamami pure Erik. Non sono ancora così
vecchio.»
Le labbra di Meg si aprono in un sorrisetto. Dany congiunge le manine
in segno di preghiera.
«Puoi cantarmi qualcosa? Qualsiasi cosa. Così
quando papà non ha più l'influenza posso vantarmi
di averti sentito cantare dal vivo.»
«Ah, è per questo, allora?» Erik lancia
un'occhiata a Meg, che si tiene lo stomaco nel tentativo di non ridere. È decisamente sua
figlia.
«Ogni tuo desiderio è un ordine,
principessa» dice lui alla fine, con voce profonda,
esibendosi in un lieve inchino. Dany arrossisce e batte la manine,
eccitata.
Meg e la figlia sono di fianco al pianoforte, e lui si siede sullo
sgabello, regolandone l'altezza — è troppo
allampanato perché possa stare comodo sullo stesso livello
della sua allieva.
Canta una rilassante aria di Händel che tende le corde del
cuore di chi ascolta, ipnotizzato da tanta bellezza. Cessa di suonare
con un ultimo accordo e poi si rivolge alle sue giovani spettatrici.
Dany ha le guance striate di lacrime e sembra sul punto di mettersi a
piangere di nuovo — non per tristezza, ma per meraviglia; Meg
ha gli occhi lucidi ed è un tantino più rossa in
volto del solito. Entrambe sembrano riprendere il controllo delle
proprie facoltà mentali quando lui chiude la bocca.
«Che bello» sospira Dany, scuotendo i riccioli neri
— deve averli ereditati dal padre.
«Non montarti la testa, Danton» lo avvisa Meg, ma
oltre il suo tono minaccioso riposa un sorriso. Erik lo contraccambia,
ma ancora per poco.
Sono stravaccati sul divano del salotto — Dany
però è stesa sul morbido tappeto persiano
— a guardare cartoni
animati. Ebbene sì, Meg ha tutta l'intenzione
di far recuperare un po' della sua infanzia perduta ad un Erik assai
riluttante, e solo il sorriso entusiasta di Dany ha impedito che
trasportasse di peso la giovane madre fuori da casa sua, su quella sua
infernale motocicletta.
La maratona è di film della Disney, adesso, iniziando da Biancaneve e i sette nani
e finendo con Frozen.
Impiegano giorni per terminarla, se non addirittura un paio di
settimane, ma secondo Meg ne vale la pena, anche solo per vedere Erik
commuoversi durante la scena finale de La Bella e la Bestia.
«Ti sei commosso.»
«Stai vaneggiando.»
«Quindi ti piace.»
«Non puoi presumere nulla del genere.»
Dany diventa una ospite abituale in casa Danton, ed Erik si premura
sempre di farle trovare caramelle e dolciumi (tutti scelti con
minuziosa arte da un'esperta come Giovanna, che talvolta prepara anche
torte, biscotti e pasticcini e non può non essere lieta che
il suo padrone stia mettendo su un po' di peso) che può
sgranocchiare felicemente mentre guardano tutti insieme l'ennesimo film
firmato Disney.
Alla fine, Dany si addormenta sul tappeto e Meg è costretta
a svegliarla con la maggiore dolcezza possibile, per quanto sia
risaputo che la ragazza ha la grazia di un elefante — eccetto
che sul palco e con le scarpette da ballerina ai piedi, il posto a cui
appartiene, dove il brutto anatroccolo diventa cigno. È
mezzanotte quando se ne va. Erik le osserva allontanarsi in sella alla
Harley Davidson (si è premurato che anche Dany indossasse un
casco appropriato) e, di nuovo, ha trascorso una serata piacevole come
lo sono state poche nella sua bistrattata esistenza. Spera di non avere
incubi, quella notte, ma qualcosa gli dice che non ne avrà
per un po'.
Non sente i commenti di madre e figlia sul selciato di casa Danton.
«Lui mi piace» sussurra Dany all'orecchio di Meg,
quasi tema che l'interessato possa ancora sentirla.
«Piace anche a me» risponde l'altra, e si guarda
alle spalle un'unica volta. Basta per farle capire che non vuole mai
più non
rivedere un certo viso mascherato. Mai più.
Scena VI
MEG: Secondo voi è normale voler trascorrere intere serate
con un uomo deforme di mezza età, con un cervello grande
quasi quanto il suo spropositato ego, a guardare film della Disney?
DOTTORESSA LAURENT: (sorridendo)
Quali sarebbero le altre opzioni?
MEG: Non so. Cosa fanno le persone alla mia età? Io
già lavoro in una prestigiosa compagnia di ballo, non posso
desiderare di più. Ho una figlia meravigliosa, una madre che
mi adora, ma non tanti amici, a parte Luc — so che di lui
posso fidarmi — e pochi altri. Insomma… me la
cavo. E dopo quello che ho passato, questo è il periodo
migliore della mia vita, e confido che il futuro sarà anche
migliore.
DOTTORESSA LAURENT: Ti vedo molto ottimista oggi, complimenti.
MEG: (sbuffa)
Effetto delle medicine.
DOTTORESSA LAURENT: Sicuramente aiutano. Ma qualcosa è
mutato dentro di te. É un progresso naturale.
MEG: Non riesco a stare lontana da lui. Dovrei farlo, forse…
Ha vent'anni più di me, è palesemente
problematico, ha subito non so quanti traumi in vita sua, ha una faccia
orripilante e a volte vorrei colpirlo in testa a badilate,
ma… è anche la persona più
straordinaria che abbia mai conosciuto. E non voglio perderlo. Non
voglio perderlo.
Note dell'Autrice:
Salve a tutti! Rieccomi con un nuovo aggiornamento, come ogni
giovedì, di questa storia modesta e senza pretese, ma che
spero sia almeno simpatica. Sia Erik che Meg sembrano... il termine
inglese sarebbe smitten. A quando la collisione? E cosa
accadrà a quel punto? Continuate a leggere e lo saprete.
Alla prossima!
P.S. Se vi piacciono le avventure di questi due matti e il modo in cui
li caratterizzo, ho pubblicato altri due miei piccoli lavori (io li
chiamo “le mie sciocchezze”, alla Jo March) qui su
EFP. Uno è ambientato nel mondo del musical – una
novità per me – quindi a qualcuno dei miei
più vecchi lettori potrebbe interessare…? Non
sentitevi in obbligo.
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